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Cinema

Teng Huatao

Police, mon amour

Abbiamo incontrato Teng Huatao, regista cinese del bellissimo film One Hundered. Il film narra di due ragazzi di diciassette anni che desiderano più di ogni altra cosa diventare poliziotti, e sono pronti a tutto per avverare questo loro desiderio…

Martina Palaskov Begov (MPB): Come le è venuta in mente l’idea per il suo film. Ha letto la storia su qualche giornale o si tratta di un soggetto originale?

Teng Huatao (TH): Si tratta di una storia che ho letto su una rivista pubblicata a Pechino due anni fa. Quindi si, si tratta di una storia realmente accaduta, una storia vera.

MPB: E per quanto riguarda la psicologia dei due giovani, mi riferisco alla loro solitudine, al fatto che considerano il distretto di polizia come una seconda casa… ?

TH: Il film si ispira alla storia di cui ho letto, in realtà poi i personaggi, mi riferisco non soltanto ai due protagonisti, ma anche ai personaggi secondari come la madre, il nonno, sono nati e poi sviluppati attraverso la sceneggiatura. La storia, con lo sviluppo del soggetto e la nascita del film, è cambiata moltissimo: il film che avete visto voi non ricalca esattamente il soggetto originale e la prima sceneggiatura. Ho sviluppato la psicologia e la personalità dei ragazzi sviluppando la storia e il film. Ho cambiato molto dei personaggi anche parlando con gli attori… è stato una sorta di work in progress.

MPB: Dal punto di vista della descrizione cinematografica ho notato che, nonostante le inquadrature che sottolineano varie caratteristiche dei personaggi, come appunto la solitudine, lei non inquadra mai, suppongo volutamente, le famiglie dei due ragazzi; la madre viene sempre inquadrata di schiena e il nonno viene ripreso da lontano, quindi lo spettatore non vede effettivamente come sono fatti, che faccia hanno. Perché?

TH: Ho inserito queste inquadrature per un motivo specifico. I due giovani, infatti, hanno dei problemi di comunicazione, come avrai notato, ma non perché abbiano un brutto rapporto con i loro famigliari, anzi, si preoccupano entrambi, cercano sempre di coinvolgere la famiglia in quello che fanno, ma ciò che volevo sottolineare è che forse i ragazzi stanno cercando un altro punto di riferimento che potrebbe essere quella persona cicciona che fa da mentore o il poliziotto stesso, severo e didattico. Il genitore e il nonno fanno parte della schiera famigliare, ma non sono punto di riferimento, proprio perché non hanno un dialogo, non riescono a comunicare come, del resto, gran parte dei giovani adolescenti di oggi. Nella vita quotidiana, in Cina, ciò capita spesso, e a volte i ragazzi cercano altri punto di riferimento come accade nel mio film. Il fatto di non aver dedicato delle inquadrature alla madre e al nonno, sottolinea proprio questo stato d’animo. Non dedico spazio perché nella vita dei giovani, la famiglia non ha quella importanza. Ho voluto focalizzare la mia attenzione su come i ragazzi riescono ad ottenere la loro personale vittoria e ad entrare finalmente in polizia, ma né la madre né il nonno hanno importanza per questa storia.

MPB: La polizia dunque diventa una sorta di seconda famiglia per i due. I giovani vanno incontro a delusioni, il che ci fa capire quanto tengano alla polizia. Un amore verso un’istituzione spesso odiata invece dai giovani, in Occidente, soprattutto ora che il clima di scontro di è fatto più caldo visti i risvolti di Genova. In Cina invece che cosa ne pensano della Polizia?

TH: In realtà i due ragazzi non fanno testo se inseriti in un panorama più vasto, mi riferisco alla Cina intera. I due non vanno presi come esempio. Non tutti i giovani considerano la polizia come lo fanno i miei due protagonisti, anzi… la maggior parte dei giovani tende a stare alla larga dalla polizia. Come ovunque, penso, polizia è sinonimo di guai. Il sentimento è uguale a quello di voi Occidentali. Non a caso vale sempre il detto “tutto il mondo è paese”. Ma proprio per questo motivo mi sono interessato alla storia. Quando ho letto l’intervista fatta a questi due ragazzi molto giovani, e vedendoli così motivati e convinti, ho subito prestato interesse alla questione e ho voluto appunto farne un film. Questa voglia di sfondare nella polizia, a scapito magari dei soliti divertimenti a cui sono abituati i giovani ha creato in me grosso interesse. La Cina inoltre, è molto cambiata negli ultimi anni, i divertimenti e lo svago si sono moltiplicati, c’è più libertà. Considerando ciò, la storia dei due ragazzi mi è sembrata ancora più complicata. Ho pensato: “non mi sembra vero che due giovani, della loro età si siano sognati di scovare cento criminali per dimostrare la loro bravura al corpo di polizia”, non ci credevo. Ho poi incontrato i due, li ho intervistati e nonostante tutto, la loro vicenda mi ha lasciato senza parole.

MPB: Vorrei ora soffermarmi sul montaggio che lei ha sviluppato nel film. Un montaggio particolare, che attraversa in modo temporale la pellicola. Egli monta assieme delle sequenze che hanno tra loro un lasso di tempo notevole. Come le è venuto in mente di procedere in questo modo e inoltre volevo sapere se si è ispirato a qualche regista in particolare? Sono al corrente che lei ha si è laureato al Beijing Film Accademy, una scuola non solo molto accademica, ma in parte ancora legata alla cultura cinematografica di matrice sovietica.

TH: Non mi sono ispirato a nessun film in particolare e a nessun regista in particolare. Mi sono però fatto prendere dal ritmo della storia. Infatti, come avrai notato, il montaggio tra primo e secondo tempo è molto differente proprio perché il ritmo del film cambia. Il montaggio della prima parte è molto frenetico, riflette uno stato d’animo. Volevo, attraverso il montaggio far capire all spettatore lo stato d’animo dei due protagonisti. Una frenesia appunto, che coinvolge i ragazzi i quali corrono subito nei vicoli della città a cercare dei criminali da arrestare. Impulsivi e passionali, come il montaggio. Mentre tutto cambia (quasi un giro di boa) quando i due incontrano quello strano personaggio che raccoglie bottiglie vuote per strada. Uno dei due giovani entra in crisi perché l’eccessivo rispetto per la Polizia a volte oscura quella che è la vera missione degli uomini di legge. Ovvero ci sono criminali e criminali. Le diverse storie di strada hanno un importanza soggettiva, e non tutti quelli che sembrano malviventi alla fine lo sono; come appunto questo bizzarro personaggio che rubava si delle bottiglie di profumo ma per addobbare la sua baracca, per renderla più personale. Il giovane inizia a considerare questi ‘criminali’ come aventi dei sentimenti, delle passioni. Forse anche il barbone una volta aveva un sogno… Il giovane entra in crisi, non è più tanto sicuro di quello che vuole veramente fare.

Nella seconda parte, il montaggio è un montaggio meno frenetico, più tranquillo e lineare. Lo scarto si nota anche considerando la musica e la banda sonora; mentre nella prima parte la musica ha un ruolo fondamentale, nella seconda non c’è, sparisce, lasciando spazio ai rumori della città. Le sequenze sono più lunghe, meno montate. Tutto ciò per riflettere lo stato d’animo dei ragazzi, i quali passano più tempo a riflettere che ad agire. Non mi sono fatto coinvolgere da nessun regista o pellicola in particolare, direi anzi che il mio montatore ed io ci siamo fatti prendere la mano dalla storia stessa, quindi è a questa che mi sono ispirato.

MPB: Il montaggio, infatti, come sottolineavo prima, è un montaggio temporale, che inserisce piccoli flashback e flashforward.

Volevo adesso che lei mi dicesse due parole sul sogno che uno dei due giovani fa ad un certo punto della storia.

TH: Considerando il montaggio, il sogno viene mostrato nella seconda parte del film. Poiché appunto questa seconda parte poteva risultare troppo lenta, ho voluto inserire questa sequenza, diversa, nuova, che impegnasse ancora lo spettatore sui due. Il sogno, che per altro è un sogno che ho fatto io personalmente, ho voluto inserirlo come esperienza personale alla quale io mi sono ispirato. Il giovane stava infatti studiando per diventare cuoco, ma dal film risulta evidente che non era quella la strada che preferiva seguire. Il sogno serviva a dare spazio a quello che il giovane voleva veramente e che pensava in quel momento. Fino a quando lo spettatore non vede il sogno, il vero desiderio del protagonista non è specificato. Con il sogno si capisce bene quali sono i veri dubbi del giovane. All’interno di questa inquadratura ho inserito anche l’altro giovane. I due sono raffigurati mentre giocano a fare i poliziotti. Lo stato d’animo è molto diverso da quello che invece il giovane assume seguendo i corsi di cucina.

MPB: Volevo adesso parlare della cinematografia cinese in generale; come è cambiata o come sta cambiando la produzione cinematografica cinese dopo questa apertura mentale di cui parlavamo prima? Personalmente noto questa differenza anche frequentando regolarmente il Festival. Infatti, ricordo che i primi anni gli organizzatori hanno avuto non poche difficoltà ad avere delle pellicole cinesi e ad invitare ospiti della Cina Continentale. Vorrei parlare di questo argomento facendo magari riferimento alla censura cinematografica cinese ancora in voga, se non erro.

TH: Sicuramente questi cambiamenti che hai notato sono dovuti al fatto che i giovani registi cinesi di oggi hanno più possibilità di confrontarsi, di vedere più film dall’estero, cosa che invece i registi delle vecchie generazioni non potevano fare. Infatti loro non solo non potevano vedere materiale importato ma nemmeno viaggiare, quindi probabilmente non hanno avuto la possibilità di sviluppare un modo innovativo di fare cinema. Penso siano stati limitati da questi dogmi. Quindi, il fatto che hai notato questi cambiamenti, penso sia dovuto alle possibilità che abbiamo noi giovani registi; che non chiamerei libertà, ma sicuramente una possibilità di andare all’estero, confrontarsi con altri registi, di dialogare. Che penso sia ciò che aiuta le nuove idee e le novità in generale. Anche la possibilità di vedere per imparare dagli altri. Il cinema copia, perché no, tutti copiano chiunque, anche questo è cinema. Il cinema può crescere perché c’è una maggiore apertura.

Per quanto riguarda la censura, io personalmente non ho avuto problemi. Non credo però che il dipartimento che si occupa della censura abbia cambiato leggi o filosofia. Si tratta comunque di una divisione molto severa. Tuttavia credo che questa apertura abbia influenzato anche il governo. A mio avviso la mentalità dello Stato è cambiata… ma di poco. Per quanto riguarda le sovvenzioni posso dire che il mio film è stato per la maggiore finanziato dallo Stato. Si tratta di un opera prima: ho presentato la sceneggiatura che è piaciuta ed ho ottenuta la sovvenzione. Quindi io dovrei ringraziare lo Stato. Forse un motivo che ha spinto la commissione a scegliere il mio progetto è il fatto che io parlo di un istituzione come la Polizia in modo particolare… perché no, in fondo io esalto la Polizia.

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