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Cinema

Riti e miti collettivi del fandom

Mi sono sposato il 1° luglio 1976; di ritorno dal viaggio di nozze (o poco più in là) leggevo il famoso articolo di tal Vittorio Curtoni, “Una notte altrove”, apparso sul quinto numero di Robot. In quel momento decisi che alla prossima Convention ci sarei stato anch’io.

Come molti appassionati ero un timido ed avevo l’erronea convinzione che gli incontri annuali fra appassionati fossero ristretti ad una ristretta cerchia di privilegiati ed occorresse qualche titolo per partecipare. Feci due conti: leggevo fantascienza da vent’anni, avevo una collezione di 2000 volumi (tutti letti e riletti). Forse potevo starci anch’io. In effetti, anche se le Convention si sarebbero rivelate tutt’altra cosa, avevo partecipato agli “Incontri con Nova SF*” organizzati da Malaguti (con il quale avevo una discreta corrispondenza) e quale malagutiano di ferro avevo scritto diverse volte a Riccardo Valla, curatore della Nord, per difendere (non richiesto), il mio idolo. A dire il vero mi rispondeva, per le rime, un tal Gianfranco Viviani, un perfetto sconosciuto, non capivo a quale titolo. Il mondo del fandom è molto ristretto e così, quando mi presentai a Ferrara, venni immediatamente inquadrato.

Alla ricezione chiesi di Curtoni e Malaguti e mi fu risposto che non era previsto il loro arrivo, ma mi elencarono un elenco di perfetti sconosciuti con l’aria di dirmi: “Vedi chi c’è”.

La mia delusione fu grande, oltre al fatto che in giro non c’era nessuno. Eran tutti a mangiare.

La mia prima Convention è stata il perfetto modello di tutte le Convention a venire.

Vediamo di elencare i requisiti che un Congresso deve avere:

  • Un nome: questa si chiamava Science Fiction Italian Roundabout IV, abbreviato in SFIR IV. Non ho mai avuto notizie degli SFIR I e II, ma visto che che l’anno prima c’era stato uno SFIR III, non dubito che anche i primi due si siano tenuti; non certamente con risonanza a livello nazionale. Certo è che il II Congresso si era tenuto in occasione del V SFIR nel 1975 (che in teoria avrebbe dovuto essere il secondo; misteri del fandom). Da Modena 1981 le Convention (da qui in poi chiamate Italcon, hanno avuto una numerazione corretta, visto che il conto lo tengo io)

  • Un ospite d’onore, possibilmente straniero: questa ne aveva tre e di tutto livello: Aldiss, Kulascev, Sheckley; la tendenza successiva sarebbe stata quella di avere un ospite nazionale ed uno straniero.

  • Un maestro di cerimonie o toastmaster ad imitazione delle Convention di oltre oceano. Qui mancava, anche se un pallido tentativo di coordinare i lavori era svolto da Eugenio Marchi. Il primo toastmaster vero è stato Alex Voglino, all’Eurocon di Stresa. Dopo diversi tentativi di volenterosi dilettanti (nel ruolo si sono cimentati Pilo, Nicolazzini, Vegetti, Gasparini), da 1988 al 2000 l’incarico è stato dato ad un vero professionista: Eugenio Rocco Ragone, che è così entrato nella leggenda. Il mancato incarico al toatmaster nazionale per l’Italcon di Torino, ha contribuito non poco al fallimento della manifestazione del 2001.

  • Un cartellino o badge disegnato ad hoc per l’occasione da un artista (o composto raccattando immagini dalle più svariate fonti) per individuare i partecipanti (notevoli quelli disegnati da Bani per Borgomanero 1983 e Montepulciano 1987). Di norma sono di diverso colore per distinguere organizzatori, relatori e semplici partecipanti (con a volte distinzioni ulteriori fra chi partecipa alla intera manifestazione e chi partecipa ad una sola giornata). Purtroppo negli ultimi anni il cartellino non è più una piccola opera d’arte, ma è diventato un qualcosa di brutto e anonimo, almeno nelle ItalCon. Alla DeepCon 2, i tesserini erano delle piccole opere d’arte.

  • Dei Progress Report, in genere due, distribuiti agli iscritti dei precedenti Congressi. Salvo i primi tempi, i Progress Report si sono ormai ridotti a dei meri promemoria utili solo a ricordare che il Congresso si tiene in un certo posto ed a una certa data.

  • Un Program Book, ovvero tutto quello che c’è da sapere sugli eventi in programma. Può variare dal pezzo di carta ciclostilato al volumetto ambizioso. Quello che c’è dentro raramente concorda con quello che in effetti avverrà. Le variazioni sono all’ordine del giorno e uno strumento accessorio indispensabile è una lavagna sulla quale segnare le immancabili variazioni.

  • Una quota di iscrizione (anche se non mancano casi in cui l’accesso è stato gratuito); ci sono delle spese e di norma qualcuno i soldi li deve tirare fuori. Per lunga tradizione i relatori sono esentato dalla quota.

  • Un posto dove riunirsi durante il giorno (di norma lo si riesce a trovare) anche se spesso i poveri fan son costretti a vagare su e giù per le montagne (Fanano, Montepulciano, Courmayeur, San Marino) cosa che non tutti gradiscono. Karel mi disse che aveva votato per Torino 2001 perché era stanco di continuare a scendere ed a salire.

  • Un posto dove riunirsi durante la notte per tentare di ripetere le emozioni dello III SFIR. Non ci siamo più riusciti se non in trasferta (a Brighton nel 1987 il Room Party degli italiani è rimasto famoso; la conclusione sulla spiaggia, semi abbirrazzati — che il vino in Inghilterra costa troppo per usarlo per ubriacarsi). A Courmayeur si rimediava bivaccando al Bouton d’Or, bevendo birra e chiaccherando, a San Marino, nebbia e pioggia permettendo, seduti sugli abbondanti gradini a disposizione, visto che i bar chiudono senza eccezioni all’una e solo in una occasione l’Organizzazione ha messo a disposizione un locale acconcio. Ferrara, Borgomanero e Montepulciano sono state più fortunate. Non c’erano orari di chiusura. Teoricamente anche ad Amatrice avevamo una struttura a nostra completa disposizione. Il proprietario, sindaco socialista del paese, aveva poco senso dell’umorismo ed alla terza barzelletta su Craxi, ha spento le luci e ci mandato a letto.

  • Una cena ufficiale. Di norma uno schifo, salvo quelle, scusate l’immodestia, delle Convention nelle quali ho avuto un ruolo organizzativo. Sono rimasti famosi i tribli di Courmayeur 1988 e la cena medievale, a lume di candela, sempre a Courmayeur. Ma già l’impatto con la cucina yugoslava a Ferrara 1977 è stato tale che veramente il fandom ha rischiato di perdermi.

  • Dei riconoscimenti. Dal 1980 ha un nome: Premio Italia. Retroattivamente, come si decise nel 1987, la dizione venne estesa ai riconoscimenti italiani dati a Ferrara ed a Trieste. Non è questo il luogo per raccontare le vicissitudini del premio. Dal 1997 è in rete, a mia cura, ospitato dal benemerito fantascienza.com, un albo d’oro, aggiornato annualmente con molte informazioni complementari, sia sul Premio, sia sulle ItalCon

  • Dei partecipanti. Dai 5 iscritti e paganti di Amatrice (più 20 relatori) ai 1.000 di Stresa (ma quella era anche una Eurocon)

Questo dettagliato elenco per individuare l’essenza di una Convention, non termina sicuramente la descrizione di cosa sia il fandom. Prima degli incontri aperti alle masse, i fan si sono dotati di bollettini: i/le fanzine (da anni è in corso una diatriba fra destra e sinistra per decidere se fanzine sia maschile o femminile). Altri si sono diffusi ampiamente su questo fenomeno e non è il caso di fare più di un accenno.

Attorno alle fanzine sono quasi sempre nati dei gruppi organizzati o gruppi organizzati sono nati per fare delle fanzine. Molti di questi gruppi o circoli hanno avuto una lunga durata (CCSF di Venezia, H. G. Wells di Modena, Club Fantascienza Padova, City di Milano, ANASF di Roma, Il Pentacolo di Borgomanero), sono stati costanti nella loro attività e molti dei loro associati hanno intrapreso una carriera professionale nel campo della fantascienza.

Negli anni ottanta, usciti dalla lunga stasi di inattività seguito al crollo del Primo Fandom, il Secondo Fandom fervette di attività. Gli incontri fra fan sono frequentissimi, anche se limitati al periodo estivo, con qualche eccezione. Abbiamo avuto così gli “Incontri Emiliani di Fantascienza”, le “Fantasticon”, gli incontri gastronomici del Club City (purtroppo a Milano, a spender poco, si mangia male, anche se i milanesi sono di bocca buona e non se ne accorgono), le PicNicCon che hanno avuto ospiti di tutto riguardo, quali John Bree, Riccardo Valla (memorabile nella sua tenta da città, scarpinare in montagna), Gianni Pilo, Gianfranco Viviani. Si teneva di regola la prima domenica di luglio. Per un po’ è andata bene; poi per anni la prima domenica di luglio pioveva e così, dopo alcuni PicNicCon al chiuso (grazie anche alla magnanimità di Romano Chiappella e della sua consorte Jolanda che era in grado, al volo, contando sulla sua fornitissima dispensa, di apprestare uno spuntino di venti portate per una ventina di persone).

Pochi hanno la costanza, anno per anno, di partecipare alle Convention. Ogni tanto qualcuno ne salta uno, qualcuno non gradisce l’Organizzazione, qualcuno non trova argomenti di suo interesse. Nella seconda metà degli anni ottanta chiesi a Curtoni, in una delle rare occasioni in cui lo vidi (visto che in fin dei conti la scoperta del fandom la dovevo a lui) come mai non partecipasse alle Convention. A parte alcune considerazioni che non è qui il caso di riportare, mi disse che rischiava di incontrare persone non gradite e che in fin dei conti, se voleva incontrarsi con gli amici, gli costava poco, con un giro di telefonate, organizzare una riunione. Non concordavo; il bello è anche trovarsi con sconosciuti che possono divenire amici potenziali. Vittorio ha ripreso, senza esagerare, a partecipare agli incontri; in compenso si è anche messo ad organizzare riunioni, le ormai entrate nella leggenda del Terzo Fandom, famose PiaCon, che nulla hanno da invidiare alle ItalCon per i personaggi che riesce a muovere e con il vantaggio che di solito a Piacenza di mangia bene. E sulla scia delle PiaCon, le SalamaCon e le PoCon.

Una volta c’erano i badge, un po’ decaduti come ricordo; Piacenza ha lanciato i “santini”, invenzione di Gianni Montanari, in occasioni della manifestazione “Le Macchine dell’infinito”. L’idea è stata ripresa dal Valla che sta innondando il mercato di “santini” veramente professionali e affascinanti.

Del Primo Fandom non sono in grado di parlare. L’impressione che ne ho è che fossero troppo seri, impegnati a cambiare il mondo. Le leggende non trovavano grande spazio. Il Secondo Fandom era più goliardico, più avventuroso; immaginate adesso due fan a caso, Asciuti e Gallo, arrivare in moto a Fanano, in piena estate, coperti di neve. Fanano dopo Amatrice la mitica (nel senso che non c’era nessuno) è ricca di storie. Lundwall scese alla Malpensa, prese un taxi e disse: mi porti a Fanano; gli Ackerman furono sconvolti dal viaggio in pulman, non quanto Bani che trascorse tutta la Convention a letto, amorevolmente assistito da Pilo (che aveva fatto aprire, manu militari, l’unica farmacia del posto, alle tre del mattino). Il Secondo Fandom è stato anche più contestatore, seguendo lo spirito dei tempi.

Il Terzo Fandom è figlio della rete e dei Grandi Vecchi sopravvissuti ai due Fandom precedenti. È presto per le leggende, ma forse un giorno avremo qualcosa di analogo al mito di quel carro armato, partito da Budapest mentre i russi stavano per cingerla d’assedio, che portava una delegazione internazionale alla prima Eurocon di Bruxelles del novembre 1944. Io naturalmente c’ero ed alla fine del viaggio eravamo in molti.

Questo testo proviene da Science+Fiction zerouno, catalogo del Festival Internazionale della Fantascienza 2001. E’ possibile ordinarne una copia facendo click qui.

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