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Omnia

Il Punitore, l’uranio, i tromboni

Butto l’occhio su una vecchia raccolta de “Il Punitore”, fumetto fantapolitico americano ideato da Gerry Conway (primissimo sceneggiatore, se ricordo bene), poi definitivamente a firma di Mike Baron (col disegno di Carl Potts, Jim Lee, Klaus Janson, Erik Larsen, Mark Texeira e molti altri), riedito in Italia dalla Star Comics di Perugia. Roba che risale al lontanissimo 1989, vecchiume dell’altro secolo. Perché – cazzo come passano gli anni! – siamo nel 2001.

Mi ci tuffo con avidità, a capofitto, ben avvertendo che Frank Castle alias il Punitore, un tizio piuttosto muscolato in calzamaglia nera e teschio che girava in furgoncino supertecnologico o su una Harley Davidson (a ribadire certi suoi riverberi di ribellismo fine anni ’60), era e rimane ancora oggi “supereroe” sgradevole, figlio del malessere, umano troppo umano, manicheo e violentissimo, che reduce dal Vietnam è costretto ad assistere impotente al massacro della propria famiglia per diventare, quasi impazzito, un giustiziere nell’epoca ossessionata dei Callaghan (lui come l’ispettore di Eastwood sono escrescenze poderose del “declino del sogno americano”, come ben sottolinea Alessandro Di Nocera in Supereroi e superpoteri, Castelvecchi, Roma).

Appare la prima volta in un episodio dell’Uomo Ragno, ma non ha nulla a che vedere con la grandeur dei suoi nobili, tragici predecessori, quasi tutti modificati “geneticamente”, mutanti, contaminati: nello specifico del numero che ho per le mani, i suoi avversari, quelli sì, sono “carne vecchia”, il raffinato Dr. Destino di Latveria nella sua armatura metallica, e l’obeso e odioso Kingpin, due criminali simili a Castle nel brillare per apparente assenza di convenzionali superpoteri.

Rilanciato dalle due serie Marvel nel «Punisher War Journal» del 1988 e «Punisher War Zone» del 1992, il Punitore (“The Punisher”) ebbe certamente grande successo, e fece scandalo (si disse ovviamente che Castle e Baron erano reaganiani e fascisti, sic), rimanendo un violentissimo eroe di mezza tacca, assai lontano dai meandri psicagogici e profondissimi nei quali la riforma del fumetto avviata da Alan Moore iniziava a sprofondarci.

A differenza del bellissimo, grande, pazzo e sottovalutato Foolkiller, “quello che uccideva i pazzi” che brulicano sulla Terra, il Punitore è lucidissimo, duro, affilato, senza pietà. Ex seminarista nerovestito, allucinata e nevrastenica macchina da guerra, Frank Castle rimaneva pur sempre un tipetto alla Big Jim deciso a massacrare cattivi, a caccia di vendetta col suo M16, i missili, i bazooka: insomma, Rambo. Privo del tutto delle connotazioni demoniache e romantiche che il miliardario-pipistrello Bruce Wayne iniziava proprio in quegli anni ad esibire grazie a Moore, il Punitore ci poneva originalmente a confronto con la Realtà, quella dura, terribile di questo mondaccio. Ovvero, cercava di porre il lettore nella posizione finalmente critica di chi deve sapere cosa gli succede attorno ogni giorno, senza illudersi troppo grazie a kriptoniani e vendicatori vari.

L’orrore del mondo, gli avversari, i nemici mortali stanno tutti qui con noi, dal Cartello di Medellin (è sempre Di Nocera a ricordarmelo), alla guerra di bande nei ghetti di Los Angeles, alle armi segrete di Saddam da distruggere ad ogni costo.

Tra le cose che mi riportano improvvisamente ai nostri giorni – ecco perché tutto il pistolotto e la memorialistica dedicata al Punitore – una scrittina, un ballon ben evidenziato nel terzo quadro dell’episodio “Il secondo colpo” (tratto dal Punisher War Journal n.10). Si descrive un nuovo carro armato, l’Abrams M1A1, che vanta “il comando fuoco con mirino laser computerizzato… unito a un sofisticato sistema di stabilizzazione” che “permette di sparare in movimento”. Ma che soprattutto recita: “L’Europa centrale, col suo terreno ondulato e i suoi boschi, è un posto adatto a tank ed elicotteri”. E poi: “Il rivestimento a base di uranio de-nuclearizzato protegge l’Abrams dalle cannonate”.


Tutto qui. Nel 1988, dodici anni fa, The Punisher, ovvero un giornaletto Marvel per ragazzi, parlava tranquillamente di tecnologie militari a base di uranio impoverito. Nel fumetto tali tecnologie sono difensive, mentre nella realtà hanno funzione offensiva e anti-tank, seppur basate sullo stesso principio di quelle difensive di The Punisher: l'”uranio de-nuclearizzato”, come lo chiamano, è molto più resistente dei metalli convenzionali, e quindi molto più penetrante, cosicché il proiettile all’uranio penetra nella corazza, consentendo solo in un secondo momento l’esplosione della carica, dentro il carro armato…

Quando oggi, nel 2001, qualche nostro politico sostiene che a differenza di quanto sarebbe accaduto in Kosovo, nella guerra di Bosnia nessuno ci informò (evidentemente bisogna sempre che “altri” c’informino di qualcosa che già sappiamo…) dell’utilizzo di armi all’uranio impoverito, mente. Mente gravemente sapendo di mentire. Perché visto il numero di bombe utilizzate in Kosovo, a fronte di quelle utilizzate in Bosnia (che sono state molte, molte di più), risulta facile ammettere la “marachella” nel primo caso, molto meno nel secondo. Perché quel silenzio, e le menzogne pesano, forse gravissimamente. E stiamo in campagna elettorale…

Un saluto e il malocchio a tutti gli spudorati tromboni della politica.

Fucine Mute!

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