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Fumetto

Elvio Fantini

Le radici di Diabolik

Immagine articolo Fucine MuteGli inizi di Diabolik furono duri: disegni modesti ed un carattere, mutuato da Fantomas, tagliato con l’accetta. Ma dietro c’era una donna colta e bella con una forte volontà, presto affiancata da una sorella parimenti motivata e in breve le cose cominciarono a cambiare. Così da un “Genio del Male” un po’ stucchevole, in pochi anni nacque un personaggio di culto simpatico agli uomini (affascinati della sua donna) e adorato dalle donne. A distanza di 40 anni dalla sua nascita molte cose sono cambiate, ma molte altre no. E sono quelle che contano. Torniamo alle radici del mito con il Direttore di Diabolik, incontrato a settembre in occasione dell’inaugurazione della sede del Diabolik Club.

Fumo di China (FC): Come ha conosciuto le sorelle Giussani?

Elvio Fantini (EF): Grazie ad un amico comune, Carlone (Carlo Santelia), conosciuto ai tempi dell’università, che poi io interruppi. Era appassionato di bridge come me, ma era anche il loro medico di fiducia. Eravamo, direi, nel 1962/1963 ed io avevo già collaborato con un paio di giornali. Avevo, credo sui 29 anni.
Mi portò a casa loro (la redazione era uno stanzino della casa di Angela) e mi presentò, così ci trovammo in questo spazio che per tre persone era già angusto. Erano le otto e mezza, forse le nove e loro erano già lì da un paio d’ore. La stanza era piena di fumo, erano entrambe accanite -e consapevoli- fumatrici, come già il loro padre, e come lui ne hanno tratto in seguito seri problemi di salute che le hanno portate alla morte.

FC: Cominciò subito a collaborare con loro?

Immagine articolo Fucine MuteEF: Quasi subito: all’inizio c’era solo Angela, Luciana arrivò solo in un secondo tempo. Quando arrivai io lavoravano già assieme.
Angela non era il tipo della casalinga, in casa si annoiava a morte. Da giovane era bellissima, aveva anche lavorato come modella. Era sposata con Gino Sansoni, che era un bel tipo. Faceva l’editore e frequentava alcuni giri “che contano”, salotti “bene” in cui potevi incontrare persone come Gianni Brera, ma non era mai riuscito a sfondare veramente. Però si comportava come se fosse ricchissimo, sempre ai limiti dei suoi mezzi. Anche nel rapporto famigliare era piuttosto disinvolto. Era capace di telefonare a casa dicendo: “Devo andare in America!” (a vedere un incontro di boxe), e partiva così com’era. Ebbe anche dei problemi finanziari ed Angela lo aiutò a superarli, però in seguito il loro matrimonio finì.

FC: Come furono gli inizi editoriali di Angela Giussani? È possibile che si sia rivolta all’editoria perché era un ambiente che conosceva, anche se di riflesso, grazie al marito?

EF: È probabile che la scelta di provare con l’editoria fosse dovuta alla professione del marito. In principio Angela comprò i diritti di un bel personaggio, Big Ben Bolt, di John Cullen Murphy, e ne fece un bell’albo, che però non ebbe successo. Così, a seguito di una passione per i personaggi “neri” (Fantomas in testa) ebbe l’idea di un fumetto che si rivolgesse al pubblico adulto. All’epoca abitava davanti alla stazione nord e le venne l’idea di proporre una pubblicazione destinata ai pendolari, alla gente che viaggiava in treno. L’intenzione era quella di offrire un piccolo libro avvincente da leggere durante il viaggio.
Era una grande lavoratrice e un’editrice molto dinamica, non potendo fare promozione andava a insistere presso gli edicolanti perché esponessero Diabolik, magari dandogli qualcosa (la leggenda metropolitana vuole che si trattasse spesso di fiaschi di vino; ndr).
Dopo che furono usciti un sei, sette numeri, le cose cominciarono ad andare benino, così chiese alla sorella, Luciana, di andare ad aiutarla. Anche Luciana era una bella ragazza e all’epoca lavorava presso la Folletto, un’azienda di elettrodomestici. Così nacque la squadra delle sorelle Giussani.

FC: Com’erano le Giussani sul lavoro?

EF: Molto meticolose, si documentavano scrupolosamente su tutto avvalendosi anche di qualche esperto. Carlone, per esempio, era il consulente sugli aspetti medici, sui veleni, ecc. Quando costruivano una storia vi si immedesimavano talmente che quasi “rimbecillivano”, difendendo accanitamente ognuna il proprio punto di vista. Sul lavoro erano veramente maniacali. All’epoca discutevamo le storie in tre. Sono rimasto con loro per un po’, poi sono passato all’Editoriale Dardo di Gino Casarotti. Quando lui morì in un’incidente gli subentrarono i figli.

Immagine articolo Fucine Mute

FC: La Dardo all’epoca era una potenza, aveva i personaggi della EsseGesse che vendevano benissimo, le collane di guerra e molto altro…

EF: Sì, tanto più che era proprietaria di una grande tipografia e quindi produceva in proprio, ma la gestione non fu accorta. Assunsero un responsabile editoriale che gli causò qualche problema e come conseguenza dovettero cedere la tipografia. Ma ho continuato sempre a lavorare con le Giussani sui soggetti di Diabolik. Ebbero la brillante idea di chiedere spunti per le storie e poi pagare quelle ritenute valide, cosa che attirò un bel numero di giovani, tra i quali ricordo Alfredo Castelli e Mario Gomboli, all’epoca credo quindicenni.

FC: Riguardo ai compensi si è sempre detto che la Astorina paga bene…

EF: Dopo che si furono sistemate, quando la testata cominciò a funzionare bene, a intervalli più o meno regolari aumentavano gli stipendi dei collaboratori. Con loro avevo la massima confidenza: mi davano del lavoro e mi pagavano profumatamente.
Erano amiche generose, hanno aiutato tante persone. Erano anche persone molto franche e, tutto sommato, ingenue.
Quando Luciana restò sola ebbe una disavventura con la persona cui aveva affidato il compito di pagare le tasse, che invece tratteneva il denaro per sé. Assieme ad un amico la scoprimmo e riuscimmo a recuperare qualcosa e per fortuna in quel periodo ci fu un condono e fu possibile rimettersi in regola. Da allora la affiancai nella gestione dei suoi beni. Ebbe qualche problema anche con il precedente direttore dell’Astorina, così che mi sono trovato, da quattro o cinque anni, ad ereditare anche questo ruolo.

FC: Dopo la scomparsa della sorella, per un certo periodo Luciana Giussani diresse la casa editrice da sola, poi richiamò ad aiutarla Patricia Martinelli. Come nacque questo sodalizio?

EF: Il padre, era un giornalista del Corriere della sera ed era anche amico delle sorelle e così introdusse la figlia presso di loro quando era ancora piuttosto giovane. Divennero subito molto amiche, poi in seguito lei andò a lavorare presso un altro editore, la Universo.
Anni dopo, quando Angela era già morta, a seguito di un periodo in cui si era stancata per l’impegno molto forte richiesto, Luciana la richiamò. Ritrovarono subito la vecchia amicizia, chiacchieravano tutto il giorno… Ma le storie di quel periodo non mi piacevano molto.
Più tardi riguardo alla sua successione alla guida dell’editrice Luciana si trovò a valutare chi fosse più adatto a garantire la continuità della linea editoriale che aveva sempre seguito, ed evidentemente decise che Gomboli era la persona giusta.

Immagine articolo Fucine Mute

FC: Siccome hanno sempre lavorato assieme, non è facile capire quali fossero le caratteristiche dell’una e dell’altra sorella, se posso arrischiare, direi che un po’ lo si è cominciato a capire dopo che Luciana rimase sola. Le storie di questo periodo sono sempre attente a salvaguardare le caratteristiche dei personaggi, ma una certa carica trasgressiva e anche romantica risultano molto affievolite, per non dire perdute: i rapporti tra Eva e Diabolik sono più “spicci”, il loro affetto dato un po’ per scontato. Ginko e Altea, poi, erano quasi due pensionati…

EF: Non è facile mantenere la freschezza dopo tanti anni di storie, perciò forse c’è stata la tendenza a dare qualcosa un po’ per scontato, però poi, quando se ne accorse, Luciana cominciò a rimediare, con l’aiuto di Gomboli.
Delle due direi che Angela aveva più i piedi per terra, era più ragionatrice… Direi che aveva un carattere manageriale. Luciana era meno pratica ma imparò il mestiere in fretta, come ha ben dimostrato quando si trovò a dirigere la casa editrice.

FC: Può aggiungere qualcosa sulla personalità delle Giussani.

EF: Contrariamente al loro personaggio non erano amanti del denaro. Hanno guadagnato molto ed hanno anche speso molto, ma fatta salva la naturale esigenza di guadagnarsi il necessario per vivere, il denaro non era il fine cui tendevano. Se le vendite diminuivano si preoccupavano più per la “salute” del loro personaggio che per il proprio tornaconto. Ricevevano spesso richieste d’aiuto e la gran parte di quelli che “postulavano” venivano accontentati nonostante fosse chiaro che si trattava praticamente di regali. Erano davvero persone generose.


La pubblicazione del presente articolo è gentilmente concessa dal mensile Fumo di China, che ci ha fornito il testo inedito nell’ottica di una collaborazione che commemori anche on line in quarantennale di Diabolik.

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