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Fumetto

Wood in Italia: le tre fasi della sua presenza

Gli anni ’80

Immagine articolo Fucine MuteRobin Wood mette piede ufficialmente sul suolo italico lunedì 4 gennaio 1982, quando Lanciostory pubblica il primo episodio di Savarese. Probabilmente già qualche libero degli anni precedenti portava la sua firma e magari un giorno salterà fuori che anche alcune storie per Supereroica o Guerra d’eroi erano suoi parti giunti in Italia dall’Argentina passando per l’inglese Fleetway. In mancanza di notizie sicure in merito, atteniamoci ai dati ufficiali.

Wood, quindi, ci viene presentato dall’Eura negli anni ’80 e riscuote un successo tanto grande quanto immediato. I lettori cominciano a chiedere sue notizie, nascono le prime leggende (Wood non esiste ma è una cooperativa di autori) e l’Eura viene incontro al pubblico offrendogli sempre nuove dosi di Wood e pianificandone accortamente la pubblicazione. La redazione spiega chiaramente quale sarà la linea in cui si muoverà l’edizione del materiale del tanto apprezzato nuovo sceneggiatore: accanto all’ultima produzione verranno presentati anche fumetti più vecchi. Dal 1982, dunque, e per tutto un decennio, di Robin Wood ci è stata presentata sostanzialmente un’antologia delle opere ed il ruolo dell’Eura era solo quello di scegliere quali storie pubblicare (in caso, adattandole). Sono gli anni delle riviste d’autore come Corto Maltese e L’Eternauta: Lanciostory e Skorpio sorreggono praticamente da sole ed incontrastate il vessillo del fumetto popolare su rivista. Si intensifica ed afferma la presenza di autori stranieri, che col tempo faranno piazza pulita dei pochi italiani. Ma spesso i tempi d’attesa tra un episodio e l’altro mettono a dura prova la pazienza del fan più accanito, che magari si ritrova anche con la brutta sorpresa di una saga conclusa senza spiegazioni. Vari elementi concorrono a questo stato di cose: la varietà che l’Eura vuole dare alle sue riviste (coi relativi problemi di “scaletta”), i possibili disguidi che si verificano nelle spedizioni del materiale, l’agire ricattatorio di alcuni distributori, la lentezza di alcuni disegnatori che impiegano anche mesi per concludere un episodio. Insomma, è tempo di fare qualcosa.

Immagine articolo Fucine MuteCosì, la grandissima solidità dell’Eura ed il continuo consenso ai suoi autori portarono la casa editrice ad opzionare in esclusiva le storie di Wood (e di tanti altri), a commissionargli poi storie apposite per Lanciostory e Skorpio ed a curare in seguito la genesi e gli sviluppi delle saghe più importanti, divenendo quindi una componente assai importante nella creazione di alcune opere. Cybersix e Martin Hel sono nati così, con l’orchestrazione dell’Eura. Nei primi anni ’90 Lanciostory e Skorpio cessano progressivamente di essere semplici raccolte con “il meglio” di un autore: oramai tutti gli autori migliori sono stati ingaggiati stabilmente e scrivono o disegnano fumetti appositamente confezionati per le riviste. A Wood viene richiesta semplicemente una maggiore affidabilità (le serie deve iniziarle e finirle lui, evitando pause o interruzioni) mentre le caratteristiche fondamentali della sua scrittura devono restare le stesse. Ha inizio quella che potremmo definire la seconda fase della sua presenza in Italia.

Gli anni ’90

Wood viene contattato direttamente dall’Eura, che gli commissiona nuove serie su cui finalmente ha il controllo totale. Ovviamente “il controllo totale” non significa possibilità di veto o censura: semplicemente ora l’Eura vigila sulla produzione di un fumetto affinché abbia un inizio ed una fine, mantenga lo stesso disegnatore (da sempre l’avvicendarsi dei disegnatori è aborrito dall’Eura) e non sia vincolato nei modi e nei tempi della pubblicazione. Cioè, lo si pubblicherà integralmente una volta raggiunta una quota sufficiente di episodi, per poi eventualmente rimandare in futuro ad una seconda tranche di episodi, anch’essi regolarmente pubblicati di seguito senza gli intoppi e gli spiacevoli inconvenienti di qualche anno prima. Ripensandoci oggi, questo periodo è stato il migliore per gli appassionati di Wood: nacquero “perle” come Danske e Munro e potevamo tranquillamente leggerci questi fumetti ogni settimana senza paura di improvvise sparizioni o lunghi tempi d’attesa. Ma purtroppo questa parentesi durò poco. A metà anni ’90 l’Eura prese una nuova rotta finalizzata al potenziamento dei personaggi più importanti, con la conseguente nascita dei volumetti bonelliani a loro dedicati. Anche la proverbiale creatività di Wood fu messa a dura prova dalla mole di lavoro che doveva svolgere adesso, e che difatti lo costrinse ad abbandonare gli amati Nippur e Il Pellegrino, oltre che i nuovi progetti che non videro mai la luce. La presenza di Wood in Italia, sempre e comunque sulle riviste dell’Eura, già nel 1996/97 assume i contorni attuali: continuano imperterriti Amanda, Martin Hel e Dago (di cui nel frattempo il monografico è diventato mensile) e le nuove proposte sono casi eccezionali oppure recuperi dagli anni precedenti. Se Dago vive la sua seconda giovinezza con i disegni dell’ottimo Gomez, Amanda e Martin Hel stagnano in un declino indegno dei loro esordi. Superiamo così il XX° secolo.

Il terzo millennio

Immagine articolo Fucine MuteWood ormai è indissolubilmente legato alla routine descritta sopra, tanto che l’Eura ha dichiarato che è possibile che si dedichi ad altri progetti, ma così facendo dovrebbe per forza rinunciare per un po’ a scrivere una delle sue serie-regine. Dal 2000 in poi si è intensificato il recupero di vecchi liberi firmati da Wood ed il 2002 ha riservato una gradita sorpresa: la pubblicazione di Jackaroe. Ormai Dago, Amanda e Martin Hel costituiscono l’asse portante di Lanciostory e Skorpio ma l’Eura non è più l’unica casa editrice italiana ad avere l’interesse ed i mezzi per mettere sotto contratto Wood. La Bonelli ha infatti ingaggiato lo sceneggiatore per scrivere Dylan Dog ed al momento lo abbiamo visto all’opera sull’Albo Gigante n° 9 e sull’Almanacco della Paura del 2001. Come già nel 1992 a Wood era stato commissionato un fumetto celebrativo per le Colombiadi dal gruppo spagnolo Planeda-De Agostini (la serie comprendeva ben 35 volumi, da noi è arrivato solo quello di Zentner e Mattotti; la storia di Wood era disegnata da Angel Fernandez).

Ma è senz’altro l’Eura la casa editrice di Robin Wood, quella con cui a livello ormai mondiale (dopo il tracollo della Columba) si identifica lo sceneggiatore. Questa che segue è la lista delle oltre 40 (!) serie con cui ha saputo appassionarci da quel lontano n° 1 di Lanciostory del 1982.

(di ogni serie indichiamo anche le eventuali ristampe, quando queste riguardino un progetto organico di ristampa. Nel 2002 è uscito infatti il volume celebrativo Skorpio — 25 anni con voi che ripropone anche alcune serie di Skorpio scritte da Wood, di cui viene presentato però solo il primo episodio. Non ne terremo quindi conto nella descrizione delle serie. In ogni caso, i personaggi coinvolti in 25 anni con voi sono: Gilgamesh, Il Cosacco, Kevin, Il Soldato e la Morte — Ronstadt, Hard World — Morgan, Ibañez, Il Pellegrino, Amanda, Lei e io)

Savarese (Lanciostory 1/1982)

I Savarese di Graziano sono una delle “famiglie” più importanti del paese. Tanto importanti e tanto odiati da finire trucidati da una famiglia rivale. Ma un Savarese si salva, o meglio viene graziato a causa del suo aspetto gracile e inoffensivo: più un gesto di scherno che di pietà. Giovanni, questo il nome dell’unico sopravvissuto, è costretto ad abbandonare la Sicilia e si ritrova nell’America del proibizionismo dove diventerà uno degli elementi migliori dell’FBI di Hoover. Poliziesco, dramma e racconto di formazione si fondono e si sovrappongono in questa serie indimenticabile, disegnata da uno strepitoso Mandrafina (che proprio su Savarese portò alla maturazione definitiva il suo tratto). La prima serie di Wood a comparire in Italia fu una vera rivelazione, ma l’Eura si interessò solo incidentalmente allo sceneggiatore ed il motivo della sua pubblicazione fu un altro.

Nei primi anni ’80 il materiale di provenienza argentina (dallo Skorpio delle Ediciones Record) fu fatto pervenire all’Eura programmaticamente centellinato e, contemporaneamente, la crisi del settore che aveva investito alcuni mercati portò la casa editrice romana a cercare altrove, e magari a condizioni economiche più favorevoli, materiale degno di pubblicazione. Alcuni classici francobelgi erano già apparsi su Lanciostory e Skorpio e venne quindi il momento di superare quello che probabilmente era ancora avvertito come un tabù, o come un pregiudizio: attingere a materiale della Columba Editorial. Di marca assai più commerciale della Record (“industria fascista che avrebbe dovuto produrre salsicce e non fumetti”, l’avrebbe definita Trillo), aveva però alle sue dipendenze dei veri maestri del fumetto come Salinas o Angel Fernandez. Quando lo Skorpio argentino alzò il tiro puntando su un profilo qualitativo maggiore, la Columba dovette adattarsi e affidò a due dei disegnatori migliori del momento i testi dello sceneggiatore di punta della casa editrice. Ma se in Italia Savarese ed Helena furono acquistati per i loro disegni, le sceneggiature di Wood avrebbero letteralmente stravolto da lì a poco le testate dell’Eura ed il gusto dei lettori.

Tornando a Savarese diciamo (se ce ne fosse ancora bisogno) che si tratta di un capolavoro, di cui persiste tuttora un’aura quasi mitica: recentemente la Repubblica Argentina ha emesso un francobollo dedicato al personaggio. Citazioni che lo riguardino non si limitano inoltre agli ambiti più prevedibili (ad esempio Browning & Cooper, ironica serie di Mazzitelli e Fernandez) ma coinvolgono anche situazioni editoriali radicalmente diverse dal fumetto popolare argentino, come la storia Petrosone Silurato sul primo numero di Mondo Mongo (aprile 1991). Ristampato integralmente in inserto su Lanciostory (in due volumi, dal n° 3 del 1992 al 35 del 1993 e dal 31/95 al 52/96) è tuttora oggetto di riproposta nella collana Euracomix.
La versione italiana è fedele a quella originale solo sino al 23° episodio, in seguito le quattro strisce saranno rimontate su tre e nel passaggio alcuni elementi verranno eliminati o modificati.

Helena (Lanciostory 2/82)

HelenaAltra pietra miliare della storia dell’Eura e del fumetto. Helena è una ragazza della media borghesia di Buenos Aires che alla morte dell’adorato padre è costretta a maturare in anticipo. è giornalista, scrittrice, corrispondente di guerra ed il lavoro la porta ad incontrare varie figure umane e a ritrovarsi occasionalmente coinvolta in situazioni di estremo pericolo. Un po’ sentimentale, un po’ poliziesca, un po’ drammatica, un po’ avventurosa ed un po’ iperrealista, questa serie memorabile supera tutti i generi per divenire qualcosa di assolutamente inedito e originale, di fatto mai più ripetuto. Come nel caso di Savarese, anche per Helena i meravigliosi disegni divennero quasi secondari di fronte allo splendore dei testi di Wood. Il quale seppe creare storie indimenticabili da un soggetto che molti altri avrebbero condotto alle solite banalità. Un altro capolavoro storico di Wood.
Helena è comparsa di sfuggita su Euracomix (n° 10: era un amalgama di episodi vari, non una riproposta cronologica) ed è stata ospitata prima in inserto (su Skorpio 2/93-44/93, in attesa di conclusione) e poi su I Giganti dell’avventura (n° 6, 9, 13 e 17).
In Italia sono giunti solo gli episodi disegnati da Garcia Seijas (e forse è meglio così) e nel nostro paese la popolarità dell’eroina fu tale che le venne addirittura dedicata una fiction televisiva di Canale 5 con protagonista Paola Onofri.

Wood ha dichiarato che il personaggio di Helena è ispirato ad una donna che esiste veramente.

Qui la legione (Skorpio 36/82)

Wood aveva scritto altri ottimi fumetti prima di Savarese ed Helena ma l’attenzione dell’Eura si concentrò, dopo queste due prime proposte, su una serie dalle caratteristiche decisamente più popolari. Qui la legione narra le vicende avventurose di un gruppo di legionari ben caratterizzati, guidati dal carismatico Max Chevalier. Tra le personalità di spicco vanno ricordati l’aristocratico De Fontenac, il sarcastico Didier ed il misterioso Bosch. Rilette oggi, le trame sembrano quasi astratte nella loro insistita riproposta della lotta interminabile tra gli uomini d’acciaio della legione ed i biechi (e un po’ indistinti) beduini. Ma con l’avvicendarsi degli episodi il carattere di Wood si fa sentire e lo sceneggiatore impone alla saga sane iniezioni di dramma e pathos, imbastendo storie molto forti in cui la retorica è funzionale alla narrazione. Con Qui la legione Wood fa ciò che non era riuscito a Legione straniera, ospitata pochi anni prima su Skorpio: crea dei personaggi affascinanti, se non credibili, nella loro monoliticità e riesce a coinvolgere il lettore in un gioco già visto altre volte ma condotto con estrema perizia. Negli anni ’70 alcuni lettori di Lanciostory e Skorpio si lamentarono della scarsa aderenza al reale di serie in cui l’eroe “vinceva” sempre e nessuno moriva mai. Con Qui la legione altri lettori si lamentarono invece della facilità con cui i loro beniamini (vedi il tenente Kozakovitch) potevano lasciarci la pelle!
Garcia Duran maturò progressivamente il suo tratto con il prosieguo della serie, ma la qualità di Kozakovitch & Connors era ancora lontana. Evidentemente il disegnatore si era affezionato ai personaggi visto che omaggiò Max Chevalier e compagnia in una sua storia breve nei primi anni ’90.
Caso rarissimo, di Qui la legione fu presentato anche il seguito scritto da Armando Fernandez, disegnato però da un approssimativo Formento che aveva già sostituito tempo prima Garcia Duran.
Qui la legione di Wood e Garcia Duran è stato ristampato in inserto (Skorpio 44/90-52/91) e poi su I Giganti dell’avventura (n° 11, 14 e 20).

Dax (Lanciostory 4/83)

Daniel Alexander è il figlio del dottor Xavier, che esercita poco distante da Pechino. Siamo all’inizio del XX° secolo e la Cina sta per esplodere sotto la spinta dei boxer. Saranno proprio questi ribelli sanguinari a sterminare gli Xavier, di cui si salverà fortuitamente solo il piccolo Daniel. Ribattezzato Dax dalla nuova famiglia di contadini che lo ha adottato (D, A e X erano le lettere del suo monogramma) cresce come un orientale e si trova coinvolto in avventure di stampo fantastico in giro per la Cina. È un esperto di arti marziali (come da copione) ma dispone anche di poteri mentali che vengono però sempre lasciati nel vago. Questi poteri, i suoi strani occhi rossi e l’amuleto che porta al collo lo spingeranno a cercare chiarimenti sulle sue vere origini presso i monaci Shaolin. Dopo una serie di avventure autoconclusive, unite inizialmente da sottotrame e fili rossi comuni, Dax si dedica alla ricerca di questi sfuggenti monaci e quando finalmente raggiunge la meta assistiamo ad uno dei peggiori imbrogli di Wood: interrogato al riguardo un monaco si esprime più o meno in questi termini: “Be’, Dax, cosa vuoi, a questo mondo ci sono misteri che devono rimanere tali. Ciao”. Per fortuna, con il successivo ingresso in scena del cugino Marcel (bramoso di eliminare Dax per diventare unico erede degli Xavier) e l’arrivo di nuovi disegnatori la serie saprà risollevarsi egregiamente e si manterrà su livelli soddisfacenti sino alla fine. Elementi storici e avventurosi più curati andranno progressivamente a sostituire quelli fantastici.

Dax è stato pubblicato direttamente in inserto su Lanciostory in tre battute: dal 4 al 23 del 1983, dal 44/83 al 16/84 e dal 17 al 41 del 1984. All’epoca la rivista presentava come inserti omaggio fumetti inediti mentre solo Skorpio riproponeva i classici. L’adattamento dal formato originale fu terribile: con la scusa che comunque gli inserti costituivano un unico blocco omogeneo alcuni episodi furono tagliati malamente e vennero fuse nella stessa pagina tavole appartenenti a episodi diversi! I disegni furono attribuiti interamente a Marchionne ma sono molto evidenti le collaborazioni di altri disegnatori. In particolare, si fanno notare le splendide prove di un Enrique Breccia in gran forma. Dax fu un successone, ancora oggi viene ricordato dagli appassionati. Di certo a confronto con un Gilgamesh o un Dago non sembra poi gran cosa. I Giganti dell’avventura lo hanno riproposto nei numeri 12, 15, 19 e 24 e la serie aveva anche fatto due apparizioni su Euracomix (n° 21 e 28: si trattava di archi narrativi conclusi). Il finale aperto lascia intendere che forse in Argentina Dax ha avuto un seguito.

Nippur di Lagash (Lanciostory 28/83, dal n° 47/92 solo Nippur)

È il personaggio-feticcio di Robin Wood, cui si devono il suo esordio e la sua popolarità nel campo dei fumetti. Così, almeno, vuole la leggenda: le pochissime biografie ufficiali di Wood datano 1965 la sua prima sceneggiatura, e in varie occasioni si è letto che essa doveva essere proprio quella Storia per Lagash per cui nacque il personaggio. Il buon vecchio Nippur potrebbe vantare quindi una vita trentennale, conclusa solo quando gli impegni di Wood non ne hanno più consentito la produzione.

Nippur

Riassumere la trama generale di Nippur di Lagash non è semplice e, al contempo, è superfluo. Si tratta infatti di una serie composta da episodi prettamente autoconclusivi, raggruppati tutt’al più all’interno di un unico arco narrativo diviso in più parti. Ma il fatto che i primi episodi siano inediti in Italia ci ha tolto le “origini” di Nippur. Qui da noi lo abbiamo conosciuto quando aveva già vissuto alcune avventure, di cui peraltro rimangono tracce profonde: proprio nel primo episodio apprendiamo che Nippur ha combattuto in Egitto e la morte della sua amata regina lo ha spinto a vagabondare in cerca di una pausa che gli rasserenasse l’animo. Ma ovviamente il suo girovagare gli offrirà solo l’occasione di vivere nuove avventure, alcune di proporzioni titaniche (salverà l’Egitto, diverrà re di Lagash, si unirà agli argonauti, ecc.). Al pari del nostro Tex ¸ anche Nippur ha avuto a che fare con situazioni abbastanza anomale in un fumetto avventuroso dalla connotazione storica piuttosto precisa: oltre ai vari maghi e stregoni dai poteri sovrumani ha pure incontrato degli extraterrestri!

La serie è passata attraverso vari cambi di disegnatore. All’inizio ci fu Luis “Lucho” Olivera, ma il suo contributo non è arrivato in Italia. Il perché è facilmente intuibile: a metà anni ’60 il disegnatore non era ancora il “mostro” di Serie Fantasy e le sue prove su Nippur lasciavano molto a desiderare. Non a caso anche l’edizione spagnola su Mark 2000 inizia dal primo episodio italiano. Negli anni passati la Columba ha ristampato la serie dall’inizio per cui è improbabile che i primi episodi fossero andati perduti; visto che non avevano una continuity stringente e che erano disegnati piuttosto male sarà parso naturale all’Eura iniziare la pubblicazione dai notevoli episodi disegnati sempre da Olivera ma in equipo con i bravissimi fratelli Villagran (non a caso impegnati ormai da anni nel mercato statunitense). In queste storie realizzate dallo studio Nippur IV non è sempre facile dire “chi ha fatto cosa”, anche se Ricardo Villagran si segnala per una maggiore maestosità e un gran lavoro di cesello mentre il fratello Enrique ha un tratto più morbido.

Immagine articolo Fucine MuteLucho Olivera abbandonerà la serie dopo un po’ (difficile dire con precisione quando) e passerà il testimone ai soli Villagran che, a seconda del momento, lavoreranno insieme o si alterneranno. Molti altri disegnatori si sono avvicendati su Nippur e ovviamente in primis ci sono gli assistenti degli artisti titolari: Victor Toppi per Ricardo Villagran ed Eduardo Barreto e Jorge Zaffino per Enrique. Sotto la direzione di quest’ultimo lo studio assunse lo pseudonimo collettivo di Gomez Sierra, ma è molto probabile che gli ultimi episodi realizzati sotto questo nom de plume fossero opera del solo Enrique Villagran. In Italia li abbiamo visti da metà anni ’80: il tratto era diventato molto rapido e semplificato. Dopo “Sierra” fu il turno dell’improponibile Mulko, da cui l’Eura riuscì a liberarsi solo dopo alcuni anni e moltissimi episodi, quando Nippur di Lagash passò sotto la produzione diretta della casa editrice italiana. A sostituirlo venne quindi designato il bravo Daniel Müller, che dopo un inevitabile periodo di rodaggio (tendeva a disegnare Nippur con un naso enorme) si dimostrò degno continuatore della saga e forse uno dei suoi migliori interpreti. Ma ormai Wood si era imbarcato nella produzione settimanale di Martin Hel, Amanda, Dago e dei nuovi volumi monografici e ciò, con l’eccezione di qualche rarissima miniserie, lo impegnò a tal punto da dover sospendere molte serie e “congelare” nuovi progetti (per un po’ si era parlato anche di un prequel sull’infanzia di Nippur). Non è difficile immaginare quanto grande fosse il suo dispiacere nell’abbandonare la serie che lo aveva accompagnato per tutta la carriera.
In Italia mancano dal corpus della serie i primi episodi disegnati da Olivera, un episodio la cui paternità sollevò qualche dubbio in redazione (ma almeno trenta episodi furono scritti da “sostituti” come Ferrari, Amezaga ed il solito Fernandez), uno disegnato da Taborda (mai uscito nemmeno in Argentina, comunque), i fill in di Ibañez e di Rearte e forse tutto il famigerato periodo di Carlos Leopardi. Quest’ultimo si situerebbe temporalmente subito dopo il periodo Nippur IV ma vale la pena parlarne ora visto che la sua collocazione (e la sua stessa identità) è piuttosto problematica.

Immagine articolo Fucine MuteCarlos Leopardi è un disegnatore alquanto scadente: del poco che abbiamo visto di lui in Italia, la prova migliore è stata il libero Con altri occhi (su Skorpio 29/88), il che è tutto dire! Di fronte al suo lavoro su Nippur l’Eura si sarà trovata ragionevolmente perplessa. Ma Leopardi si è trovato disgraziatamente a dover illustrare una sequenza fondamentale della vita di Nippur: la perdita dell’occhio (per intenderci, i quattro episodi che costituiscono Euracomix 50, Lupi). Beninteso, siamo nel campo delle ipotesi, ma considerando alcuni fattori il ragionamento potrebbe filare. I quattro bruttissimi episodi in cui Nippur diventa guercio furono ospitati su Lanciostory senza indicare il nome del disegnatore: poteva essere chiunque. Purtroppo quegli episodi erano così importanti da non poter essere ignorati benché i disegni fossero molto scadenti. Forse all’Eura avranno pensato di indorare la pillola tacendo sul nome del nuovo disegnatore: si trattava comunque di un male passeggero che non si sarebbe protratto oltre quattro puntate. Anni dopo, però, al momento della ristampa di queste storie su Euracomix, spuntò fuori il nome di Zaffino come responsabile della parte grafica. Perché l’Eura avrebbe dovuto ricorrere a questo escamotage per ristampare quel particolare e “maledetto” arco narrativo? Se andiamo a leggere la biografia di Zaffino proposta all’interno del volume scopriamo che l’ottimo disegnatore era “in progress” per una serie di Trillo e quindi, forse, l’attribuzione dei disegni proprio a lui non servì ad altro che a “lanciare” un nuovo progetto di prossima pubblicazione su Lanciostory o Skorpio. Ma, ironia della sorte, Hoover è stato pubblicato solo da Torpedo (almeno per il momento) e l’Eura si è limitata ad ospitare un libero con gli stessi personaggi.
Ovviamente si tratta solo di ipotesi e forse quel “disegnatore misterioso” era un Mulko esordiente. Di certo, però, quei personaggi deformi e quell’inchiostrazione raffazzonata hanno poco a che spartire con Jorge Zaffino (fosse pure stato giovanissimo) e ricordano moltissimo i pessimi “saggi” che abbiamo avuto di Leopardi. L’entrata in scena di Zaffino su Nippur, poi, si dovrebbe collocare solo dopo un bel po’ di episodi rispetto a Lupi. Alcuni dettagli come le mani o le bocche dei personaggi di contorno starebbero ad indicare la sua presenza ai tempi dell’equipo con Barreto ed Enrique Villagran. Ma sono solamente supposizioni e forse le cose andarono in modo completamente diverso.

A tutt’oggi Nippur è ospite stabile di Euracomix (e lo sarà ancora per un bel pezzo) mentre è già stato riproposto integralmente in tre inserti omaggio: su Skorpio dal 45/93 al 22/94 e in seguito su Lanciostory dal 10/2000 al 20/2001 e dal 21/01 al 4/03. Tanta popolarità aveva raggiunto il personaggio in Argentina che già agli inizi degli anni ’70 gli venne intitolata una rivista della Columba, cui poi fece seguito un’altra ancora. Segnaliamo anche un gioco di ruolo di origine argentina ispirato al personaggio e la sua citazione in Lex Arcana (altro gioco di ruolo, stavolta italiano).

Dago (Lanciostory 49/83)

Immagine articolo Fucine MuteDopo il Niagara di parole delle ultime due uscite Dago vi sarà venuto a nausea. Le sue vicissitudini narrative ed editoriali le abbiamo già delineate a sufficienza; in questa sede ricordiamo solamente che esordì su Lanciostory 49 del 1983 ed è tuttora oggetto di ristampe e riproposte: Euracomix (dal n° 1 fino ad oggi), inserti (Skorpio 1/92-1/93, 23/94-21/95, 2/99-18/2000, 19/00-45/01 e dal 46/01 al 16/03) e la sua collana antologica Ristampa Dago. Che altro aggiungere? Solo che forse un episodio non è mai arrivato in Italia perdendosi nel viaggio dall’Argentina (nel ciclo di Roxana si sente infatti la mancanza di un episodio che chiarisca che fine ha fatto Alì della notte) e che questo tormentato arco narrativo è stato scombussolato da un invio sbagliato del materiale: episodi cronologicamente precedenti furono pubblicati dopo quelli che dovevano precedere (le cose sono state poi aggiustate su Euracomix 63 e sull’inserto).
Sempre a proposito di episodi “perduti” va ricordato che probabilmente Barron aiutò in incognito Wood per qualche puntata negli anni ’90, ma non è dato di sapere se questa collaborazione fu parziale o totale, né se gli eventuali episodi incriminati siano arrivati in Italia (se così fosse, preferiamo pensare che si trattasse degli episodi meno riusciti della serie).
Infine, un’ultima curiosità: per un errore di stampa il 47° fascicolo del secondo inserto omaggio non contiene la pagina 752 di Dago ma una de Il Pellegrino. L’Eura comunque assicurò l’invio della pagina giusta con la copertina omaggio (non so dire se poi lo fece veramente: io scrissi espressamente all’Eura che potevano non mandarmela, tanta era la gioia di vedere almeno una tavola de Il Pellegrino senza quegli orribili colori).
Per quel che riguarda gli ambiti esterni all’Eura vanno segnalati gli omaggi che vari disegnatori italiani hanno tributato al personaggio nel volume di Lucca Comics Speciale Eura (1994)e la sua “guest appearence” nel fascicolo Lucrezia nelle nuvole, edito da Mesotti per conto del Comune di Ferrara (2003): si tratta di una breve storia di 8 tavole che fa da prologo ad un “cadavere squisito” cui prendono parte anche Martin Mystere ed il Diabolik di Palumbo.

Gilgamesh (Skorpio 49/83)

In un futuro lontanissimo un uomo osserva con perplessità ed apprensione lo svolgersi della storia umana: è Gilgamesh, uno dei Guardiani che presiedono alla pace ed alla armonia dell’universo. La sua preoccupazione gli deriva dal non riuscire più a capire le motivazioni dell’animo umano. Per tornare con serenità al suo incarico decide quindi di ripetere la sua vita passata per riassaporare le sensazioni dimenticate. Inizia così la saga dell’Immortale, liberamente tratta da quell’Epos di Gilgamesh che costituisce la prima testimonianza scritta della civiltà umana. Insoddisfatto re di Uruk, Gilgamesh è ossessionato dall’idea di dover morire ed il provvidenziale aiuto di Utnapistim (che nell’interpretazione di Wood è un marziano) gli farà coronare il suo sogno. Ma l’immortalità è un dono avvelenato ed il passaggio dei secoli e delle civiltà lo lascerà sempre più pessimista e disincantato. Dopo l’olocausto che stermina la vita sulla Terra (forse la pagina più alta di tutta la carriera di Wood) Gilgamesh parte con 12 bambini ibernati alla ricerca di un nuovo pianeta da colonizzare: si stabilirà su Sumer, sventerà la minaccia dei Primordiali e alla fine entrerà nei ranghi dei Guardiani, chiudendo quindi la sua vicenda con una circolarità ed una cura perfette, quasi impossibili da trovare in altre storie di Wood.

Immagine articolo Fucine Mute

I primi trentacinque episodi di Gilgamesh meritano solo lodi: Wood avrebbe potuto raccontarci centinaia di vicende sparse per la Storia ed invece si limita a 20 (bellissimi) episodi autoconclusivi dopo la prima miniserie introduttiva in 5 puntate. La molteplicità dei livelli di lettura è un importante valore aggiunto, e che dire poi di quei 10 episodi indimenticabili in cui Gilgamesh è l’unico attore sulla scena… Ma con la trasferta spaziale la serie scadrà molto, sia a livello testuale che grafico. Verso la fine ritroveremo parte dell’eccellenza dei primi tempi, ma la stagione migliore era già finita da un pezzo. Di sicuro Gilgamesh è stata una delle serie più importanti mai pubblicate dall’Eura e, escludendo gli episodi meno riusciti, un capolavoro attuale a tutt’oggi. Malgrado la bella conclusione definitiva, in Argentina Gilgamesh è continuato senza Wood. Come si confà ad un’opera della sua portata, Gilgamesh ha avuto varie ristampe: in inserto tuttocolore su Skorpio dall’11/88 al 6/89, su Euracomix (12 volumi) ed in una collana tutta sua di 12 volumetti bonelliani.

Los Amigos (Lanciostory 12/84)

Josè Quiroga è un estroverso donnaiolo argentino che si guadagna da vivere con le corse (con tutti i tipi di corse: persino quelle a dorso d’asino di Mijas!). Quince Mil è un freddo e disincantato avventuriero che si è lasciato alle spalle il mestiere di mercenario. Risiedono insieme su una barca ormeggiata nel porto di Estapona e, come da manuale, vivono un bel po’ di avventure.
Immagine articolo Fucine MuteLos Amigos è una serie nata sotto il segno dell’avventura e del divertimento, e sa offrire ai lettori buone dosi di entrambi. Di certo alcune trame di detection sono semplici o banali, ma il modo con cui Wood fa suoi i canoni del buddy movie è notevole. Molto dell’interesse per la serie nasce infatti dal contrasto tra i caratteri dei due protagonisti. E se questi a volte sono poco più che macchiette bidimensionali le loro storie si fanno leggere quasi sempre con un certo piacere. I disegni di Macagno, al contrario, sono un vero supplizio. D’altronde si tratta di un Macagno quasi agli esordi e la sua inesperienza si nota non tanto nel tratto grezzo ed approssimativo quanto nella terribile organizzazione delle tavole (soprattutto dei primi episodi), assolutamente fuorviante e per nulla funzionale. E anche se all’origine di queste tavole distraenti ci fosse lo zampino dell’Eura i disegni di Macagno rimarrebbero comunque molto lontani da ciò che avrebbe fatto in seguito.
Abbandonata da Wood, la serie fu proseguita con storie più articolate da Robson e altri (forse semplicemente Fernandez o lo stesso Wood in incognito); anche Macagno fu poi sostituito da un tal Franco ai disegni. Di certo Los Amigos non figura tra le opere più mature ed interessanti di Robin Wood ma negli anni ’80 sapeva coinvolgere ed appassionare i lettori; forse ancor oggi alcune storie riuscirebbero a strappare un sorriso.

Big Norman (Skorpio 27/85)

Dave “Big” Norman è un detective newyorkese che merita abbondantemente il suo soprannome: è alto più di due metri, pesa oltre 100 chili e la militanza nel corpo dei marines gli ha lasciato un fisico ed una forza impressionanti. Si occupa dei casi più vari, spaziando tra tutti i canoni del genere (rapimenti, estorsioni, ricatti, lotta all’”Organizzazione”, ecc.) e di solito è proprio la sua prestanza a salvarlo dalle situazioni in cui lo conduce il fiuto da detective. Insieme a Hard world — Morgan e Kozakovitch & Connors è una delle serie dai testi più sarcastici di Wood e la narrazione in prima persona contribuisce molto al fascino della serie. Purtroppo però Big Norman è sempre stato bersagliato da critiche riguardanti la presunta banalità delle sue storie e dello stesso assunto di base (il detective che lavora a New York). Ma una volta messi da parte i pregiudizi la serie è godibilissima e, proprio per il sarcasmo ricordato sopra, anche molto coinvolgente e dissacrante.
Il valido Daniel Haupt non è stato l’unico disegnatore di Big Norman, ma i primi episodi realizzati da Horacio Altuna non sono arrivati in Italia. Lo pseudonimo Robert O’Neill sotto cui si celava Robin Wood potrebbe essere in realtà uno pseudonimo-ombrello usato in questo caso anche da Ray Collins e forse da altri. Big Norman fu pubblicato in maniera inconsueta: comparve su Skorpio nel 1985 come “secondo inserto” inedito e non fu mai ristampato. L’adattamento su tre strisce dell’Eura è visibile ma molto meno fastidioso che in altri casi.
Una curiosità: pare che le fattezze del personaggio siano ispirate a quelle di uno zio gigantesco di Wood!

Il Cosacco (Skorpio 47/85)

Immagine articolo Fucine MuteSacha Veblin è il prodotto della passione illecita (e assai effimera) del principe Fedor per una popolana. Da bestia qual è, il principe ignora la povera Katia fino al momento del parto, quando parte alla volta della isba della donna con tanto di seguito armato. A fronteggiarlo però trova il padre della donna, un altro che non scherza in quanto a bestialità: è Terek Atark, un cosacco, uno degli uomini d’acciaio della steppa e al suo nipote non vuole rinunciare. I primi vagiti di Sacha interrompono la lotta tra i due, ma segnano anche la fine di sua madre. Una volta battezzato alla meno peggio Sacha e raffreddati i bollenti spiriti, il calcolatore Boris, fratello del principe Fedor, gli suggerisce di dimenticarsi del bambino evitando così lo scandalo di un rapporto esecrabile per le convenzioni sociali di San Pietroburgo. Sacha cresce come un cosacco sotto le cure del nonno e da semplice attaccabrighe diverrà ufficiale in Crimea e persino principe a sua volta: l’ormai vecchio Fedor, che vedeva in lui se stesso da giovane, non tollera infatti l’apparente debolezza dei suoi due eredi ufficiali. Il Cosacco è una di quelle serie che hanno fatto epoca. L’idea di partenza è in effetti quasi geniale: spostare le situazioni e gli stereotipi tipici del western in un contesto “serio” e ben approfondito. Ma dopo i primi episodi si avverte qua e là un po’ di stanchezza e forse nell’ultimo periodo sono più le banalità a risolvere una situazione che non delle buone trovate. A volte, poi, Sacha Veblin è così tracotante da risultare antipatico. Originariamente Wood aveva pensato a Salinas come disegnatore ma Casalla, pur non eccelso, ha senz’altro saputo legare indissolubilmente il suo nome a questa serie, soprattutto in Italia. Gli ultimi 9 episodi sono però opera di un certo Furlino, ammiratore se non assistente vero e proprio di Casalla, e la serie sarebbe poi proseguita in Argentina senza più Wood.
Il Cosacco è stato ristampato inizialmente in un volume speciale tutto suo (1989) e poi in inserto (Skorpio 1/98-1/99, la ristampa deve ancora concludersi).

Grace Henrichsen (Skorpio 34/86)

Classico esempio di spin off, questa serie nasce dalla precedente Dennis Martin, una delle primissime prove di Wood (addirittura la seconda subito dopo Nippur, stando all’autorevole n° 26 di Fumo di China). In Italia però di Dennis Martin abbiamo visto solo la continuazione ad opera di Ray Collins: forse gli episodi scritti da Wood non erano ancora sufficientemente maturi. In ogni caso, la stessa Grace (come veniva sinteticamente indicata sulle copertine di Skorpio) sarà poi affidata alla penna di Collins, nascosto sotto lo pseudonimo di Turnelli. Sulle storie non c’è poi molto da dire: Grace è un’agente dello Scotland Yard come l’amato Dennis e si trova ad affrontare in tal veste i soliti scienziati pazzi, assassini, spie, dittatori e quant’altro. Ad alcune storie interessanti fanno da contraltare altre (molte) un po’ inverosimili e non basta premere sul tasto del romanticismo per rendere più umana un’eroina che in fondo è sempre la solita “macchina” che esce sempre vincitrice. Inoltre i disegni di Angel Fernandez (a volte già confusi di per sé) sono piuttosto sacrificati dal formato ridotto e dalla colorazione piatta che non ne facilitano la lettura. Nonostante tutte queste considerazioni Grace Henrichsen ebbe una vita editoriale piuttosto lunga, quasi quinquennale, durante la quale non mancarono citazioni di Dennis Martin e rarissimi incontri con questo personaggio.
Probabilmente gli episodi che abbiamo visto in Italia sono per la maggior parte (se non tutti) opera di Collins: lo stile è in effetti poco “woodiano” e nei primi tempi il nome dello sceneggiatore non veniva indicato praticamente mai.

Kevin (Skorpio)

Kevin Codrington è il giovane rampollo di una nobile famiglia inglese, che un richiamo magico e irresistibile spinge verso l’Africa. Per una volta un giovane protagonista di Wood non si ritrova con la famiglia sterminata e costretto all’esilio, ma è lui a partire di sua volontà. In Egitto troverà (forse) la spiegazione del perché di quella sua carnagione scura e del suo strano temperamento. All’inizio l’avventura si svolge in Europa e Kevin ha come compagni due di quei personaggi a tutto tondo che solo Wood sa creare: il vecchio egiziano Meduth ed il colossale marinaio Skog. Giunto in terra d’Africa, Kevin si convertirà all’Islam e diverrà addirittura un tuareg. Maturato dall’esperienza libererà se stesso e le popolazioni oppresse dal suo gemello demoniaco Michael/Leahcim. Kevin è un’ottima saga di “avventura per l’avventura”, in cui non mancano alti momenti di tensione e situazioni velate di mistero molto suggestive. I disegni di Garcia Seijas, poi, sono semplicemente divini. Purtroppo il disegnatore abbandonò la serie a quattordici episodi dalla conclusione e quest’ultima parte fu affidata ad Angel Fernandez, che seppe comunque fare un buon lavoro. Probabilmente è questo cambio di disegnatore ad aver bloccato per il momento la possibilità di una ristampa di Kevin (e d’altronde gli episodi di Fernandez furono recuperati dopo anni dall’ultimo di Garcia Seijas, a testimonianza di quanti dubbi possa aver avuto l’Eura). Peccato, perché questa saga è una tra le più belle e suggestive di Robin Wood.

Il soldato e la morte (Skorpio, la serie cambierà progressivamente titolo: diverrà Il soldato e la morte — Ronstadt e poi Ronstadt — Il soldato e la morte)

Ronstadt è un soldato d’acciaio che nella vita non ha praticamente altro interesse che la guerra. Ma lo smantellamento del suo reggimento in Cina ed una pallottola che minaccia di fargli scoppiare il cuore in qualunque momento lo costringono a ritirarsi nella sua vecchia casa a Dorchester, Wisconsin. Nel suo paese natio lo aspetta una nuova lotta, stavolta contro l’ostilità dei parenti e gli antichi rancori mai sopiti in dieci anni. Dopo un flashback sul fronte cinese, Ronstadt vivrà nuove avventure, sempre con la spada di Damocle di quella pallottola mortale impossibile da togliere chirurgicamente, e poi…e poi chissà. In Italia Il soldato e la morte non si è ancora concluso, per problemi relativi all’invio del materiale dall’Argentina. La scaletta di Skorpio non sembra al momento consentire un reinserimento della serie e forse la conclusione di Ronstadt non la vedremo mai. Peccato, perché era decisamente avvincente e ben congegnata (anche se il primo granitico Ronstadt era antipatico) e Ricardo Villagran vi ha svolto un lavoro egregio.

Mojado (Lanciostory 18/88)

Immagine articolo Fucine MuteUn bimbo chicano e il suo cagnolino sono tra i pochi sopravvissuti di un misero villaggio messicano devastato dal terremoto. Lungo la strada per la sognata America il mojado (cioè “bagnato”, come vengono chiamati i clandestini che devono passare il Rio Grande per arrivare in USA) incontrerà esempi di varia umanità e si scontrerà anche con realtà molto crude. Superata anche l’esperienza del carcere, diverrà un pugile di successo e, inutile negarlo, le sue storie andranno banalizzandosi. Cioè saranno solo eccellenti fumetti e non il capolavoro assoluto della prima parte. Ci sono tanti di quegli elementi e di quei personaggi indimenticabili che confluiscono in Mojado da non poterne citare nemmeno un decimo. Figure come Nacho, Hipolito, Isabelito o come quell’uomo che vuole ammazzare la moglie ma trova un attimo di redenzione nel Mojado bambino (pur se noi capiamo che doveva essere cattivissimo) non si dimenticano facilmente e alcune trovate realistiche di Wood sono un sano schiaffo in faccia ai luoghi comuni ed alle convenzioni di genere: figurarsi che, una volta divenuto celebre come pugile, Mojado si vede sottratta la fidanzata da uno scrittore fallito! Ottimo anche il lavoro di Carlos Vogt, penalizzato però oltremodo da un pessimo adattamento. Mojado non ha avuto una vera conclusione, forse è continuato con un altro sceneggiatore o forse gli impegni di Wood lo hanno costretto a finirlo in anticipo.
Dopo l’esperimento de Il Cosacco, Mojado ha avuto due volumi fuori collana tutti suoi nel 1992 ed è stato poi ripresentato integralmente in inserto su Lanciostory in due volumi (1/98-6/99 e 7/99-9/2000).

Kozakovitch & Connors (Lanciostory 19/88)

Max Kozakovitch e David Connors hanno tutte le ragioni per essere gli antieroi disincantati che sono. Il primo si è convertito al mestiere di mercenario dopo il dissanguamento della natia Polonia, il secondo è un pilota formidabile ma ha visto tutte le brutture della guerra e dà sfogo al suo disgusto ubriacandosi. Kozakovitch è un gigante silenzioso come potevano esserlo Ronstadt o Quince Mil, Connors esprime il suo cinismo con feroce sarcasmo, sulla scia di un Morgan o di un Big Norman. Ma i due sono molto più sfaccettati ed interessanti di altri eroi di Robin Wood. Dopo il mezzo fallimento di una missione a Khermanshah si ritrovano a vagabondare per l’Asia Minore fino a giungere in quella Russia tormentata che (siamo nel 1917) sta per diventare un inferno. Qui tenteranno, nientemeno, di salvare la famiglia Romanov. Girovagando poi anche per Africa, Cina, Giappone e Turchia avranno modo di incontrare personaggi realmente esistiti resi con particolare cura documentaristica (e, malgrado o grazie a ciò, carichi di fascino). Uno dei capolavori di Wood, disegnato peraltro da un Garcia Duran al massimo della forma.
Il finale inconcludente ed apparentemente aperto non sta ad indicare l’abbandono di Wood per un altro sceneggiatore ma ricalca semplicemente una fine abbastanza comune nell’intrattenimento popolare di qualche anno fa: la coppia d’eroi si dice addio ma sulla spinta della malinconia uno dei due corre incontro all’altro e ripartono insieme verso nuove avventure. Avventure che comunque non vedremo mai, perché la serie è definitivamente terminata lì (secondo la leggenda, perché Garcia Duran si era stufato di disegnare panorami polari che gli facevano sentir freddo per davvero!).
Dopo un’apparizione fugace su Euracomix (n° 72) Kozakovitch & Connors è stato ristampato integralmente su I Giganti dell’avventura (4 e 7)

Hard world — Morgan (Skorpio)

Il mondo del 2045 è uno schifo. Da quando le persone facoltose possono emigrare sui Pianeti la Terra ospita solo la feccia ed i mutanti non sono gli adolescenti supereroi di Stan Lee ma dei degenerati infralumpen cui è lecito dare la caccia. Non è difficile immaginare che razza di polizia cerchi di mantenere una parvenza d’ordine in un immondezzaio del genere. Morgan, rarissimo esempio di agente incorruttibile, vede premiata la sua onestà con 3 anni di reclusione in una cella interamente chiusa e senza fonti di luce (è stato usato come capro espiatorio per una carneficina). Una volta uscito si ricicla come detective privato accettando casi sintomatici della regredita condizione umana del 2045, cioè a volte semplicemente agghiaccianti. Uno stupendo uso di comprimari indimenticabili ed un senso di tragedia che si legge ad ogni tavola fanno di Hard world una delle serie più suggestive ed inquietanti di Wood. Anche se le sue trovate in fatto di genetica o robotica possono far sorridere, resta comunque un senso di disagio nella descrizione di alcune situazioni e la narrazione giunge talvolta al livello di parabola desolata. Gli scarni disegni di Mandrafina, ulteriormente impoveriti dall’adattamento su tre strisce, risultano efficacissimi nell’illustrare questo mondo allo sbando. Un lettore fece notare che Mandrafina non era per niente al suo top, tanto più che non disegnava mai la pioggia benché le didascalie la indicassero spesso, ma in un contesto del genere il suo tratto forse anche poco curato o proprio “tirato via” risultava veramente il migliore corollario ai testi.
Terminata senza una vera conclusione, la serie sarebbe dovuta tornare con nuovi episodi (si vociferava anche dell’introduzione del colore) ma gli impegni dei due autori non permisero che ciò avvenisse.
Hard world — Morgan è stato ospitato prima su Euramaster (prima serie, n° 5) e poi è stato spostato su Euracomix (n° 93) dove però è “congelato” anche lui per far posto alla trinità Dago-Savarese-Nippur.

Pepe Sanchez (Skorpio 3/90)

Pepe SanchezPepe vive nei sobborghi di Buenos Aires, è un ragazzone allampanato neanche troppo sveglio e si ritrova in maniera rocambolesca ed assolutamente inaspettata a vestire i panni dell’agente segreto. Siamo negli anni ’70 della discomusic, dei figli dei fiori e dello sbarbato Sean Connery come 007, ma l’Eura spaccerà Pepe Sanchez per opera recente. Le vicende sono caratterizzate da un umorismo che spesso diventa farsa surreale ed i disegni comici di Vogt furono una vera rivelazione per i lettori italiani, che lo avevano conosciuto solo per il western Canada Joe ed il drammatico Mojado. Qua e là la serie perde colpi e non sempre il livello si mantiene costante (l’espediente di far rivolgere il personaggio allo sceneggiatore viene un po’ abusato) ma nei suoi episodi migliori Pepe Sanchez sa essere veramente trascinante.
Le quattro strisce originarie con cui veniva concepita una tavola venivano regolarmente smontate e adattate ma gli ultimi episodi sono stati proposti fedelmente. Raramente interviene il Tino Espinoza di Lei e io (ancora inedito all’epoca) con comunicazioni di servizio o commenti.
Tra le molte serie umoristiche della coppia Wood-Vogt figura anche una certa Pipa Sanchez ma non è dato di sapere se si tratta proprio di uno spin off o se ha comunque qualche legame con Pepe.

Dracula l’uomo (Skorpio 22/91, solo Dracula la seconda parte)

La vicenda prende le mosse quando il protagonista Vlad Tepes inizia a narrare la sua vita ad uno scrivano che le tramanderà ai posteri. Questa meravigliosa miniserie non è altro che l’avvincente e documentatissimo biopic del principe di Valacchia, dalla sua infanzia fino alla morte (narrata nella seconda parte, in cui l’espediente dello scrivano viene giustamente accantonato: se uno è morto come fa a dettare le sue memorie?). Tra scene raccapriccianti ma assolutamente indispensabili Robin Wood ha saputo delineare una figura luciferina incredibilmente sfaccettata che emerge in tutta la sua complessa psicologia: quello che ne risulta è veramente Dracula “l’uomo”. Ed il bello è che anche le situazioni più estreme e inverosimili sono tutte frutto di una scrupolosa documentazione, quindi Wood è riuscito a dare letteralmente nuova vita a materiale preesistente, rendendolo personale ed incredibilmente avvincente. Cosa che riuscirà a fare anche qualche anno dopo con Merlino ed Ulster. Salinas, a quanto pare molto affascinato dall’Impalatore, ci offre quella che probabilmente è la sua prova migliore, occupandosi in prima persona (ed egregiamente) anche della colorazione. Forse la seconda parte non tocca le vette di eccellenza della prima, ma nel complesso Dracula è una delle pietre miliari dell’Eura.

DraculaLa serie ha avuto la sua ristampa su Euracomix subito dopo la comparsa degli episodi su Skorpio (n° 40 e 89). C’è stato qualche problema con la divisione in capitoli: Dracula l’uomo ne avrebbe dovuto contare solo tre, ma l’ultimo fu diviso in due parti. Dracula l’esule è ancora più pasticciato, forse a monte c’era un problema di spazio su Skorpio (i tre episodi ricostruibili a posteriori sono infatti lunghissimi). Il primo dei due volumi, comunque, ha rappresentato veramente un’occasione speciale visto che Robin Wood in prima persona ne ha scritto la prefazione ed ha illustrato genesi e fonti del fumetto.
Dracula l’uomo è apparso anche come allegato omaggio a Lanciostory n° 43 del 1993. Si tratta però di una versione in bianco e nero (non a mezzatinta: i colori sono stati proprio eliminati e di Salinas rimane solo il tratto).

Ibañez (Skorpio 42/91)

Il giovane Gonzalo Ibañez vive col vecchio padre Alonso nell’antica e decadente tenuta in Aragona. Nobili male in arnese, gli Ibañez vivono sotto il giogo del Duca di Cisneros, padrone di un ducato d’importanza strategica fondamentale e perciò autorizzato a spadroneggiare sugli aragonesi assai poco fedeli al nuovo re tedesco Carlo. Ciò non impedisce a Gonzalo di spassarsela con la promessa sposa del Duca, col risultato di vedersi dichiarata guerra quando la tresca viene scoperta. Sfidato a duello, Gonzalo sta per soccombere sotto il ferro di Cisneros, ma inaspettatamente lo uccide con una zappa e a causa di questo omicidio si trova costretto all’esilio. Vivrà quindi le ottime avventure ben documentate cui ci ha abituato il Wood migliore. La serie rappresenta il primo incontro ufficiale (e perciò giustamente celebrato) tra lo sceneggiatore ed Enrique Breccia. Il quale, però, fa sfoggio di uno stile un po’ inconsueto. Eccezion fatta per la prima e l’ultima tavola di ogni episodio (splash page di un’unica “vignettona”) tutte le altre sono rigorosamente ispirate alla quattro strisce della Columba, lasciando poco respiro ai disegni. I testi, pervasi di un lirismo inconsueto, si esprimono invece al massimo della loro efficacia e personaggi come il mendicante lebbroso che tira i fili della marionetta-Gonzalo o la regina Giovanna murata viva perché pazza danno vita a sequenze indimenticabili, tra le più alte e suggestive mai realizzate da Wood. Ibañez fu presentato come tuttocolore ma i colori erano apocrifi e piuttosto scialbi. La miniserie durò solo sette episodi, forse perché era nata (e morta) appositamente per la rivista Mark 2000, di cui uscirono appunto solo sette numeri. Può anche darsi che di Ibañez esistano altriepisodi disegnati o scritti da qualcun altro, ma èimprobabile. Ristampato su Euracomix 74, fu decisamente martoriato: i nuovi colori dati col computer erano improponibili, la stampa ogni tanto zoppicava e l’ultimo episodio (forse il migliore) venne saltato del tutto.

Chaco (Lanciostory 26/92)

Si tratta di una serie dalla gestazione molto simile a quella de Il Cosacco. Wood voleva Alberto Salinas per illustrare questo western sui generis, e stavolta lo ottenne, ma dopo otto episodi (diventati nove sulle pagine di Lanciostory) il disegnatore passò la mano al collega Casalla. Chaco è un indiano bianco: i suoi genitori sono stati ammazzati dagli apaches, i parenti sopravvissuti vogliono eliminarlo per questioni d’eredità eccetera eccetera… Coinvolto in una guerra personale contro i bianchi a causa dell’avidità dei suoi cugini “civilizzati”, Chaco perde la vista (per poi recuperarla senza particolare sforzo!), salva la vita a Pancho Villa, si erge a protettore dei tarahumaras e fa anche girare la testa alla bella Isabel, figlia di un ricco possidente. Fin qui la parte disegnata da Salinas, che si fa notare per una dose forse esagerata di violenza ed effettacci, quasi a raggiungere la parodia. Con l’arrivo di Casalla e del personaggio del Professore i toni verranno opportunamente smorzati e la narrazione si incanalerà nel cliché della coppia d’eroi che vive avventure autoconclusive, per culminare poi con la rinascita della tribù di Chaco. La serie non è terminata e dopo undici anni gli ultimi episodi disegnati da Casalla attendono ancora la pubblicazione. In ogni caso, Wood ha scritto di meglio.
Euramaster 4 (prima versione) ristampa gli episodi di Salinas.

Munro (Skorpio 26/92)

Un gruppo di carcerieri si affretta nei pressi di una cella, ma sanno già che ciò che temono si è avverato: il prigioniero Munro è scappato ed ha lasciato come traccia di sé solo un sigaro mezzo consumato. Una partenza col botto per una serie ed un personaggio particolarmente riusciti. Come nel caso di Martin Hel (in arrivo da lì a poco) le avventure di Munro, che si svolgono nel Brasile degli anni ’30, si sviluppano principalmente su archi narrativi di tre episodi e in queste storie succede un po’ di tutto: Munro deve vedersela con ragazzine scomparse, approfittatori senza scrupoli, lebbrosi, marabunte e raccoglitori di caucciù. Ottima avventura scritta da un Wood decisamente ispirato e ben disegnata da Carlos Pedrazzini. Questa “nuova eterna” era uno dei frutti della collaborazione diretta di Wood con l’Eura: supervisionare e razionalizzare la pubblicazione degli episodi ne avrebbe permesso una presenza costante fino ad una lunga pausa in attesa di altri episodi. Ma le cose per Munro non andarono bene: ne furono pubblicate solo due parti e la serie fu sospesa in favore dei nuovi impegni di Wood sui monografici e sulle serie storiche più importanti.
In Argentina il nome del protagonista è Morten.

Martin Hel (Lanciostory 48/92, dal 1999 ripreso su Skorpio)

Immagine articolo Fucine MuteNel 1991 Skorpio annunciò clamorose novità per il nuovo anno: Trillo e Wood, gli autori di punta, stavano lavorando a quattro nuove serie, due comiche e due drammatiche, su cui l’Eura puntava molto. Pino Sauro e Tantan comparvero proprio sui numeri 1 di Lanciostory e Skorpio del 1992 mentre per le due “drammatiche” ci sarebbe stato da aspettare ancora un po’. Ma a differenza delle poco fortunate serie umoristiche di Trillo e Saborido, Cybersix e Martin Hel divennero due fenomeni di culto. Martin Hel è il frutto di un attento editing da parte dell’Eura ed in effetti risulta essere il personaggio meno personale di Wood. Laddove le origini sono un elemento fondamentale degli altri suoi eroi, per Martin Hel sono assolutamente (e programmaticamente) assenti: si tratta di una maschera buona per tutte le occasioni, senza elementi logici o caratteriali che ne limitino l’agire. Così può essere coinvolto in qualsiasi tipo di storia senza farsi problemi di coerenza cronologica o comportamentale. Il primo periodo di Martin Hel, quando veniva pubblicato su Lanciostory, è caratterizzato da una stringente struttura ad archi narrativi di tre episodi di 12 pagine ognuno. Fanno eccezione solo il 1° ed il 5° episodio (autoconclusivi), la piccola saga amazzonica (quattro episodi di cui uno portato a 14 tavole) e la lunga avventura d’addio. Da grandissimo narratore qual è, Wood sa sfruttare a proprio vantaggio queste impostazioni “guidate” e dosa con estrema perizia suspense e sorpresa. Tra gli inevitabili alti e bassi tutto il periodo di Lanciostory è esemplare. Anche le prime prove sul monografico si fanno notare per originalità. Quando la serie chiude i battenti si assiste a poco meno di una sollevazione popolare. A grande richiesta, quindi, Martin Hel fa il suo rientro in scena sia sul monografico che su rivista (ma visto che nel frattempo Lanciostory ha trovato la sua primadonna stabile in Dago ora Martin Hel compare su Skorpio).

Nonostante sia ancora acclamata, la serie non è più quella di una volta. Non tanto per i disegni di Angel Fernandez, a volte veramente brutti, ma per la scarsa ispirazione che ormai sembra aver catturato Wood. Tanto più che con “Angel Fernandez” non ci si riferisce ad un disegnatore ma ad uno studio molto numeroso di cui Fernandez è coordinatore: quindi, se in un periodo la sua produzione è bassa basta solo aspettare l’avvicendamento naturale dei collaboratori per avere una qualità maggiore. Dal canto suo, Robin Wood a volte non sa più che pesci pigliare e talvolta allunga inutilmente delle situazioni semplicissime. D’altronde, una volta esauriti molti dei miti e dei misteri più intriganti della Storia è difficile recuperarne di nuovi o interessanti. E capita sempre più spesso che la proverbiale originalità di Wood venga messa a dura a prova dai forsennati ritmi di consegna (uno degli ultimi archi narrativi, La giostra, è praticamente identico a quello che anni fa riguardava una misteriosa ruota della fortuna). Complessivamente possiamo dire che oggi la serie si trascina, sia su Skorpio che sul monografico, e ormai siamo arrivati anche alla povertà estrema di due o tre misere vignette per pagina. In alcuni dei volumetti bimestrali, poi, Wood non si prende nemmeno la briga di descrivere o giustificare certe azioni, con l’inevitabile conseguenza che è l’Eura a dover integrare i disegni di didascalie invasive e poco in tono col resto. Comunque sia, Martin Hel gode ancora del favore dei lettori. Sarà il suo fascino misterioso, quello che gli permette (essendo una tabula rasa) di vivere qualsiasi tipo di storia senza badare alla coerenza con il resto della serie.

Una prima ristampa di Martin Hel è stata realizzata sotto forma di volumetti omaggio su Lanciostory 34 e 46 del 1993 (rispettivamente, i primi 5 episodi ed altri 6); con lo stesso formato è uscito in edicola uno speciale nel febbraio 1994 (raccoglie 9 episodi). La riproposta è poi continuata con 6 episodi su Euramaster 1 (prima serie, 1994) finché Skorpio non ha finalmente ospitato una raccolta organica della serie in inserto dal n° 25 al 52 del 1997 (arriva però fino al 38° episodio, quindi moltissimo materiale deve ancora essere ristampato).

Nan Hai (Lanciostory 6/93)

Nan Hai è una giovane ed irrequieta piratessa fluviale fan qui (di razza bianca) nella Cina dei primi del ’900. Il suo vero nome sarebbe Hanah Von Marsten ma la sua famiglia, indovinate un po’, è stata massacrata quando era ancora una bambina ed ora la sua esistenza mette sull’attenti gli altri ereditieri avidi. In pratica ci troviamo di fronte ad un Dax al femminile, senza poteri paranormali e molto più realistico. Dopo varie vicissitudini Nan Hai arriverà persino a sfidare l’autorità imperiale insieme al mercenario Carter il Colpitore. La conclusione della saga è una delle migliori mai architettate da Wood ed è ancora più apprezzabile in quanto mette veramente la parola fine alla serie, senza lasciare l’amaro in bocca al lettore con una conclusione sospesa. La grande evocatività dei testi e vari altri elementi della serie (come la simpatica coppia di avventurieri formata dai litigiosi Buck e Stevens) la rendono qualcosa di più di una semplice saga avventurosa standard. Garcia Duran, però, avrebbe potuto impegnarsi di più.
Nan Hai fu presentata come tuttocolore ma i colori erano opera della redazione.

Holbeck (Skorpio 22/93)

Il cosmonauta Dave Holbeck si ritrova catapultato in un misterioso pianeta (o forse in un’altra dimensione), unico superstite di un equipaggio di tre uomini. Considerando la sua produzione usuale, si ha quasi l’impressione che Wood abbia scritto questa serie in preda all’LSD, ma forse voleva semplicemente fare il verso al fumetto “liberato” sullo stampo di Metal Hurlant. Anche Macagno subisce le suggestioni di Moebius, coniugate a riferimenti alla scuola Warren degli anni ’70. In effetti si tratta della sua prova migliore mai vista in Italia; forse Gran Prix era più equilibrato e maturo a livello narrativo, ma è senz’altro Holbeck il suo fumetto più “bello”, quello più valido a livello estetico. Merito della maggiore cura profusa, ma anche del rispetto delle quattro strisce originarie (che, ridotte di formato per comparire su Skorpio, fanno apparire i disegni ancora più dettagliati).

Il grande difetto di Holbeck è la sua estrema e spiazzante indecidibilità: l’inizio fortemente drammatico lascia da subito spazio all’umorismo ed alla farsa (i continui battibecchi con il computer Zeus e l’umanoide Venerdì, tutto il penultimo episodio, ecc.) e la fantascienza è solo una scusa per introdurre un mondo prettamente fantasy. E il tutto si risolverà in una bolla di sapone. En passant, ricompaiono i “cattivi” per antonomasia di Wood: i Primordiali. Nonostante la durata da “nuova eterna“Holbeck era una serie abbastanza vecchiotta di Wood, che la concepì addirittura prima di Helena e Savarese.

Danske (Lanciostory 26/93)

Dopo l’olocausto la Terra è un mondo brullo e desolato dove le armi e soprattutto il cibo valgono molto di più della vita umana. Su un assunto di base visto e stravisto Wood innesta una sana iniezione della sua attenta analisi antropologica: basti pensare a come delinea in profondità i nuovi nuclei umani (e mutanti) che popolano il pianeta. Danske è una giovane donna che parte alla volta di un favoleggiato magazzino di derrate alimentari per salvare la sua misera gente. Inizialmente “adottata” dall’avventuriero-scienziato Barker, diverrà una delle temute amazzoni del futuro e dopo le traversie e gli incontri più vari manterrà fede al suo proposito divenendo guida e salvatrice del suo popolo. Enrique Villagran irrobustisce il suo segno con un attento tratteggio ed una maggiore cura per i dettagli: il risultato è molto valido, decisamente più “vivo” dello smorto periodo Gomez Sierra. Ma sono senza dubbio i bellissimi testi di Robin Wood ad esercitare il fascino maggiore di questa serie, leggibile come un flusso continuo, come una serie di archi narrativi brevi o semplicemente come raccolta di episodi autoconclusivi. Essendo una delle “nuove eterne” degli anni ’90, ne fu annunciato un seguito che poi non vide la luce. D’altronde Danske era perfettamente conclusa così (forse l’annuncio fu fatto dall’Eura sulla spinta dell’entusiasmo, senza sapere in anticipo come finiva la serie).
Malauguratamente mai ristampata.

Merlino (Skorpio 51/93)

Immagine articolo Fucine MuteTempi durissimi si preannunciano per Camelot. Morgana e suo figlio Modred minacciano il mondo degli uomini e l’arcimago Merlino sceglie un riluttante Artù Pendragon come bastione contro il dilagare del Male. Ma quando anche gli esseri fatati abbandoneranno la Terra, non ci saranno più dubbi sul fatto che l’umanità è condannata eternamente alla violenza ed alla barbarie. Attingendo dalla tradizione celtica e dal ciclo arturiano, Wood confeziona una desolata e pessimista parabola in 9 stupendi episodi. La complessa personalità di ogni personaggio emerge da pochi tratti ed il lirismo è quantomai alto ed ispirato. Ma il bello è che Wood non inventa nulla: rielabora ed aggiorna ciò che Mallory & co. hanno scritto nel corso dei secoli. Merlino è senz’altro uno dei capolavori di Robin Wood, ed è superfluo soffermarsi sull’ottimo lavoro svolto anche da Alcatena. La serie, però, fu assai sfortunata. Presentata su Skorpio come tuttocolore, costituisce una vera galleria degli orrori per quel che riguarda la colorazione. Venne ristampata in pompa magna su Euracomix 75: il volume veniva venduto in una confezione di cartone e la numerazione originale fu rispettata; ma se possibile i colori erano ancora peggiori e le didascalie con i riassunti non furono eliminate! (il che sapeva di presa in giro, visto che l’Eura inseriva parti riassuntive anche nei dialoghi col risultato di renderli ridicoli ed artefatti) Arrivò poi il momento di quella che doveva essere la ristampa più fedele, ma anche in questo caso si trattò di un’occasione mancata. L’inserto Il Mito e la Fantasia (su Lanciostory dal n° 53 del 1996 al 52 del 1997) era infatti ancora stampato col metodo rotocalco (che diminuiva la nitidezza del tratto) ed una tavola doppia fu “spezzata” sui due lati della stessa pagina (l’Eura aveva già preso una svista del genere su Euracomix 62, e ripeterà l’errore su I Giganti dell’avventura 18). E di ripristinare i disegni nascosti dai riassunti manco a parlarne.
Speriamo che in futuro qualcuno si dedichi alla riproposta filologica di Merlino, è veramente uno dei fumetti migliori mai presentati dall’Eura.

Larsen & Finch (Skorpio 37/94)

Due sbandati del profondo Sud sono i protagonisti di questa originale serie che si svolge in America a ridosso della Grande Depressione. Finch è un chiacchierone con velleità di truffatore (esordisce come venditore di bibbie, nientemeno!) mentre Larsen è un gigante taciturno che sembra uscito dal nulla. E invece anche lui ha un passato, che alla fine della serie gli presenterà un conto salatissimo. Un’altra bellissima “strana coppia” di Wood che agisce stavolta in un contesto abbastanza poco battuto e che, cosa assai lodevole, prende le distanze da alcune convenzioni ipocrite della narrativa popolare: Larsen, ad esempio, odia i neri e anche se è il suo background a giustificare tale pregiudizio, negli anni ’30 è senz’altro più realistico questo razzismo che non l’illuminismo di maniera di tanti eroi fatti con lo stampino. Casalla svolge un lavoro sintetico ma estremamente efficace.
La conclusione non ammette seguiti.

Starlight (Skorpio 50/94)

Avrebbe dovuto essere una pietra miliare della storia dell’Eura e invece Starlight si è rivelata solo un’occasione mancata. L’attesissimo incontro di Robin Wood con Juan Zanotto ha lo stesso antefatto di Hard world — Morgan ma se ne discosta immediatamente per prendere una direzione più fantascientifica. Il pilota spaziale Walker ha dovuto sorbirsi due anni di totale isolamento nella cella nera per non aver voluto cedere al racket ed essersi rifiutato di trasportare la droga verde. È stato quindi incastrato e fatto carcerare, ma ora si trova misteriosamente in libertà. Prima di cercare chi si è interessato a lui e perché, deve reintegrarsi nella società ed un’opportunità gli viene offerta da Crista e dai suoi poco raccomandabili spazzini, feccia che si occupa di recuperare i relitti delle astronavi ed il loro carico. Ad un’idea originale e un buon inizio faranno seguito storie sempre più inverosimili e sconclusionate, ed i lentissimi ritmi di produzione di Zanotto non aiutano certo ad affezionarsi alla serie. Starlight si spegne a poco a poco e dopo l’avventura in quattro parti Il Nemico non se ne hanno più tracce. L’eccellenza di Zanotto nel bianco e nero (anche se molto censurato) non basta certo a risollevare delle storie strampalate.
I primi 20 episodi di Starlight sono stati ristampati sul numero 1 de I Giganti dell’avventura, ma le censure furono mantenute e le pesanti didascalie riassuntive vennero solo coperte con particolari fotocopiati dalla stessa tavola.

Il Pellegrino (Skorpio 9/95)

Immagine articolo Fucine MuteRobert Preston è un europeo che vive ad Hong Kong a bordo di una chiatta. Passerebbe tranquillamente la sua esistenza a bere whisky ed oziare se non fosse che periodicamente si trova coinvolto in indagini o comunque avventure varie. Articolata su cicli di tre episodi, questa serie è un ottimo esempio di “avventura per l’avventura” e Wood vi fa sfoggio della sua inventiva e della sua ironia migliori. Il disegno di Taborda è senz’altro buono e originale ma forse non è il più adatto per una serie così dinamica. Caso rarissimo, Il Pellegrino fu anticipata da un libero su Lanciostory 23 del 1992, disegnato però da Emiliano (in pratica si trattava di una versione embrionale del primo episodio con un finale alternativo). Venne interrotta a causa degli impegni che oberavano Wood, ma Robert Preston è ricomparso in Amanda. Gli episodi realizzati finora sono stati ristampati su I Giganti dell’avventura 2 e 21.

Port Douglas (Lanciostory 15/95)

John Kelly è un grigio e insoddisfatto impiegatuccio londinese che eredita in maniera rocambolesca una vera fortuna, tra cui un veliero ormeggiato a Port Douglas. Potrebbe farsi convertire i beni in danaro, ma preferisce cogliere l’occasione di cambiare vita trasferendosi là. Durante il lungo viaggio verso la sua meta australiana incontra le persone più varie e vive quelle poche briciole d’avventura che gli anni ’90 possono offrire. Wood non sa scrivere solo di eroi, ma anche un uomo fin troppo comune diventa interessante nelle sue mani. Molte di queste storie autoconclusive sono ben architettate ed appassionanti, ma è facile cogliere qua e là una punta di nostalgia per la “vecchia” avventura. L’uso di buoni comprimari, si sa, è uno dei pregi di Wood e Port Douglas conferma nella maniera più efficace questa sua abilità. Tra l’altro, Gerardo Canelo non si sarebbe più ripetuto a questi livelli. Port Douglas è una delle poche serie di Wood a raggiungere una conclusione netta e soddisfacente. Tutta la serie è stata ristampata su I Giganti dell’avventura 16

Amanda (Skorpio 17/95)

Amanda Geertsen è un’orfanella che vive in un ben poco felice orfanotrofio argentino, con la sola amicizia della bella Negrita a consolarla dalla misera condizione in cui si trova. Una rossa rachitica e lentigginosa non passa inosservata nella periferia di Buenos Aires e Amanda è infatti regolarmente oggetto degli scherzi e degli insulti dei coetanei “latini”. Ma, dalla scoperta della sue vere origini all’assunzione come hostess, saprà prendersi un bel po’ di rivincite. Wood crea un altro dei suoi deliziosi personaggi da cui molti autori non saprebbero ricavare nulla, e accanto al necessario sentimentalismo di fondo si colgono qua e là occasionali echi neorealisti. Ma il meccanismo sfugge di mano ai suoi creatori e mentre Falugi butta già in tutta rapidità degli schizzi approssimativi (a volte si vedono le matite non cancellate, altre ancora le pecette con cui rimedia agli sbagli), Wood dà vita a dei soggetti semplicissimi o, molto più spesso, inverosimili: nel 2002 Amanda ha pure incontrato le fate! E pensare che nel presentarla l’Eura la definì la Helena degli anni ’90.

Inizialmente Amanda fu una rivelazione, ma da troppo tempo ormai si trascina con episodi molto scadenti e le sue dieci tavole settimanali (in rotazione con Martin Hel) vantano senz’altro il tempo di lettura più breve di tutto Skorpio. E ovviamente in questo banalizzante “buco nero” anche le idee che altrove potrebbero essere interessanti risultano sprecate e svilite. In barba a queste considerazioni, Amanda sembra godere ancora del favore del pubblico e nel 2000 le è stata dedicata una serie di volumetti mensili che ripropone cronologicamente gli episodi di Skorpio e che si è interrotta momentaneamente al numero 39 in attesa di “ricaricare le pile” con materiale nuovo. Precedentemente, il personaggio aveva fatto capolino su Euracomix (nei numeri 97, 101, 109 e 118).

Impiccato (Skorpio 19/95)

Spagna, ultimo scorcio del XV° secolo. Il comandante Orduña ha organizzato un attacco spettacolare (e assolutamente sconsiderato) per intrattenere i suoi amici in visita sul fronte, altri nobili viziati come lui. L’ufficiale Garcia, di origini plebee e giunto al rango di capitano per merito e non per nascita, cerca in tutti i modi di dissuaderlo dal suo proposito ma riesce soltanto a farsi disprezzare ancora di più e viene messo ai ferri. L’esito della battaglia è scontato e Garcia, una volta libero, manda a forza l’ottuso Orduña contro le fila nemiche. Sfuggito da morte certa con la nobile Doña Luisa, non potrà però sottrarsi alla giustizia del Re. Il buonsenso di Garcia sarà infatti premiato con l’impiccagione, chiesta a gran voce da altri nobili della stessa pasta di Orduña: per loro è inconcepibile che un misero popolano mandi a morte un aristocratico ed osi “rapire” una nobildonna. Il re di Spagna apprezza il valore di Garcia, ma non può permettersi di perdere l’appoggio della sua corte. Con uno stratagemma sofistico salva capra e cavoli: Garcia verrà sì impiccato, ma in presenza del solo Re che provvederà a staccarlo immediatamente dal cappio per non ucciderlo. Di lui in Spagna non dovranno rimanere tracce oltre a quella finta tomba con cui ingannare i nobili. Garcia, che assume il nuovo nome di Impiccato, approda quindi nel Nuovo Mondo in compagnia dell’amico Mariano (un brigante portoghese) ed assiste alle prime glorie ed alle prime miserie di questa terra, oltre a sorbirsi i deliri di Colombo ancora convinto di trovarsi nelle Indie.

Si tratta di una serie basata principalmente sulle atmosfere e sull’afflato lirico (visto che è piena di incongruenze o piccoli errori: ad esempio, nel secondo episodio Garcia ricorda di essere stato abbandonato in fasce sulla soglia di un monastero, mentre nel quarto racconta di suo padre e sua madre!) ma non mancano nemmeno sequenze molto originali ed un bel po’ di colpi di scena. Si tratta quindi di un’opera godibilissima e molto ben riuscita, ma ha il difetto di concludersi in maniera troppo ambigua, come se i 13 episodi realizzati fino ad allora fossero solo l’antefatto di una storia che non vide mai la luce. Forse la serie è stata continuata da un altro sceneggiatore o forse Wood l’ha interrotta per mancanza di tempo. Ma può anche darsi che la conclusione fosse proprio quella lì. I disegni di Sesarego sono notevolissimi benché in Impiccato non abbia dato sempre il meglio di sé. Questo interessante e poco conosciuto artista non era un giovane con velleità neoclassiche ma bensì un professionista già attivo ai tempi della Frontera di Oesterheld. Chissà che fine ha fatto; di certo Impiccato (già interessante di suo) ha tratto molto beneficio dal suo intervento.

Il Morto (Skorpio 38/95)

Immagine articolo Fucine MuteIl sultano di Persia è sulle spine. Sa che le sua ultima ora si avvicina ed è tormentato dal dubbio di non essere stato un buon sovrano. Su suggerimento del suo visir, decide quindi di cercare un uomo assolutamente neutrale che percorra per lui il suo impero e ne documenti gli eventuali guasti. La scelta cade sul cupissimo infedele chiamato semplicemente “il Morto”, nome ampiamente meritato. Si tratta infatti di un nobile generale che sacrificò la sua vita in cambio di quella dei suoi ultimi dieci soldati rimasti. Ma il pugnale con cui si lacerò il cuore non pose subito fine alla sua esistenza ed il Morto”resuscitò” la notte stessa. Dalla rettitudine d’acciaio e molto esperto in battaglia, questo personaggio può ricordare inizialmente un Nippur misto a Rostandt ma altro non è che un clone di Dago. L’ambientazione storica e geografica è praticamente la stessa, come identico è il ruolo del protagonista, che anche in questo caso amministra la giustizia per conto di quelle autorità di cui porta il sigillo. Certi soggetti, poi, sono praticamente gli stessi (come quello del giovane ricco viziato che tormenta un intero villaggio perché gli hanno ucciso un cane). Le sue avventure sono comunque molto meno articolate e sanguinarie di quelle del giannizzero nero e forse vanno lette più come variazioni su temi già trattati (ed evidentemente molto amati) che non come una delle serie più “sentite” di Wood. Senza nessuna infamia ma neppure senza particolari lodi, Il Morto si avvale del bravo Müller ai disegni e letta come divertissement disimpegnato (e non come capolavoro ad ogni costo) è comunque molto godibile. La conclusione non ammette seguiti.

Angel (Skorpio 10/96)

Un neonato marchiato sulla mano destra sembra nato proprio sotto una pessima stella: è appena venuto al mondo che subito vogliono ammazzarlo. Per fortuna la pietà e l’amore del mendicante Encorvado gli permetteranno di sopravvivere nel tormentato mondo dei bassifondi andalusi (è ai mendicanti che Angel deve il suo nome). Le sue origini non verranno mai chiarite del tutto ma è palese che si tratta di un “bastardo reale” la cui sola esistenza potrebbe mettere nei guai alcune figure vicine alla corte del Re. Dopo il primo periodo “urbano”, Angel inizia a vagabondare per la Spagna incappando anche in un fantasma (!) e facendo la conoscenza della temuta famiglia Borgia. La serie si sposterebbe poi oltreoceano, ma proprio all’inizio della traversata Angel si conclude con una lunga didascalia. Forse la serie è continuata con un altro sceneggiatore o forse è stata sospesa per qualche altro problema, di certo si rimane con un po’ di amaro in bocca. Eduardo Risso fa sfoggio di un dettaglio maggiore del solito (Angel è un lavoro risalente alla sua collaborazione con la Columba, quando non aveva ancora raggiunto la scioltissima sintesi di oggi) e nel complesso, tra le sue opere meno conosciute, questa è una delle serie più affascinanti di Wood. Peccato che all’epoca l’Eura ne abbia eliminato la maggior parte delle didascalie.

Mark (Skorpio 28/96)

Sopravvissuto grazie alla lungimiranza dei suoi genitori ad uno strano olocausto “nebbioso”, Mark affronta il tipico bestiario di mutanti, umani regrediti e nuove società che tramano nell’ombra. Ma la minaccia più grave è senz’altro rappresentata dagli Eletti, vecchi scienziati che vivono sotto una cupola protettiva ed ignorano il resto del mondo, intenti come sono a trovare un modo per perpetuarsi. Il canovaccio è quello già visto da tante altre parti, ma Wood lo condisce alla perfezione con i suoi ottimi comprimari (qui si segnala in particolar modo il tormentato Hawk) e la sua attenzione agli elementi antropologici. Anche Ricardo Villagran fa un buonissimo lavoro, eppure la serie fu un flop, tanto che l’Eura la sospese prima della conclusione. Di certo l’adattamento non rendeva giustizia a Mark (v. Fantascienza: la “bestia nera” di Wood?), in ogni caso è assai improbabile che rivedremo un giorno questa bella serie.
In Argentina Mark è continuato invece per un bel po’, ed ha anche generato un Mark 2 scritto da Paul Munn e disegnato da Sergio Ibañez. Può darsi che il personaggio di Hawk fosse a sua volta titolare di una serie visto che un fumetto di Wood ancora inedito in Italia si intitola proprio Hawk.

Ulster (Skorpio 32/96)

In tre episodi, per un totale complessivo di 45 tavole, viene narrato il mito celtico di Cuchulain. A causa delle sue ascendenze sovrannaturali (la madre Dectera fu sedotta dal semidio Lugh) il piccolo Set viene ignorato dallo stesso padre “ufficiale” e tenuto in disparte dalla società di Re Connor, suo zio. Caparbio e disperato, il bambino giungerà ad Emain Macha dove riuscirà ad entrare nei ranghi dell’esercito dei bambini grazie al potere ereditato dal padre: nei momenti di rabbia si trasforma infatti in un mostro violentissimo. Ma al momento della consegna di una spada vera che ne sancisca il passaggio all’età adulta, Set uccide inavvertitamente il cu (cane da guerra) del fabbro Chulain e per riparare al suo gesto accetta di fare da guardiano alla proprietà del fabbro in attesa che un altro cucciolo di cu lo sostituisca. Assume quindi il nome di Cuchulain e si trasfigura simbolicamente nel “cane da guardia dell’Ulster”.

L’unico difetto di Ulster è la sua brevità. Enrique Alcatena, sotto la direzione di Wood, sembra proprio stimolato a superarsi come disegnatore (e parliamo di un artista la cui produzione media è eccellente) e lo sceneggiatore è l’interprete ideale di materiale che comunque è già affascinante di per sé. Ma purtroppo la ricognizione delle leggende d’Irlanda è nata e morta con Cuchulain e non possiamo far altro che immaginare gli altri capolavori che avrebbe sicuramente saputo darci la coppia di Merlino. Questo breve capolavoro (la serie più breve di Wood in assoluto) attende ancora una ristampa, nonostante la sua statura fosse già chiara all’Eura al momento della pubblicazione: venne infatti proposto a cadenza quattordicinale, e di certo non per problemi di programmazione. Può essere interessante confrontare Ulster con lo Slaine di Mills e Bisley (che proprio Skorpio pubblicò nel 1992 qualche anno prima della Magic Press) per vedere come autori diversi hanno trattato il medesimo mito.

Kayan (Lanciostory 16/97)

Immagine articolo Fucine MuteGli spietati e brutali unni gli hanno massacrato tutta la tribù e così il nerboruto persiano Kayan si lancia al loro inseguimento per steppe e vallate, bramoso di ammazzare il suo arcinemico Attila e di liberare così il mondo da tanta barbarie. Dopo un primo ciclo di storie autoconclusive (in cui tra l’altro era maggiormente presente l’elemento sovrannaturale) Kayan vive il suo periodo “romano” e poi, alla caduta di Roma, quello “vandalo” a Tunisi. L’iconografia iniziale sembra assai debitrice al Conan di Howards, che in America stava furoreggiando sotto forma di comic book, ma in seguito il disegno si semplificherà molto (già dopo il 10° episodio) quando ai Villagran succederà l’equipo di Gomez Sierra (e per chiudere il cerchio, i Villagran saranno tra gli illustratori chiamati dalla Marvel a disegnare le avventure del Cimmerio). Nonostante i disegni non siano documentatissimi (Kayan sembra più un metallaro svedese che non un guerriero persiano, senza parlare dell’abbigliamento “dark” di Attila) Wood è veramente riuscito a ricreare un mondo e ad immettere una buona dose di credibilità in un’epopea di proporzioni titaniche. E, in ogni caso, rimangono comunque delle avventure coinvolgenti e ben costruite. Kayan è una serie relativamente vecchia ma Wood la concluse solo dopo il 1994 (data di uscita del volume Speciale Eura, in cui lo sceneggiatore dichiarava di stare ancora lavorando al personaggio).
Kayan è stato ristampato sui numeri 22 e 23 de I Giganti dell’avventura.

I Fratelli della filibusta (Skorpio 19/97)

Sulla falsariga di Dracula l’uomo, un altro ritratto storico curato dalla coppia Wood-Salinas. Ma rispetto a quel primo riuscitissimo esempio questa miniserie è veramente poca cosa. Alberto Salinas si esprime ancora in maniera eccellente (pur se si comincia a intravedere il declino) ma è Wood a deludere: questi pirati di cartapesta sono semplicemente delle macchine di morte senza alcuno spessore. Che poi la ricostruzione storica sia curata e fedele poco importa: a cosa serve se le vicende che vi si svolgono non sanno appassionare? Forse è la struttura adottata da Wood (e magari imposta dall’Eura) ad aver penalizzato oltre misura I Fratelli della filibusta, ma il risultato non cambia. Sul versante stilistico si notano infatti delle ardite ellissi narrative, solitamente poco usate da Wood, e la rigida compattazione delle due parti ne rende difficile la serializzazione su rivista, che difatti risulta “spezzata” e poco fluida.
Le prime due miniserie si sono occupate di Henry Morgan e con tutta probabilità non avranno seguito. I primi sei episodi sono stati ristampati in un fascicolo omaggio allegato a Skorpio 19 del 1998 ma i colori originari di Salinas sono stati sostituiti da una pessima colorazione al computer.

Anders (Lanciostory 24/97)

La tragedia della prima guerra mondiale vista attraverso gli occhi dei semplici abitanti di un villaggio dell’Est Europa. Anders è un giovane costretto alla fuga con l’”amico per forza” Morel dopo il saccheggio del suo paesello: tornano quindi i temi del vagabondaggio e della maturazione attraverso l’esperienza; il lungo viaggio che intraprenderanno i due compagni li porterà fino alla Cina, dove ritroveremo parte delle suggestioni di Dax. In questo canovaccio assai consueto per Wood faranno di nuovo capolino alcune delle situazioni e delle figure umane tipiche dello sceneggiatore, che coglie anche l’occasione per omaggiare uno dei suoi personaggi più amati, Il Cosacco Sacha Veblin. Non si tratta forse di un capolavoro (nonostante l’impegno che ci mette Falugi) e obbiettivamente alcune situazioni sanno di “già visto”, ma Anders risulta comunque una lettura piacevole resa oltretutto appagante da un bel finale risolutivo. Si segnala per essere una delle poche serie di Wood ad avere una collocazione cronologica precisissima (che va dal 1914 al 1918). Cosa diavolo ci facesse il disegno di un falco accanto al titolo, comunque, è un mistero.
Ristampata su I Giganti dell’avventura 18.

Raycon (Skorpio 37/97)

Raycon è un astronauta risvegliatosi dall’ibernazione con alcuni compagni in una Terra regredita ed imbarbarita. Solo con la violenza potrà cavarsela dalle pericolose situazioni in cui si troverà invischiato. Questo antefatto ci viene presentato su Skorpio 37 del 1997, ma in realtà il primo episodio è costituito da due puntate distinte disegnate da un disegnatore che non è l’Emiliano che figura nel colofon insieme a Wood. Dal numero successivo infatti le serie ripartirà da capo con alcune piccole modifiche e un netto miglioramento dei disegni. Ma purtroppo questa tabula rasa apparentemente risolutiva sarà soltanto il preludio ad una delle storie più scombinate e ridicole di Wood (già il secondo episodio “giusto” contraddice o modifica alcuni elementi dell’antefatto). Ritorna il tema dei Primordiali, ma la citazione di Gilgamesh o dell’Eternauta è un palliativo assai inefficace se poi le storie si riducono a trame da videogame in cui Raycon deve ammazzare l’arcinemico di turno identico a quello della volta prima. E alcune “sparate” molto azzardate di bioingegneria rendono il tutto ancora più assurdo e ridicolo. Una serie da dimenticare, anche se Emiliano ha svolto un lavoro più che dignitoso (anzi, decisamente buono).

Lei e io

Lei e io (Skorpio 24/98)

Tino Espinoza è un grafico pubblicitario di Buenos Aires (che poi però diverrà inspiegabilmente anche disegnatore, giornalista e sceneggiatore di fumetti) che ha trovato in Poppy la sua anima gemella. La sua ragazza ha un caratterino niente male e d’altronde è normale vista la gagliarda famiglia di origini nordeuropee in cui è nata: per suo padre Tino è semplicemente “lo stupidotto”! La quarta serie ideata da Wood ne rivela l’animo umoristico e per i lettori argentini del “musone“Jackaroe dev’essere stata una scoperta. Perché, in effetti, molte di queste storie fanno letteralmente pisciarsi addosso dalle risate. A fare da bersaglio allo sguardo sarcastico e caustico dei due autori (uno stupendo Vogt dà man forte a Wood) non ci sono solo le dinamiche di coppia ma tutta una sarabanda di stereotipi e personaggi caricaturali. Non mancano nemmeno parodie vere e proprie ed episodi programmaticamente virati sull’assurdo. E le occasionali citazioni o frecciatine all’ambiente fumettistico argentino offrono un ulteriore motivo d’interesse per l’appassionato (Tino ovviamente è lo stesso Wood, anche se in un episodio compariranno faccia a faccia, ed anche Vogt farà le sue comparsate). Lei e io è un fumetto eccezionale che conserva intatto il suo fascino a trent’anni dalla creazione. Tra l’altro, era una delle serie a cui Wood teneva di più e solo gli inesorabili impegni di metà anni ’90 lo costrinsero a concluderla. Attendiamo con trepidazione una ristampa integrale.

I Borgia (Skorpio 1/2000)

I ritratti storici di personalità “forti” sono da sempre una delle passioni di Salinas ed una dinastia di intriganti come fu quella romana dei Borgia poteva offrire delle ottime possibilità narrative. Invece tutto si risolse in una bolla di sapone. Salinas ricopia pedissequamente i ritratti della famiglia Borgia, Wood si limita a elencare fatti e date: troppo poco per dar vita ad una miniserie dignitosa. Come qualità siamo ai minimi storici della coppia dei creatori di Dago, e la pessima colorazione dell’Eura non fa che peggiorare le cose (Alberto Salinas avrebbe recuperato terreno l’anno successivo con la nuova e migliore serie Secoli bui). Nonostante le vicende della famiglia Borgia siano ancora da concludersi, probabilmente non ne vedremo mai il seguito. Per fortuna, perché I Borgia è un fumetto veramente da dimenticare.

Clochard (Lanciostory 30/00)

Jean è un ex legionario con i proverbiali problemi di reinserimento nella società (in questo caso ci troviamo a Marsiglia). L’incontro con il barbone Pierrot dà un nuovo scopo alla sua vita: dopo la sua uccisione proseguirà infatti la lotta alla mafia corsa iniziata dal clochard. Jean diverrà quindi una sorta di giustiziere e comandante dei barboni (da qui il soprannome) e con l’aiuto di questi reietti sventerà piani criminali anche su scala internazionale. Tanto più che con la sua identità fittizia di Jean Chevalier, ricco e annoiato nullafacente, può tenere a bada anche gli ambienti alti del crimine organizzato. Come idea di base sa in effetti un po’ di stantio ma l’abilità e l’esperienza di Wood fanno diventare interessanti persino queste storie ingenue e fuori moda. Merito di una buona galleria di comprimari e di una certa continuità di episodio in episodio che mantiene abbastanza vivo l’interesse. Clochard sarebbe quindi una serie di routine senza infamia e senza lode se non fosse per i disegni di Ascanio, veramente atroci, che riescono a fare la differenza tra un prodotto medio e una boiata. Con Garcia Seijas ai disegni Clochard non sarebbe certo un capolavoro, ma di sicuro lo si leggerebbe con più piacere. La serie non si è ancora conclusa e forse un giorno ne vedremo il seguito. Ma probabilmente in pochi ne sentono la mancanza (ammesso che qualcuno se la ricordi).

Il Demonio e la Pantera (Lanciostory 19/01)

La storia si svolge nel 1994. La Pantera è una scaltra agente della CIA che sceglie il Demonio (un reduce della guerra del Golfo internato in manicomio) per svolgere una delicatissima missione: distruggere in Thailandia una terribile, quanto improbabile, arma ad antimateria (!).

Può darsi che questo libero in due parti fosse in origine l’episodio pilota di una serie mai realizzata, ma forse si tratta di una storia cannibalizzata da altre fonti. Tra l’altro, quasi tutta l’ultima pagina è costituita dal collage di immagini precedenti. Di certo Falugi è meglio qui che non su Amanda. La coppia oppositiva di uomo e donna in un contesto avventuroso sembra carica di possibilità nelle mani di Wood, speriamo che un giorno ci ritorni sopra.

Jackaroe

Jackaroe (Lanciostory 14/02)

L’ultimo arrivato di Wood in casa Eura è in realtà uno dei suoi primissimi personaggi: l’”indiano bianco” Jackaroe. Ma che si tratta di un trovatello allevato dagli apaches (regolarmente sterminati: vi ricorda nulla?) lo scopriremo solo in seguito, visto che la serie inizialmente si basa su episodi autoconclusivi molto slegati l’uno dall’altro. Nonostante il piglio un po’ cupo che ai tempi della sua creazione doveva rendere Jackaroe un personaggio interessante, nel 2003 questa serie risulta piuttosto “neutra” o spensierata. E alcune trovate geniali di Wood, che in Italia abbiamo già visto negli anni passati su altre sue serie, appaiono oggi decisamente meno geniali. Jackaroe è comunque una lettura gradevole e bisogna riconoscere all’Eura un grande coraggio ed una grande coerenza nel voler riempire i “buchi” nella cronologia di Wood. Dopo i primi episodi un po’ insipidi, Dal Fiume si avvale di uno stile abbastanza strano, che coniuga stilemi popolari ad ispirazioni più ricercate senza dubbio debitrici di Alberto Breccia. Forse il lettore occasionale non si entusiasmerà davanti a Jackaroe, ma chi ama Wood deve essere grato a Lanciostory per quest’occasione di “archeologia” fumettistica (cui speriamo faccia seguito il recupero di altre serie argentine degli anni passati).
Juan Dal Fiume (già visto su Sir John, ma lì era indicato come Dalfiume) è un argentino d’adozione visto che è nato a Bologna.

Fondamentale per chi voglia integrare la conoscenza di Robin Wood anche dalla sua viva voce, il numero 26 di Fumo di China (prima serie, 1986), uno speciale interamente dedicato a lui. Approfondito e molto ben confezionato, il fascicolo (che non dovrebbe essere difficilissimo da reperire anche ad un prezzo basso) contiene un’intervista a Wood, esaurienti e puntuali analisi delle serie pubblicate all’epoca in Italia ed alcuni interessantissimi “dietro le quinte”. Per il resto, la critica riguardante Wood e le sue opere è assai scarsa in Italia. Ciò è dovuto principalmente a due fattori: la poca considerazione in cui è tenuto il fumetto nel nostro paese e l’atteggiamento schivo dello stesso Wood, che per anni lo ha tenuto lontano da manifestazioni ed occasioni di celebrazione ufficiali. Qualcosina, comunque, si trova:
Nuvolette, la rubrica di Lanciostory in cui vengono intervistati gli autori, ha ospitato Wood nei numeri 1 e 2 del 1994 (Wood è stato proprio il primo autore intervistato), sul 16 (Wood dà una risposta in tandem con Sergio Loss) e poi nel 1995 (nei numeri dal 9 al 17), nel 1997 (n° 4, 12, 13), nel 2002 ( ) e nel 2003 ( )
Su Fumo di China sono comparsi occasionalmente interventi sull’opera di Wood o interviste.
Nel 1994, in occasione di Lucca Comics, è stato dato alle stampe il volume Speciale Eura, che si è occupato delle nuove iniziative della casa editrice. Tra gli intervistati figura anche Robin Wood, ed ai suoi eroi Dago e Martin Hel vengono dedicati dei profili puntuali. Quello dedicato al giannizzero nero è quasi lezioso tanto è approfondito e dettagliato (si capisce che i curatori sono degli appassionati di Storia).

Sul fronte di Internet pochi siti si stagliano sugli altri per qualità e affidabilità. Il migliore è decisamente www.nippurweb.com.ar, seguito a ruota dalle pagine web curate da Ivan de la Torre; interessante la teoria di de la Torre secondo cui Wood non ha riscosso ancora i meritati riconoscimenti perché “tiene exito”, cioè ha un grandissimo seguito popolare. Anche Ubc fumetti ha avuto modo di ospitare un ottimo pezzo dedicato a Wood ed al tentativo di ricostruire la cronologia delle sue serie.
Grazie a Sergio Loss per le “dritte” e per avermi sopportato in questi anni ed a Fucine Mute per aver pubblicato i miei pezzi.
Un ringraziamento particolare a Cynthia Colavita per il materiale procuratomi.

Con questo articolo si conclude il dossier monografico dedicato a Robin Wood: una lunga rassegna delle opere “italiane” dell’autore rigorosamente esposte lungo le tre fasi cronologiche che lo hanno visto operare nel nostro paese.

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