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Fumetto

Veruska Sabucco

Shōnen Ai

Domanda (D): Come nasce Veruska Sabucco?

Veruska Sabucco (VS): In ritardo!? Sono nata di nove mesi e venti giorni, e da allora sono continuamente in ritardo su tutto!

Due vignette di Kizuna

D: Quando e come hai scoperto lo shonen ai e il fumetto a tematica omosessuale in generale?

VS: Era il 1995 credo, quando uscì l’anime di Kizuna in Italia.
Sono sempre stata interessata all’arte ed alla scena omosessuale, da adolescente ho divorato Rimbaud e Wilde, ero una fan di Boy George e dei Queen, tutti indizi di una “slashfan/Yaoista” in erba. E sono anche, come molti della mia generazione, una manga fan. Appena comprato l’anime, sono tornata a casa e ho digitato “Kizuna” su un motore di ricerca (Hotbot, credo?), e mi si è aperto un mondo davanti agli occhi, anche se a quei tempi di siti web dedicati al genere ce n’erano pochissimi ed erano tutti in inglese. Nello stesso periodo, per coincidenza, ho conosciuto il circolo delle Yaoiste romane, Eva Villa in prima linea. In quel modo ho avuto la possibilità di diventare parte attiva del fandom.

D: Tuttora qual è la motivazione principale che ti spinge ad occuparti di fumetti a tematica omosessuale?

VS: Mania ossessiva…

D: In che misura il tuo interesse è da fan e in che misura è da studiosa? Un fan può essere anche uno studioso? E in che misura?

Gocce — Boy+BoyVS: Direi di sì, non sono né la prima né l’unica ? Henry Jenkins III è il più noto esempio di fan e studioso insieme. In realtà, nel mio caso, ho semplicemente deciso di ‘studiare’ un genere che amo e la comunità che gli ruota intorno e che, per inciso, è anche la mia comunità di riferimento principale.

D: Come definiresti un fan di shonen ai e/o fumetto omoerotico?

VS: Domanda difficile, di solito ci definiamo ognuna e ognuno in maniera diversa.

Direi che ci sono vari gradi e modi di essere fan, a seconda del coinvolgimento che si ha nella subcultura e a seconda delle proprie capacità (c’è chi sa scrivere, chi sa disegnare, chi sa editare, chi sa fare pagine web e così via).

D: Da circa una decina d’anni, il fandom internazionale tende ad essere quantomeno sospettoso nei confronti degli “studiosi” che ne indagano i meccanismi interni: quale ritieni debba essere l’approccio di un accademico al mondo degli appassionati, e qual è stato l’approccio che hai scelto in veste di studiosa nello stendere un saggio come Shonen Ai?

VS: Esiste un metodo in sociologia chiamato “osservazione partecipante”. In poche parole, si usa il termine per indicare uno studioso che decide di osservare una comunità dall’interno, unendosi ad essa e condividendone i codici comportamentali, di linguaggio, le modalità di interazione tra i membri del gruppo e di questo con l’esterno, le manifestazioni, le produzioni, e così via. È abbastanza difficile riuscire a essere parte di una comunità e nello stesso tempo mantenere un distacco critico, ma non è impossibile. Per quel che mi riguarda, è un metodo ideale, visto che sono parte del fandom ma nello stesso tempo non posso fare a meno di farmi domande su di esso. (Probabilmente sono dissociata e basta…)

Like U — Boy+BoyPer il resto, credo che le fan e i fan facciano bene ad essere sospettosi di chi si avvicina alla loro subcultura, o ad altre, senza saperne nulla, e pretendendo di avere al più presto del materiale per scrivere l’articolo scandalistico, o provocatorio, o allarmista o anti-manga della settimana. Io stessa spesso mi sono trovata nella situazione di leggere articoli pseudo-scientifici privi di un valido fondamento metodologico e nei quali la subcultura di turno veniva usata dallo pseudo-studioso per confermare i pregiudizi preesistenti al riguardo e per mettersi in buona luce con le masse allarmate da tutto ciò che è ‘altro’.

D: Qual è stata la fonte di ispirazione principale per il tuo saggio?

VS: Eeeeeh…un boccia di Baileys ?

No, in verità, narra la leggenda che Peppe (il mio quasi-fratello) mi disse che alla Castelvecchi Editoria e Comunicazione cercavano una segretaria. Io avevo sempre voluto lavorare nel mondo dell’editoria, anche lavando i cessi (e rispetto a questo, la posizione di segretaria era già un bel passo avanti nella carriera). Insomma, mandai un fiducioso curriculum spiegando i miei interessi etc. Mi telefonò Castelvecchi-lui-in-persona-per-poco-non-svengo-al-telefono, dicendomi che no, non gli serviva più una segretaria ma che, se volevo, potevo pubblicare un saggio con loro…

Credo di non avere ancora ben capito che cosa è successo da allora…

D: E come lo senti ora, a due anni dalla sua prima edizione?

VS: Hum…imbarazzante?

D: Lo riscriveresti?

La cover del saggio di Veruska SabuccoVS: Sicuramente! Nel senso che, come per molte opere prime, ne ero molto fiera quando l’ho scritto ma ora, rileggendolo a distanza di anni con un po’ più d’esperienza, mi rendo conto di diverse sue pecche, come ad esempio l’entusiasmo del principiante. Penso che, come opera prima, appunto, non sia da buttar via (ogni scarrafone eccetera eccetera…). Inoltre, è ancora l’unico saggio in lingua italiana sullo YAOI e sulla slash. Ovviamente, sono molto grata a Mafalda Stasi e a Mirna Cicioni che hanno aiutato la novellina, supportandola moralmente e tecnicamente, e scrivendo due begli articoli brevi apposta per il mio saggio.

D: E in che misura e in che modo lo modificheresti?

VS: Be’, a parte quanto detto sopra, ormai è datato. In verità è stato scritto solamente tre anni fa, ma il fandom ormai si muove sulle ali di Internet, e questi ultimi tre anni hanno visto parecchi cambiamenti, alcuni minori, altri epocali per la natura stessa del fandom.

Il fandom italiano ha visto emergere nuove voci molto forti, e il fandom YAOI internazionale sta vivendo un processo di ibridazione “YAOI” + “Slash” che è una gioia seguire e vedere evolversi sotto i nostri stessi occhi.

D: L’impressione che si riceve dal tuo libro è fortemente influenzata dal tentativo di conciliare opposte esigenze: spiegare ai profani un mondo che probabilmente neanche immaginano esista, e fornire ai fan uno strumento di indagine, oltre che di documentazione, sul loro universo e sulle sue leggi. Ritieni che i fan abbiano bisogno di nuovi attrezzi per destrutturare le loro costruzioni fantastiche?

Pensi che gli strumenti a loro disposizione, saggi, interviste ad autori, studi sociali, siano sufficienti?

VS: The more, the better!!!

D: O piuttosto ritieni che siano viziati da limiti di fondo?

Una copertina di Boy+BoyVS: Dipende da come sono stati creati gli strumenti. Alcuni saranno di qualità scadente, altri di qualità buona, altri saranno ottimi.

D: Cosa odi di più: l’atteggiamento modernista che declassa la fan-fiction ad arte minore o la forma mentis di certi sedicenti dotti convinti di comprendere mondi a loro ignoti con i soli strumenti dell’accademismo spicciolo?

VS: Entrambi.

 D: E come studiosa cosa odi di più nell’atteggiamento dei fan: l’autismo o la rassegnazione ad essere sfruttati come oggetti commerciali?

VS: Non so, non penso che i fan siano autistici.

Penso che, in larga parte, siano ben consapevoli di essere considerati mucche da mungere dalle varie case di produzione e distribuzione ma che, sostanzialmente, non gli importi. Insomma, alla fin fine, la questione risiede nel fatto che le case di produzione e distribuzione di manga, anime e giocattoli ci danno quello che vogliamo, vuoi il fumetto, vuoi l’action figure, vuoi la telephone card o quello che sia. Poi, si può anche accettare di stare al gioco fino in fondo e comprare tutto, fino ad un certo punto e decidere di non comprare gadget costosissimi, oppure di non stare al gioco affatto, e di non comprare nessun prodotto di merchandising, fermo restando che, se si è fan, almeno i DVD o le videocassette o i manga li si compra in ogni caso… Io so che, sia pure nella mia veste di fan “economa” e “moderata”, diciamo, farò le capriole pur di avere l’action figure di Knives appena esce. OK, per metterla in posizioni imbarazzanti con l’action figure di Vash… ma in fondo, l’uso che il fan fa del prodotto dipende dalla sua individualità. Io faccio un uso dell’action figure di Wolfwood molto diverso da quello di alcuni, e molto simile a quello di altre (ed altri), e già in questo si manifesta il fatto che, in quanto individuo singolo, rielaboro secondo parametri personali il testo che scelgo di seguire. Detto questo, credo che non sia giusto spendere grosse quantità di denaro per il merchandising e che, delle volte, le persone perdano i parametri di riferimento rispetto a cosa sia davvero importante e cosa no. Penso che ci sia una percentuale di persone che consuma per non pensare. Una precisazione: io sto parlando di fan “adulti”, il discorso del marketing indirizzato al pubblico infantile è tutto un altro paio di maniche. Io credo che sia fondamentale che i bambini vengano educati per diventare persone consapevoli dei meccanismi che li circondano.

Dany&Dany — Boy+BoyD: Ovviamente non possiamo esimerci dal parlare dell’approccio del lettore italiano a generi narrativi come la slash e lo shonen ai culturalmente lontanissimi dalla sua impostazione mentale. Secondo te il pubblico italiano è maturo per questi generi?

VS: Non so se sia maturo ma so per certo che, almeno per quel che riguarda il Boy’s Love nipponico, il pubblico lo cerca avidamente da anni. Io per prima, quando in giro non c’era quasi niente, eccezion fatta per i romanzi di Mary Renault, Annie Messina ed Anne Rice, ero ‘affamata’ per prodotti di questo genere. Anche per questo, all’inizio, Eva e Le Peruggine [sic, nome d’arte] sono diventate autrici, perché, dal momento che non c’era nulla, era necessario creare qualcosa per noi e per altre potenziali fan del genere.

Certo, la produzione giapponese di Boy’s Love che viene importata porta con sé un bagaglio culturale estremamente diverso da quello che le lettrici ed i lettori italiani possiedono (per la slash è un po’ diverso, visto che viene prodotto in paesi con una cultura meno differente dalla nostra, come il Nord America, l’Australia e il Regno Unito). Da un lato, che legge Boy’s Love o YAOI addomestica, per dirla con Toibin, i significati di ciò che legge, li sovrascrive in parte seguendo i propri parametri culturali di riferimento, dall’altro, penso che una sovrascrittura totale non sia possibile, e questo forse porta i più curiosi a cercare informazioni sulla cultura d’origine del prodotto, nel tentativo, anche, di capirlo meglio.

D: Pensi che il fenomeno della loro diffusione sia in crescita o resterà isolato al pubblico delle “pasionarie”? E perché?

VS: Già in Italia non è più un tipo di prodotto per appassionate dai gusti “esoterici”, ed è ancora un fandom giovane. Deve ancora espandersi ma già abbiamo una forte percentuale di pubblico gay interessato. Penso che si aggiri intorno al 50%.

Il poema del vento e degli alberiD: In quanta parte la diffusione di determinati titoli come Kizuna, Il cuneo dell’amore, Il poema del vento e degli alberi, tanto per citarne alcuni, è dovuta alla moda e in quanta all’esigenza di un pubblico come quello italiano abituato a desiderare, ma molto poco a creare propri mondi? In sostanza, pensi che il pubblico italiano sia passivo rispetto a quello che gli viene propinato o credi che negli ultimi anni vi sia una maggiore consapevolezza e una maggiore autoeducazione alla lettura?

VS: Non penso che il Boy’s Love e lo YAOI siano “di moda”, temo che lo diventeranno per un breve periodo di tempo, dato che “Le perversioni estreme dell’estremo oriente” probabilmente sono destinate ad attirare i curiosi, ma adesso si rivolgono ancora ad un pubblico piuttosto ristretto.

Credo che Kizuna & Co. siano stati pubblicati nel tentativo (coraggioso, in verità) di esplorare nuove nicchie di mercato e di gusto, ed hanno trovato subito un pubblico che, almeno in parte per la prima volta, si trovava ad avere tra le mani dei prodotti che ne rispecchiavano le sue fantasie sentimentali ed erotiche.

Nel nostro caso, ci sono in giro diverse produzioni italiane di Boy’s Love originali e di YAOI, quindi mi sembra che ci piazziamo bene, almeno in questa occasione, nella classifica dei creatori di mondi fantastici ?

D: E, d’altra parte, ritieni che il mercato fumettistico italiano consenta la maturazione del pubblico o che piuttosto così com’è strutturato si limiti a crescere consumatori?

VS: Questo, secondo me, dipende in larghissima parte dai lettori. ?

D: Pensi che potrebbe svilupparsi in Italia un circuito indipendente forte ed esteso come quello americano o giapponese, che non si limiti alla pubblicazione di tre o quattro fanzine di rilievo sommerse da tonnellate di immondizia?

VS: È necessario premettere che il circuito giapponese è fatto in larghissima parte di centinaia di fanzine che nascono e muoiono nel giro di una stagione. È una scena popolosa, si può dire, e che si rinnova continuamente. Di costante, storico ed estremamente importante nella scena amatoriale giapponese c’è il Comiket, la più grande comic convention del manga, che si tiene a Tokyo due volte all’anno dal 1975. È completamente gestito da volontari, e il numero dei visitatori raggiunge anche vette di 300.000 partecipanti.

Il circuito nord americano deve per forza essere più grande, date le dimensioni degli USA, ovviamente. Hanno delle case editrici indipendenti che pubblicano dell’ottimo materiale (come la Sirius, ad esempio).

In Italia ho visto ottime fanzine underground. Le fanzine Boy’s Love/YAOI sono parte della scena underground, ma hanno comunque un background così diverso che sono un gruppo a sé.

In generale, direi che il vero problema è l’organizzazione. Può sembrare cinico dirlo, ma per portare avanti quello che comunque è un sogno, pubblicare dei fumetti Boy’s Love italiani di qualità, è necessario lavorare, tanto, e in modo organizzato.

Ad ogni modo, penso che sì, con le persone giuste, un circuito forte ed esteso sia possibile.

D: Hai vissuto sia l’esperienza della fanzine sia stai vivendo l’esaltante avventura dell’autoproduzione. Che differenze hai incontrato, se ti è stato possibile coglierne, tra il pubblico “fanzinaro” e i lettori della tua rivista?

Clicca per visitare il sito Boy+boyVS: Diciamo che, in linea di massima, la differenza maggiore che ho rilevato è il maggior numero di lettori gay che ci conoscono, e il fatto che il pubblico sia, fortunatamente, cresciuto. Cinque anni fa, con “Cultur Club”, lavoravamo in una specie di vuoto: c’erano le pochissime affezionate che conoscevano il genere e il resto della gente, che ci guardava come se fossimo venute da “Fleed”. Adesso, con gli anni, il genere comincia ad essere conosciuto, e quando dici “YAOI” nell’ambiente del fumetto, le persone sanno, abbastanza spesso (anche se in maniera confusa), che cosa sia. Le difficoltà organizzative di una pubblicazione come Boy+Boy non sono molto diverse, solamente più grandi: ci sono più persone da coordinare, più cose da controllare (e che quindi possono andare storte). Inoltre, con Cultur Club, le proposte venivano fatte da più persone e si decideva un po’ tutte insieme, adesso la responsabilità delle scelte ricade, in larga parte, sulle mie spalle (help!!!).

Non è facile essere piccoli, proporre un prodotto ancora poco conosciuto e comunque per un pubblico di nicchia.

Il problema della poca visibilità rispetto alle grandi case editrici deriva in parte dal fatto che noi abbiamo una sola testata (d’altronde, è il tipo di prodotto che ci interessa portare avanti, per cui non ci interessa pubblicare altri generi, e quindi altre testate, almeno al momento), in parte dal fatto che proponiamo, appunto, un genere di nicchia e poco conosciuto. È chiaro che i negozianti, in generale, preferiscono avere in fumetteria prodotti che vendano molto. Personalmente, sono quasi commossa dalla situazione, visto che stiamo avendo degli ottimi riscontri, ma certo dobbiamo ancora potenziare la nostra presenza nei punti vendita, come si dice in marketinghese?

Un disegno di Roy Klang per la serie GocceD: Qual è stata l’accoglienza che il pubblico gay ha riservato sia alle fanzine di cui conosci le sorti sia alla tua nuova pubblicazione?

VS: La fanzine aveva un pubblico di lettori più ridotto, all’inizio formato solamente da appassionati del fumetto, in larga parte di ragazze. In seguito, abbiamo iniziato a distribuirla anche nella libreria Babele di Roma, grazie al supporto di Claudio (il proprietario, che ringrazio vivamente). I ragazzi gay l’hanno accolta subito molto bene.

Quando poi Cultur Club è diventato una associazione culturale e quindi una “prozine”, il pubblico si è ampliato ulteriormente, e il riscontro positivo è cresciuto. Anzi, in verità AYAKURA sembra che sia piaciuto molto anche a diversi ragazzi “straight”.

D: Che rapporto vivi con la comunità gay?

VS: Intimo?

D: Si dice spesso, e da più parti è ormai considerato un dato acquisito, che i generi shonen ai, june e slash sono “omosociali”, “omoculturali”, più che omosessuali, appartenendo ad un immaginario erotico femminile ed essendo creati ad uso e consumo di donne. Condividi questa impostazione o la trovi semplicistica? E se in linea di massima possiamo accettarla per i pubblici giapponese, e in misura ridotta per quello americano, possiamo considerarla valida anche per il pubblico italiano o il consumatore nostrano di tali generi rimane quello gay?

VS: Come domanda è molto complessa, richiederebbe una risposta di un centinaio di pagine…uhm…Cercherò di essere breve.

Partiamo col dire che June/YAOI/slash sono omosessuali così come sono omosociali o omoculturali, nel senso che comunque ruotano attorno a relazioni che possono partire come amicizie molto intense tra i personaggi (quindi relazioni omosociali), che poi si trasformano in relazioni omosessuali. Certo, c’è anche il neologismo “omosentimentali”, per indicare la natura di buona parte di queste storie che, pur quando presentano situazioni sessuali estremamente esplicite, si focalizzano sulle relazioni emotive tra i personaggi.

Detto questo, per una serie di motivi socio-culturali che sarebbe troppo lungo e complesso analizzare in questa sede, queste storie (racconti, fumetti, anime…) sono sempre state prodotte e consumate in larga parte da donne.

La situazione sta cambiando nella scena di lingua inglese e in quella giapponese, anche se in minor misura.

In Italia, abbiamo una partecipazione maschile molto forte al genere, che si aggira probabilmente attorno al 50% sia per quel che concerne gli autori, sia per quel che concerne il pubblico.

Quello che riscontro, è una misinterpretazione tra alcuni membri del pubblico (e anche autori) di cosa siano in realtà il Boy’s Love e lo YAOI. Alcuni sono convinti che sia semplicemente il modo giapponese di dire “fumetto gay”, mentre il Boy’s Love e lo YAOI sono completamente distinti dal genere fumetto/narrativa gay.

Quindi, quando si avvicinano a questi prodotti, si trovano di fronte ad una sorpresa, talvolta gradita, altre volte spiacevole, perché questi testi non corrispondono alle loro aspettative.

D: Che progetti hai per Boy+Boy?

VS: Invadere la galassia!

D: Che rapporti hai con le autrici e gli autori?

Dany&Dany — Boy+BoyVS: Venendo dal mondo delle fanzine e frequentando la comunità gay non possono che essere buoni. Parte delle autrici le ho conosciute quando eravamo tutte ancora fanzinare, e siamo buone amiche. In seguito alla diffusione di notizie sull’imminente pubblicazione di Boy+Boy, diversi ragazzi hanno cominciato a farsi vivi ed a proporsi come autori.  
Cerco di stabilire con tutti un rapporto di lavoro che sia informale.
 Se c’è qualcosa che rimprovero a molti degli artisti (ragazzi e ragazze in egual misura), è la cronica mancanza di puntualità nella consegna delle tavole. Quando si ha di fronte una rotativa che deve andare in stampa, è difficile mantenere la calma di fronte ad un ritardo di un ritardo…
Mi piacerebbe che altre ragazze si facessero avanti e mi proponessero le loro idee, i ragazzi sembrano essere molto più intraprendenti, almeno nella mia esperienza.

D: E quale pubblico sogni ancora di raggiungere?

VS: Be’, tutte e tutti coloro che possano essere interessati ad un prodotto come Boy+Boy ?

D: Fumetto, letteratura, teatro. Sappiamo che in cantiere hai la preparazione di una pièce teatrale tratta proprio da un manga originale italiano pubblicato su Boy+Boy. Hai anticipazioni da farci?

Dany&Dany — Boy+BoyVS: Il progetto è ancora in altissimo mare. È un’idea che è venuta a me e ad altre yaoiste mentre parlavamo in un bar di Milano dove c’eravamo rifugiate davanti ad una cioccolata calda a causa di uno degli infiniti nubifragi che piagano la città. Abbiamo una vittim…ehmm…una volontaria sceneggiatrice che sta lavorando alla storia al momento, ma non trattenete il fiato!

D: Infine, quale tipo di impegno intellettuale credi richieda riuscire a trasporre in teatro l’atmosfera, il pathos, la violenza, di una storia pensata per il medium fumettistico?

VS: Come si dice, è tutto un altro film. In linea di massima, si tratta, credo, di trasformare il testo di partenza in qualcosa di diverso ma che cerchi di trasmettere le stesse sensazioni, di comunicare lo stesso messaggio al pubblico.

D: E a quale pubblico hai intenzione di rivolgerti con questo dramma?

VS: Pagante, of course!


Glossarietto


I prodotti a tema omosessuale maschile di/per donne (almeno in larga parte), possono grossolanamente essere divisi, in base ai paesi di origine, nel seguente modo:


Slash: Riletture in chiave omosessuale di serie televisive nordamericane (The X-Files, Star Trek), film e romanzi di successo (Harry Potter, Guerre Stellari). La rappresentazione dell’atto sessuale può essere più o meno grafica, ma il focus delle storie sono di solito i sentimenti dei personaggi, le relazioni che li legano. È nata a metà degli anni ’70 nei paesi di lingua inglese (Nord America, UK, Australia). La slash si è diffusa, specialmente all’inizio, tramite fanzine e in seguito tramite mailing list e siti web. È presente, il larghissima parte, in forma di narrativa (racconto, novella, romanzo)


YAOI: La versione giapponese della slash. Ha avuto un periodo di grandissima diffusione a partire dalla prima metà degli anni ’80. È presente di forma di manga o racconto. All’inizio, le riletture in chiave omosessuale erano soprattutto di manga ed anime, ora si possono trovare anche YAOI di Lord of the Ring, Harry Potter, The Phantom Menace. Benvenuti nel mondo della globalizzazione.


Boy’s Love/June: Storie originali sempre a tema omosessuale, sempre in larga parte di/per donne.


Shōnen ai: I testi classici del genere, prodotti da Hagio Moto e Takemiya Keiko durante gli anni ’70.


A differenza dello YAOI, sia gli shōnen ai prima che i Boy’s Love/June ora, fanno parte del mercato editoriale ufficiale nipponico.


In linea di massima, non c’è un corrispettivo al Boy’s Love/June nel mercato editoriale occidentale. Per quanto non esista un genere ben preciso, riconoscibile, alcune autrici, come Annie Messina, Anne Rice e Mary Renault, per citare i nomi più famosi, hanno esplorato i territori dell’omosessualità secondo parametri che molto ricordano il genere Boy’s Love.


I manga ed anime Boy’s Love/June e YAOI si sono, negli ultimi otto anni circa, fatti strada tra le appassionate occidentali. Tuttavia, nel fandom occidentale, sembra che i termini che li definiscono abbiano subito un cambiamento di significato:


YAOI viene spesso usato per indicare prodotti dove l’atto sessuale viene rappresentato in maniera esplicita, siano questi fanzine o prodotti dell’editoria ufficiale. Shōnen ai viene invece usato per indicare storie meno esplicite e più romantiche. Boy’s Love è pressoché scomparso, June indica il nome della prima testata dedicata al genere. Nato nel 1978, June è così famoso e diffuso da essere usato, in Giappone, come termine ombrello per l’intero genere.

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