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Fumetto

Gianluca Costantini

Visioni d’avanguardia

Fabio Bonetti (FB): Dalla tua biografia si trae una serie di considerazioni riguardo la tua maturazione artistica. Se non mi lascio ingannare dalle parti “meno attendibili”, pare un percorso molto intenso, i cui referenti culturali sono numerosi, e ad ogni modo credo che tutto ciò traspaia dal tuo disegno. Per quanto il tuo stile risulti personalissimo, vedi punti di riferimento in autori contemporanei, che siano o meno fumettisti? A chi ti senti più legato tra gli autori di fumetti della tua generazione?

Gianluca Costantini (GC): Ho basato la mia ricerca nel campo fumettistico senza tenere chiuse le porte delle altre arti, anzi, forse mi sono sempre più interessato alle altre arti. All’inizio non era così, il mondo dei fumetti era la cosa più meravigliosa e intima che conoscessi. Poi all’improvviso, siamo nell’1989/90 qualcosa di strano successe. Incominciarono a uscire fumetti diversi, ecco, la colpa del mio tormento artistico è Bill Sienkiewicz, di cui non furono a influenzarmi i soliti lavori che vengono citati come Elektra e simili, ma fu “Stray Toster”. Questo lavoro per me fu come un’illuminazione, andava più avanti, apriva nuove porte, che neanche gli autori di Frigidaire o i Valvolinici erano riusciti a darmi. Perché B. Sienkiewicz distruggeva la tavola come forse solo Druillet cercò di fare, e soprattutto impose un uso del linguaggio che fino ad allora nessuno aveva osato nel mondo del fumetto ufficiale. Questo del linguaggio è fondamentale. Subito non me ne resi conto, continuai a disegnare come sempre, solo che poi tutti i fumetti incominciavano a starmi un po’ stretti, non mi davano molto. Scoprii l’arte in tutta la sua grandiosità, quadri, sculture, romanzi, poesia; contemporaneamente nel mondo del fumetto conobbi Massimo Galletti e finii dritto nel fumetto Underground, nel vortice di Katzyvari, Tribù, Schizzo, il mondo più nuovo del fumetto italiano. Nel frattempo mentre frequentavo l’Accademia di Belle Arti di Ravenna arrivò un nuovo professore/artista, Fabrizio Passarella. Lui mi fece scoprire l’arte come salvezza, l’arte come stile di vita.

In quel periodo iniziai la mia ricerca sul simbolo e la decorazione a cui sto tuttora lavorando.

Immagine articolo Fucine MuteI rimandi ad artisti e tendenze sono veramente infiniti, è qui impossibili riferirteli tutti,  in cima alla lista c’è sicuramente William Blake in quanto racchiude tutto quello che io inseguo: arte figurativa, arte letterale, arte spirituale. Nel fumetto purtroppo ho poche influenze, almeno credo, anche se l’arte del fumetto è quella in cui riesco ad esprimermi meglio. Il momento fondamentale del mio cambiamento nel modo di rapportarmi al fumetto fu dato dal mio lavoro su “Freethinker”, pubblicato sulla rivista Interzona. (E’ sicuramente ancora da valorizzare la rivista Interzona, sicuramente l’unica rivista di sperimentazione grafica degli ultimi anni in Italia).. Da “Freethinker” partì anche la mia passione per tutte le altre forme d’arte e mi concentrai anche sulla pittura, il mosaico, l’arte digitale, e cercai di farle diventare un’unica ricerca, e credo che questo intersecarsi di più arti farà parte di tutta la mia vita.

Gli autori cui mi sento più legato sono Maurizio Ribichini, Diavù, Sandro Staffa, Paolo Casabianca, Squaz e se anche non lo conosco di persona Andrea Bruno.

FB: Il tuo stile visionario — che traspare anche dall’impostazione del tuo sito — risente anche di simbologie ricorrenti, spesso legate a temi celesti, figure astrali, ecc… e anche di prospettive falsate, che ricordano nell’impostazione cartografie ed illustrazioni antiche. Mi sbaglio?

GC: Non ti sbagli affatto, ho fatto ricerche per anni sulla simbologia, sia sul significato simbolico e iconico, sia sulla costruzione e ideazione del simbolo. Quindi ogni civiltà sia Egiziana, Giapponese, Europea e di conseguenza le sue religioni sono per me un continuo stimolo visivo. La prospettiva falsata, l’annullamento della teoria prospettica m’interessano molto, vorrei arrivare ad un’astrazione completa. Su questo sto già lavorando da due anni, il progetto si chiama “Cannibal Kitsch”, e spero d’autoprodurmelo, ci vorrà ancora tantissimo lavoro. Un romanzo grafico contro ogni stereotipo fumettistico, da cui siamo continuamente bersagliati.

È ora di costruire una critica più colta e teoretica e incominciare a dividere il fumetto d’autore dal fumetto d’arte, incominciare in questo modo a giustificare il motivo per cui il fumetto non sia solo Walt Disney o Sergio Bonelli.

FB: Occultismo, misticismo: ambiti di studio sempre più legati al fumetto, in particolar modo di produzione statunitense (al di là della provenienza degli autori). Vedi dei particolari legami tra le due cose? Puoi (vuoi) parlarci del tuo personale approccio alla questione?

GC: Il mio approccio a queste idee è molto complesso, credo che siano veramente poche le produzioni statunitensi che si affacciano alla questione con naturalezza, mi sembra più una ricerca per stupire, per rendere le cose misteriose e strane. Neanche Neil Gaiman è totalmente sincero, è forse troppo macchinoso e calcolato e molto simile ad un qualsiasi scrittore Fantasy. L’unico che ha veramente le basi per questo tipo di studio è Alan Moore, basta leggere il suo From Hell per notare quanta ricerca e sapienza abbia sviluppato in questi anni sull’argomento. Per quanto riguarda me, cerco di raggiungere più un risultato Indiano/Tibetano, costruire un mantra con la mia decorazione sia visiva che di parola. Senza dimenticare la mia origine monoteista/cattolica.

Immagine articolo Fucine MuteSicuramente una base da cui partire ancora prima di William Blake è Emanuel Swedenborg, l’illuminato del nord Europa, personaggio volutamente nascosto dalla nostra cultura. Troppo pericoloso. Per un primo approccio ad E. Swedenborg consiglio la lettura di Seraphita di H. Balzac.

FB: Tu hai inaugurato la serie di albi del Centro Fumetto “A.Pazienza”, con lo “Schizzo Presenta” n.1. In generale, come vedi la situazione dell’editoria indipendente in Italia, e in quale misura risente della cosiddetta crisi dell’editoria italiana? Hai esperienze all’estero che ti permettano un raffronto?

GC: Mi fa molto piacere di essere stato il primo a pubblicare sulla collana “Schizzo Presenta”, e spero di avere dato una rotta da seguire a tutta la collana. Grazie a questa collana del “Centro A. Pazienza” sono potuti vedersi degli albi interessantissimi che nessun’altra casa editrice avrebbe mai potuto ne voluto pubblicare. Grazie a questa collana si sono potuti vedere lavori bellissimi come “TSO” di Paolo Casabianca e “Diario” di Aleksandar Zograf.

La situazione dell’editoria indipendente italiana è in una crisi d’ideale, vive una vita di mezzo, non riesce a decidersi se essere editoria ufficiale o editoria underground. Non si capisce se vuole essere dentro il sistema o combatterlo. Prima di tutto sono gli autori a non crederci più di tanto, ormai pieni di lividi e nascosti nei loro studi, oppure rifugiati/esiliati in altre nazioni. Per quanto mi riguarda alla crisi dell’editoria italiana non ci credo molto, non si sono mai viste tante pubblicazioni in libreria come questo ultimo anno. C’è più che altro una crisi di produzione di materiale italiano, le case non producono perché hanno paura delle spese più alte e della paura di non vendere. Perché fanno solo un ragionamento di mercato freddo e calcolato. Ed hanno poca fiducia negli autori italiani, anche nei più riconosciuti e commerciali. Per quanto mi riguarda ho incominciato a fregarmene altamente della loro crisi, in quanto usano la parola crisi per nascondere le loro incapacità e la loro poca preparazione culturale. Non riescono a vedere oltre al loro naso. Per quanto riguarda la mia esperienza all’estero ne ho troppo poca per poter dare un giudizio, in quanto ho incominciato solo in questi ultimi tempi a uscire dai confini nazionali.

FB: Credi nel fumetto in rete? Ti chiedo di considerare due accezioni del fumetto on-line: quella della rete come strumento promozionale — una sorta di vetrina per gli autori — e del web come mezzo che possa contribuire a creare nuovi parametri per il linguaggio del fumetto. (vedi il sito della Dark Horse, o quello di Warren Ellis). Hai intenzione di sfruttarne le potenzialità in una di queste direzioni in futuro?

GC: La rete è il nuovo strumento di narrazione, non credo nel fumetto di carta trasportato in Html e fine lì, credo in un nuovo mezzo di cui bisogna trovare un punto di unione, un nuovo modo di raccontare. Una nuova lettura tra immagine e parola che può far spiccare un grosso salto al medium fumetto. è la stessa storia, superare gli stereotipi del fumetto, che in soli 100 anni è riuscito a costruirsi un muro di cemento armato e di ignoranza, soprattutto qui in Italia. Io personalmente cercherò di usare tutte le potenzialità di Internet per ampliare la mia ricerca.

FB: Nel tuo sito si legge un “n.1”. Hai intenzione di dar vita ad una rivista periodica? Puoi dirci qualcosa a riguardo?

GC: Questo sito non verrà continuato, all’inizio avevo la volontà di farne una cosa periodica ma mi sono accorto che non sfruttavo le vere potenzialità della rete, non la usavo nel modo giusto. Partirò presto con un nuovo progetto, non promozionale della mia immagine, ma una vera e propria opera, titolo provvisorio “Arte Derubata”.

FB: Domanda scontata: quali sono i consigli che ti sentiresti di dare ad un esordiente?

GC: Consiglio di non seguire i consigli, fossero anche quelli di Pablo Picasso.

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