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Omnia

Sorrisi di una notte d’estate

Non so come si definisca in termini clinici lo smarrimento che si prova al cospetto di un foglio bianco, non importa se elettronico in luogo dell’A4 ripiegato sotto il rullo della macchina da scrivere; non trattandosi più di tanto di uno stato patologico, né il mondo attenderebbe con apprensione anche nel caso in cui così fosse, è stata solo una mera curiosità a spingermi ad interrogare in proposito, senza peraltro risultati apprezzabili, il solito Google.

Sta di fatto che, complici la minima più alta d’Italia – poco invidiabile primato condiviso nei giorni scorsi con Reggio Calabria – ed un tasso di umidità praticamente padano, al momento sto provando un’analoga, imbarazzante sensazione accompagnata da un riflusso di horror vacui che tento di respingere indugiando su queste prime poche righe.

Stiamo al momento chiudendo il numero 52, come consuetudine in emergenza, e con la prospettiva di dare alla struttura di Fucine Mute un ulteriore ritocco verso la definitiva ottimizzazione degli spazi, che chi ha frequentato le pagine delle news e del forum avrà certo percorso con qualche disagio. È in fase ultimativa l’implementazione del motore di ricerca full-text, che a questo punto sarà definitivamente on line a correzioni avvenute, ad estendere le ricerche anche all’interno delle pagine di ogni singolo articolo.

Questo numero si colloca, mese più, mese meno, nel solco tracciato dalla nostra tradizione estiva, ossia, pur senza l’ostentazione della dicitura di numero speciale, all’insegna della riflessione poetica, propiziata da parte nostra dagli interventi competenti di Christian Sinicco e di Matteo Danieli, e, sull’altra sponda, dalla presenza in cattedra di Michelangelo Camilliti, Maria Izabel González e Anna Maria Farabbi. Il che ci porta al Salone del libro di Torino e – già seguíto lo scorso anno nel corso di un discreto tour de force che Christian ricorderà bene – all’appuntamento di Residenze estive di Trieste. Mentre, per il prossimo mese, tanto Christian quanto Matteo saranno protagonisti di una performance poetica di tutto rispetto: per ora un “bravi” a loro e al resto del gruppo, il resto dei complimenti su FM53.

Avrei voluto proseguire proponendovi alcune riflessioni non tanto sullo stato della vita culturale di Trieste, quanto piuttosto sulla percezione, in una città la cui offerta da questo punto di vista ha pochi eguali in Italia se non altro nella proporzione delle iniziative in essere, di una positiva e diffusa volontà di darsi da fare e di mettersi in gioco, nel bene e nel male: al di là dei risultati, spesso più che positivi indipendentemente dalla visibilità che riescono ad ottenere, un atteggiamento ammirevole che denota un coraggio non comune nelle proposte. Intellettuali ed artisti veri, solidi nella formazione e nell’esperienza, giovani e meno giovani, a proprio agio in un ambiente che certo gode di una propensione ad un certo tipo di attività – basti pensare al radicamento in città della filosofia associazionistica -, ma al tempo stesso spesso pronti ad affrontare il rischio della periodica mancanza di risorse e della scommessa dall’esito incerto.

Preferisco tuttavia fermarmi per tempo, vuoi per non estromettere i lettori non triestini dall’autoreferenzialità del mio percorso, vuoi per non addentrarmi in un terreno sin troppo eterogeneo, e vissuto da ciascuno con partecipazione diversa, da potersi riassumere in poche considerazioni. Ma al tempo stesso invito i protagonisti a dire la loro.

In questa fine giugno anche la sezione “cinema”, ultimamente un po’ ridimensionata dalle numerose proposte in ambito fumettistico e musicale, si arricchisce di due interventi con più di un aspetto in comune. La modalità, anzitutto: entrambe le interviste, a Silvio Orlando e a Renzo Martinelli, sono state realizzate in collaborazione con lo staff del Cinecity di Trieste (il ringraziamento al responsabile dell’ufficio stampa Andrea de Candido è doveroso anche per la cortesia e per le belle parole spese per la nostra rivista); in secondo luogo si tratta, al di là delle valutazioni che ognuno può esprimere in merito a Il posto dell’anima e a Piazza delle cinque lune, di un cinema italiano (mai come quest’anno in salute, almeno a voler leggere le cifre dei botteghini e le relative classifiche di incasso) che sceglie la strada dell’impegno affinché emergano i nodi di problematiche generali – la condizione operaia – o le specificità di una vicenda che ancora oggi vive più di ombre che di luci – il caso Moro, per chi non conoscesse o non avesse visto il film. Con tanti complimenti a Serena per il suo brillante esordio alle interviste, sebbene di questo passo è più facile che la troviate, prima o poi, alla voce “programmazione”.

Dicevo del cinema italiano in salute: a breve seguiremo la rassegna triestina di Maremetraggio, per il terzo anno consecutivo, con la precisa intenzione di tornarcene a casa con alcuni tra i protagonisti di questa bella annata sui grandi schermi. E con la speranza di una conferma della tendenza al rialzo, se non altro per poter scegliere di uscire e vedersi un bel film: avete notato quanto sia sempre più raro riuscire a fare lo stesso nelle fasce di prima e seconda serata televisiva?

Si conclude con Walter Mramor e Roberto Herlitzka anche la terza stagione a fianco degli spettacoli e degli attori in scena al Rossetti, il Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia. Anche in questo caso, il ringraziamento ad Ilaria Lucari è più che doveroso, insieme ad una menzione alla competenza di Riccardo Visintin. Al quale, tuttavia, si affianca il lavoro di chi si premura di adattare il “parlato” delle interviste ad una forma più consona alla lettura più fluida del testo: forse non tutti hanno un’idea precisa della delicatezza del compito di adeguare uno scritto senza travisarne il senso e le sfumature in fase di revisione, specie se tendente ai preziosismi ipotattici di chi fa dell’approccio alle domande una questione di stile e non solo di mestiere. Forse non ce l’ha nemmeno chi, nell’ambito del programma di risparmio energetico, ci ha tolto la fornitura di corrente elettrica in tempo per buttare all’aria il lavoro di stamattina.

A proposito, un ultima nota: la copertina di questo numero è tratta, a sua volta, dalla copertina de Il segno della femmina di Anna Maria Farabbi, uscito per Lietocolle. Mi sembrava giusto segnalarlo, visto che per ragioni di spazio l’immagine integrale non è stata inserita nell’intervista, e a questo punto ve la propongo in questo paragrafo.

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