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Palcoscenico

Enzo Iacchetti

Oltre la striscia

Giorgia Gelsi (GG): Siamo con Enzo Iacchetti, protagonista in questi giorni a Trieste di “Provaci ancora, Sam” di Woody Allen. Una prima domanda è d’obbligo: questo rapporto con Woody Allen, questa eredità e questo confronto, penso siano abbastanza difficili. Come ha ovviato a questo e cosa ci ha messo del suo?

Enzo Iacchetti (EI): Intanto ho cercato di metterci il meno possibile del suo, di Woody. A parte che la commedia mi piace, mi piace questo umorismo un po’ sofisticato, un po’ “ebraico” . L’anno scorso avevo fatto una commedia di Neil Simon che era andata molto bene, ho letto questo testo di Woody Allen, l’ho ritrovato modernissimo comunque sia ambientato nella fine anni Sessanta. E ho detto: vabbè, facciamo scandalizzare i critici, che già molti di loro non mi sopportano, a vedermi dalla televisione al teatro, perché pensano che quelli della televisione debbano stare sempre in televisione mentre quelli del teatro sono dei mostri sacri: le tavole del palcoscenico bisogna stare attenti a calpestarle! Io invece ci provo da tanto tempo e in questi ultimi due anni la gente mi riconosce quello che faccio. Quindi anche questo sforzo di prendere una cosa di Woody Allen e di rivestirla completamente sui panni di Enzino Iacchetti nonostante sia stata una fatica disumana, tuttavia sapevo che avrebbe funzionato… per cui ora sono davvero fiero di quello che ho pensato di fare e che ho di fatto realizzato.

GG: L’altro anno “Risate al 23° piano” di Neil Simon, quest’anno “Provaci ancora, Sam” di Woody Allen. Come mai questa comicità d’oltreoceano?

EI: Ma perché io adoro la comicità intelligente senza parolacce, senza doppi sensi. Mi piace che si faccia ridere con un tubetto delle aspirine o con una scatola che non si apre, piuttosto che dire che “mi puzzano le ascelle”. Credo che l’umorismo di questo tipo trasmetta anche delle emozioni intelligenti, magari non viene la risata grassa come quando si sente una barzelletta sui carabinieri, però viene quel sorriso che ti porta a capire dov’è la profondità di quello che stai ascoltando. In tal senso questa la storia — drammatica se si pensa bene –  anche basata sulla psicologia di uno che non riesce a trovare la donna dei suoi sogni, proprio perché cerca di imitare il massimo per le donne che allora era Humphrey Bogart. Poi magari capisce che se la smette di imitare e diventa se stesso, le cose diventano più semplici.

Non ci sono grossi messaggi, è una favola d’amore molto attuale che mi veste pienamente perché io poi sono sempre stato lasciato, quindi mi trovo benissimo in questa parte di depresso sentimentale.

GG: Questo testo, pur essendo datato 1969 è comunque straordinariamente attuale. Descrive infatti una fetta del rapporto uomo-donna che tanto più vera e reale quanto più si considerino i tempi attuali. Lei come vede il rapporto uomo-donna nel 2002?

EI: Mah, io conosco molte coppie che non si separano per ragioni religiose o per paura di quello che può succedere ai figli… penso che noi siamo un popolo ancora molto bigotto in questo senso. Inoltre noto grande infelicità nelle famiglie in cui il matrimonio deve essere sacro a tutti i costi. Io credo invece che bisognerebbe vivere l’amore secondo le strade dell’amore e non delle regole: si possono fare figli ed educarli e crescerli grandi, onesti e felici anche senza essersi sposati. Io credo che l’importante in un rapporto di coppia sia la sincerità nell’affrontare i problemi della vita. Poi, tutto il resto — che sia buono, cattivo, sciocco, intelligente, ignorante o che faccia ridere — dev’essere affrontato, secondo me e nelle continue aspettative della vita, senza troppe regole.

GG: Il suo amore per il teatro ha radici lontane. Leggevo che lei fin da piccolo si cimentava in palcoscenico. Ma diciamo che il suo debutto forse ufficiale è stato con due farse di Dario Fo con il Teatro dei Filodrammatici. Che ricordo ha di quel debutto?

EI: Bellissimo. Anche lì un grande confronto… Grande! Me la facevo sotto perché quelle farse negli anni Cinquanta le aveva recitate Dario Fo, quando lui in teatro era già un divo. Interpretare cose scritte da lui era una bella prova, soprattutto da giovane…
Egli venne a vedermi e mi disse che in alcune parti facevo più ridere di lui. Poi mi chiese di lavorare in compagnia con lui, mentre io preferii andare da Costanzo, perché mi piaceva anche la televisione.

GG: Ecco, il fatto di essere un volto noto, un personaggio riconosciuto, in teatro può diventare anche un limite? Cioè, mi spiego meglio: il fatto di essere conosciuto dal pubblico televisivo, soprattutto, e venire in teatro, non la carica forse di maggiori responsabilità? Ha delle pressioni come se dovesse in qualche modo dimostrare qualcosa?

EI: Questo sì, soprattutto nei primi anni, quando approfittavo del successo televisivo per dire: “ora vediamo se a teatro il pubblico ci viene”. La gente veniva, ma si aspettava che a teatro facessi le stesse cose della televisione. Ci ho messo tanto tempo nel quale peraltro molta gente se ne andava anche via. Io magari facevo una commedia, o qualcosa di particolare, scritta da me, che però non c’entrava niente né coi bonsai che facevo da Costanzo, né con Striscia, né con “babau miciomicio”, né coi tormentoni ecc… Il risultato era che parecchia gente se ne andava. Poi quelli che rimanevano magari se ne andavano via entusiastici e dicevano: “però, guarda, ci ha dimostrato di essere non solo un individuo da soprammobile”. Il teatro è sempre stata la mia passione, e quindi ho cercato di sfruttare la popolarità televisiva per cercare di impormi. Eppoi io sono cocciuto! Dopo tante stagioni in cui ho anche perso i soldi che guadagnavo in televisione, finalmente adesso i teatri sono pieni di gente che mi dimostra la sua riconoscenza.

GG: Bisogna dire che lei non fa solo teatro, ma scrive anche canzoni, musica e libri. Ce n’è uno di dieci anni fa che è il pensiero Bonsai. E volevo chiederle: a che punto siamo con la teoria bonsai?

EI: Ma, è rimasta nel cuore come quando si giocava all’oratorio. Ognuno di noi ha delle cose belle che lo hanno aiutato a conquistare qualcosa nella vita. I bonsai non sono mai cancellati dal mio repertorio: è un’idea mia, l’ho inventata, l’ho portata avanti, mi ha reso popolare al Maurizio Costanzo Show
È capitato anche l’anno scorso con la Witz Orchestra di fare delle serate di cabaret… E anche l’anno prima abbiamo fatto un concerto di musica bonsai. E per il pubblico è accaduto che per chi se le ricordava è stata una sorpresa piacevolissima, mentre per chi non se le ricordava è stato piacevole scoprirle. Nulla viene buttato via, soprattutto le cose cui siamo più affezionati: per me sono come dei figli!

GG: Questa intervista, come le dicevo, andrà on-line. Che rapporto ha con Internet? Naviga?

EI: Mi vergogno, ma, primo, non vedo: nel senso che con gli occhiali dopo cinque minuti i miei occhi devono guardare lontano, perché altrimenti sto male. Non riesco a stare davanti a uno schermo per più di cinque minuti. In son veramente l’uomo più pigro del mondo: mi sono sempre rifiutato di imparare. Ho provato con le e-mail un poco, e dopo tre giorni dovevo stare tutto il giorno davanti al computer per rispondere; allora ho spento tutto, e non l’ ho più riacceso. Quindi adesso col telefono comunico coi parenti, con chi mi vuole bene e basta. Mio figlio mi dice: “Papà sei vecchio!”. Ma io preferisco fare una passeggiata al mare e ogni tanto scrivo ancora delle lettere a mano.

GG: Penultima domanda: qual è il confine tra buona e cattiva televisione?

EI: Sostanzialmente la televisione è da valutarsi come un buon contenitore, un buon frigo, un elettrodomestico. Io non ho mai voluto male alla televisione; molti dicono che non educa i figli, incita alla violenza, che non si può far vedere questo o quell’altro. Ma santo cielo, se non vuoi far vedere una cosa la spegni, se vuoi vederne un’altra cambi canale… Io credo che tutta la televisione sia di bassa qualità, questo sì. Però se a uno piace guardare una cosa brutta, ne ha tutta la libertà. Io cerco di evitare la cosa brutta e guardo piuttosto quella bella. Se non ci fosse “Striscia la notizia” credo che in televisione attualmente non ci sarebbe niente.

GG: Ecco, ultima domanda come promesso: nel suo futuro c’è più televisione o più teatro?

EI: In futuro credo che… Mah, la televisione è un elettrodomestico che ingoia anche le persone: penso che la televisione un giorno si stuferà di me, quando non funzioneranno più i numeri. Ma io mi sarò talmente preparato alla mia pensione nei teatri, per cui fin che mi regge la salute mi divertirò a girare, a preparare sempre nuovi lavori, tanto più che il pubblico teatrale non tradisce mai se lo fai contento.

GG: Grazie mille, in bocca al lupo e complimenti.

EI: Mi spiace far crepare un altro lupo, cui io sono molto affezionato, ma deve crepare per forza, per scaramanzia. Ciao a tutti!

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