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Scrittura

Franco Buffoni e l’oggetto informatico (rischi dell’assimilazione)

Riflessioni

Franco BuffoniDall’orizzonte tematico della poesia di Franco Buffoni la possibilità di un excursus d’avvicinamento e constatazione informatica pareva lontana, ma congrua sul versante “oggettuale” della sua ricerca, la sortita “tecnologica”, risulta indispensabile nell’approccio al presente, nonostante le direttrici culturali che ne sostanziano l’humus precipuamente lombardo, si distanzino nettamente da “qualsiasi richiamo sperimentale”.
Niente di cui stupirsi, allora, se una tale scelta — in funzione del rapporto io-altro o meglio, nel tentativo di una “ricomposizione di interno ed esterno” — assuma l’effettiva valenza di una riappropriazione.
Se la frantumazione identitaria è un dato di fatto, non può sussistere via d’uscita all’impasse che vada oltre la ri-percorrenza.
L’analisi del frantume, del frammento memoriale è d’ordine gnoseologico: riportare a galla gli eventi “memorabili” rappresenta una reazione “essenziale” al grigiore della ripetitività temporale, ma avvertire, o meglio, percepire ‘l’epifania’ del reale comporta una dis-posizione, un accomodamento subordinato a due rischi: raccogliere passivamente “l’eventualità del concreto”, concerne la possibilità di un ulteriore ed irreversibile scardinamento identitario; al contrario, l’eccessiva disponibilità nei riguardi dell’incombenza materica potrebbe condurre a un’imponente conflagrazione individuale, poiché l’inconscio è un sostrato che tende a scompaginarsi nel mondo, se represso; il sonnambulo, meglio l’insonne, rischia di divenire profeticamente visionario nell’ipotesi di un’autoaffermazione sentita come esigenza liberatoria (quasi inavvertibile la soglia che separa l’azione del manipolatore da quella del manipolato). E difatti René Char: “La poésie vit d’insomnie perpétuelle”.
La disgregazione invece sarà ricomposta (sarebbe più opportuno seguire Buffoni e assecondare sempre il respiro, sentire l’esigenza d’escursione ; il reale è il respiro nella sua scrittura metrica) in rapporto all’evidenza e all’interscambio col mondo esterno. Come in Valéry: “L’estraneità è il vero inizio”.
Potrà, alla luce di questa apertura moderata al fenomeno, spiegarsi il “tentativo informatico” di Buffoni. In quali termini: nel 2000 appare un inedito per la rivista “Teléma”: “Questo meraviglioso pioppo che si inchina” il quale confluirà l’anno successivo in “Theios” (Interlinea, Novara 2001) e sarà ripreso, secondo la consueta pratica di repêchage — di volontà strutturale — adottata dall’autore lombardo, in “Del maestro in bottega” (Empiria, Roma 2002).
Ma, intanto, è partendo da un’altra composizione (stavolta in “Del maestro in bottega”) “Come quando un tasto sbagliato”, che si può comprendere chiaramente l’atteggiamento buffoniano nei riguardi dell’altro oggettuale. Il poeta si appresta alla videoscrittura, al rapporto con l’oggetto informatico (Buffoni in nota: “E infine evocare con orrore l’apprendistato videoscritturale”), ma essendo dis-posto è più esposto all’automatismo del congegno che non concede la possibilità di distrazioni a quello stesso automatismo (il poeta riflette sulla funzionalità in termini d’errore, infatti il caos, scatenato dall’errata digitazione, può essere letto come scarto inconciliabile tra gli attori presenti sulla scena).
In questi termini una mimesi — in senso romantico — è impossibile.
Rischi d’assimilazione o errata disposizione?
Ancor più esplicativa la prima poesia. Seguendo la scissione in frammenti mnesici, nel tentativo di recuperare la stessa memoria, si arriva alla constatazione del presente, alla sua “focalizzazione”. Pur partendo da una profonda eterogeneità situazionale si stabilisce l’aggancio dei momenti nel soggetto poetico, solo così il pioppo dell’infanzia può tramutarsi nel “… mio nuovo e-mail / sul far della sera”.
E’ la realtà presente metamorfosi constatata di quella passata e la memoria rappresenta la congiunzione, il recupero soggettivo-identitario che avviene attraversando a ritroso la via dissestata del frammento (essenzialmente conscio, ma più semplicemente ciò che resta di significativo).
Una volta Woodhouse, amico di Keats, ebbe a dire — riflettendo a proposito di “Lamia”– su come il poeta inglese potesse riversare la sua anima «in qualunque oggetto vedesse, sentisse o immaginasse» sino a poter così «parlare dall’interno di quell’oggetto, di modo che il suo io… ne fosse annichilito», e conclude scrivendo: «come uomo deve avere un’identità. Ma come poeta non ne ha bisogno».
L’approccio all’oggetto, in Buffoni, avviene su un altro livello, rispetto a ciò che accade nel poeta romantico: non è il soggetto poetico ad assimilarsi (presumibilmente), bensì l’evidenza dell’oggetto, la sua semplice constatazione, a renderlo comunque “presente”.

Franco BuffoniL’analisi magrelliana, naturalmente superficiale dato che si esprime nell’hic et nunc di una pagina di rivista, coglie, in prospettiva d’assimilazione, il tentativo “memoriale” di Buffoni, dunque è fuori luogo. L’assimilazione è solo presunta poiché non sussiste ospitalità, ma solo disposizione (che, come abbiamo notato, concerne proprio il rischio dell’assuefazione, la quale, nel caso si verificasse, condurrebbe alla totale dissoluzione identitaria. Un’eventualità, cioè, opposta al tentativo costruttivo di Buffoni).
E senza luogo è la memoria: una cernita epifanica ed essenziale degli eventi.
Il “dove” nel soggetto poetico è, quindi, l’essenza, la conquistata, dopo un sofferto lavoro di potatura dei residui psicologicamente insignificanti (scaricati — lo si intuisce in alcuni componimenti de “Il profilo del Rosa” — nello spazio bianco tra i versi) sintesi dei momenti.
Anne Dufourmentelle commentando Derrida: “non si tratta tanto di definire, di spiegare, di comprendere, quanto di misurarsi con l’oggetto pensato, scoprendo nel confronto il territorio in cui la domanda s’inscrive; la sua precisione”.
La domanda è «dove?».
La sproiezione odierna, l’incoordinazione dipendono da questa domanda «umana» irrisolta.
Memoria e presente, confronto, misurazione sono plausibili, leggendo i versi di Buffoni, se non riguardano il tentativo d’assimilazione.

da Theios (Interlinea Edizioni, pp. 80):

Al tuo meraviglioso pioppo che si inchina
Ma solo un poco e in cima
Al vento, come un cenno del capo
Un rapido commento
Al tempo che farà.
Una baionetta lo saliva
Al tempo di lombarda piccola vedetta
Un aquilone poi coi segni marinari
Oggi soltanto l’incisione
Via etere leggera
Del tuo nuovo e-mail
Sul far della sera.

p. 65

***
Algoritmo animato in flusso
Di informazione logica a introdurre
Teorie di apprendimento computazionale,
Metodo empirico vòlto a valutare
I “potrebbe fare di più”
Dell’intelligenza artificiale

p. 66

da Del Maestro In Bottega (Edizioni Empirìa, pp. 180):

Come quando un tasto sbagliato
Sfiorato con la maiuscola in funzione
Produce effetti dirompenti,
Sparisce il verbo con tutte le varianti
Divengono stelline i cippi posti
A guardia dei dubbi
Finché annaspando trovi “annulla”
E tremi per scomparsa
Definitiva, speri
Di rivedere in luce azzurra
Riapparire di Shelley le risate
Cammuffate di pianto
Già versate.

p. 21

***

Questo meraviglioso pioppo che si inchina
Ma solo un poco e in cima
Al vento, come un cenno del capo
Un rapido commento
Al tempo che farà,
Una baionetta lo saliva
Al tempo di lombarda piccola vedetta,
Un aquilone poi coi segni marinari
Oggi soltanto l’incisione
Via etere leggera
Del mio nuovo e-mail
Sul far della sera.

p. 22.

Si ringraziano Interlinea Edizioni ed Edizioni Empirìa per il permesso di pubblicazione dei testi di Franco Buffoni da “Theios” e da “Del Maestro In Bottega”. Il saggio sull’autore è firmato da Gianluca D’Andrea. 


Note


1. Valerio Magrelli in “Teléma 21/22” dell’estate/autunno 2000.
2. Hans Jonas, “Dalla fede all’uomo tecnologico. Saggi filosofici“, Il Mulino, Bologna 1991.
3. René Char, “Les Dentelles de Montmirail “, Commune Présence, 1964, p. 284.
4. “… nell’Essere c’è veramente un ritmo respiratorio di inspirazione ed espirazione, azione e passione, così poco distinguibili, che non si sa più chi vede e chi viene visto…”. Maurice Merleau-Ponty, “L’occhio e lo spirito”, in Id., “Il corpo vissuto“, tr. It. a cura di Franco Fergnani, Il Saggiatore, Milano 1979: p. 212.
5. Paul Valéry, “Cahiers“: II, p. 1361.
6. “Teléma 21/22”, estate/autunno 2000.
7. “Come quando un tasto sbagliato / sfiorato con la maiuscola in funzione / produce sullo schermo effetti dirompenti…“: vv. 1-3.
8. Opportuna a tal proposito l’introduzione di Silvano Sabbadini a “Lamia“, Marsilio, Venezia 1996.
9. “The Letters of John Keats“, a cura di H. E. Rollins, Cambridge 1958.
10. “La sua lirica , cioè, ha spesso cercato di assimilare alla propria temperie linguistica e psicologica gli oggetti caratteristici della nostra epoca”. Valerio Magrelli in “Teléma” 21/22. Più che di “assimilazione” – lo abbiamo potuto constatare – si tratterebbe di un tentativo di “accostamento” agli stessi oggetti.
11. Su ospitalità e disposizione vedi: Jacques Derrida, “Sull’ospitalità“, tr. It. a cura di Idolina Landolfi, Baldini & Castoldi, Milano 2000.
12. Si legga “Una radice ha rotto il vaso“.
13. Anne Dufourmentelle, “L’invito”, introduzione a “Sull’ospitalità“: p. 18.

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