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Omnia

L’Istria e la III guerra balcanica (III)

6. I serbi in Istria

Essendo presente in Istria anche l’etnia serba, c’è da chiedersi come essa sia stata trattata durante eventi bellici. Sembra che nella regione non si siano verificati gravi scontri nei quali i serbi dell’Istria, arrivati qui soprattutto in seguito alla seconda guerra mondiale, siano stati coinvolti.

Mi riferisco a incidenti la cui gravità possa essere paragonata agli eccidi commessi in altre zone dell’odierna Repubblica. Si pensi per esempio all’Operazione Tempesta condotta tra il mattino del 4 agosto ’95 e le ore 18,00 del 7 agosto, con la quale vengono conquistati — o, se volessimo usare il termine adottato dai croati, liberati — i territori della Krajina; l’operazione ha causato la fuga di 200-300000 profughi serbi. Le abitazioni vengono incendiate. I beni saccheggiati. I soldati istriani, al loro ritorno, raccontano delle ingiustizie commesse in Krajina. Alcuni fanno ritorno con le automobili saccheggiate, appartenute ai serbi fuggiti o uccisi.

Proprio in questo periodo ai cittadini di etnia serba e montenegrina in Istria vengono recapitati dei volantini con il seguente testo:

“Consigliamo a tutti i serbi, ovvero ai ‘cetnici’, di abbandonare quanto prima il territorio istriano. Se non lo farete, sarete liquidati in modo brutale. Le vostre case saranno bruciate e le vostre mogli violentate, visto che non sono altro che puttane cetniche. Seguiamo passo passo i vostri movimenti, sappiamo tutto di voi. Siamo ritornati dal fronte pronti per scannarvi. Per queste ragioni vi invitiamo ad abbandonare la nostra Istria croata entro il 30 agosto 1995. Vi ricordiamo che la ‘mano nera istriana’ vi raggiungerà ovunque. Sia fottuta la vostra madre serba.”

La lettera è firmata “Mano nera istriana”. Questa denominazione non può non farci venire in mente la famigerata “mano nera” serba a cui faceva parte Apis.

Viene data notizia del volantino anche sulla stampa italiana e il fatto allarma e crea molta indignazione in Istria.

Va considerato, nella denunzia delle ingiustizie commesse contro i serbi, il libro di Giacomo Scotti, poeta e intellettuale della minoranza italiana in Istria, edito nel ’96: “Croazia, operazione tempesta”; un’opera di grande coraggio, alla quale il governo sembra stia cercando di rispondere col silenzio.(1)

7. L’arte e la cultura in Istria e il conflitto

L’Istria è sempre stata una terra nella quale l’arte e la cultura hanno avuto modo di svilupparsi e diffondersi. L’arte, in tutte le sue espressioni, è sempre stata nel cuore degli istriani, molti dei quali, pur svolgendo mestieri pesanti richiedenti per lo più lavoro di carattere fisico, si dedicano il tempo libero alle proprie passioni: così non è una cosa singolare vedere operai che suonano la fisarmonica o il violino, altri che si dedicano alla scultura o alla pittura. E non sono certo pochi coloro che nati in umile famiglia raggiungono risultati eccelsi e divengono artisti di fama e prestigio. È un fatto questo che possiamo rilevare soprattutto nel campo delle arti visive. Ma nella regione istriana non sono mai mancati neppure i critici, gli esperti e gli studiosi dell’arte.

Accadeva così che ogni anno, soprattutto d’estate, venissero allestite mostre e fossero organizzati festival e concerti.

Lo scoppio del conflitto ha danneggiato lo sviluppo e la diffusione dell’arte. In seguito ci sarà una ripresa. Grisignana tornerà d’estate ad essere la “città degli artisti”: le sue vie ospiteranno nuovamente numerose gallerie e mostre di pittori e scultori, e torneranno i musicisti.

Manifestazioni di questo genere riprenderanno a svolgersi a Rovigno e a Pola e nelle più importanti cittadine della penisola. Nell’arena di Pola verrà presto ospitato il Festival del cinema croato, che d’estate propone le novità nella produzione cinematografica croata.

Nonostante ci sia questa ripresa, c’è da chiedersi se si tratti davvero di un effettivo ritorno dello splendore culturale e artistico che caratterizzava gli anni ’80.

A questo proposito mi sono rivolto di recente a un pittore di grande talento e assai apprezzato, il quale ha preferito non rendessi noto il suo nome. Egli ritiene che con la guerra l’attività artistica in Istria abbia subito una crisi notevole. Gli sembra che si sia addirittura fermata, o sia comunque attenuata la sua vivacità espressiva. Per di più le condizioni economiche degli artisti sono piuttosto precarie. Forse coloro che si iscrivono a un partito forte, magari filogovernativo, hanno un tenore di vita meno misero. A causa della crisi economica dovuta al conflitto, molti amanti dell’arte hanno dovuto rinunciare ad acquistare opere d’arte per impiegare il denaro in beni di prima necessità: accade così che gli artisti vendano poco. Pure il turismo ha subito un collasso: ci sono meno acquirenti stranieri di prodotti artistici istriani. Per quanto riguarda la libertà d’espressione, non ci sono particolari problemi: l’artista ha sufficiente libertà di esprimersi e di criticare ciò che vuole, anche l’attività politica governativa, senza temere di subire gravi ingiustizie da parte dello stato; il problema rimane però essere stimati e compresi dai critici d’arte. Il pittore prende come esempio la cittadina di Grisignana, che in passato era invasa d’estate da turisti e intenditori d’arte. In questi ultimi anni, anche se gli artisti espongono le loro opere nelle gallerie di Grisignana, il pittoresco borgo rimane d’estate semideserto.

Ritengo sia senz’altro particolare la situazione in cui vengono a trovarsi gli artisti in Istria dopo il conflitto: venuto a mancare quel diffuso benessere che permetteva prima alla gente di interessarsi all’attività estetica e di acquistarne i prodotti e venuta meno quell’ondata di turisti intenditori che erano i principali acquirenti, i pittori e gli scultori in Istria si trovano oggi in condizioni economiche precarie e godono di una libertà d’espressione che è in realtà solo fittizia. Sebbene andare contro agli interessi del regime nella propria manifestazione artistica e nell’espressione intellettuale non porti necessariamente al rischio di finire in galera, gli artisti ribelli o restii ad appoggiare partiti politici forti e filogovernativi — fatto che porta in ogni caso a una forte limitazione della propria libertà espressiva e della propria indipendenza — si trovano soli ed emarginati. Vengono stroncati dalla critica o ignorati, e i media non ne parlano, ma danno importanza solo agli artisti che stanno dalla parte del governo. E la televisione e i giornali sono i mezzi più forti che gli attuali regimi politici possano usare per mantenere il loro potere. Senza la necessità di esercitare una violenza diretta agli oppositori, si toglie loro la parola, e questi vengono soffocati in quanto non hanno la possibilità d’esprimersi. Questo fatto in Croazia e nella regione istriana è oggi molto evidente. Da ciò si può comprendere che anche l’arte e la cultura vengono strumentalizzate. Gli intellettuali che si ribellano vengono attaccati col silenzio, sono ignorati e fatti ignorare, si preferisce emarginarli; viene così evitata anche la persecuzione, che potrebbe attirare l’attenzione degli altri intellettuali e scatenare magari all’estero l’opinione pubblica, fatto che non sarebbe senz’altro d’aiuto al regime.


8. La criminalità e il disagio giovanile dopo lo sfacelo della Jugoslavia

Fatto assai preoccupante è il diffondersi della criminalità in Istria dopo lo scoppio del conflitto.

Si diffonde l’uso della droga e si abusa dell’alcool. Cresce la disoccupazione.

È un fatto che ha colto di sorpresa le istituzioni le quali non riescono efficacemente a combattere il fenomeno. È un fatto che preoccupa e deve far riflettere. E di certo sensibilizzare le istituzioni le quali devono al più presto trovare una soluzione adeguata che possa risolvere e sanare questa terribile situazione.

I problemi ritengo siano da imputare alla brusca e violenta trasformazione del sistema economico, al peggioramento del tenore di vita, alla disoccupazione che dilaga e alla condizione di totale abbandono nella quale i giovani vengono improvvisamente a trovarsi, dopo essere stati assistiti ed aiutati da uno stato che garantiva almeno i beni più strettamente necessari alla vita degli individui: l’assistenza medica, il lavoro e il diritto allo studio.

Penso inoltre che un ruolo non secondario abbia avuto nella diffusione del fenomeno del disagio anche il rapido e drammatico tracollo di valori e ideali prima tanto coltivati e sostenuti nelle scuole, sui giornali e dalla televisione, che oggi sono stati sostituiti dal nazionalismo, sentito come negativo nella regione istriana e pertanto rifiutato. È rimasto quindi un deprimente senso di vuoto e di sconfitta.

Generalmente il passaggio dal sistema di economia collettivistica a quello del libero mercato ha portato in tutti i paesi dell’Est a notevoli ripercussioni sul piano sociale: i giovani soprattutto, che vedevano l’Occidente, coi suoi vizi e difetti, come qualcosa di estremamente positivo e di esaltante, ne assunsero i modelli di vita e di comportamento, senza conoscerne le conseguenze. Ciò ha portato a una grandissima diffusione della tossicodipendenza, dell’alcool, a una ricerca spasmodica del benessere materiale ed economico e i valori morali sono andati perduti. L’Istria ha purtroppo anch’essa vissuto questa drammatica esperienza, anche se i contatti con l’Occidente erano durante la Repubblica Federativa di Jugoslavia più marcati di quelli che avevano le genti dell’U.R.S.S. e dei paesi strettamente legati a quel tipo di economia.

Mi sono rivolto a un parroco di campagna, che ha preferito pure lui non rendessi noto il suo nome, per sentire a tal riguardo il parere della Chiesa cattolica, che in Istria si sta muovendo per arginare il fenomeno della criminalità e del disagio. Questa è la spiegazione che egli mi ha fornito sul problema:

“Ogni guerra lascia le sue ferite, le sue conseguenze negative. Dopo la seconda guerra mondiale l’Istria è stata unita alla Jugoslavia di Tito. Fra la gente, nelle scuole e nella vita pubblica si è diffusa l’ideologia marxista — comunista. Il regime controllava gli insegnanti che non dovevano recarsi a Messa. Alcuni di loro soltanto resistettero alle pressioni governative e cercarono di esprimere la loro opposizione. Questi perdettero il lavoro. Lo stesso controllo e il divieto di praticare la propria fede liberamente pesavano anche sopra coloro (soldati, poliziotti, ufficiali) che lavoravano per lo stato. La fede cattolica si è così attenuata fra le gente in questi cinquant’anni. Ed ora ne vediamo le conseguenze: la smania di benessere materiale e lo strapotere del consumismo e dell’edonismo hanno preso il sopravvento sui valori morali ed etici. Questo il motivo che ha portato ai drammi sociali odierni”.

9. Considerazioni conclusive

La mia idea sul modo con cui la terza guerra balcanica è stata sentita dagli istriani è quella di una certa estraneità e un deciso distacco che essi hanno mantenuto nei confronti dei valori e degli ideali delle parti che fra loro in questa guerra hanno combattuto. È possibile trovare parecchie persone in Istria le quali affermano che la situazione in cui venivano a trovarsi prima del conflitto era molto migliore. Gli operai paragonano i buoni stipendi di prima a quelli miseri di oggi, rimpiangono i tempi in cui la disoccupazione non c’era e l’assistenza medica era gratuita. Ma anche coloro che si arrendono al cambiare dei tempi e al sopravvento dell’economia di mercato e che ammettono anche l’impossibilità di mantenere uniti i popoli slavi del Sud, non condividono comunque le ideologie che hanno scatenato il conflitto, e quel nazionalismo che non fa gli interessi dell’Istria e che viene sentito come estraneo e totalmente negativo. E senz’altro tutti giudicano duramente le stragi che durante la guerra sono state commesse e i colpevoli di queste carneficine.

Se le ideologie che hanno scatenato e portato avanti il conflitto non sono state condivise dalla popolazione che le sentiva come estranee, questa estraneità non riguarda certo gli effetti estremamente negativi che dalla guerra sono derivati: anche se, fatta eccezione per il bombardamento dell’aeroporto di Orsera, l’Istria non è stata vittima di attacchi diretti sul proprio territorio e le sue terre non sono state teatro di massacri e stragi, molti giovani hanno dovuto recarsi al fronte dove in parecchi hanno perso la vita o sono rimasti mutilati, feriti fisicamente e psicologicamente. Giovani e non la cui vita è stata spezzata per motivi che non condividevano. Spesso uomini di etnia serba, venuti in Istria dopo la seconda guerra mondiale, hanno dovuto uccidere persone della stessa loro etnia.

E l’Istria ha pure subito il proprio collasso economico, ha assistito alla perdita dei suoi abitanti, fuggiti all’estero per salvarsi dal fronte oppure emigrati per cercare lavoro. Gli istriani e l’Istria sono stati danneggiati pure culturalmente, la terra istriana è stata divisa in due, l’unione e l’identità culturale della popolazione sono state intaccate.

L’Istria è quindi la regione in cui si fanno critiche durissime alla politica del regime, al governo, in cui nascono e si sviluppano le opposizioni più tenaci e vivaci.

L’Istria è una terra che vuole una politica regionalista, che è consapevole della propria cultura multietnica e la considera una ricchezza da difendere, una terra in cui si coltivano i valori della pace, della tolleranza e dell’onesto lavoro, nella quale ogni divisione viene rifiutata e la violenza viene condannata e ritenuta pessima soluzione ai problemi sociali ed economici.

Ma come saranno in futuro i rapporti tra l’Istria e il governo croato, tra una periferia laboriosa e regionalista e un potere centralista e autoritario?

Questo ha scritto la Lovric’ nel ’95, dopo la liberazione della Krajina, sul Novi List di Fiume, giornale d’opposizione, in un articolo intitolato “Il peso della vittoria”: “La Krajina appena liberata è stata teatro di saccheggi in grande stile, all’insegna dell’ ‘arraffa più che puoi’. I potenti si approprieranno del bottino più grosso, ma anche i piccoli uomini non rimarranno a mani vuote. Vengono con automobili e camion, a svuotare le case abbandonate. Se lo stato, che si vuole di diritto e democratico, può comportarsi così, perché non dovrebbero farlo anche i suoi cittadini? Con l’esempio e con le parole lo stato aiuta la gente a non provare vergogna mentre mette a sacco le cose appartenenti ad altri…

“Con la fuga in massa dei serbi dalla Croazia qualcosa però è davvero cambiato — non vi sarà più l’eterno nemico di cui ci si poteva servire quando e come si voleva. Un ruolo nel quale i serbi si erano calati perfettamente, per propria colpa ma anche perché così altri avevano voluto. Per qualche tempo si continuerà a prendere di mira i serbi rimasti. Ma assai presto i croati dovranno trovare un nuovo colpevole di turno, con ogni probabilità tra le proprie file, per il semplice motivo che questo potere non saprebbe funzionare in assenza di un nemico… Con ogni probabilità il metodo usato nei confronti dei serbi non potrà essere trasferito nell’Istria inquieta né applicabile nei confronti dei lavoratori in agitazione. Per quanto qualcuno vorrebbe cambiare anche il proprio popolo ciò non è possibile. Con ruoli modificati sembra riproporsi lo stesso spettacolo. Che con i croati fosse altrettanto difficile vivere che con i serbi lo si era in qualche modo capito. Ora diventa sempre più evidente che i serbi dovranno essere sostituiti con degli altri, in certi casi forse con gli istriani e in altri casi con gli erzegovesi. La Croazia ha vissuto con grande dignità nei momenti più difficili, mentre era militarmente debole, mentre veniva distrutta Vukovar e bombardata Ragusa… Di fronte alla propria tragedia si è comportata con dignità. Al momento della vittoria non ha potuto comportarsi con altrettanta dignità”.

Ma non sono solo i rapporti tra Istria e governo croato che devono preoccuparci: anche la situazione in Istria e i problemi interni ci devono far riflettere. In particolare ritengo che le istituzioni non debbano considerare come scontata e priva di pericoli e conseguenze la trasformazione economica in atto nella regione. Cambiamento che ha dato luogo a miseria, disoccupazione, sfruttamento, abbandono e che ha portato alla nascita di problemi sociali quali il disagio giovanile e la drastica crescita dell’emigrazione, che riguarda operai e persone colte in cerca di lavoro le quali, seppur non sempre in maniera definitiva, preferiscono spostarsi all’estero; spostamento demografico che neppure oggi che il conflitto è ormai concluso e la ripresa economica avviata sembra cessare definitivamente.

L’Istria odierna è una terra che ha e può avere grosse ambizioni per il proprio futuro, ma che non può permettersi di saltare e bruciare le proprie tappe correndo con troppa fretta in avanti e ignorando i problemi presenti. è Un cammino difficile quello che l’Istria si appresta a fare, il quale con la tenacia, la pazienza, il coraggio e i valori positivi, quali la tolleranza, la difesa della cultura multietnica, e la ricerca e il desiderio di pace che la sua popolazione coltiva, ha ottime possibilità di arrivare alla propria meta.

(fine)

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