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Palcoscenico

Barbara Sinicco

La Fabbrica delle Nuove Idee

Riccardo Visintin (RV): Dopo le interviste — ne abbiamo fatte alcune — ai protagonisti, ai mostri sacri del teatro, da Bosetti a Gianrico Tedeschi, alla Melato — che ci è sfuggita, ma insomma l’abbiamo conosciuta lo stesso — questa volta abbiamo un talento giovane, che è Barbara Sinicco.
Drammaturga, anche attrice… siamo qui per conoscerti meglio, in un posto che forse ha qualche retaggio per te.
Ti dice qualcosa questa piazza, Barbara?

Barbara Sinicco (BS): Sì… Questa piazza è stata teatro del primo spettacolo da me scritto e messo in scena dalla “Fabbrica delle bucce”, che è la Compagnia che è stata formata un anno fa circa qua a Trieste, con altri componenti; è successo a giugno, il “fattaccio”, ed ha avuto tre repliche.
Questo è stato l’inizio, che risale ad un anno fa, della Compagnia e della nostra storia comune.

RV: Dicevamo, intanto un bellissimo nome, la “Fabbrica delle bucce”, che già ci dà l’idea di una struttura che, Barbara, è completamente autogestita da un gruppo di persone giovani: una realtà locale e non soltanto.
Visto che ci sei tu con noi, tu come hai iniziato personalmente a fare teatro, e quando?

BS: Io ho iniziato diversi anni fa qua a Trieste, siamo già a dieci anni fa…
Quindi a diciassette anni, con delle piccole Compagnie di Trieste, con cui si faceva teatro… in realtà poi due anni dopo sono partita per Milano, a Milano ho avuto altre esperienze di teatro con compagnie più o meno piccole, fino a quando sono entrata alla “Paolo Grassi”, che ho finito un anno fa ed è stata l’esperienza che mi ha formato radicalmente come teatrante, come drammaturga, e dalla quale sono uscita con in mano già dei testi che avevo scritto, di cui uno era “Il Cinghiale”.
Dopodiché sono arrivata a Trieste. Sono tornata diciamo all’ovile un anno fa, e ho sentito l’esigenza assieme ad altre persone di questa città di fondare un gruppo che si basasse innanzitutto su di una drammaturgia originale e che ricercasse delle forme di teatro che avessero a che fare con il teatro di strada, con la tradizione popolare, con la musica popolare e con il teatro di ricerca.
Questo è ciò che noi cerchiamo di fare e su cui lavoriamo in varie forme e in vari modi.

RV: Senti, Barbara, io ho visto lo spettacolo — bellissimo, tra le altre cose — con questa cornice molto suggestiva, con questo “buio” per cui anche con questa atmosfera quasi ” gotica” direi, no?…
E quindi ti chiedo questo: è difficile, immagino, partendo dal presupposto che è difficile recitare in ogni situazione, recitare in un ambiente esterno, con i rumori, con la confusione… come ci si sente? Quale tipo di concentrazione bisogna applicare? Qual è l’impatto? Diverso, immagino, rispetto a quando, in seguito, “Il Cinghiale” è stato messo in scena anche al chiuso in teatro… ma tu che sensazioni hai provato?

BS: Sì, infatti il caso del “Cinghiale” è un po’ particolare perché è uno spettacolo che nasce per il teatro: l’abbiamo fatto dapprima al “Miela”, e poi in altri teatri della regione.
Farlo in strada è stata un po’ una trasposizione arbitraria di uno spettacolo che nasce per il teatro, con anche un certo progetto di luci, e delle voci basate su di un posto “al chiuso”, per cui…
Quindi la difficoltà maggiore in generale del fare il teatro all’aperto è un problema tecnico, di voce, di rumori, di imprevisti, di aerei che ti passano sopra la testa, di macchine, ed anche di un diverso atteggiamento del pubblico.
Perché in un teatro al chiuso il pubblico entra, ha pagato, e si sente responsabile anche del fare l’applauso finale, del stare in silenzio, del non tossire.
In strada, invece, il pubblico ha tutto un altro atteggiamento, e questa in realtà è anche la sfida a cui noi andiamo incontro, che ci interessa, cioè il vedere il pubblico che si ferma a guardare uno spettacolo, in questo caso il nostro, semplicemente perché in quel momento ha voglia di stare a guardare uno spettacolo, e non perché prima ha già pagato il biglietto, si è seduto, le porte sono chiuse e non può uscire…
In strada uno può andarsene via quando vuole, e la nostra sfida, il nostro interesse è quello di farlo rimanere lì, e su questo adesso lavoriamo, perché in realtà veniamo tutti da una formazione più o meno classica, chi musicale chi teatrale, ma comunque classica, e non siamo artisti di strada “navigati”, non siamo giocolieri o sputafuoco…
Però stiamo cercando queste tecniche. Infatti, il nostro studio disperato è anche quello di girare per innumerevoli festival di teatro di strada, di cantastorie, per conoscere anche come lavorano questi gruppi.

RV: Senti, scendiamo un po’ più sul dettaglio personale; questa è una domanda che è un po’ un “must” delle nostre interviste: ti ricordi la prima volta che sei stata a teatro? Che spettacolo era, che emozioni hai avuto, “da spettatrice” questa volta?
O sennò il primo spettacolo che hai visto e che ti ha lasciato con le spalle alla sedia, prima di iniziare a fare teatro, quindi da spettatrice?

BS: Innanzitutto, la cosa buffa è che ho prima iniziato a fare teatro che ad andarci. Questa è una mia grande ignoranza, un po’ forse per il luogo stesso dove ho vissuto, per la mia famiglia, dove non c’era una cultura teatrale, per cui ho cominciato ad andare a teatro molto tardi, anzi ti dirò addirittura che il primo spettacolo che ho visto dev’essere stato attorno ai diciassette-diciotto anni a Trieste, ma non me lo ricordo, probabilmente perché non mi era piaciuto per nulla.
Questo perché la mia vera esperienza teatrale risale a quando ero una bambina, a sei anni, quando ho fondato la mia prima Compagnia teatrale, in un paesino del Sud, dove abitavo.
Si chiamava il “Teatro delle Foglie Verdi”. Ci tengo a dirlo perché era un nome molto bello trovato da bambini e bambine del luogo, ed era “per strada”, guarda caso…
Il primo spettacolo significativo che ricordo, ero già a Milano, quindi intorno ai vent’anni, è stato “Alla greca”, un testo di Berkoff per la regia di De Capitani, messo in scena dal Teatro dell’Elfo.
Quello è stato il primo spettacolo che mi ha trasmesso qualcosa, uno spettacolo che forse adesso, rivedendolo, non mi ci ritroverei più tanto, però credo che da lì è partito tutto… ho cominciato a delineare delle scelte teatrali, a capire delle preferenze, cosa volevo fare… poi, chiaramente, anche adesso sto cercando esattamente una strada precisa, ma credo di essere in quella direzione.

RV: Senti Barbara, tu sei una persona giovane che fa teatro in un ambiente comunque giovane, ma non soltanto “per i giovani”…
Ecco, quant’è difficile, sinceramente, fare teatro, autogestirsi, trovarsi degli spazi, avere impatti con pubblico di diverso tipo… dimmi questo insomma, se lo vuoi dire, come ci si sente e quali sono i problemi di ogni giorno…

BS: Chiaramente, i problemi sono tantissimi. Non voglio fare la vittima perché è difficile anche per un laureato in legge trovare lavoro, è difficile per tutti.
Fare del teatro autogestito, senza avere dietro Stabili, Enti Teatrali o una stessa scuola come la “Paolo Grassi”, che comunque a Milano ha rappresentato un po’ un nido, una casa dove tutti erano un po’ protetti, potevano uscire con un appoggio ben preciso dietro.

RV: Con maestri anche di livello, insomma…

BS: Certo, certo… che poi comunque ti aiutano, perché gli insegnanti poi cercano sempre di ricontattarti…
Però, fondare una Compagnia semplicemente da uno stimolo forte, di comunicare qualcosa senza avere né basi economiche né istituzionali, è difficilissimo; è difficile qua a Trieste innanzitutto, perché non c’è una forte cultura teatrale in questo senso, credo, a parte lo Stabile e le Compagnie fisse istituzionali che ci sono da tempo… Perché migliaia e migliaia di persone vogliono fare teatro, e non tutte hanno veramente qualcosa da dire, per cui è inevitabile che solo alcuni riescano ad arrivare al grosso pubblico.
Questo è anche giusto. Non è giusto che ci siano queste grosse difficoltà di farsi conoscere, questo è molto difficile, e questo è un qualcosa con cui ci stiamo scontrando: la diffidenza, i preconcetti, la chiusura anche dell’ambiente teatrale di Trieste, ma penso comunque in generale di tutta l’Italia, a parte forse l’Emilia Romagna o regioni del Centro Italia, che sono sicuramente più all’avanguardia in campo teatrale di noi.

RV: “Il Cinghiale” è stato uno spettacolo importante. Adesso c’è questo spettacolo nuovo, su cui ripongono credo molte delle vostre aspettative, che si chiama “Briganti”. Ce ne vuoi parlare un attimo?
Della sua genesi e poi di come si muoverà, di come si muoveranno questi “Briganti”, e dove?

BS: I “Briganti” si stanno già muovendo… è un testo che nasce intorno a dicembre-gennaio dell’anno scorso e adesso ci stiamo lavorando in forma ridotta, nel senso che l’abbiamo trasformato in una parata musicale di strada, proprio perché tratta di un argomento che ha a che fare con il teatro popolare, con la figura del cantastorie, con un viaggio che passa dai Balcani alla Sicilia, al Brasile.
Nasce da uno studio su personaggi leggendari o reali, i briganti, i banditi, sulle leggende di ogni parte del mondo rispetto a questo argomento.
Quella che stiamo portando in giro adesso è la parata, “Briganti”, che abbiamo fatto al Festival di Oderzo e che faremo a Sàrmede, e che si struttura in forma itinerante. È una parata musicale che utilizza strumenti della tradizione popolare.
La musica è guidata da Chiara Minca, che è una cantante e attrice di Trieste che si occupa di musica popolare, e prevede alcune soste in cui vengono fatte alcune scene chiave del testo.
Lo spettacolo totale però sarà pronto per questa primavera, sarà molto più lungo, molto più complesso… Speriamo comunque di farlo all’aperto, perché, ripeto, ci piace la strada e vorremmo andare fuori, nelle strade…
Può essere anche uno spettacolo “da teatro”, sicuramente, però stiamo cercando questa forma alternativa di teatro, forse di diverso contatto con il pubblico.

RV: Questa è sicuramente un’avventura bellissima, ma non è l’unica a far parte della vostra vita quotidiana, della “Fabbrica delle bucce”…
C’è qualcosa di molto bello che ha a che fare con i ragazzi, con i bambini, ed è l’altra faccia della vostra attività. Ce ne parli un attimo?

BS: Sì, è tutta un’altra attività… non la definerei nemmeno collaterale, perché poi fa parte del nostro lavoro…
Noi lavoriamo anche con i bambini, nel campo delle animazioni di strada, in collaborazione con “Arci Ragazzi”, in collaborazione con scuole, centri estivi e ricreatori.
Con le scuole materne prepariamo spettacoli con dei pupazzi, che è per noi una nuova avventura, perché noi non veniamo dal teatro di figura, ma ci siamo buttati anche in questa avventura di costruzione, perché siamo proprio noi a costruire i materiali…

RV: Barbara, ti ringrazio, e buon viaggio ai “Briganti”… c’è ancora qualcosa che vuoi dire? Progetti, aspirazioni, sempre nel segno del teatro…

BS: I progetti sono sempre molti, ma ora ci concentriamo sui “Briganti”. 
Grazie a voi.

L’Associazione Culturale Fabbrica delle Bucce – arte e spettacolo nasce nell’ottobre ’99 a Trieste con l’intento di una ricerca applicata agli eventi spettacolari. Una drammaturgia originale, inedita, a partire da miti, tradizioni popolari, echi del passato che si fondono col presente, affiancata da una ricerca musicale, sia vocale che strumentale, sono due tra gli elementi caratterizzanti del gruppo.


Particolare attenzione è rivolta anche alla ricerca scenografica e all’uso dello spazio, il più possibile parte integrante dello spettacolo e del lavoro degli attori. Dall’incontro dei componenti provenienti da esperienze artistiche che spaziano dal teatro, al teatrodanza, al canto e alla musica, nasce così un progetto autonomo. In questa fusione di linguaggi e contaminazioni si ricerca la magia di antiche favole e storie moderne attraverso la voce del teatro.


Questo lavoro si articola in spettacoli di teatro di strada, rappresentazioni nei teatri, nelle scuole e prevede numerosi incontri di carattere laboratoriale.


La formazione professionale dei soci fondatori si è sviluppata tra esperienze istituzionali, (Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano), ed esperienze laboratoriali e lavorative, in ambito teatrale, con registi quali Elio De Capitani, Marco Baliani, Yuri Alshitz, L.I.I.T. (Lega Italiana Improvvisazione Teatrale), la drammaturga Renata Molinari, il Trebbo (Teatro Ragazzi), ecc; in ambito musicale con spettacoli in collaborazione con Giovanna Marini e studi di musica popolare ed etnica.


I componenti hanno inoltre una comune esperienza nell’ambito dell’animazione sociale, teatrale e ludica.


Attualmente la compagnia gestisce l’attività “Ludobus” (pulmino itinerante per animazione di strada) per conto dell’Arciragazzi di Trieste.


La “Fabbrica delle bucce” collabora con numerosi enti, scuole e associazioni del Friuli Venezia Giulia tra i quali l’Arciragazzi, il P.A.G., “Mediterraneo folk club” per i quali organizza laboratori teatrali, musicali e di animazione e realizza parate, spettacoli di clownerie, prosa, di teatro ragazzi e con pupazzi nelle scuole, nei centri estivi e durante manifestazioni ed eventi.


Ha rappresentato tra la fine del novembre 1999 e il giugno 2000


Il Cinghiale, atto unico di Barbara Sinicco per la regia di Andrea Orel, al Teatro Miela di Trieste per la rassegna “Palcoscenico Giovani”, per la rassegna di S. Vito al Tagliamento (PN), con premio alla migliore scenografia e migliori interpreti non protagonisti; lo spettacolo è stato inoltre prodotto dal P.A.G. in collaborazione con il Comune di Trieste e rappresentato in una piazza della città come evento estivo.


Per l’Associazione Culturale “Mediterraneo”, la compagnia presenterà al Festival multietnico “Finestre” lo spettacolo teatrale itinerante Briganti, rappresentato inoltre al Festival teatrale di Oderzo nell’ottobre 2000 e a quello di Sarmede nel dicembre dello stesso anno.


Per contatti e informazioni:


info@fabbricabucce.com

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