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Cinema

Intervista col vampiro

La narrativa e i film di Neil Jordan rivelano un peculiare interesse per i concetti di “cambiamento” e di “trasformazione” in relazione all’identità personale, in particolar modo quella maschile. La visione surrealistica e fantastica del regista irlandese ci offre metafore del processo della crescita individuale e dello sviluppo del sé in relazione al suo ambiente: le strane metamorfosi soprannaturali che si verificano in questi racconti rimandano al processo di individuazione della persona e al suo graduale adattamento all’ambiente sociale, che muta parallelamente al soggetto.

Il cambiamento è il tema principale di queste storie e comporta una ridefinizione del concetto di sé e del mondo in cui il sé si proietta. La dimensione fantastica di questi racconti offre un contesto particolarmente adatto per l’analisi della costruzione dell’identità, poiché i generi del fantastico e dell’horror sono intrinsecamente collegati ai tentativi di esplorazione e di definizione di ciò che è umano e di ciò che non lo è: si pensi, ad esempio, al ruolo dei mostri e delle creature fantastiche che popolano questo genere di narrazioni e che rappresentano tutto ciò che è alieno alla personalità umana. In questi racconti i mostri non sono la tradizionale incarnazione di forze aliene e distruttive che devono essere annichilate, ma piuttosto si rivelano come simboli di quegli aspetti dell’identità umana che, nonostante siano apparentemente estranei alle concezioni tradizionali di ciò che è umano, devono essere riconquistati e ricondotti nel panorama psichico, al fine di ristabilire l’equilibrio emotivo dell’uomo.

I protagonisti di The Dream of a Beast e Interview with the Vampire sono quindi ‘mostri’ molto umanizzati e affrontano trasformazioni che sono l’espressione di un conflitto interiore tra diversi aspetti della personalità umana. L’Altro — il mostro — non è un elemento negativo esterno che va soppresso, ma piuttosto la rappresentazione esteriore di una dirompente necessità interiore, con la quale bisogna confrontarsi. “Il fantastico in effetti congiunge insieme il sé e l’Altro, mostrando la fragilità dei confini tra di essi e la facilità con cui possono essere attraversati. Nel fantastico, il sé è così ontologicamente destabilizzato da un Altro che, lungi dall’ essere diverso, si rivela come inaspettatamente familiare.” (1) Le crisi di trasformazione affrontate da questi personaggi sono processi di cambiamento e di crescita psicologica in cui gli elementi repressi dell’animo umano emergono improvvisamente e devono essere affrontati e accettati come parte della natura completa dell’essere umano.

E’ una caratteristica del genere fantasy moderno che il mostro tradizionale debba in qualche modo essere umanizzato o “addomesticato” , non solo per attrarre maggiormente la simpatia dai lettori — come nel caso dei vampiri umanissimi di Interview with the Vampire, che incarnano la figura del moderno dandy, del raffinato e ambiguo esteta e che sono in ogni caso assai lontani dalle sulfuree icone di Dracula o di Nosferatu — ma anche per esprimere la funzione metaforica dell’altro come riflesso di noi stessi. La stessa popolarità di figure mitiche come il vampiro o il licantropo, o lupo mannaro (di cui il protagonista di The Dream of a Beast è un moderno esempio), nella cultura contemporanea (basti vedere il boom di film e racconti incentrati su queste figure e la popolarità mondiale dei romanzi di Anne Rice, da cui è tratto il film di Jordan) e la loro presa sull’immaginario collettivo sono precise indicazioni del loro fascino come ‘creature che possono assumere su di sé il peso allegorico dei tempi che cambiamo e della psiche collettiva’ (2). Nel contesto dell’estetica postmoderna, queste creature metamorfiche esprimono il carattere fluido e precario che nasce dalla dissoluzione dei confini e delle nozioni fisse di identità: “Nel presente momento postmoderno, sembra che persino i nostri mostri siano stati trasformati, di pari passo col fatto che i confini tra ‘umano’ e ‘mostruoso’ diventano sempre più problematici nella narrativa contemporanea. Poiché questa è la funzione dei nostri mostri: aiutarci a costruire la nostra identità di esseri umani, fornire linee guida in relazione alle quali possiamo definire noi stessi” (3).

Questo ruolo simbolico del ‘nuovo’ mostro come icona del cambiamento personale può essere ricondotto a una funzione basilare della narrativa fantastica, quella espressa dalla nozione freudiana dell’uncanny (ciò che è sconcertante, strano, inquietante) come ‘quella classe di terrificante che riporta a ciò che è da tempo conosciuto e familiare’, qualcosa che sembra ‘non familiare solo perché è stato alienato e represso dalla coscienza, cosicché la sua (ri)comparsa o (ri)animazione provoca ansia’. L’ansia che i protagonisti di queste storie devono affrontare nasce dal bisogno di venire a patti con la loro trasformazione, che è l’espressione dell’emergere di una parte della loro natura che è stata repressa o messa in sordina dall’ordine sociale in cui vivono o dalle nozioni tradizionali fisse di identità. Nel caso dei protagonisti del racconto The Dream of a Beast e il film Interview with the Vampire, ciò è profondamente correlato al loro sviluppo non solo come esseri umani in generale, ma anche come personalità specificamente maschili. Le identità di genere giocano un ruolo significativo in entrambe le storie e assumono la funzione di strumenti per la messa in discussione degli stereotipi sessuali tradizionali. Il cambiamento dell’aspetto esteriore dei protagonisti è parallelo a un cambiamento nella loro coscienza, che li spinge ad affrontare aspetti della loro mascolinità che sono stati tradizionalmente negati o soppressi dalle norme sociali patriarcali. Il loro progresso è un’evoluzione verso un’idea più completa e soddisfacente della mascolinità, il che comporta una profonda riconfigurazione psicologica del loro sé in relazione alle esigenze proprie e a quelle dell’ambiente sociale.

La ricerca di una nuova identità inizia con un distacco dalla società. L’isolamento imposto dalla nuova e strana condizione dei protagonisti — vampiro o uomo dai connotati bestiali — li costringe a riconsiderare la loro identità maschile, in un tentativo di riconciliazione con quegli aspetti ‘alieni’ della loro natura. La loro identità viene mandata in frantumi all’inizio e deve essere ricostruita attraverso un processo di riconoscimento e di accettazione degli aspetti ‘altri’ della loro personalità. Questo li conduce ad una riscoperta del loro lato femminile, del loro vissuto emotivo, delle loro sensazioni, della loro sfera sentimentale, ma anche della loro esperienza corporea e della loro natura animale, nel segno di un riavvicinamento alla “physis” e di un oltrepassamento dei rigidi confini della razionalità: tutti elementi tradizionalmente associati più alla sfera femminile che a quella maschile. Secondo la psicanalisi junghiana, il sé maschile contiene anche tratti femminili, rappresentati dall’archetipo dell’anima; l’archetipo dell’ombra esprime invece la natura animale che è alla base dell’essere umano. L’uomo che è in armonia con se stesso conosce sia la sua ombra che la sua anima e le accetta come parti di sé. Questa conoscenza di sé è ciò che i protagonisti delle storie di Neil Jordan devono raggiungere. La loro trasformazione in mostri rappresenta un passo positivo verso la realizzazione di sé attraverso la riscoperta del lato femminile. In effetti, paradossalmente, ciò che viene evidenziato nella loro trasformazione in bestie, o comunque in esseri mostruosi, non è la brutalità o l’animalità della loro condizione, ma il venire alla luce delle emozioni più tenere e delicate e dei sentimenti tradizionalmente associati al femminile (istinto materno e protettivo, ecc.).

L’ identità maschile viene quindi mandata in frantumi solo per essere ricostruita in modo più completo. I protagonisti delle due storie sono apparentemente sottratti alla loro condizione maschile: fin dall’inizio della narrazione, essi vengono “staccati” dalle loro famiglie, dalle mogli e dai figli, ma anche dal loro ambiente di lavoro e da quell’apparato sociale che è tradizionalmente collegato all’identificazione maschile nei ruoli di marito, padre, lavoratore, ecc.; questo passaggio è preliminare alla sperimentazione del processo di riscoperta di una mascolinità più autentica, che va oltre le costrizioni soffocanti imposte dall’ordine sociale e dalla fredda razionalità. Il contesto fantastico si dimostra particolarmente adatto a evidenziare il necessario distacco dei protagonisti dal mondo della ragione, con la conseguente possibilità di riscoprire l’universo delle emozioni e dell’esperienza corporea, tradizionalmente negate dall’associazione della mascolinità con la razionalità che sta alla base dell’ordinamento sociale e produttivo. La riscoperta del corpo e della natura animale — in chiave squisitamente femminile, cioè nel senso della prossimità alla natura madre e materna — è un passo necessario nell’evoluzione verso una identità non semplicemente “maschile” , ma più pienamente “umana”, in grado di oltrepassare le definizioni stereotipate di genere .

E’ quindi significativo che la metamorfosi inizi con una trasformazione fisica dei protagonisti, che è allo stesso tempo sconvolgente, minacciosa e liberatoria — “Siamo minacciati da quello che i nostri corpi potrebbero rivelarci, perché potrebbero rivelare una debolezza che può compromettere la nostra mascolinità” (4). I cambiamenti del corpo sono segnali della necessità di accettare quel lato femminile ‘più debole’ come parte della natura dell’uomo, della sua più piena vita emotiva oltre i confini della razionalità. Questi tratti non possono più essere repressi e si manifestano sotto forma di mutamenti corporei. I protagonisti devono altresì imparare a esprimere i loro sentimenti e il loro bisogno di soddisfazione emotiva, vale a dire la loro sensibilità femminile; imparano a essere premurosi, passivi(5) e accoglienti, e a coniugare questo lato del proprio essere a quello più vigoroso e assertivo, tipicamente associato alla dimensione virile; devono ricostruire la loro personalità sforzandosi di raggiungere l’unità tra questi aspetti apparentemente in contrasto tra loro.

Questi due aspetti dell’identità maschile vengono mostrati come reciprocamente interdipendenti. In The Dream of a Beast la trasformazione da uomo in animale consente al protagonista di entrare in contatto con la sua natura più profonda e primitiva e anche con il suo aspetto emotivo più delicato e femminile. Gli stessi cambiamenti investono il protagonista del film Interview with the Vampire: il vampiro Louis perde la sua identità di uomo per diventare un essere profondamente sensibile e premuroso, che lotta per riconciliare il proprio lato più sentimentale con le esigenze fisiche della sua nuova condizione. Louis è il primo vampiro nella storia della narrativa che si rifiuta di uccidere e di dissanguare le sue vittime, il che sarebbe necessario alla sua sopravivenza, ma contrario alla sua sensibilità: potremmo definirlo un “vampiro pentito”, o “vampiro suo malgrado”. Entrambi i racconti ci narrano la vicenda di un uomo che si allontana da strutture patriarcali troppo rigide e limitative della personalità.

BIBLIOGRAFIA

Anthony N. Chandler, “Oral Defence: Self-Definition In Anne Rice” Interview With the Vampire” (Internet document) 

R. W. Connell, Masculinities, Polity Press, Cambridge 1996 

Ken Gelder, Reading the Vampire, Routledge, London 1994 

Joan Gordon and Veronica Hollinger eds., Blood Read, The Vampire as Metaphor in Contemporary Culture, University of Pennsylvania Press, Philadelphia 1997

Neil Jordan, The Dream of a Beast, in Collected Fiction, Vintage, London 1997 

Interview with the Vampire, Dir. Neil Jordan. Perf. Tom Cruise, Brad Pitt, Antonio Banderas, Christian Slater and Stephen Rea. Videocassette. Geffen, 1994 

J. Gordon Melton, The Vampire Book, Visible Ink Press, Detroit 1994 

Anne Rice, Interview with the Vampire, Ballantine, New York 1976 

Victor J. Seidler, Unreasonable Men, Routledge, London 1994>

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