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Cinema

Nove anni nella macchina del tempo

Tanto è durata, dall’inizio del 1976 alla fine del 1984.

Parlo ovviamente di una macchina del tempo molto particolare, una rivista ciclostilata, con tiratura variabile dalle 200 alle 500 copie, che contribuì in maniera decisiva alla rinascita del fandom verso la fine degli anni ’70.

Micro-editori

La fanzine si chiamava The Time Machine (TTM per gli amici) e aveva parecchie caratteristiche uniche per il fandom dell’epoca. Soprattutto, pubblicava racconti altrui. In precedenza, infatti, le fanzine erano spesso nate e prosperate intorno alla produzione e alla personalità di un autore-curatore (ricordo i Numeri Unici di Naviglio, Interplot di Sandrelli…) oppure si occupavano di critica o saggistica, come Sevagram di Riccardo Valla. Nel nostro gruppo c’era pochissimo desiderio di diventare Autori Affermati. Così ci dedicavamo agli scritti altrui in un modo che, pur nella nostra inesperienza, voleva essere professionale: a chi ci proponeva un racconto mandavamo in risposta addirittura una scheda critica con la valutazione del testo. E i racconti pubblicati li pagavamo, anche se le cifre in gioco erano molto ridotte.

Lo stesso valeva per il nostro premio letterario, intitolato a Mary Shelley. All’inizio la cifra destinata al vincitore era di 200 mila lire, e la spesa era coperta con le tasse di iscrizione. Il bello della faccenda era che il vincitore lo sceglievano i lettori: gli abbonati alla fanzine votavano tra i 10 finalisti scelti dalla redazione, senza nemmeno sapere chi era l’autore in quanto i 10 finalisti venivano pubblicati anonimi. Il nome del vincitore veniva rivelato alla fine.


Fucina d’autori

E ben presto si cominciò a notare che su The Time Machine uscivano alcuni racconti piuttosto belli e “nascevano” scrittori interessanti… ma era tutto l’insieme a dare l’impressione della fucina d’autori: l’esistenza di una redazione, la retribuzione dei racconti pubblicati, il premio letterario, la puntualità dell’uscita di ogni nuovo numero…

In realtà noi eravamo ben consci del fatto che il nostro lavoro sarebbe rimasto sotterraneo e al massimo avrebbe contribuito a far migliorare un po’ la produzione letteraria del fandom, non certo a far nascere una fantascienza italiana. A meno che nel frattempo non succedesse una cosa… che invece è accaduta 20 anni più tardi, quando la rivista Urania aprì ai romanzi italiani. L’idea fu di Gianni Montanari, che istituì un concorso per il miglior romanzo inedito, il cui premio era, appunto, la pubblicazione su Urania. Ma il merito dell’apertura di Urania agli italiani va soprattutto a Giuseppe Lippi, che diede continuità alla presenza di autori nazionali su Urania anche al di
fuori del concorso, liquidando ogni sospetto di protezionismo letterario nei confronti della produzione fantascientifica nazionale. Se infatti era impossibile creare una “scuola d’autori” con una fanzine, era altrettanto impossibile farlo con le appendici delle riviste presenti in edicola. Parlo della rubrica di Urania “Il marziano in cattedra”, che usciva negli anni ’60, fatta con molta buona volontà ma viziata dal desiderio di non scontentare nessuno. E parlo anche delle belle antologie di Galassia (datate 1970, 1971 e 1972) e dei racconti pubblicati in appendice alla stessa rivista.

Quelli che rileggerei

Ci rendevamo quindi conto di non poter seriamente pensare di costituire una “scuola”, magari con tanto di incontri per leggersi l’un l’altro le proprie opere. Non esistevano, insomma, gli “autori di TTM”. Però vorrei approfittare di questa occasione per ricordare almeno alcuni nomi di autori passati esclusivamente sulle nostre pagine, come Giuliano Giachino, Paolo Mompellio e un udinese pieno di fantasia, Giorgio Placereani, che ha scritto 3 o 4 racconti straordinari.

Tra chi è passato anche da noi (ma non solo da noi) ricordo invece Lorenzo Iacobellis, il cui gusto del grottesco era accompagnato da uno stile già maturo, poi un raffinato umorista come Gianni Menarini, una delicata scrittrice di storie spaziali come Daniela Piegai. E ancora Angelo De Ceglie, Mariangela Cerrino (oggi affermata autrice di Longanesi), Daniele Ganapini, Renato Pestriniero, Vittorio Catani (in seguito vincitore del Premio Urania), il trentino Riccardo Leveghi, Franco Tamagni, Laura Serra, Adalberto Cersosimo, Gianluigi Zuddas e tanti altri. C’erano, nel gruppo, alcuni scrittori prolificissimi, come Paolo Lanzotti e Grazia Lipos, che in un mercato diverso non avrebbero faticato ad affermarsi.

Alla fine del 1980 abbiamo cominciato a sollecitare alcuni autori noti fuori dal fandom perché dessero un contributo a TTM. L’idea era quella di fare il gran salto: autori noti, tiratura potenziata, nuova grafica… dopo 5 anni, ci sembrava il momento di verificare se una fanzine potesse arrivare a un pubblico più vasto. Il tentativo si risolse in una rapida retromarcia, e già l’anno successivo cambiammo nuovamente grafica, continuando ad accontentarci delle nostre 500 copie. La scelta di tempo era stata pessima, perché proprio in quel periodo il fandom cominciava a cambiare nuovamente faccia, con un crollo di iniziative e un contemporaneo allargamento a settori non tradizionali, come la fantasy e le serie televisive, Star Trek in testa. Ecco qualche numero: nel 1980 esistevano 37 testate, per un totale di 79 fascicoli pubblicati… poco più di 2 uscite in media per ogni fanzine. Nel 1981 le fanzine erano 24 (57 uscite); nel 1982 erano 19 (62 fascicoli); nel 1983 erano 16 (54 fascicoli). The Time Machine c’era ancora, ma cominciava a sentirsi sola.


Rimasterizzata di digitale

Immagine articolo Fucine MuteTra le iniziative più importanti di quegli anni ricordo Intercom, che all’inizio fu per la saggistica quello che TTM era stata per la narrativa. Poi la romana “Sf.. Ere” e la milanese “La spada spezzata”, “The Dark Side”, “THX 1138”, il goliardico “Loculus” e — naturalmente — il bollettino dello STIC, lo Star Trek Italian Club che raggiunse persone che non avrebbero mai e poi mai concepito l’idea di acquistare una fanzine. Infine arrivò “Yorick”, una stupenda pubblicazione destinata agli appassionati del fantastico.

La sensazione, comunque, è che i tempi dell’ingenuità stessero finendo. Non era più consentito a nessuno giocare: le fanzine stavano diventando roba seria. Intercom pubblicava numeri di 200 e passa pagine, “Yorick” si prendeva il lusso di scovare inediti di autori famosi riscoperti da studiosi, il bollettino di Star Trek arriva a migliaia di persone… A quel punto, in una situazione di generale incertezza e di costi molto elevati, arrivò la rivoluzione di Internet. Credo che qualcosa sarebbe cambiato ugualmente, nel fandom, ma la novità di Internet tolse ogni dubbio su quale dovesse essere la strada da seguire. E le potenzialità della rete sono tali che magari un giorno ritroveremo su Internet l’intera raccolta dei racconti di TTM “rimasterizzati” e riproposti, come archeologia del fandom, ai lettori degli anni 2000.

Questo testo proviene da Science+Fiction zerouno, catalogo del Festival Internazionale della Fantascienza 2001. E’ possibile ordinarne una copia facendo click qui.

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