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Musica

Gino D'Eliso

Ti ricordi… D’Eliso?

Gianfranco Terzoli (GT): Siamo con uno dei più apprezzati e ispirati musicisti triestini, oltre che un amico, Gino D’Eliso, da poco tornato sulle scene con un nuovo cd, qui immortalato dalle nostre videocamere. Dicevi che è la tua prima video-intervista per un Web Magazine, cioè che andrà su Internet…

Gino D’Eliso (GDE): Sai Gianfranco, io faccio ancora parte della generazione che parla di dischi, parla di vinile e quindi parla con un certo rispetto e un po’ di terrore anche se ci lavoro ovviamente con tutte le parti informatiche di computer di “diavolerie” di cui voi fate parte bene o male. Quindi no, sicuramente è la prima che sto facendo.

GT: Quindi è un’esclusiva di cui noi ti siamo grati e fin da adesso ti ringraziamo.

Parliamo del discorso più prettamente musicale. Sono passati diciott’anni dal tuo ultimo lavoro, dalla tua ultima incisione che era “Cattivi Pensieri”. Cos’è successo nel frattempo? è difficile riassumere in pochi minuti diciott’anni, ma cerchiamo di fare un po’ una cronistoria.

GDE: Mah in 18 anni è cambiata la mia vita, è cambiato il mondo e quindi io siccome mi reputo una persona mediatamente intelligente — no, anzi, in realtà, scherza, io mi reputo intelligentissimo… — però mediamente intelligente, attento ai problemi che ci possono essere nel mondo e non posso essermi esentato dallo stare attento a quello che succedeva. Ho avuto un attimo — un attimo: 18 anni! — di ripulsa per il mondo discografico, per quello che stava succedendo a livello di majors dove c’ero dentro bene o male e a un certo punto ho detto basta chiudiamo baracca e burattini, ho lavorato in rai per un periodo, ho fatto il produttore per un periodo poi ho cambiato completamente vita ho delegato la mia sopravvivenza a un altro tipo di lavoro (lavoro in un laboratorio di ricerca come responsabile delle pubbliche relazioni e mi trovo molto bene tra l’altro perché non dimentichiamo che le popstar del futuro non sono i Mick Jagger e i David Bowie ma sono sicuramente i Premi Nobel e sono sicuramente i fisici (battuta: questa mi costerà il posto probabilmente, vabbè) e poi sì, sono cambiate tante cose, sono cresciuto, ho fatto 50 anni da pochi giorni sono diventato nonno da qualche mese e quindi le cose vanno avanti

GT: Congratulazioni…

GDE: In più ho scritto canzoni che adesso ripropongo sperando che piacciano. Questo indubbiamente.

GT: Ma perché proprio adesso, perché ritornare proprio in questo preciso momento?

GDE: C’è una canzone del mio album — che si chiama Europa Hotel l’album — c’è una canzone che si chiama “Anni pesanti” e stiamo attraversando anni abbastanza pesanti abbastanza significativi, abbastanza inquietanti come anni e secondo me c’è un discorso morale, un discorso etico, un discorso politico dove le persone che fanno qualcosa — indifferente che facciano canzonette, che facciano musica seria o che comunque abbiano un talento da poter proporre — non si possano esimere dal proporlo. Perché veramente stiamo andando a rischio di una tristissima omologazione, di un tristissimo appiattimento della cultura, di un tristissimo e malinconico finale di tutto quello che c’è di chiamiamolo bello, chiamiamolo significativo, chiamiamolo interessante.

GT: Parlaci di questo nuovo disco. Ci sono tre temi fondamentali ma in fondo è un album di speranza.

GDE: Sicuramente sì. Io sono nato a Trieste da famiglia pugliese e la mia famiglia è tutta gente di mare quindi uno dei temi fondamentali dell’album è il mare — vedi, continuo a chiamarlo album: cd — è il mare. L’altro tema fondamentale…. sono tre i temi portanti: sono i Balcani, essendo nato a Trieste sul confine ovviamente ho risentito delle influenze prima artistiche e poi anche influenze un pochino più drammatiche motivate da quello che bene o male è successo ai nostri cugini jugoslavi qualche tempo fa e della qual cosa ci siamo accorti anche troppo tardi di quello che stava succedendo, quindi i Balcani. E il terzo fatto, il terzo leit-motiv del cd, è quello di non volersi arrendere mai cioè si diventa vecchi quando si vuole invecchiare: ci sono ragazzi di vent’anni che sono vecchi, c’è gente meravigliosa di 80-90 anni che sono dei ragazzini.

GT: Mi confessavi che è forse l’album che preferisci tra quelli che hai inciso. Perché?

GDE: Sempre tornando, riallacciandosi al discorso del “ribellismo” mio storico il fatto di non essere legato a una major, di averlo pubblicato tramite un’etichetta indipendente ha fatto in modo che questo lavoro me lo gestissi insieme a Edy Meola che è il produttore coi tempi più rilassati possibile, senza nessun tipo di coercizione, imposizione, scadenze. Quando avevo tempo andavo a registrare una canzone, se non avevo tempo, non avevo tempo, se non avevo voglia, non avevo voglia. I musicisti ce li siamo scelti oculatamente tra i migliori musicisti rock della scena locale e tra i migliori musicisti classici della scena locale, sia del teatro Verdi che soprattutto i ragazzini giovani della Glasbena Matica per la quale spezzo una lancia in loro favore perché ‘sti ragazzi sono senza stipendio da qualche mese. Quindi sono signori professori d’orchestra, molto bravi che purtroppo sono senza stipendio quindi un appello, un appello in nome della musica.

GT: Certo.

Il titolo del cd deriva dal nome di un albergo di Sarajevo, una città di cui hai detto di esserti innamorato.

GDE: Sì io ho avuto il primo approccio con Sarajevo nell’86 quando lavoravo per la Rai, avevamo fatto un giretto in Serbia e in Bosnia con l’allora collega della Rai Piero Panizon e le nostre relative consorti per un film che dovevamo fare. Poi il film come molte cose della Rai non s’è fatto però ci è rimasto questo contatto con questa città incredibile, giovane, internazionale, sovranazionale, dove tutte le etnie dell’ex Jugoslavia convivevano e tutte le religioni convivevano, cioè dai cattolici dai cristiani ortodossi, dagli ebrei dai musulmani dai serbi dai bosniaci dai croati dagli sloveni tutti stavano molto bene. Poi ho avuto il privilegio di lavorarci l’anno dopo producendo un cd — no, non era ancora un cd — un disco in vinile di un cantautore croato, Mario Mhailevic che aveva fatto una compilation delle più belle canzoni dell’ex Jugoslavia dal dopoguerra a quella data. C’ero stato lì circa sei mesi e quindi avevo avuto modo di apprezzare questa meravigliosa città universitaria, giovane, fresca, divertente e divertita, dove tutti quanti stavano bene. Poi a un certo punto me la son vista ammazzata dall’idiozia della guerra in assoluto ma anche dalla supponenza, dall’arroganza, dall’ignoranza di noi — devo dirlo — cugini vicini di casa che non ce n’eravamo accorti di quello che stava succedendo.

GT: I Balcani sono un tema molto presente in “Europa Hotel” ma anche sono sempre stati presenti nei tuoi lavori, non a caso tu hai coniato un termine, Mitteleurock, che sta forse a indicare un po’ la contaminazione di stili, musiche e razze che tra l’altro rendono unica la nostra città, come tu spesso sei solito cantare: può essere un segnale anche questo nell’era della globalizzazione, dove tutto va a uniformarsi?

GDE: Sì, sicuramente sì. Noi abbiamo, noi triestini anche se di un triestino d’importazione perché ripeto sono figlio di pugliesi e le mie radici basso-adriatiche le sento molto e le amo anche molto — però sono nato qua, amo questo posto, amo questa città — e secondo me l’esser nato sul confine, l’esser nato a cavallo di un qualcosa, di culture talmente diverse quali possono essere appunto quelle slave, quelle italiane e quelle storiche asburgiche secondo me è un grandissimo privilegio, una cosa molto bella, il poter spaziare in maniera trasversale, appunto sovranazionale, internazionale proprio come un messaggio di pace nel senso che per me, dentro la mia musica, io credo di poterci mettere tanto Mediterraneo e però anche tanti Balcani, tanto confine e anche tanta — probabilmente in maniera più oleografica — cultura dedotta dal periodo asburgico di cui Trieste è ancora bene o male suddita.

GT: Tu hai compiuto 50 anni, usi anche una frase particolare all’interno dell’album… ricordamela…

GDE: …”chi nasce in mezzo a un secolo si sente sempre in bilico”: lo dico sempre all’interno di una canzone già citata prima che si chiama “Anni pesanti”. Sai, bene o male la mia generazione, quella che è nata proprio all’inizio della seconda metà del secolo ha risentito sicuramente degli influssi culturali, emotivi, storici di tutta una serie di libresco, di sussidari, di scuola, di scolastico cioè per me sentire — adesso è una cosa che poteva far rabbrividire qualcuno — ma per me sentire l’Inno del Piave è una cosa che ancora francamente mi commuove con tutto che io voto comunista da sempre. Si può dire questo? Sì. Lo dico, non c’è niente da vergognarsi. Anzi, ho sempre votato comunista e probabilmente continuerò a farlo però d’altro canto c’è anche questo discorso di proiezione verso il futuro. Quindi una cultura indotta da parte dell’educazione, da parte della famiglia, da parte di certi valori che non rinnego assolutamente e poi la ricerca del nuovo bene o male io nel ’68 avevo 17 anni quindi, ragazzi è stato molto divertente avere 17 anni nel ’68 e vedere nascere i Beatles. Io mi ricordo quando la prima volta che ho sentito i Beatles — era una trasmissione che si chiamava “Tv Sette” che poi hanno ripreso adesso — avevo 12 anni, sono scappato di casa perché non capivo quello che stava succedendo, era una cosa che mi aveva talmente eccitato che sono andato via e sono tornato la mattina dopo con i miei disperati però ho detto “mamma mia, mamma mia”. A me piaceva Elvis Presley, piaceva Little Richard, piaceva già il rock’n’roll però quando ho sentito i Beatles, visto i Beatles per la prima volta — grazie a Dio li ho potuti in primissima persona appunto avendo 12 anni tra l’altro — sono impazzito.

GT: Come vedi l’attuale panorama musicale. Non può essere un caso che le cose migliori — a parte qualche ovviamente gruppo nuovo che però poi di nuovo non si sa cosa vada a pescare — le stiano facendo quelli di una generazione, di più generazioni passate: abbiamo parlato prima del concerto di Mark Knopfler — ormai lui di anni ne ha una sessantina, così come Bob Dylan.

GDE: Mah sicuramente i vecchi marpioni, le vecchie bestie sono quelle che tirano di più perché molto probabilmente sai cos’è che hanno più cose da dire, hanno più cose da raccontare. Se tu vedi anche a livello italiano quelli che hanno cose da raccontare ormai sicuramente sono tutti quanti sugli anta, c’è poco da fare, da Vasco Rossi a Ivano Fossati che io giudico con De Gregori i due migliori artisti che ci sono in Italia, scrittori di canzoni — cantautori mi fa un po’ nausea come termine — lo stesso Zucchero a chi piace — comunque tutta gente di una certa età. Quindi devo dire che siamo stati, sono stati anche privilegiati dal tipo di input che hanno ricevuto da periodi storici; adesso veramente bisogna stare in campana, ragazzi, perché la situazione globale intorno non è delle più allegre e quindi uno che scrive, uno che fa l’artista, uno che scrive canzoni che scrive musica, che scrive testi sicuramente è condizionato da quello che ha intorno. Se intorno c’è il piattume, gli input sono scarsi. E poi una cosa che devo dire in particolare qui a Trieste, a parte Franco Ghietti, non ho mai trovato un altro collega — be’, Baiguera è un caso a sé perché lo vedo come artista, lo vedo come cantautore ma non è triestino — però triestini… ragazzi scrivete parole, nessuno sa scrivere testi qui, e questa è una tragedia: abbiamo musicisti della Madonna micidiali, bravissimi, “svisatori” di chitarra atletici e olimpici ma scrivete testi, cercate di non aver paura Diosanto, di mollarvi insomma.

GT: Adesso, dopo “Europa Hotel”, visto che hai ripreso la marcia, non avrai mica intenzione di fermarti…

GDE: No, no sono scatenato perché poi tra l’altro ‘sto cavolo di “Europa Hotel” ci è un pochino esploso nelle mani nel senso che doveva essere un assaggio, la prima uscita per interessare eventualmente qualche major per vedere le distribuzioni e qua siamo già alla terza ristampa nel senso che il cd, non disco, il cd sta andando benone e abbiamo molte richieste di concerti tra l’altro e quindi da settembre “nonno Gino” si metterà di nuovo “on the road again”. Sicuramente non sarà un’attesa di 18 anni il prossimo perché praticamente grossomodo avrei già in cantiere il prossimo, tutto sommato. Visto che ancora tanta gente si ricorda di me e anche tanta gente mi ha riscoperto e tanta gente mi ha scoperto, ma ragazzini, sono abbastanza emozionato per questo vuol dire che non scrivo fesserie e quindi allora alla grande: ne faremo altro quanto prima.

GT: Benissimo, questa è una notizia ottima che non può che rendere felici noi come estimatori ma anche tutti gli amanti della musica perché Gino D’Eliso è uno dei protagonisti assoluti e continuerà ad esserlo. Lo ringraziamo tantissimo per essere stato con noi e che dire? Al prossimo album, che speriamo sia bellissimo come questo e che arrivi prestissimo. Quanto prima.

GDE: Intanto consumiamo questo. Ti ringrazio moltissimo. Ciao.

GT: Grazie a te.

Era dal 1983 che non si sentiva più parlare di Gino D’Eliso. Solamente un po’ di irriducibili fans continuavano a scambiarsi notizie e dischi preziosissimi (a livello di reliquia…) “on line”. L’esilio volontario del nostro non era sicuramente stato motivato da crisi di creatività o, peggio ancora, da disillusione sulle proprie capacità di coinvolgimento, tramite le propriecanzoni, di un numero di persone accettabile. Il disgusto ed il disamoramento verso il”mondo dei dischi” era invece dovuto al costante ripetersi di incontri/scontri con discografici, direttori artistici e produttori delle “majors” che lo avevano – alla fine -convinto che la MUSICA è troppo bella e importante per condividerla, a livello di gestione della stessa, con persone sgradevoli. Chiuso quel capitolo della sua vita, Gino si è dedicato a produzioni di altri artisti (che non prevedevano quindi un coinvolgimento in prima persona)e alla realizzazione di colonne sonore; contemporaneamente ha lavorato come regista per la sede RAI di Trieste. Nel 1989 altra “sterzata” drastica: entra come responsabile delle pubbliche relazioni al laboratorio di luce di sincrotrone ELETTRA e, sino a quando il premio Nobel Carlo Rubbia ne è stato presidente, mantiene con lui i contatti a Ginevra.
Circa un anno fa, stimolato duramente dall’amico, produttore, arrangiatore e cocciuto Edy Meola – titolare dell’etichetta indipendente EastBorderSound – rientra in studio e, con tutta calma e serenità, “sforna” un nuovo prodotto: “Europa Hotel”. 12 brani duri e dolci, il mare e i Balcani, la rabbia, il dolore, la speranza, il vivere sul confine, l’ “essere nato in mezzo a un secolo” in questi “anni pesanti” che stiamo attraversando. Oltre al già citato Meola hanno collaborato gran parte dei migliori musicisti – rock e “classici” – della realtà musicale triestina, dando un senso di continuità sonora e interpretativa al “mitteleurock” dell’artista.
Gino è sposato, ha due meravigliosi figli che sua moglie Luisella ha avuto da un precedente matrimonio e, “new entry”, una nipotina fantastica che si chiama Maria. Ha anche una cagnetta di nome Melissa, che è convinta di essere lei la sua vera moglie, e tanti stupendi amici.


Discografia:


1976 LP IL MARE Numero Uno – premio della critica come miglior paroliere esordiente


1977 LP TI RICORDI VIENNA? RCA


1978 45 LOOK RCA Victor


45 PALE ALE KING Jugoton


1979 SANTI & EROI Philips


1980 45 BIGLIARDI/ MITTELEUROCK Philips


1982 45 MAGARI FOSSE NATALE CGD


1983 LP CATTIVI PENSIERI CGD – premio della critica come miglior lavoro complessivo


1994 CD SINCHROTUNES: Suite Nr. 13 VEGAS


2001 CD EUROPA HOTEL EBS


Produzioni:


1979 LP REVOLVER dei REVOLVER Philips – premio della critica come miglior produttore e arrangiatore


1981 45 STEREO HEART della DJ BAND Ricordi


1983 45 CHELSEA HOTEL di P. ZZANI CGD


1984 45 GAMBE DI ABEBE dei LUC ORIENT CGD


1986 LP UNA NOTTE COSI’ di E. PISAK Jugoton


1987 LP SVOJ MOJ LJUBAMI di M. Mhailevic RTV Sarajevo

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