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Fumetto

Daniel Clowes: la vita al microscopio

Immagine articolo Fucine MuteDaniel Clowes é un validissimo autore statunitense che si è imposto allo sguardo del mondo dei comics fin dalle sue prime fatiche, apparse sulla più celebre rivista di satira e fumetti degli States, “Mad”, nonché sul “New Yorker” , su “Esquire” e in riviste più o meno underground come“Twist” e “Blab” e “Weirdo” . Dall’ ’86 all’ ’88 esce il suo “#$@&!”: si tratta di racconti brevi a fumetti i cui ingredienti sono “aliens, beatniks, robots and girls, girls, girls!”, oltre a numerosi riferimenti all’immaginario mediale e “pop” dello stesso Clowes, fatto di detective novels, fumetti di supereroi, b-movies horror e fantascientifici degli anni cinquanta e sessanta. Comunque ne parlerò più avanti. Dall’ ’89 all’ ’93 vede poi la luce un’altra sua raccolta dal nome “Eightball”, composta da ventuno numeri, raccolta e pubblicata da Fantagraphic Books; recentemente ne sono riusciti gli ultimi tre episodi (in Italia ad opera della Coconino Press), riuniti sotto il titolo “David Boring”: una graphic novel che fonde violenza, erotismo, commedia sentimentale, introspezione, racconto dell’orrore e atmosfere noir e poliziesche. Anche su questa “miniserie” tornerò in seguito.
Questo scrittore-disegnatore si forma nel circuito delle autoproduzioni, delle fanzine e del fumetto indipendente degli Usa, assorbendone lo spirito, le tematiche e l’attitudine al mettere in mostra la realtà quotidiana, i tipi umani e le loro problematiche esistenziali; tanto é vero che Clowes viene spesso collegato al guru del fumetto u.g. americano Robert Crumb. Ho definito questo artista “scrittore-disegnatore”, non solo perché è soggettista e sceneggiatore delle sue opere, ma anche perché una sua cifra stilistica é data da lunghe e dettagliate didascalie, che riportano monologhi interiori o racconti in prima persona, dilatando così i tempi e l’impegno della lettura rispetto ad una fruizione del testo fumettistico più rapida e leggera; in questo modo vengono suggerite al lettore come delle “pause di riflessione”, simili a quelle che capitano con le opere letterarie propriamente dette.
I personaggi di Clowes sono, molto spesso, soli, frustrati da un’esistenza assurda o banale, travolti da una quotidianità grigia e disperante che uccide i desideri e le aspirazioni più profonde; personaggi confusi, complessati, caratterizzati da un mondo interiore poliforme e variegato: rendere la complessità della psiche senza cadere negli stereotipi del lavoratore appesantito dalla monotonia, o dello studente un po’ sfigato e occhialuto, é un’impresa nella quale questo autore riesce molto bene. Anche i dialoghi sono sempre molto realistici e credibili, contribuendo così a creare un forte effetto di realtà e d’identificazione, da parte del lettore, con gli individui descritti e, magari, con il loro vivere ai margini della comunità umana. Dunque, specie nei suoi ultimi lavori, si tratta di un realismo forte e crudo, uno sguardo lucido e asettico su scampoli di vita contrassegnati dal disincanto, dalla delusione, dalla difficoltà di vivere e rapportarsi serenamente con gli altri; verismo supportato anche dallo stile del disegno, molto fedele al reale, con una lieve tendenza “caricaturale” a mettere in luce i difetti dei corpi e dei volti, che sono spesso bruttini, se non addirittura sgradevoli.

Immagine articolo Fucine Mute

L’opera di Clowes che ha incontrato maggiore successo è il tenero racconto adolescenziale “Ghost World”, uscito nel ’98 e premiato col “Firecracker Alternative Books Awards”, un riconoscimento per fumetti alternativi negli Stati Uniti; fra l’altro è in preparazione in America un film tratto da questo libro, diretto da Terry Zwygoff (autore, peraltro, di un documentario sul sopracitato Crumb).
“Ghost World” (mondo fantasma) racconta le vicende di due amiche appena uscite dal liceo, che si ritrovano davanti alla prospettiva poco rassicurante dell’età adulta: é arrivata l’ora di pensare all’università, al lavoro, a relazioni fisse con un partner. Le due ragazze vengono “spiate” (l’espressione è dello stesso Clowes) nel corso delle loro conversazioni, dei loro litigi, dei loro racconti e delle esperienze da loro vissute in pomeriggi vuoti e molto simili fra loro.
Il contesto in cui si svolge la narrazione è una realtà urbana della provincia statunitense (peraltro molto simile alla nostra), tutta minimarket, zone residenziali e locali con pretese di essere trendy; posti frequentati sempre dalle stesse persone, ossia gli individui criticati, presi in giro, elogiati e osservati dalle due ragazzine durante il loro infinito chiacchiericcio.
Di queste due ragazzine né belle né brutte, né stupide né intelligenti, né simpatiche né antipatiche, vengono raccontati il bisogno di distinguersi e di mostrarsi, le prime esperienze sessuali, i melanconici ricordi legati all’infanzia.
Nel mettere in scena vicende a prima vista banali, Clowes tratteggia finemente la sfaccettata psicologia delle due protagoniste , “con l’incerto distacco di uno scienziato che si è affezionato ai microbi intrappolati nei suoi vetrini” (lo stesso distacco con cui viene vivisezionata la psicologia di David Boring), trasmettendoci emozioni forti e coinvolgendoci nei moti di gioia, nostalgia e sconforto di Enid e Rebecca.
“Ghost World” é ,secondo me, un’opera di vera e propria poesia a fumetti che riesce a restituirci l’ineffabile caos dei cuori adolescenziali. A livello di stile disegnativo, é interessante notare come viene profusa in varie vignette una sorta di luce pallida e violetta; questa particolare scelta cromatica può anche essere considerata veicolo di significato: il viola é il colore della malinconia e della nostalgia. Un ultima riflessione merita il titolo: il mondo di Enid e Ribecca è “fantasma”, cioè invisibile, nascosto: non è visto né compreso da chi le circonda, è celato da una spessa cortina di normalità quotidiana; solo il lettore ha modo di conoscerlo approfonditamente nelle sue sfumature.

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Nel 2000, di Clowes, esce una raccolta di brevi storie , riunite sotto il titolo “Caricature” (libro annoverato dalla rivista “Time” tra i dieci migliori comics di quell’anno): ciascuno di questi racconti è incentrato su personaggi che si raccontano, mostrando tutte le loro difficoltà nell’affrontare la vita, le loro speranze deluse, le proprie manie personali ed eventi che hanno forgiato il loro carattere. Si tratta di personaggi tutti molto diversi l’uno dall’altro (dal disegnatore di talento ma sopraffatto dal dolore e cosciente del proprio fallimento esistenziale e professionale, al fanatico di Batman, romanzi erotici e sigari, fino ad un bambino solo che vaga tra i portoni delle case durante la notte di Halloween), ma che spesso hanno in comune sentimenti di paura, solitudine, insicurezza e difficoltà ad inserirsi nell’ambiente circostante. Merita un accenno la storia di un supereroe alienato, Black Nylon, che, lungi dall’essere l’eroe tutto d’un pezzo che ci aspetteremmo, viene preso in giro da un altro eroe mascherato per il suo scarso tono muscolare, e si sdraia sul lettino di un’analista che ricollega la sua calzamaglia nera ai collant della madre.
Le vignette sono caratterizzate da concretezza fotografica e ricchezza di dettagli e particolari , così come li si intende in ambito cinematografico; le figure umane e gli scenari, spesso grigi, che vengono rappresentati (strade sporche, spiagge vuote, spoglie stanze d’albergo, scantinati, caffetterie…), pur risultandoci familiari, finiscono col turbarci e contribuiscono a far emergere meglio il disagio dei personaggi su cui verte la narrazione.
In alcune recensioni di “Caricature” ho letto un invito, che giro a chiunque volesse prendere in mano questo libro, a rileggere più volte i singoli ritratti dei vari personaggi, in modo da scoprire sempre più dettagli (sia nelle didascalie che nelle immagini), in cui potersi anche identificare.

Immagine articolo Fucine MuteSe adesso conoscete qualcosa dell’attuale attitudine fumettistica di Clowes, vediamo dunque come essa si è venuta formando, in quale percorso artistico. Nei primi anni novanta, la Telemaco Comics pubblica in Italia “#$@!, L’antologia ufficiale di Lloyd Llewellyn”, volume che raccoglie tredici storie, secondo l’ordine cronologico di pubblicazione, che hanno in comune solo il protagonista e pochi altri personaggi ricorrenti. Si tratta di racconti per immagini piuttosto brevi , sketch fulminei, rapide gag comiche, “schizzi” di vicende; Clowes, in questa fase della sua attività espressiva, sembra prediligere una narrazione incalzante e frammentata, a schegge. Non solo perché leggiamo le vicende di Lloyd Llewelyn e del suo socio Ernie Hoyle in tredici piccoli racconti, ma anche perché succede che queste unità narrative vengano come scomposte in microepisodi, trasportando con ritmi rapidissimi il protagonista da una situazione all’altra e producendo in lui (e in noi) un senso di spaesamento. Lloyd Llewellyn è una strana figura di detective, che in realtà spesso non indaga su niente e si ritrova catapultato in eventi assurdi, insoliti e pericolosi (caratteristica peraltro anche del personaggio David Boring ). Incontrando nel suo errare criminali, pazzi, forme di vita aliene, donne forti e violente, il povero Lloyd rischia sempre di rimetterci la vita. Gli spunti di riflessione che questi primi lavori di Daniel Clowes mi hanno offerto sono vari: dalle caratteristiche dei personaggi alla natura fortemente postmoderna di questi testi, oltre ad alcuni particolari elementi stilistici.
Il fine e coinvolgente scavo psicologico sui personaggi cui ho fatto riferimento parlando di “Caricature” e “Ghost World”, in L.L. è assente, ma non si tratta di un limite: Clowes ci presenta personaggi che si adattano alle brevi storie in cui vivono: si tratta di tipi, di “maschere”, di piccole rappresentazioni caricaturali e grottesche di tipi umani. Sono rimasto colpito dalle figure femminili che popolano il mondo surreale creato in quelle pagine: donne spesso ricalcate sull’iconografia delle pin-up degli anni ’50, con seni molto grandi, curve mozzafiato, tacchi a spillo e volti intriganti, sensuali, ammiccanti; donne che ingannano, conducono al pericolo, dominano, insultano e picchiano il nostro Lloyd, oppure svampite e dalla lacrima facile; alcune mi sono sembrate particolarmente sexy, e mi hanno ricordato le tettone e intraprendenti vixens dei film di Russ Mayer. Volendo considerare altri personaggi, si nota che di tutti viene volutamene fornito un ritratto piuttosto superficiale: il debole e spaesato Lloyd, il suo amico Ernie, beone e scommettitore, lo stralunato inventore Boring (nome ricorrente, a quanto pare), l’ ”Americano Combattente”, cioè una versione di Capitan America col costume rattoppato, un passato di droga e un presente di crisi e sofferenza. Questi personaggi, Llewellyn in testa, vengono spostati con grande rapidità da un luogo all’altro: dal deserto ad un localino di un’anonima provincia, dall’interno di un’abitazione allo spazio interstellare; l’autore sembra volerci dire che uno dei principali poteri del fumetto è esattamente questo: trasportarci da un momento all’altro in mondi lontanissimi e diversissimi. A dire il vero, ce lo dice esplicitamente in una delle storie, e qui è riconoscibile il postmoderno in quest’opera artistica, proprio nell’autoreferenzialità della forma di espressione e comunicazione adottata, come è evidente dove Clowes fa dire a Llewellyn: “E adesso, all’improvviso come prima, mi trovo in un parco di divertimenti dell’Ohio. Perché? Per nessun’altro motivo se non quello di sottolineare la natura mercuriale della vita da questa parte del proscenio. Ammirate, amici, il miracolo del fumetto.”, oppure quando ancora Lloyd fa l’uomo sandwich con due cartelloni che riportano le frasi “I fumetti sono il tuo divertimento più valido” e “immaginate un mondo senza fumetti.”. Che ci si trovi di fronte ad un fumetto che in parte ci parla di fumetti, lo capiamo già dal titolo di questa raccolta, cioè “#$@&!”, che di per sé non significa niente, è solo un espediente utilizzato dai fumettisti per far imprecare un personaggio senza scrivere parolacce nel balloon.
Altre due caratteristiche ci rimandano al concetto di postmoderno: la commistione di generi e registri e un evidente gusto per la citazione. Clowes mischia con disinvoltura ed equilibrio umorismo, violenza, atmosfere surreali e oniriche, realismo, elementi dell’horror e del thriller (suspence, paura, sorpresa, ma anche mostri e assassini), vicende fantascientifiche, toni drammatici; il tutto è spesso condito da una costante tensione verso il grottesco, l’eccessivo, il deforme. Le storie di Lloyd Llewwellyn sfuggono a qualsiasi etichetta di genere, anzi ne riprendono diversi omaggiandoli, utilizzandone stilemi o facendone parodia. Qui si inserisce il discorso sul citazionismo presente in “#$@&!”; qesti racconti trasudano continui rimandi ad altre opere artistiche o prodotti mediali, specie se nate nel periodo in cui si svolgono queste vicende, cioè tra i cinquanta e i sessanta: film da drive-in, libri gialli e polizieschi, programmi televisivi del tipo “Ai confini della realtà”, fumetti di supereroi, musica rock’n’roll e, come rileva Daniele Luttazzi nella prefazione, riviste come il primo “Mad”. Una delle citazioni più evidenti è quella di “Psycho” di Hitchcock, quando il protagonista si ritrova in una inquietante villa isolata alle prese con maniaci che indossano parrucche da donna e i vestiti della madre defunta.
Se parliamo dello stile di disegno, si nota la somiglianza con i lavori successivi, anche se trovo il tratto un po’ più grezzo e spigoloso: la rappresentazione è piuttosto realistica, anche se tende, nei corpi e nei volti, alla caricatura e alla sproporzione. Ma è rilevante anche il sapore rètro di cui Clowes impregna quelle pagine, restituendoci il periodo a cavallo tra i ’50 e i ’60 in America, non solo grazie a quei particolari vestiti, automobili o oggetti, ma anche grazie ad espedienti come i pallini per le zone d’ombra (quei pallini che vediamo ingigantiti nei quadri di Lichtenstein, per capirci), o il carattere da macchina da scrivere utilizzato per le didascalie e i balloon. “#$@&!” può anche essere letto come uno spaccato di quell’America ormai scomparsa e dell’immaginario collettivo di quell’epoca.

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Nei primi anni novanta, all’interno di “Eightball” Clowes crea un fumetto a sé stante che si articola in tre numeri e prende il nome di “David Boring”. Si tratta di un testo dalla lettura piuttosto impegnativa, tanto è vero che ad un certo punto della narrazione l’autore ci fa un miniriepilogo di tutti i personaggi entrati in scena fino a quel momento. Lo definisco impegnativo perché si tratta di un’unica storia che si fraziona in numerosi rivoli, prende pieghe del tutto inattese e modifica progressivamente aspetto, inglobando in se stesso la storia di un amore difficile, di un indagine poliziesca su omicidio, della ricerca da parte del protagonista delle sue radici (tramite la ricomposizione “filologica” dei frammenti di un vecchio fumetto di supereroi scritto dal padre) e, infine, di un misterioso conflitto mondiale con armi batteriologice che non ci viene mostrato ma minaccia le sorti del mondo intero ; anche qui si ritrova la tendenza ad accostare generi e categorie diverse, in questo caso orrore, eros, poliziesco e attenzione alla sfera intima e sentimentale. Proprio a proposito di quest’ultimo elemento, vorrei invitare chi dovesse leggere “David Boring” a lasciarsi sedurre dal sottile gioco voyeuristico cui ci invita Daniel Clowes: osservare il protagonista-narratore, entrare nella sua vita privata, ascoltare i suoi monologhi interiori, immedesimarsi in lui, nelle sue ossessioni e paranoie, e fare quello che fa Dio in un sogno che il protagonista racconta, cioè guardarlo dalle nuvole, aspettando che faccia qualcosa per tenere vivo il nostro interesse. Boring non è un personaggio con particolari doti: non è bello o forte, non ha trovato una sua realizzazione o uno scopo nella vita; è invece un personaggio “leggero”, passa cioè da un’esperienza all’altra quasi senza volerlo, trasportato dagli eventi; vive relazioni sentimentali spesso instabili, ha rapporti sessuali occasionali e non prova forti coinvolgimenti emotivi, tranne che per la donna di cui si innamora e che, peraltro, gli sfugge dalle mani. A dire la verità, è innamorato di un ideale fisico di donna (“faccia e corporatura consistenti, seni tondi, piuttosto piccoli, gambe grosse da adolescente e piedi insignificanti”); anzi, più che innamorato, sembra esserne ossessionato, al punto di autodefinirsi un pervertito. Ci sono delle figure femminili molto somiglianti fisicamente tra di loro che fanno parte della sua vita o vi entrano a sconvolgerla: una madre oppressiva, la donna di cui si innamora, la sorella di questa donna (anche con lei avrà una relazione), una cugina con cui aveva vissuto un fugace amore estivo e una modella ritratta in una fotografia che Boring conserva (come a dirci che ciò che lui ama è in realtà un simulacro, un’idea). Questo personaggio conserva sempre una specie di calma apparente, parla poco e non sembra mai essere troppo coinvolto dagli strani eventi che lo circondano, anche quando è ricercato dalla polizia per un omicidio che non ha commesso, ha una pallottola in corpo ed è in corso una guerra che può spazzare via l’umanità.

Immagine articolo Fucine MuteQuest’opera di Clowes è in bianco e nero, proprio come “Lloyd Llewellyn”, “Ghost World” e alcuni racconti di “Caricature”, ma secondo me qui più di altrove questa scelta di “messa in scena” dà senso alle immagini e contribuisce a creare una particolare atmosfera di malinconia e disagio; anche il prevalere di vignette dense di buio, penombra, fumo e foschia ci conducono in questa direzione di senso e di emozione, mostrandoci una realtà cupa e fredda, un mondo tetro, minaccioso, in cui spesso qualcosa trama e si nasconde misteriosamente. Merita attenzione la copertina dell’edizione italiana di “David Boring”, dato che Clowes realizza le cover dei suoi libri in modo particolarmente curato e dando loro gran peso: vediamo in primo piano la figura del protagonista, con la sua solita espressione pensosa, e sullo sfondo un aggrovigliarsi di varie immagini: volti femminili, mani che brandiscono pistole, edifici, fumo e, elemento carico di significato, una figura trasparente di donna disegnata di spalle. Sarà la madre, la donna amata, la cugina? Fin da quando prendiamo in mano “David Boring”, il nostro sguardo si perde in un insieme caotico e sfuggente, ma che rende già l’idea dell’intreccio di vicende e dell’atmosfera inquietante in cui stiamo per immergerci.

Clowes resta, a parer mio, uno degli autori più significativi di questi ultimi anni nel panorama fumettistico mondiale; la sua abilità nell’emozionare il lettore mostrando nient’altro che la quotidianità, spesso squallida, dei personaggi, é senza dubbio degna di lode.
Va anche riconosciuto il merito a questo fumettista di avere creato un suo personalissimo disegno, che si sposa perfettamente con le sue sceneggiature. Ma il suo pregio più grande rimane a mio avviso quello di avere avuto, nella sua produzione, la capacità di innovarsi sia nei soggetti sia nello stile di disegno e di racconto, realizzando sempre fumetti di grande qualità e rendendo riconoscibile la sua firma d’autore.

Daniel Clowes nasce a Chicago “il giorno del ventinovesimo compleanno di Jayne Mansfield” (14 Aprile 1961). Clowes si è guadagnato una reputazione trasformando i canoni della cultura pop anni ’50, dei film e della pubblicità in una satira umoristica della middle class americana.


Clowes studia al Pratt Insitute di Brookling, New York, sebbene si consideri in buona sostanza autodidatta, e non ritenga particolarmente formativa l’esperienza del college. Dopo aver tentato di trovar lavoro in ambito artistico a New York senza successo, ultimamente si è traferito a Chicago.


La sua prima serie a  fumetti, Lloyd Llewellyn, è pubblicata dalla Fantagraphics Books nel 1985 (dopo l’esordio sul numero 3 di Love & Rockets), e proseguirà per sei numeri, rivelando le influenze dei generi popolari di horror e fantascienza, del poliziesco, e più tardi degli autori EC come Johnny Craig e Bernie Krigstein.


L’avventura di Clowes prosegue, tra le altre opere, con Eightball, Ghost World, David Boring, opere cui sono stati riconosciuti numerosi Harvey Award. Attualmente vive con la moglie a Berkeley, in California.


(biografia completa e dettagliata in inglese presso il sito ufficiale della Fantagraphics Books)


Daniel Clowes in Italia:


Daniel Clowes, Ghost World, Phoenix Edizioni, Lire 14.000


Daniel Clowes, Caricature, Phoenix Edizioni, Lire 18.000


Daniel Clowes, David Boring, Coconino Press, Lire 28.000

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