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Fumetto

Vita a Gotham City (III)

Il mondo di Batman

Immagine articolo Fucine MuteIl mondo di Batman è Gotham, la sua città. Analizzare il mondo di Batman significa studiare Gotham. Sebbene non siano rare, fin dalle origini, le avventure esotiche (una delle mete più frequentate dall’eroe è l’isola di Santa Prisca, che ospita una crudele dittatura militare; è qui che Batman si reca, in sedia a rotelle, dopo essere stato ferito da Bane, ed è qui che, grazie alla guaritrice Shondra, riacquisterà l’integrità fisica), si tratta sempre di artifici narrativi per evitare di annoiare i lettori: l’anima di Batman è con la sua città.

Mentre la Marvel ha scelto di muovere i propri personaggi in metropoli realmente esistenti (New York sarebbe letteralmente infestata da supereroi volanti), la DC Comics tradizionalmente crea dei mondi paralleli: Metropolis, la città di Superman, o Bludheaven, città geograficamente vicina a Gotham in cui opera Nightwing. Si trovano tutte negli Stati Uniti e presentano caratteristiche architettoniche tipiche di questo Paese: grattacieli moderni al centro e quartieri fatiscenti fatti di case dai mattoni rossi con le scale di emergenza esterne (Metropolis mostra anche dei quartieri residenziali, mentre Gotham sembra esserne del tutto sprovvista). Gotham, tuttavia, ha delle peculiarità che la rendono unica. Proporne un’analisi non sembra impresa facile. Un buon inizio può essere il nome.

La parola ricorda l’aggettivo “gotico”, e infatti la città ha un’atmosfera cupa e sinistra. In realtà dubito che il racconto gotico di fine Ottocento abbia ispirato il disegno di Bob Kane, semplice ed essenziale. Può però aver costituito un trait d’union per l’opera di artisti successivi.
La struttura urbanistica di Gotham ricalca quella di New York: una zona ricca con grattacieli di cemento e di vetro, attorniata da ampi quartieri con edifici relativamente bassi, di cinque o sei piani, sui tetti piani dei quali riposano pesanti taniche per l’acqua ed enormi cartelloni pubblicitari dalla struttura metallica; palazzi con lucernari e costruzioni abusive sugli attici. Vi è poi l’area del porto, al delta del Gotham river, malfamata e dalle acque inquinatissime a causa degli scarichi industriali. La metropoli ospita circa 8-9 milioni di persone, eppure non sembra avere una grande periferia: appena si esce dalla città ci si ritrova in aperta campagna, e non ci sono gli agglomerati urbani in totale continuità tipici delle supermetropoli come New York, Parigi, Tokyo. In questo senso Gotham assomiglia più a Roma.
L’architettura, al di là delle somiglianze superficiali con il modello americano, presenta caratteri tipici, e nella Saga ne abbiamo delle raffigurazioni impressionanti: torri con finestre strette e alte 10 metri, costruite con un improbabile stile che sembra una fusione fra quello dell’Empire State Building e quello del castello di Biancaneve, affiancate da campanili svettanti guglie crociate che troneggiano al fianco di chiesette in pieno stile gotico schiacciate fra i grattacieli, a loro volta collegati da avveniristici ponti in acciaio a centinaia di metri d’altezza; ciminiere fumanti che prendono posto tra i camini e i palazzi dai cornicioni scolpiti con fiere e teschi; colossi di metallo e blocchi di cemento la cui costruzione appare abbandonata e ripresa in epoche diverse.

Immagine articolo Fucine Mute

Ad avere avuto grandissimo influsso sulla rappresentazione della città è stato certamente il primo Batman di Tim Burton, un film di tale qualità da essere paragonabile solo al secondo Batman, sempre del medesimo regista. Qui vediamo una Gotham buia, invernale, caratterizzata da grattacieli altissimi in cemento, ammantati da strutture in acciaio freddo e scuro che ricordano l’immagine che si dava negli anni ’30 e ’40 delle città futuriste. Nel film ha grande importanza un elemento architettonico che, qualche anno addietro, aveva svolto un ruolo fondamentale in Ghostbusters: il gargoyle. È possibile che siano state queste due opere cinematografiche a dare lo spunto ai disegnatori per l’introduzione del gargoyle nel fumetto. Da quanto ho potuto vedere attraverso un’attenta analisi degli albi in mio possesso, la prima traccia di questi mostri di pietra risale all’Ottobre 1992, e precisamente alla splendida tavola di copertina dell’album speciale Sword of Azrael (che introduce il nuovo personaggio nella saga batmaniana).

Mi soffermo così lungamente su un elemento in fondo marginale perché esso costituisce un simbolo estremamente rappresentativo della città. Gotham appare infatti minacciosa, spettrale, violenta. I suoi abitanti si dividono in due sole categorie: vittime e carnefici. L’intera città assomiglia a un’ombra che si allunga con il calar della notte, che si fa via via più scura, e sembra che non vi sia luce, non vi sia faro o lampione che possa illuminarne le viscere. Gotham è infatti attraversata da vicoli scuri e maleodoranti, straripanti di immondizia e pieni di insidie sempre in agguato. È una città che non concede riposo, che punisce le sviste, che ripaga la disattenzione di un momento, la scelta di una strada per un’altra con un’aggressione. In questo senso è possibile affermare che Gotham è un frutto della sociologia contemporanea. In essa si trovano rappresentati graficamente i temi classici dell’urbanizzazione, della devianza, della delinquenza minorile, della forbice sociale, etc. (li analizzerò nel dettaglio nei prossimi articoli).

L’amministrazione della città

Immagine articolo Fucine MuteUn topos delle vicende batmaniane è il legame tra politica, potere e controllo. A Gotham si scontrano due forze: quella politica del sindaco, che fino alla miniserie Contagio rimane tale Krol, un individuo opportunista e senza scrupoli, e quella per così dire poliziesca del commissario Gordon. Il sindaco è corrotto e cerca di trarre da ogni avvenimento il massimo profitto, preoccupandosi solo della propria immagine agli occhi degli elettori. In questo senso ammette la presenza di Batman non in quanto simbolo del bene, ma più pragmaticamente in quanto strumento d’ordine. Il problema principale di Gotham, come si può immaginare è la sicurezza, e Krol esercita continue pressioni su Gordon affinché usi ogni mezzo per contrastare la criminalità, e contestandone i metodi a suo parere non sufficientemente repressivi. In Anno Uno, per esempio, Gordon è appena arrivato a Gotham e si ritrova con una polizia corrotta e un sindaco che lo spinge al continuo ricorso alle squadre speciali, le quali chiaramente ne minano l’autorità.
Krol non sembra rendersi conto delle difficoltà che Gordon incontra nella sua lotta quotidiana contro il crimine, e in questo senso il commissario risulta la vera autorità di Gotham, quella riconosciuta anche dei suoi cittadini (che in Anno Uno ne fanno un eroe). Gordon e i suoi colleghi, tutti caratterizzati secondo i vari stereotipi americani del poliziotto (il bel muscoloso, efficiente e ligio alle regole; il grasso che mangia solo ciambelle e ignora la disciplina; la ragazza affascinante ma pericolosa, etc), rappresentano il lato umano della giustizia, in contrasto con un Batman che, seppure con i suoi limiti e i suoi fallimenti, ne rappresenta il lato superumano, nel senso nietzschiano del termine.

I media

Un aspetto forse più marginale è quello dei media. La televisione è uno strumento di informazione sempre presente nella cronaca degli eventi cittadini. In particolare nella Saga vi è un bell’episodio di Robin, che si trova a dover liberare gli ospiti di uno studio televisivo presi in ostaggio dall’Enigmista, il quale a propria volta desiderava usare il media per dare la massima diffusione ai propri indovinelli. In questo frangente uno degli ospiti della trasmissione era uno psicologo, autore del testo I am sane and so are you, trattato dallo sceneggiatore con feroce ironia.
Sebbene non sia riconoscibile un’aperta, esplicita critica ai media o all’operato dei giornalisti, si avverte in Batman un certo senso di stanchezza nei confronti di un mondo invaso dalla pubblicità. In Batman n° 500, all’interno della Saga, Bane si impossessa della stazione di controllo dei messaggi pubblicitari emessi da grandi pannelli disposti sulle cime dei palazzi di Gotham. Qui un tecnico svogliato si chiede, prima che la sua frase venga interrotta da Bane: “E adesso? Informazioni o pubblicità? Pubblicità. Che diamine, per un pugno di…”.

La folla

Un altro tema, proprio della psicologia sociale, emerge durante la miniserie Contagio, anche se già nella Saga vi erano stati degli accenni al problema: si tratta del comportamento delle folle. Nella Batman Saga l’evasione di massa dall’ospedale psichiatrico criminale rende la città estremamente insicura, e vengono menzionati continui riferimenti alla paura della gente, che viene addirittura esortata dalle autorità a rimanere a casa. Si tratta ancora di folle anonime, di cui si intuiscono i sentimenti, ma che non vengono mostrate. È con Contagio, quando una grave epidemia colpisce Gotham, che la folla letteralmente si rivolta, riversandosi per le strade e sfogando il panico provocato dalla possibilità del contagio in un’aggressione alla sede dell’impresa ritenuta responsabile della diffusione del virus. Come villici a caccia di streghe e di orchi, una folla assale il palazzo di questa società e lo incendia, distruggendo tutto quel che incontra sul proprio cammino e senz’altro pronta a linciare i presunti untori. Nel frattempo la criminalità aumenta al punto da diventare incontrollabile: saccheggi e razzie vengono commessi approfittando del fatto che intere famiglie sono morte, lasciando le case come campi di battaglia.
Con Contagio le folle entrano a pieno titolo nella vita cittadina, per non uscirne più. Nella successiva serie Terra di nessuno, in cui si narrano le vicende che Gotham e la sua gente devono affrontare in seguito a un terremoto catastrofico, la popolazione della metropoli ha un ruolo fondamentale. Milioni di abitanti decidono di lasciare la città in seguito alla scossa tellurica. Quando poi, mesi dopo, inizia la ricostruzione, molti di questi decidono di rientrare, ma sono osteggiati dalla minoranza che aveva scelto di rimanere e che li considera vigliacchi e traditori.

Immagine articolo Fucine Mute

Sebbene i gruppi siano costituiti da individui, la psicologia sociale insegna che non è possibile spiegarne il comportamento attraverso una psicologia ordinaria; certamente non è possibile parlare di un gruppo come di un’entità unica, con una mente propria, ma è necessario considerare che quando un individuo si trova in un gruppo manifesta un comportamento diverso da quello usuale. È pertanto necessaria una psicologia individuale con regole nuove, che prendano in considerazione i meccanismi provocati dalla dinamica di gruppo e che tengano in conto le differenze nel comportamento individuale dei vari componenti del gruppo.
Naturalmente questa è una prospettiva troppo raffinata per un fumetto, le cui dinamiche psicologiche devono ridursi a poche linee facilmente interpretabili dai lettori. La visione socio-psicologica dei comics ne risulta normalmente molto semplificata.

Nel caso di Contagio si fa un chiaro riferimento alle prime teorie sulla folla, formulate da Le Bon nel lontano 1896 e riprese poi in vario modo da altri autori, fra cui anche Freud. Le Bon sosteneva, ispirandosi all’esempio delle masse rivoltose parigine durante la rivoluzione francese, che l’individuo civilizzato e integrato nella società si trasforma in un essere primitivo e amorale, violento e distruttivo, non appena entra a far parte di una folla.
Quel che in realtà avviene in un gruppo è un rinforzo della condotta individuale, accompagnato dalla caduta delle inibizioni provocate dal controllo sociale. Il meccanismo è duplice. Semplificando al massimo, si può riassumere la questione affermando che il soggetto inserito in un determinato contesto sociale può agire indiscriminatamente perché “tutti fanno così”. Il “tutti lo fanno” implica una momentanea sospensione della scelta razionale del comportamento, in favore di un’opzione che sembra confermata proprio dal numero di coloro che la seguono. Il fatto poi che tutti la seguano porta a una liberazione delle pulsioni più primitive, in quanto cessa il controllo sociale, cessa cioè la paura di essere giudicati dai propri pari. In situazioni di normalità questo non dovrebbe essere sufficiente a trasformare una persona civile in un animale, ma di solito la presenza di una folla implica un fattore scatenante che supera il comune senso di giustizia degli individui (la paura, la rabbia, etc.).

Sebbene questi meccanismi non siano identificabili nel fumetto, il semplice fatto che la popolazione, da campionario inerme, anonimo e silenzioso di vittime scelte a caso, si trasformi in una folla di rivoltosi mostra una volontà di attualizzazione della rivista.

Gotham come una prigione

Dal momento che Batman opera di notte, nella maggior parte dei casi Gotham è ripresa sprofondata nelle tenebre. Poiché, come si è detto, essa appare un luogo spaventoso e pericoloso, pieno di insidie (per lo più umane, a volte superumane) nascoste tra le ombre, un luogo misterioso e ostile in cui gli abitanti praticano una sorta di resistenza quotidiana, ci si chiede cosa spinga la gente a vivere lì.

Immagine articolo Fucine Mute

L’idea centrale è infatti che vi sia un costante aumento dell’entropia, una continua perdita del controllo a mano a mano che la città cresce e si ramifica. Bruce Wayne non può fare a meno di ricordare come, quando era bambino, interi quartieri ora invivibili, come Crime Alley, fossero delle tranquille zone residenziali per gente onesta, e come a vivervi sia rimasto solo chi non ha voluto andarsene ai primi segni di degrado, o per mancanza dei mezzi economici, o per la speranza di un cambiamento. Si ritrova qui un tipico problema dell’urbanizzazione moderna, perfettamente descritto: quello dei quartieri rispettabili che entrano in una spirale di degrado. La gente che coglie subito il fenomeno riesce a vendere casa finché gli immobili hanno un valore; quelli che scelgono di rimanere si ritrovano vittime della svalutazione e per loro, dopo qualche anno, risulta economicamente impossibile trarre un profitto tale dalla vendita della casa da potersene permettere un’altra. Il quartiere comincia a popolarsi di frange a reddito basso o nullo (il tema dell’immigrazione è toccato solo marginalmente in un unico episodio della Saga, ma nella realtà di solito le zone in cui scendono i prezzi degli appartamenti divengono dei ghetti per gli immigrati) e aumenta la criminalità. Al fenomeno può rimediare solo l’amministrazione centrale, che può bonificare l’area attraverso un massiccio impiego della polizia e poi valorizzarla con la costruzione di nuovi edifici, centri commerciali e poli di attrazione turistica. In questo modo gli affitti aumentano e le fasce a basso reddito sono obbligate a trasferirsi altrove. Questo tipo di intervento da parte del comune a Gotham non avviene. Periodicamente vengono inaugurate nuove torri, ma si tratta sempre di costruzioni nella zona ricca. Sembra esserci un generale disinteresse da parte del mondo politico, o un’incapacità a intervenire nel sociale.
In parte questa mancanza di intervento nelle grandi città europee e americane si riscontra. Per migliorare un intero quartiere occorrono investimenti enormi e a lunga scadenza, i cui influssi benefici spesso vanno a favore delle amministrazioni successive. In alcuni casi, come Parigi o New York, le aree da bonificare o ristrutturare richiedono interventi impressionanti. Nella metropoli americana, per esempio, le architetture risalgono agli inizi del Novecento; sono case che spesso necessitano di importanti lavori di manutenzione, o che meriterebbero di essere abbattute perché insicure e infestate da topi e insetti. Un simile lavoro di ristrutturazione, tuttavia, può avvenire solo molto lentamente, e procede secondo gli interessi economici: persino a Manhattan vi sono zone dove è meglio non camminare se non si conosce bene il territorio. Una città che invece dal 1990 impegna le proprie risorse nell’ammodernamento del proprio capitale architettonico è Barcellona. Qui sono state valorizzate negli anni diverse aree, come quella del porto, e attualmente è stato avviato il processo per il recupero di due importanti quartieri (Raval e La Pau). Gotham, al contrario, regredisce invece di evolversi.

Immagine articolo Fucine MuteCome ogni grande città, vivere a Gotham significa apprendere un sistema di regole e di punti di riferimento che solo i concittadini dividono. In Italia abbiamo esempi di questo fenomeno a Milano, Napoli, Palermo e soprattutto Roma. Vivere in queste città significa adottare un modello comportamentale determinato dalle difficoltà che la vita in una metropoli implica e  che si manifesta nella condotta alla guida (da Roma in giù il significato dei semafori è relativo, puramente indicativo), nella parlata (il lessico dei romani, al di là degli aspetti dialettali, è una fucina di neologismi), nella scelta degli opinion leader, etc.
In questo senso ogni grande città appare come un mondo a sé stante, e Gotham estremizza questa caratteristica a causa del suo parossistico livello di violenza. Essa risulta pertanto un universo claustrofobico, senza vie d’uscita, in cui l’unica possibilità è la resistenza a oltranza, e i suoi cittadini sono spesso rappresentati come degli eroi senza volto, perché capaci di sopportarne il peso.

fine terza parte

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