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Cinema

Samir

Il cantastorie elvetico

Immagine articolo Fucine MuteL’omaggio a Samir è al centro della rassegna Switzerland: another babylon? in programma quest’anno a Alpe Adria Festival e dedicata alla produzione indipendente svizzera. Le sue opere inseguono diverse forme d’espressione, tracciando un elaborato percorso che va dal fumetto al video passando per la scrittura ed il teatro, e da cui emerge una forte attenzione nei confronti dell’universo giovanile “pop” così come ci viene presentato dai media. In tutto sono stati selezionati undici lavori, tra cui Babylon 2 (1993), fortunato documentario sui temi dell’immigrazione e dell’identità ripresi anche nel più recente Forget Baghdad (2002) e che, insieme ad alcune opere dai toni più leggeri come La eta knabino e la favola Angélique, rivelano un cineasta di sorprendente versatilità; oppure un eccezionale “cantastorie”- come scrive nell’introduzione sul catalogo Frédéric Maire, curatore dell’omaggio e co-fondatore del cineclub per bambini La Lanterna Magica — capace di racchiudere più significati all’interno di un solo, rapido, abbagliante frame.

Sarah Gherbitz (SG): Come ti sei avvicinato alla sperimentazione video?

Samir (S): Ho cominciato a realizzare piccoli video sperimentali nei primi anni ottanta, quando si usavano ancora le cosiddette videocamere amatoriali. Decisi di provare a vedere che cosa potevo fare col digitale perché prima avevo imparato tutto sulla pellicola: ogni volta che compare una nuova tecnologia ne resto colpito e mi piace impararla, voglio capire se ci vado d’accordo oppure no; così comprai una di queste prime videocamere e iniziai a girare. Mi accorsi subito che era molto differente dalla pellicola perché avevo più possibilità di “giocare” con le immagini; allo stesso tempo lo odiavo perché l’immagine non era definita come avviene invece quando si usa la pellicola.

SG: Però nei tuoi film l’uso dello split-screening ha un ruolo fondamentale..

S: Anche in passato i primi cinematographers usavano queste tecniche ma era molto difficile lavorarci, perché dovevano ricavare piccole immagini per poi inserirle sulla pellicola, basta pensare a Méliès ed al suo Voyage dans la lune, era pieno di questi piccoli trucchi… Da parte mia, sapevo come effettuare questo passaggio e lo trovavo molto affascinante. In seguito, quando passai al digitale restava pur sempre un problema: l’inquadratura non era nitida come quella della pellicola, non era bello da vedere, non c’era profondità. L’immagine video è sempre molto piatta. Incominciai a pensare come sarebbe stato creare differenti livelli di profondità nell’immagine e nacquero così i primi esperimenti.

SG: Nei tuoi film c’è un forte approccio documentaristico, quali sono i registi che ti hanno più influenzato in questo senso?

S: Devo dire che mi sento distante dall’approccio documentaristico, mentre è presente l’influsso della nouvelle vague sulle mie opere, penso ad esempio al film Le milieu du monde (1974) di Alain Tanner, dove si racconta della storia d’amore tra un ingegnere svizzero e una cameriera italiana attraverso lo split screening. Ma nei miei film ci sono forti riferimenti anche al neorealismo, ed al cinema “rivoluzionario” di Pasolini e di Francesco Rosi degli anni Sessanta; senza dimenticare Corbucci e gli spaghetti-western di Sergio Leone.

Morlove, 1986

SG: Com’è nata l’esperienza della Dschoint Ventschr (la casa di produzione fondata da Samir, nda)?

S: Sì, Dschoint Ventschr è il nome scherzoso che abbiamo scelto quando abbiamo avvertito la necessità di metterci insieme: e joint venture significa, per l’appunto, affrontare le avventure insieme. è un modo per supportare i giovani talenti del cinema svizzero perché, ai nostri tempi, nessuno ci sostenne. Ora che ce l’abbiamo fatta è giunto il momento per noi di essere generosi e supportare anche gli altri: mi raccomando mettete il link nel vostro website!

SG: E com’è questo giovane cinema svizzero?

S: La Dschoint Ventschr è specializzata nel produrre nuovi talenti che cercano un nuovo linguaggio nel cinema; per quel che riguarda i contenuti, i film prodotti riuniscono sullo stesso schermo gente, stili di vita e quindi delle culture molto diverse tra loro. Quel che c’interessa non è tanto il cinema mainstream commerciale ma un genere più innovativo, e quindi registi “autori” che creano e sperimentano con il linguaggio.

SG: Quali sono i tuoi progetti futuri?

S: Sto lavorando ad un film di fiction il cui titolo è Biancaneve (Snow white) dove si racconta di una ragazza della “gioventù dorata” di Zurigo che s’innamora di un famoso cantante, interpretato da Carlos Leal, leader del gruppo hip hop Sens Unik. Si tratta di una riflessione sull’assenza di riferimenti politici nella giovane generazione, specialmente nell’occidente globalizzato. Non mi riferisco ovviamente a quei ragazzi coraggiosi impegnati nel movimento no global, il film parlerà dei giovani che sono coinvolti in club, droga-party e sesso, che hanno insomma un modo cinico di vedere il mondo. Puoi parlare con loro di politica, la conoscono, sono molto intelligenti ma non hanno alternative: sarà un docufilm sulle giovani generazioni.

Snow white, 2004

SG: Per concludere, una domanda a Frédéric Maire (FM): come hai conosciuto il cinema di Samir?

FM: Anch’io ho fatto alcuni film, quindi ci siamo incontrati al festival di Soleure dove passano tutte le produzioni svizzere e probabilmente i nostri lavori sono stati proiettati nello stesso momento… Ma vorrei dire che ho scoperto Morlove quando era passato a Soleure, è stato veramente uno choc per tutti vedere, ad un tratto, su uno schermo che era abituato a quei documentari non dico pesanti, ma almeno tradizionali, caratterizzati da un certo rigore formale molto elvetico, dicevo vedere questa specie di follia-video che si permetteva tutto, tendente al fumetto ma al tempo stesso ricco di riferimenti cinematografici. Ho l’impressione che tu hai scosso tutta la città di Soleure, e soprattutto il mondo cinefilo che si trovava lì parlava soltanto di questo film perché era diventato un avvenimento assoluto, vedere qualcosa di totalmente diverso e di completamente nuovo; e da lì abbiamo iniziato a parlare, a sentirci di tanto in tanto..

S: Sì, le tecniche di animazione m’interessano proprio in quanto consentono di comporre e scomporre continuamente… Questo vale sicuramente per Morlove; in questo senso fu innovativo, perché sommando alle novità del digitale le potenzialità delle tecniche di animazione alla fine è risultato un film completo.

Morlove, 1986

SG: Che cosa intendi quando definisci il montaggio una sorta di morte, di uccisione dell’amata (killin’ you darling, nda)?

S: Se si vuol mettere tutto quello che piace davanti alla mdp il risultato non è più un film bensì semplicemente una telecamera di sorveglianza; il principio del filmare consiste nell’eliminare tutto ciò che non usi per il tuo racconto: questo forse è anche la principale differenza che passa tra un web-film e il cinema!

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