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Fumetto

Narrare, mentire, sognare forse?

una Considerazione e tre Digressioni su Sandman

wake up in the morning
with a dream in my eyes.
(Allen Ginsberg)

Immagine articolo Fucine MuteOra che il ciclo narrativo di Sandman è giunto, anche in territorio italiano, al proprio compimento posso azzardare una considerazione sul lavoro di Neil Gaiman (le vicende dell’italico lettore della serie meriterebbero un articolata considerazione a parte [1]).
Sandman, titolare della testata, è Morfeo, Sogno, Dream, Onieros, Kai’ckul: il signore dei sogni. I servitori che popolano il suo regno lo chiamano col nome di signore delle forme, plasmatore. Egli è uno dei sette infiniti, impersonificazioni antropomorfiche (ma non sempre [2]) di pulsioni, esigenze e pene degli uomini. I sette sono Sogno, Morte, Desiderio, Destino, Delirio, Disperazione e Distruzione. Ognuno di essi ha un dominio: un luogo in cui vigono le regole legate alla pulsione e alla sua attuale incarnazione.
In realtà, questa serie narra una storia di storie. Sandman è, infatti, un prodotto esemplare della narrativa postmoderna: Gaiman si nutre di mitologia, cinema, letteratura e fumetto, ingurgita messaggi e storie, li rielabora, e dona loro forma nuova. Leggendo Sandman, si colgono citazioni, si riconoscono ammiccamenti a testi “alti” che — in alcuni casi — sono più conosciuti che effettivamente letti. “I fondamenti di un immaginario”, enuncia Faeti, “persistono e si trasmettono, di generazione in generazione, non valendosi di strade maestre, ma di viottoli, di piccoli tratturi nella vasta campagna del rimosso” [3].
Da questo punto di vista, la saga di Gaiman può essere considerata un intelligente esempio di narrativa intertestuale. Il termine intertestualità indica “l’incontro tra testi che avviene in ogni testo, il processo di trasformazione e rielaborazione attraverso cui la parola altrui si rinnova e diventa propria” [4].
In Sandman, opera postmoderna e intertestuale, sono infatti facilmente riconoscibili le tre coppie di concetti contrastanti che contribuiscono alla definizione di narrazione di rielaborazione: innanzitutto la dicotomia tra unicità e autonomia di un opera letteraria e il suo debito verso un sistema letterario, definito non solo come somma delle opere che lo compongono, ma anche tramite le relazioni che si instaurano tra tali opere; poi la contrapposizione tra convenzione e tradizione; infine, la lotta tra letterarietà ed esperienze di vita reale.
Infatti il fascino delle storie raccontate in Sandman sta proprio nella continua contaminazione e riorganizzazione di un vastissimo ed eterogeneo materiale narrativo composto da miti indoeuropei (le Eumenidi, Orfeo, Calliope, ma anche Thor, Odino e Loki solo per citarne alcuni), africani (la dea lunare Bast, dalla testa di gatto) e orientali (Susano-o-no-mikoto), dai personaggi della tradizione DC Comics (dallo stesso Sandman al Dottor Destino, da Martian Manhunter a Caino), dalle tragedie di Shakespeare, dalle leggende e dalle fiabe popolari (con una particolare attenzione per le storie del piccolo popolo, ma senza trascurare il ritorno nei paesi dei morti, le sfide di ingegno con i demoni, la ricerca di oggetti magici e di persone scomparse e moltissime altre costruzioni tipiche della tradizione popolare), dalla letteratura gotica, dal fumetto (Little Nemo o le squisitezze pop di Allred), ecc. ecc.. Le storie di Sandman sono dunque storie di storie, in quanto letteratura sulla letteratura, e hanno come elementi costituitivi storie già raccontate e ben presenti nell’immaginario. L’utilizzo che Gaiman fa di questa enorme mole di materiale ci porta direttamente alla contrapposizione tra tradizione e convenzione.
Esistono delle regole e devono essere rispettate, ama ripetere Morfeo. Esistono storie che sono già state raccontate e a cui bisogna attenersi affinché esse siano facilmente riconoscibili e, quindi, Morfeo stesso deve occuparsi di plasmare i sogni degli umani, così come è ovvio che Shakespeare trascorra gli ultimi anni della sua vita a Stratford on Avon. È anche evidente che Caino debba finire con l’uccidere Abele o che Lucifero sia un bellissimo angelo ribelle destinato a regnare sugli inferi.
Il rispetto delle regole della tradizione sortisce effetti molti interessanti che sono alla base della vera originalità di Sandman, storia di storie.
Queste storie si muovono lungo un insieme di coordinate comuni, che è raffigurato proprio dalla famiglia degli Eterni, che, indifferente, pre-esiste a tutto. Ognuna delle storie, indipendentemente dalla propria origine ha alla base — in diverse e varie proporzioni — l’imperscrutabilità del Destino, il tentativo di fuggire la Morte, l’angoscia della Disperazione, la spinta del Desiderio, la potenza rivelatrice del Delirio e, ovviamente, il potere immaginifico del Sogno. Questa funzione, di sistema universale di coordinate narrative, spiegherebbe anche due eventi apparentemente anomali che hanno perturbato gli Eterni: la trasformazione di Delizia in Delirio e l’abdicazione di Distruzione. Né l’appagamento totale e gioioso né l’annichilimento possono essere fonti efficaci del narrare.
Immagine articolo Fucine MuteD’altra parte, il riconoscimento di regole da rispettare induce al loro aggiramento. Per assecondare il vincolo generando originalità, nei 75 episodi del ciclo di Sandman vengono impiegati due modi canonici dell’intertestualità: la continuazione e la riscrittura.
Tutte le storie si prestano a essere continuate: un finale sospeso, un’ellisse nel testo originale, un personaggio secondario da sviluppare, un dettaglio accattivante possono fungere da pretesti per riprendere il filo del racconto. Come continuare la storia di un supereroe, un po’ datato, della DC Comics? Ci pensa Gaiman. Cosa accade dopo che la testa mozzata di Orfeo viene ritrovata? Ce lo dice Gaiman. Come vivrebbero Ken e Barbie una volta sposati? Cosa ha scatenato il fenomeno dei serial killer? E se Lucifero, infrangendo l’ordine divino, decidesse di lasciare il governo dell’Inferno per diventare un pianista di piano bar? Lo racconta Gaiman. Perché Shakespeare ha scritto due commedie come “Sogno di una notte di mezz’estate” e “La tempesta”? Ovviamente, c’entra Morfeo.
L’intero ciclo, inoltre, potrebbe essere letto come riscrittura delle avventure di Ulisse: le analogie tra le vicissitudine dell’eroe omerico, conclamato artefice di inganni e menzogne, e quelle di Sandman, plasmatore di sogni, sono impressionanti. L’eroe, dopo una lunga prigionia, durante la quale è stato intrappolato da incantesimi (lanciati dall’Ordine degli Antichi Misteri nel caso di Morfeo, da Circe e Calipso nel caso di Ulisse), riesce a ritornare nel suo regno, non senza aver prima compiuto un viaggio nel mondo delle tenebre. Durante la sua assenza, a casa, dove lo aspetta un figlio che lui non ha mai visto e qualche fedele servitore, le cose sono andate a rotoli, e così all’eroe non resta che recuperare le sue antiche armi regali (il sacchetto di sabbia, l’elmo e il rubino per il primo e l’arco per il secondo) e rimboccarsi le maniche per rimettere tutto a posto, non tralasciando di punire con la morte i sudditi che gli si sono ribellati (un incubo, il Corinzio, per l’uno e i Proci per l’altro). Si aggiunga a ciò l’ambigua profezia fatta da Tiresia, che allude alla morte dell’eroe durante un ultima misteriosa avventura…
Tutto questo materiale è letterariamente connotato in modo molto forte e, quindi, facilmente riconoscibile all’interno delle varie storie; tuttavia, esso è astutamente reso non alieno al lettore. E qui arriviamo alla terza dicotomia.
Nelle storie di Sandman, la morte è un’adolescente in jeans e maglietta, un po’ pedante, che fa innamorare i ragazzini; Calliope può essere imprigionata e costretta a fare da musa a uno scrittore in crisi di creatività; Barbie ha dei problemi coniugali con Ken; Morfeo si innamora inaspettatamente di una scialba ragazzina occhialuta; Deliro, durante una scappata nel mondo degli umani, guida (in modo molto approssimativo per la verità) una bella macchina sportiva; il nonno è in realtà un essere immortale, protagonista delle storie che egli stesso racconta. Ogni accenno letterario insomma, è astutamente calato in un quotidiano facilmente riconoscibile; al tempo stesso, però gli ammiccamenti ai topoi dell’immaginario “colto” sono sufficientemente caratterizzati da non risultare deludenti anche per il pubblico più smaliziato.

Molte sono le divagazioni che Gaiman si concede nello svolgimento della sua storia di storie. Seguendo il suo esempio, vorrei ora riservarmi il piacere di una prima digressione circolare che mi serve per introdurre due personaggi i quali, benché siano stati coinvolti dalle contaminazioni gaimaniane, forniscono il pretesto per altre due digressioni curiose.

Prima digressione: della regola e della finzione

Immagine articolo Fucine MuteLa narrazione, gioco di creazione di storie e di forme, si deve attenere a rigidi vincoli. “Ci sono delle regole”, dice spesso Morfeo. è giusto, quindi, ch’io non violi quella primaria che finora è stata seguita da tutti coloro che hanno scritto di Sandman: è necessario accostare il nome dello sceneggiatore del fumetto a quello di almeno due suoi immensi conterranei. Che Dickens e Shakespeare abbiano a che fare con l’opera di Gaiman dovrebbe essere ormai evidente.
Avendo rispettato una regola, posso ora estendere il concetto: chiunque abbia prodotto finzioni ha a che fare con il signore dei sogni.
Il primo numero della nuova serie della rivista Alphaville è dedicato al falso, alla menzogna. E mi è utile sottolineare che Brolli e Caronia, nell’introduzione al fascicolo, facciano osservare come le idee di rappresentazione e di autenticità in narrativa siano state messe in crisi proprio dal romanzo postmoderno [5].
Chiuderò ora l’anello della mia digressione con una rotazione di 180°, ritornando al signore dei sogni e al grande bardo.
All’inizio del XVII secolo, Joseph Addison assegnò al sogno, in modo definitivo e inequivocabile, il ruolo di linguaggio narrativo. Infatti scrisse: “Quello che desidero mettere in rilievo, è la divinità del potere dell’anima, capace di produrre la sua stessa compagnia. Conversa con innumerevoli esseri di sua creazione e si trasferisce in diecimila scene, da lei stessa immaginate. Essa è il suo teatro, attore e spettatore” [6].
Sandman è, come William Shakespeare, autore, regista e — talvolta — attore delle opere allestite sul palcoscenico onirico di cui è signore e padrone. Egli è avvicinato al grande bardo dallo stesso Neil Gaiman: l’opera dei due creatori di forme e menzogne è accomunata dalla presenza di regole. Gaiman, infatti, chiude l’intero ciclo del signore dei sogni con l’episodio “La Tempesta”. Morfeo e Shakespeare si incontrano. Il commediografo confessa, riferendosi ai propri lavori, che non prova “neppure piacere a leggerli. Comincio e non trovo traccia d’arte. Solo artifici” [7].

Seconda digressione: di Möbius, o dello specchio di Alice

L’anello di Möbius è una figura geometrica bidimensionale con un solo lato, che può essere realizzata molto semplicemente prendendo una striscia di carta e unendone i due capi dopo una rotazione di 180°.
Fatto ciò, è possibile partire da un punto qualsiasi del suo bordo, percorrere l’unico lato dell’anello, passare da una faccia all’altra e, sorprendentemente, ritrovarsi al punto di partenza.
La storia delle storie imbastita da Gaiman sembra essere costellata di strani anelli che, guardati con un po’ d’attenzione, assomigliano proprio ad anelli di Möbius. Lungo tutto il filo narrativo della serie ci sono luoghi e personaggi che, dopo aver percorso tutto il preciso bordo narrativo che Gaiman ha assegnato loro, ritornano al punto di partenza, il quale si trova però sulla faccia opposta della loro storia: hanno attraversato lo specchio di Alice e tutto è cambiato anche se nulla è cambiato (poiché, in fondo, ci sono delle regole da rispettare).
L’intreccio, che ha avuto inizio in una casa di campagna inglese nel 1916, termina ottant’anni dopo, nello stesso luogo. La prospettiva però è stata tutta messa sottosopra: per una ragazza che si era addormentata allora, una adesso forse si risveglierà dai suoi incubi; per un ragazzo che allora non era riuscito a frenare il proprio desiderio, un vecchio sta aspettando pazientemente da anni che il suo amante si svegli; invece di finire imprigionato per errore, Sandman ha forse trovato davvero un modo di essere libero.
Immagine articolo Fucine MuteIl protagonista di tutta la saga, il Signore delle Forme stesso, continua a presentare due facce unite da un unico indistruttibile e, in fondo, imbarazzante bordo: una faccia eterna, disponente e creatrice di forme oniriche, la quale è inconsapevolmente attratta e respinta dall’altra faccia, quella umana tormentata dai propri sogni (puntualmente rappresentata nei panni di Wesley Dodds e Garrett Sandford, nel pieno rispetto della tradizione DC Comics). E solo alla fine della saga queste due facce riusciranno finalmente e inaspettatamente a riconciliarsi.
Delirio è tra gli eterni quello che Gaiman riesce via via ad approfondire meglio e a rendere in modo meno stereotipato rispetto agli altri infiniti (eccezion fatta forse per Desiderio), e ciò sia dal punto di vista puramente narrativo che da quello più strettamente fumettistico. Nella sua complessità, che cresce di episodio in episodio, Delirio sembra vivere prigioniera di un anello di Möbius. Il suo aspetto è quello di una ragazzina dai capelli arancioni e dagli occhi bicolori, che parla attraverso balloon iridescenti. Quello che è certo è che anche Delirio, nei suoi percorsi tortuosi e casuali, segue la scia tracciata dell’unico bordo (certamente aggrovigliato) delle due facce del suo strano anello (fantasticamente variopinte), e in questo percorso oscilla, senza soluzione di continuità, tra momenti di intuizione geniale (come per il termine che significa contemporaneamente rosso e verde, oppure per il sapore che deve avere un gelato al gusto di cioccolato e telefono) e di inconsapevolezza estrema, in cui può arrivare a trasformarsi in undicimila pesciolini, ciascuno dei quali canta una canzone diversa.

Terza digressione: di Escher, o della menzogna

M. C. Escher è, come Morfeo, un inventore di forme e di menzogne. Costruisce magnifiche rappresentazioni assonometriche di edifici che, a una prima occhiata, sembrano non avere nulla di particolare. Con più attenzione si può osservare che la cascata si alimenta da sola e che le scale sono eternamente ascendenti (o discendenti). Esiste in tali opere un elemento impossibile, visibile ai soli osservatori che non si lasciano imbrigliare dalla frenesia del movimento: i monaci salgono (o scendono) le scale, solo due tra loro rifiutano la regola e siedono. Uno dei due ha in mano la soluzione dell’enigma visivo.
Le regole matematiche per produrre forme paradossali hanno fatto sì che siano ancora vivissime le sterili diatribe accademiche sull’appartenenza di Escher alla categoria dei matematici piuttosto che a quella degli artisti. La posizione dell’artista olandese è chiarissima : “I matematici prendono in considerazione la divisione regolare del piano dal punto di vista teorico. Hanno aperto il cancello che conduce a un notevole dominio , ma non vi sono entrati. è nella loro natura. Sono molto più interessati al modo in cui si apre il cancello che al giardino che vi si trova dietro.” [8]
Il matematico è uno scassinatore, Escher è un artista al suo seguito. Riproduce il tesoro nascosto, lo fa proprio adottando i trucchi della narrazione: il primo tra i quali è la menzogna.
Immagine articolo Fucine MuteGaiman sembra non amare Freud. Rose Waker, sollevata in volo dal Signore dei Sogni, ricorda a Morfeo cosa pensava il padre della psicanalisi a proposito del sognare di volare. L’uomo della sabbia allora chiede “Davvero? Allora dimmi cosa significa quando sogni di fare del sesso?” [9]. Eppure Gaiman mi appare molto più vicino a Freud di quanto — probabilmente — ambirebbe sembrare. Freud dischiude il cancello del sogno. Gaiman permette di sdraiarsi nei suoi giardini (che talvolta hanno le piacevoli sembianze di G. K. Chesterton) e, per far ciò, adotta a sua volta il potente strumento della menzogna ai fini della narrazione.
“Non dovresti fidarti del narratore ma solo della storia” dice il nonno alla scettica nipote a proposito del cuore di cristallo di Koschei. [10]
Il ciclo “La Locanda alla Fine dei Mondi” è assai emblematico in tal senso. Il fluire degli eventi si sospende, mentre — in un’atmosfera chauceriana — una composita congrega di viandanti sorpresi dalla tempesta cerca di esorcizzare l’epilogo, narrando storie in cui menzogna, invenzione e realtà si contaminano vicendevolmente. Il presagio di morte ridonerà a tutti la consapevolezza.
Due dei personaggi chiave del ciclo sono strettamente connessi all’inganno: Loki è il signore della menzogna e Robin Goodfellow (altrimenti conosciuto come Puck) è il suo degno compare [11].
Il dio nordico e il satiro compaiono in precisi momenti della narrazione, si liberano del vincolo (Loki fuggendo dall’orrenda tortura e Puck abbandonando l’esilio cui si è costretto il piccolo popolo) e percorrono l’intera superficie dell’anello a loro destinato. E proprio questi due indomiti mentitori scateneranno (almeno in parte) la catarsi narrativa. Svolto il proprio scopo nell’equilibrio della storia, Loki e Puck recupereranno il posto inizialmente abbandonato (la tortura e il regno delle fate), contribuendo a demolire la menzogna originale: il regno dei sogni.

La menzogna non è strumento del solo narratore. Anche il saggista ha le proprie colpe. Questa analisi del ciclo di episodi di Sandman è giunta alla fine e, dovendo scegliere la propria collocazione tra interpretazione e uso del testo, si pone — con ogni evidenza — nel campo dell’abuso.

originariamente pubblicato su Schizzo Idee, n. 6, Cremona, Centro Fumetto “A. Pazienza”, 1999.

Note

1. I settantacinque episodi che compongono la narrazione sono apparsi in Italia, a partire da giugno 1991, in diverse testate: Horror, Comic Art, nn. 12 e 13 (datati giugno e luglio 1991); DC Comics Presents (dal numero 6 DC Comics Presenta), Comic Art, 13 numeri (da agosto 1992 a febbraio 1994); Sandman, il signore dei sogni, fumetto dark (sic!), 12 numeri (da marzo 1994 a febbraio 1995). A partire dal 1996, la Magic Press ha iniziato la pubblicazione sistematica degli episodi inediti in volume. Si sono, susseguiti: Il Gioco della Vita; Brevi Vite; La Locanda alla Fine del Mondo; Le Eumenidi e La Veglia. Gli episodi apparsi sporadicamente sulle pagine della rivista antologica Il Corvo Presenta e quelli già pubblicati da Comic Art dovrebbero essere raccolti in volumi (rispettando la struttura dell’edizione americana) nei prossimi mesi.
2. Si veda l’episodio “Un Sogno di Mille Gatti”, Sandman, Comic Art, n. 5, Luglio 1994.
3. Faeti A., Dacci questo veleno! Fiabe Fumetti Feuilletons Bambine, Arnoldo Mondadori Editore.
4. Polacco M., L’intertestualità, Laterza.
5. Cfr. Brolli D. e Caronia A.,”F for Fake Introduzione”, in Alphaville, Temi e Luoghi dell’Immaginario di Genere, n. 1, luglio 1998, Phoenix Enterprise, Bologna.
6. Addison J., “Sui Sogni” in The Spectator n.487, Londra 18 settembre 1712 (Il più fortunato lettore può facilmente trovare il saggio in “Libro di Sogni” a cura di Jorge Luis Borges, La Biblioteca di Babele, Franco Maria Ricci Editore).
7. “La Tempesta”, in La Veglia, Magic Press.
8. Tratto dal “MacTutor History of Mathematics Archive” all’indirizzo http://www-history.mcs.st-andrews.ac.uk). La traduzione è mia.
9. “Nella Notte”, Sandman, Comic Art, n. 1, Marzo 1994.
10. “La Caccia”, Il Corvo Presenta, n. 11, Aprile/Maggio 1996.
11. E’ interessante notare come Puck sia, a sua volta, un signore delle forme. L’inaffidabile figuro, per designare il cui nome esiste una parola in molte lingue antiche, è noto per la propria capacità di mutare aspetto al fine di giocare burle agli umani. Talvolta, sotto le mentite spoglie di cavallo, costringe ignari individui a irrefrenabili e folli corse nei boschi, che culminano in brusche cadute in acqua.
E, da vero mentitore, Robin Goodfellow dichiara, al termine di ogni rappresentazione di “Sogno di una notte di mezza estate”, di non mentire e di essere onesto.

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