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Fumetto

Darick Robertson

Ragni e castori

Lorenzo Bertuzzi (LB): Cosa porta un diciassettenne americano a creare una “space opera” piena di castori, maiali ecc. (questa domanda è una modo diverso per chiederti come hai iniziato a disegnare)?

Darick Robertson (DR): Allora avevo un’immaginazione senza limiti, disegnavo semplicemente qualunque cosa mi passasse per la testa. Ho disegnato fumetti e cartoni animati per la maggior parte della mia vita.

LB: Il fatto che i tuoi primi personaggi fossero degli animaletti buffi e antropomorfi ci dovrebbe far pensare che gli strani animali che infestano Transmet (un gatto bicefalo, un cane poliziotto, un cavallo parlante ecc.) sono anch’essi figli tuoi e della tua immaginazione?

DR: Sì, il gatto lo è sicuramente ma rispetto a Space Beaver proviene da un luogo differente della mia mente.

LB: Se non mi sbaglio, uno dei tuoi primi lavori come professionista, sono state le matite della seconda serie dedicata alla Lega della Giustizia, la JLE. Cosa pensi in generale di questo lavoro (se vuoi sapere la mia opinione… be’, a me piaceva un sacco!)? Ho letto che solitamente Giffen, coautore della serie, consegna gli script dei suoi lavori, rifiniti con dei layouts. Potrebbe essere questa la ragione per cui lo stile con cui realizzavi la Justice League of Europe sembrava richiamare quello di  Maguire, o Hughes? Esiste un artista che ti ha influenzato in maniera particolare?

DR: Brian Bolland è la mia principale influenza, ma sicuramente anche Kevin Maguire e Adam Hughes fanno parte della lista. è vero che Giffen lavorava con i layouts, ma io di solito li usavo come base di partenza, non come format da seguire in maniera rigida per la realizzazione delle tavole. Per quanto riguarda le somiglianze del mio lavoro con quello di altri, direi solo, che stavo cercando di mantenermi in linea con l’alto livello grafico raggiunto dagli artisti della Justice League che mi avevano preceduto.

LB: Il carattere comico che pervadeva la serie (JLE) si combinava perfettamente con il tuo stile; ragazzi, quando Elongated man (per chi non lo conoscesse, il Mr. Fantastic, quello di gomma che si allunga dei Fantastici Quattro, del universo fittizio della Dc Comics) fletteva e storceva il suo naso di gomma … . Quante delle gag o delle situazioni paradossali, che troviamo in Transmet, si devono a te?

DR: Amo disegnare la comicità nei fumetti, e penso proprio che la comicità sia la forza di Transmet e ciò che rendeva grande la Justice League della gestione Giffen-De Matteis.

LB: Tu, Giffen e Jones avete creato (mi pare in JLE #32) un’intelligente parodia della Doom Patrol di Morrison: sembrava di assistere ad una sit-com, frutto dell’incrocio tra X-Files, il Twin Peaks di David Lynch e Scemo e più scemo, il tutto diretto da Mel Brooks. Cinque anni dopo Morrison ritornò e si prese la sua vendetta, riportando la JLA in testa alle classifiche di vendita, usando per le sue storie uno stile a metà tra il realistico e l’omaggio alla mai dimenticata silver age. Quanto è cambiato il mercato dal periodo in cui le storie piene di humour e divertimento arrivavano in cima alle classifiche di vendita? Non c’è veramente più spazio per la parodia e per la comicità feroce nella Chiesa fondamentalista dei Super Eroi?

DR: Penso che abbia fatto il suo tempo e che abbia provato ad essere divertente… invece di esserlo e basta. Credo che ci sia ancora spazio per parodia e comicità, ma devono avere delle solide basi: è troppo facile ridere dei supereroi.

LB: Forse sono il solo a ricordarlo, ma qualche anno fa la Malibù Comics usò il denaro guadagnato grazie alla pubblicazione del primo materiale Image per creare un suo proprio universo supereroistico, all’interno del quale (ancora, forse sono l’unico a pensarla così) c’erano molti personaggi efficaci e interessanti. Tra questi voglio ricordare Nightman e Solution, due serie che, ehi! che strano!, proprio tu disegnavi. In particolare Johnny Domino, aka Nightman, era una miscela veramente azzeccata  di Batman, Devil e Charlie Parker (tanto azzeccata da meritarsi una trasposizione televisiva, ammesso che questo possa considerarsi un indice di successo). Cosa ricordi di quel periodo?

DR: Ricordo che sono stato imbrogliato sui diritti su Nightman. E che ho creato un personaggio che mi è stato rubato e che è stato ucciso nel momento della sua cessione alla Marvel. Quel periodo è pieno di rimpianti.

LB: Alla Casa delle idee stanno tentando di dare nuova linfa ai New Warriors. Ti piaceva lavorare su quella collana? Mentre eri alle matite dei New Warriors, sei entrato in contatto con i differenti mondi che compongono l’Universo Marvel, tra questi quello che da quasi vent’anni è sinonimo di successo di vendite e pubblico… lo “Xavier Dream”, gli X-Men, i mutanti insomma. Secondo il mio modesto parere, chiunque sia al di sopra dei quindici anni e sia dotato di un minimo di senso critico, si rende conto che l’intero concetto mutante si trova a un punto critico, anche se è probabile che il film di prossima uscita, con Patrick Stewart in plancia (ahem!) sulla sedia a rotelle, darà nuova linfa almeno dal punto di vista commerciale ai nostri “figli dell’atomo”. Ora… è vero che il paziente è in condizioni critiche, che le trame sono ripetitive e le storie stucchevoli ecc., però, se dovesse venir curato dal Dottor Ellis, secondo te dobbiamo aspettarci sesso, sangue, stupri e violenze nel futuro dei mutanti marveliani?

DR: Voglio esserne coinvolto maggiormente. Mi piace quello che sto facendo con Transmet, credo che sia l’opera più impegnativa della mia carriera. E per quanto riguarda Ellis, be’… lo conoscete.

LB: Quante ore al giorno lavori? Com’è un giorno “normale” nella vita di un disegnatore di fumetti?

DR:
Non posso rispondere per tutti, ma io lavoro solitamente dalle 8 alle 12 ore al giorno, sei giorni la settimana, normalmente di notte.

Immagine articolo Fucine MuteLB: So che hai vissuto in Italia per un certo periodo a Firenze. Il fatto di abitare in una città d’arte ha influito sul tuo stile…?  Com’è stato vivere e lavorare nel nostro paese? Hai conosciuto e cosa pensi della scena fumettistica italiana?

DR: Mi sono piaciuti moltissimo alcuni fumetti, come Nathan Never e Dylan Dog. Soprattutto il lavoro di Stefano Casini! Quando sono tornato in America me ne sono portati dietro molti. Vivere a Firenze mi riempiva d’ispirazione e mi manca molto. Penso ancora di ritornarci e, se possibile, di comprare una casa da quelle parti, un giorno.

LB: Quando disegni, ascolti della musica? è vero che suonavi in un gruppo?

DR: Ascolto molta musica e ho suonato in un gruppo per un breve periodo. Suono ancora, da solo, ogni tanto: amo farlo.

LB: Quanta libertà hai nella realizzazione grafica di Transmet? Esiste una qualche collaborazione nell’ideazione degli script?

DR: Possiamo dire di sì, almeno di un certo tipo. Ho le mie idee, ma effettivamente il mio lavoro consiste nella realizzazione delle tavole, dei disegni e quindi cerco di rendere al meglio i testi di Warren.

LB: In Subway, l’introduzione (postfazione) al primo numero di Transmet, Ellis parla delle incredibili telefonate transoceaniche che fate tra di voi per concepire il mondo di Spider Jerusalem (il protagonista, suo malgrado delle storie narrate in Transmetropolitan). Condividete lo stesso background culturale? Hai letto qualcosa di Mecken, o “Paura e Delirio a Las Vegas”, o qualche libro di Norman Spinrad?

DR: Sono un fan di Hunter S. Thompson, ma, vedi, Warren è inglese e io americano, anche se credo che questa differenza sia ciò che faccia funzionare Transmet così bene. Entrambi abbiamo una prospettiva deviata quando guardiamo agli Stati Uniti.

LB: Se dovessi nominare un film, che incarna alla perfezione lo spirito di Transmet direi “L’esercito delle 12 scimmie” di Gilliam. Non so perché, ma mi sembra adattissimo. E tu, a che film penseresti? E poi, chi sceglieresti per la parte di Spider in una (non così) improbabile versione cinematografica?

DR: La tua scelta è impeccabile. Ultimamente ho pensato che Sean Penn sarebbe un grande Spider Jerusalem. Tuttavia, la prima scelta, mia e di Warren, è Tim Roth.

LB: Per realizzare i volti dei diversi personaggi utilizzi fotografie di persone reali (a parte Spider che secondo me è un tributo a Hunter Thompson)?

DR: Spider l’ho basato sul mio amico Andre Ricciardi (vedi la foto allegata) e Royce sul mio amico Mike O’Brien. All’inizio utilizzavo molte fotografie, ma adesso è tutta farina del mio sacco.

LB: Sembri aver ben chiara in mente l’immagine della città del futuro: in che misura ti hanno influenzato i vari posti in cui hai vissuto? Ci sono alcuni angoli della Città che sono stati ispirati da luoghi reali?

DR: Certamente: ad esempio, Piazza di Signorina è la base per la piazza della Città nel numero 7. Viaggiare per l’Europa e per gli Stati Uniti ha riempito il mio immaginario di spunti per la CITTA’.

LB: Nel settimo numero di Planetary, Ellis presenta la morte dello spirito che impregnava i fumetti scritti dagli artisti inglesi degli anni ’80, con una specie di allegoria, mettendo in scena il funerale di una sorta di J. Constantine (qui considerato archetipo o simbolo degli eroi maledetti partoriti dai vari Moore, Morrison ecc), che rinasce il terzo giorno nel corpo di Spider Jerusalem, un aspirante araldo del “nuovo” nel mondo dei fumetti. La pensi allo stesso modo? Credi di essere all’altezza di questa grande responsabilità? Cosa ne pensi di J. Cassaday, il disegnatore di Planetary?

DR: Penso che J. Cassaday sia uno dei più grandi che ci sono in giro. Per quanto riguarda l’essere all’altezza di Constantine, solo il tempo potrà dirlo. Stiamo dando il nostro meglio nella realizzazione di questo fumetto.

LB: Nel mondo di Spider, la sua Città, troviamo una forte presenza della cultura giapponese o almeno di quello che passa come cultura giapponese per uno che abbia visto una volta di troppo Blade Runner,  ma sembra che la cosidetta “febbre gialla” non abbia influenzato il tuo stile. Ti piacciono i manga?

DR: C’è qualcosa che mi piace molto, soprattutto nel campo dell’animazione, ma, in generale, sono più interessato alle opere in stile italiano o inglese: immagini più realistiche, una narrazione più chiara e definita, background dettagliati ecc.

LB: Quali furono le tue prime reazioni dopo che Ellis ti espose i concetti che stavano alla base di Transmet? Credevi che la serie sarebbe durata così a lungo?

DR: A dire la verità, no. Lavorare a questo progetto con lui fu una cosa che mi interessò immediatamente, ma ero sicuro che ci avrebbero cancellati durante il primo anno. Entrambi ne eravamo certi.

LB: Quanto sono dettagliate, precise, le trame di Ellis? Ad esempio, a chi dobbiamo dare la colpa quando vediamo Spider bere da una ciotola a forma di testa di scimmia? Che modifiche avresti apportato, se  ne avessi avuto possibilità agli scripts di Ellis?

DR: Non cambio le cose, solitamente le aggiungo. Le teste di scimmia erano una cosa specifica scritta da Warren, ma le scritte e i passanti si devono solitamente a me che…mi sto divertendo.

LB: Cos’è successo a quel caro e dolce diciassettenne che sognava castori spaziali, animaletti che poi l’hanno fatto diventare il disegnatore del personaggio più bastardo, più cinico e più violento del mondo dei fumetti?

DR: Ha compiuto 31 anni in novembre. Ma, attenzione!, Space Beaver aveva molti tratti della personalità di Spider…

LB: Quali saranno i tuoi lavori futuri?

DR: Oltre a continuare Transmet, il prossimo anno lavorerò a una miniserie su Batgirl/Catwoman.

Cosa c’entra il titolo “Castori nello spazio” con uno degli autori di quello che è al momento il più intrigante esempio di fumetto dissacrante e maturo dell’odierna scena americana: Transmetropolitan?

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