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Musica

Francesco Guccini

Questo sangue che impasta la terra

Gianfranco Terzoli (GT): Come è nato questo connubio con uno scrittore, poeta e cantautore impegnato come Francesco Guccini?

Loriano Macchiavelli (LM): Direi che è nato per caso. Ci siamo trovati una sera alla presentazione di un mio libro e Francesco Guccini mi raccontò la storia di un prete ammazzato al suo paese, a Pavana, o vicino a Pavana, un mistero strano che non aveva avuto soluzioni e poi mi disse ‘perché non ci scrivi una storia? tu sei un giallista, mi sembra un buon ambiente…’ eccetera. Vicino a noi era seduto Antonio Franchini, che è l’editor della Mondadori, il quale prese la palla al balzo e disse ‘ma perché non lo scrivete assieme?’. Quindi, come vedete, è proprio un incontro assolutamente casuale.

GT: Una domanda a Guccini. Lei ha scritto un dizionario del dialetto locale della sua terra. Nell’epoca della tecnologia, dell’informatica, della globalizzazione e di Internet, qual è il ruolo del dialetto, della riscoperta della testimonianza scritta delle proprie radici?

Francesco Guccini (FG): Il mio vocabolario aveva un unico scopo: quello di conservare un dialetto come testimonianza di una piccola popolazione, anche se il dialetto poi è trasversale a tante altre popolazioni di quella stessa zona, che altrimenti sarebbe andato perduto, perché ormai questo dialetto è scomparso quasi totalmente, dato che lo parlano solo gli anziani che, per ragioni anagrafiche, stanno scomparendo. Io stesso che bambino non sono più non l’ho mai parlato e così i miei coetanei. Lo ricordiamo, sappiamo parlarlo all’occorrenza, ma parlarlo abitualmente non è mai successo. Quindi, diciamo, è solo servito a tenere fermo un patrimonio che altrimenti, nel giro di pochi anni, sarebbe scomparso del tutto.

GT: Il suo ultimo libro, scritto appunto a quattro mani con Loriano Macchiavelli, e anche quello successivo, sono dei gialli, di connotazione noir: una cosa piuttosto diversa da quello che eravamo abituati a leggere sia nei suoi libri precedenti che nei versi delle sue canzoni.

FG: Sì e no. Innanzitutto, adesso si parla di ambientazioni diverse, perché un giallo ha delle tecniche e delle trame particolari e soprattutto una lingua che può essere abbastanza legata alla realtà: ci sono espressioni, frasi colorite che arrivano direttamente dal vernacolo, però non può essere un linguaggio sperimentale come quello usato nei miei due romanzi. Lì posso giocare in casa, posso fare quello che mi pare. Un giallo dev’essere letto perché altro è lo scopo del libro giallo, anche se il giallo può essere un contenitore ricco di cose, pieno di notizie e non soltanto da leggere per la trama di uno che viene ammazzato e di uno che alla fine viene scoperto come uccisore, ma anche contenere diverse altre cose. Quindi può essere più ricco da questo punto di vista, ma è diverso da quello che sono i romanzi e così anche la canzone. La canzone difficilmente può essere molto sperimentale nel linguaggio: può esserlo sicuramente, ma non può esserlo così vorticosamente come in un romanzo.

GT: Come si coniuga la sua attività di cantautore e musicista con quella di scrittore, di poeta?

FG: Niente di particolare. Ogni tanto faccio una cosa, ogni tanto faccio quell’altra. E quindi dipende dai momenti. è forse più metodica l’attività di scrittore, perché ci si mette a lavorare a un capitolo e poi ci si ferma, poi si riscrive eccetera eccetera. La canzone, invece, è qualcosa di più violento, di più eroico, se così posso dire. Tecnicamente parlando sono due aspetti diversi perché io adopero il computer per scrivere i capitoli, ma adopero ancora carta e penna per scrivere le canzoni. Si vede che ho un impatto diverso con i mezzi.

GT: I suoi libri, la sua musica abbracciano diverse generazioni, un ampio spettro generazionale e temporale. Come si spiega questo?

FG: Questo succede soprattutto per le canzoni, per i libri non lo so, non ne ho idea, ma spero di sì. Per le canzoni sì, succede senza dubbio, ma è difficile capire il segreto di questa longevità. Probabilmente sono le canzoni stesse che hanno ancora qualche cosa da dire a della gente che non era ancora nata quando alcune di queste sono state scritte.

GT: Ho letto nella sua biografia che Lei ha insegnato per vent’anni e ha avuto quindi un rapporto diretto con i giovani, con le nuove generazioni. Si parla sempre di mancanza di valori, di gioventù annoiata, allo sbando. Come vede Lei questi giovani del 2000?

FG: Innanzitutto, io insegnavo un mese all’anno… e poi insegnavo a degli americani e quindi è una cosa completamente diversa rispetto a insegnare agli italiani. Ed è difficile attraverso la mia esperienza di insegnante riuscire a parlare dei giovani perché si trattava di tutta un’altra razza, un’altra cultura…

GT: E quelli ai concerti invece?

FG: E quelli ai concerti penso che di valori ne abbiano, se vengono ai miei concerti, se ascoltano certe cose. Ma è difficile poterlo stabilire, anzi non è mai bene generalizzare perché dappertutto si trova un po’ di questo e un po’ di quello.

GT: Lei ha scritto anche la sceneggiatura di un fumetto: quindi è eclettico su tutti i campi della scrittura…

FG: Non ne ho scritte mica solo di uno, ma di diversi fumetti. La scrittura di sceneggiature viene dal fatto che in gioventù sceneggiavo dei caroselli, per la pubblicità e quindi ho imparato più o meno a sceneggiare. Ma poi anche certe mie canzoni possono sembrare sceneggiature: Autogrill, ad esempio, potrebbe essere presa e filmata, anche se forse, ripensandoci, non è possibile perché è troppo fantastica. In definitiva, quando uno scrive può fare diverse cose da questo punto di vista: scrive libri, scrive canzoni, scrive sceneggiature… non è che siano cose tanto diverse l’una dall’altra.

GT: Com’è cambiata secondo Lei l’Italia dai tempi di Eskimo a oggi?

FG: L’Italia è cambiata sicuramente dai tempi di Eskimo ad oggi, ma non solo dai tempi di Eskimo, direi dai tempi del primo romanzo del Maresciallo Santovito, nel ‘39-‘40, a oggi che siamo nel 2001 è cambiata moltissimo. è cambiata in tantissime cose in bene, in certe altre no, ma queste sono domande alle quali non facile dare una risposta in tre secondi. è sotto gli occhi di tutti come è cambiata l’Italia. Adesso sicuramente abbiamo un benessere che tantissimi anni fa non c’era, non dai tempi di Eskimo, intendiamoci… è difficile rispondere in questo modo. Vedremo la prossima settimana come cambierà ancora…

GT: Facciamo una domanda anche a Loriano Macchiavelli: il prossimo libro sarà ancora un libro a quattro mani, vero?

LM: Sarà una raccolta di racconti. Francesco ha parlato di Santovito, e in alcuni di questi ci sarà ancora Santovito, che attraverserà varie epoche, varie stagioni della sua vita; in altri Santovito non ci sarà perché, per quello che mi riguarda, e spero che Guccini sia d’accordo, è un po’ un ritratto dei nostri paesi di montagna, del mio e di quello di Francesco.

GT: Un’ultimissima domanda: qual è il libro o la canzone che pensa ancora di scrivere?

FG: Sicuramente quello che verrà dopo. Questa è una risposta direi obbligatoria. La canzone e il libro migliore che devo scrivere sono quelli che verranno, non quelli già fatti che sono un deja vu.

GT: C’è già un’idea su un qualche argomento che vuole trattare?

FG: Per il libro sì. Sarà sicuramente una raccolta di racconti. E poi ho in mente un altro romanzo mio della serie delle croniche… ma quello chissà quando uscirà. Poi probabilmente un altro giallo… chi lo sa insomma… Sicuramente fra un paio d’anni un LP, di cui però ho solo vagamente idea degli argomenti, ma non c’è ancora niente di realizzato o di concreto.

All’inizio degli anni Settanta, a Bologna, nel clima della rivolta giovanile, comincia a serpeggiare anche la strategia della tensione. Due avvenimenti irrompono nella tranquilla vita da pensionato dell’ex maresciallo Benedetto Santovito. Un giovane in tuta mimetica viene scaricato, morente, davanti all’ospedale di un paese dell’Appennino. E poco dopo, una studentessa, figlia di un’amica del maresciallo, scompare misteriosamente. I due avvenimenti sono collegati? Santovito deve scoprirlo in una città brulicante di ragazzi, slogan di piazza, figure di rivoluzionari e spioni, un luogo dove l’utopia e le trame più occulte si fondono in una zona grigia, indistricabile.


Millenovecentosettanta. E l’Italia in cui comincia a serpeggiare la strategia della tensione, mentre continua la rivolta degli studenti e si diffonde l’esaltazione per una vita promiscua, libera, creativa.
Alla febbre dei nuovi tempi non può sfuggire neppure l’ex maresciallo Benedetto Santovito, che ha lasciato l’Arma ma non l’impervio paese dell’Appennino che gli è entralo nella pelle e nel cuore, insieme ai silenzi della sua gente.
La concomitanza di due avvenimenti misteriosi strappa Santovito dall’orizzonte di quieta contemplazione in cui è immerso, uno stile di vita semplice, costruito attorno alle ricerche di funghi nel bosco, alle rituali accensioni del toscano, alla squisita cucina della Napoletana e al ricordo di Raffaella, la sua donna, che non è più con lui.
Nottetempo, un giovane in tuta mimetica viene scaricato morente davanti all’ospedale della cittadina da una jeep che riparte sgommando nel buio. L’infermiera di turno, Domenica, ha un figlio adolescente i cui amici posseggono una jeep. Questa coincidenza basta a inquietarla profondamente e a spingerla dall’ex maresciallo Santovito, perché lui continua a essere per tutti il maresciallo, anche se il nuovo arrivato, il veneto Garbili, è un uomo sollecito e disponibile. Ma Domenica non è l’unica madre che è in ansia per il proprio figlio e ha bisogno di una figura in qualche modo paterna. C’è anche Patrizia, una vecchia amica, che vive nell’angoscia: la figlia Raffi è scomparsa. A Bologna i suoi compagni della nuova bohème studentesca non sanno più niente di lei.
Santovito non se la sente di deludere le due donne e indaga su due fronti: in montagna per trovare l’assassino del giovane in tuta mimetica, e in città per seguire le tracce della ragazza scomparsa. Lo aiutano nuovi personaggi, mentre vecchie conoscenze lo intralciano; tra queste l’inossidabile, nell’ostilità come nell’idiozia, maresciallo Ares Amadori, che nel frattempo, come molti raccomandati e non pochi stupidi, ha fatto carriera.
Sia a Mazzacane, in mezzo a boschi, erte e forre, sia sotto i portici bolognesi, sui tetti, nelle camere affittate a studenti, i luoghi propizi a un agguato non mancano; e non mancano i potenziali sospetti tra pastori sardi taciturni, loquaci informatori, ufficiali dei Servizi Segreti e aspiranti rivoluzionari.
Tra le mura della città e in mezzo al fogliame dei boschi, le utopie scandite ad alta voce negli slogan di piazza e le trame più occulte si mescolano in una zona/grigia, pericolosa, assassina. Ancora una volta Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli raccontano una storia appassionante fondendo gli elementi classici della detection con la ricostruzione della storia italiana più controversa e, a distanza di anni, ancora bruciante.

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