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Scrittura

Gilberto Gavioli

Aperiodi clandestini cercansi

Il foglio sommerso della poesia

'Homenaje a Fernando Pessoa' di Luis BadosaLa Bottega di Poesia “Fernando Pessoa” nasce nel 1993 ad opera di Gilberto Gavioli. Nel 1993, in agosto, nasce Il Foglio Clandestino. Questo trimestrale “di poeti e narratori” è, in Italia, tra le riviste di poesia più longeve — dodici anni di attività e più di cinquanta numeri pubblicati.

Christian Sinicco (CS): Quali idee hanno dato vita a questo progetto?

Gilberto Gavioli (GG): Non ricordo da quando ho cominciato ad amare il libro, anche come oggetto. Verso i sedici anni ho iniziato a leggere poesia, scribacchiando anche qualcosa, come moltissimi altri. Cercavo l’inespresso, tracciavo con i libri, con le pagine, un sentiero da me al mondo, per vederlo da punti sempre differenti e nuovi, per accedere a maggiori porzioni d’orizzonte. La rivista nasce da questa ricerca solitaria, che tenta di trovare alleati. Ho sempre considerato la letteratura e la cultura come un confronto e un dialogo, spesso senza tempo… Mi è parso logico quindi rivolgermi ad altri appassionati, da un lato, e cercare di portare testimonianze poetiche verso chi della poesia ha un’idea di scarsa levità. Ho iniziato a diffondere l’idea del progetto e a pubblicare materiale, inizialmente attingendo da ciò che andavo leggendo, e che mi interessava diffondere, poi scegliendo tra i testi che cominciavano ad arrivare alla piccola redazione. Posso dire che, ormai al dodicesimo anno de Il Foglio Clandestino, l’idea centrale e forte è questa: la condivisione; riportare la poesia verso i lettori, senza troppi intermediari, con il testo e poco altro. Da un paio d’anni agisco, con alcuni amici, anche sul territorio con letture pubbliche e aperte (vedi loscaffalecapovolto.com), affissioni di poesie per le strade e libri lasciati viaggiare verso altri lettori…

CS: Quali sviluppi esterni, quali cambiamenti interni hanno modificato le linee guida della rivista nel tempo?

GG: La rivista, forse è un limite, si caratterizza per una certa continuità, non rigidità certo, ma pochi cambiamenti. È stata registrata al tribunale nel 1998, ha accolto e perso un direttore, ha consolidato una piccola redazione, è passata da bimestrale a trimestrale. Importanti collaborazioni sono nate con alcuni docenti universitari e la sezione traduzioni (inseriamo sempre il testo originale) si avvale di collaboratori/amici di interessante valore, e ne accoglie di nuovi con frequenza. È nata come fanzine (fan magazine) e nel prossimo numero tornerà ad essere più strumento di diffusione poetica e letteraria e meno rivista-vetrina. I cambiamenti esterni, almeno del mondo culturale italiano, sono stati ben pochi: manca sempre un po’ l’ossigeno in certi ambienti, alcuni incontri interessanti ci sono stati e il rapporto con le persone continua, ma la rivista viene spesso vista come un passatempo velleitario. Io dico che in letteratura non ci sono conquiste definitive, né bastioni del sapere da difendere, la cultura è solo un moltiplicarsi di strade da dover percorrere, anche sterrate e ripide, ognuno ne sceglie una o alcune, ma deve farlo con onestà intellettuale, sempre.

CS: Come riesce La Bottega di Poesia “Fernando Pessoa” a sostenere la pubblicazione de Il Foglio Clandestino?

GG: La rivista fin dal suo nascere è stata gratuita e sempre lo sarà. Non esiste un prezzo, né alcun abbonamento, così come sono gratuite tutte le nostre iniziative. Chiediamo, a chi legge e apprezza il lavoro, di contribuire liberamente al nostro impegno con un versamento sul conto corrente postale. Chiunque richieda la rivista, la riceve senza problemi, né clausole particolari. Le maggiori difficoltà sono dovute alle modifiche delle tariffe postali, che sempre favoriscono i più forti: le poste italiane, prima hanno eliminato la tariffa stampe ed ora stanno modificando anche il piego di libri che in molti uffici postali non applicano più… Con la stampa digitale i costi sono dimezzati, e spendiamo più per spedire la rivista che per realizzarla. Ma lasciamo stare, questi non sono discorsi eleganti e interessanti, le passioni vanno sempre pagate in qualche modo e in sensi differenti…

CS: Una linea che caratterizza la rivista è la pubblicazione o ri-pubblicazione di testi di poeti e scrittori noti, ma dimenticati, del Novecento: Russell, Sereni, Kosovel, Cioran, lo stesso Pessoa, per dirne alcuni… Quali le motivazioni per questa che pare essere un’operazione di recupero, quasi “restauratrice”? Quale Novecento è conosciuto?

GG: Anche qui la scelta o la linea riflette una ricerca personale verso autori poco conosciuti o che per differenti motivi non vengono ripubblicati (e qui si entrerebbe nel discorso intricato di come è gestita l’editoria oggi…). Sempre nell’ottica della centralità del testo, la rivista propone autori che ritiene di valore, senza chiaramente guardare al mercato e alle sue logiche; stesso criterio viene applicato nella lettura dei testi che arrivano in redazione. Ben coscienti che ogni scelta è opinabile, dopo un’attenta lettura proponiamo i testi che maggiormente ci sono parsi interessanti e hanno “mosso” un po’ l’aria attorno alla testa.

Inoltre non ci sono mai piaciute le divisioni degli autori per correnti, stili, etc. Miriamo sempre all’essenziale.
Chiedi quale novecento si conosce… Se dai un’occhiata al settore poesia delle librerie/supermercato, che ormai sono quasi le uniche rimaste, puoi fartene un’idea. E anche sui siti che vendono libri in rete, se cerchi nella poesia. Puoi confrontare lo Specchio Mondadori o gli Oscar poesia, che cosa veniva pubblicato e cosa esce da qualche tempo. Talvolta la pubblicazione è merce di scambio, si pubblica per amicizia, più o meno interessata. Poi si avvia la girandola delle recensioni (sempre positive!), delle apparizioni sulle pagine culturali dei quotidiani (che sono ormai ben smilze, sempre meno autorevoli e dove appari solo se sei o hai “qualcuno”) e così avanti tra meschinità e furberie di bassissimo profilo. Ritengo che al tempo in cui c’erano gli editori, si facevano delle scelte, si rischiava con la pubblicazione di certi autori, si proponevano nuove o diverse visioni poetico/letterarie. Adesso si creano i “casi”, letterari e non, si cerca la visibilità, chi più vende ha ragione e naturalmente non interessa “come” si vende. Le classifiche di vendita di libri in Italia parlano chiaro, anche se non ci dicono quasi mai le quantità di volumi venduti, anche questa è una scelta precisa…
Qualche nome stando sempre nella poesia: Alfonso Gatto, pubblicato da Jaca Book nel 1998. Leonardo Sinisgalli, da Avagliano 1997; Diego Valeri, non pervenuto (pubblicato); Raffaele Carrieri (non pervenuto (pubblicato); Vittorio Bodini, da Besa 1997… e questi sono i primi nomi che mi vengono in mente e che la rivista ha trattato o ha intenzione di pubblicare in futuro… Spero il sasso serva per increspare un po’ la superficie di un lago che si affretta a diventare palude.
Segnalo però con piacere la pubblicazione in questi giorni di tutta l’opera di Rocco Scotellaro, da Mondadori, anche per l’interesse di Maurizio Cucchi verso l’autore.
Questo limitandoci alla poesia italiana. Se poi parliamo di traduzioni…

CS: Bisogna finirla di farsi poeti: prima di tutto bisogna essere onesti. Bisogna finirla di partecipare ai salottini o come scolaretti a sconosciuti premi di provincia: non è un attestato che rende poeti. Operazioni come Nienteguerre hanno dimostrato che non si può scrivere a comando, non si può scrivere poesia senza presentirla, cullarla, stringerla nervosamente, farla sanguinare. Quali sono i pensieri di Gilberto Gavioli in merito? Quali sono gli autori che hai seguito in questi anni e che ritieni interessanti?

GG: Bisognerebbe, forse, cominciare ad essere poeti! Nell’idea che ho io almeno, non solo scrivere, ma misurare l’orizzonte con la poesia; il mondo che ci circonda è oltre la soglia di casa, e solo camminando verso l’altro (e l’oltre) possiamo sperare di dargli un senso che sia nostro, ma che sia per gli altri comprensibile e magari condivisibile.
L’onestà è un po’ carente in effetti, come in altri italici campi, purtroppo. Sembra che la poesia non richieda fatica, studio, molte letture, pare che si possano mettere in riga poche parole et voilà: è nato un nuovo poeta, naturalmente di valore quasi assoluto. I premi, le salatissime autoedizioni presso stampatori che si credono editori, sono distorsioni poco culturali, ma mi ricordano da vicino le università, che avallano molta ignoranza e la scarsa capacità di misurarsi col mondo reale. Ripeto un po’ di autocritica servirebbe e non solo in ambito poetico.
Fai l’esempio di Nienteguerre, da noi stessi in parte criticato. Proporre un tema non vuol dire sempre ricevere scritture a comando, la parte di ricerca è sempre presente: inseriamo nella raccolta anche testi che si avvicinano a quelle motivazioni, ma che non sono nati per partecipare alla nostra iniziativa. E poi la selezione è sempre molto rigida, nella sostanza qualche esito apprezzabile c’è.
Per ciò che riguarda gli autori, ne abbiamo letti e pubblicati molti, ma credo che la poesia contemporanea non riesca ad avere la potenza, né forse la ricerca, di testi del passato. Comunque continuo a leggere e a sperare.

CS: Perché una rivista di poesia cartacea? Quali le difficoltà della rivista in Internet?

GG: In effetti siamo un po’ ibridi ora, lavorando sostanzialmente su file pdf per la stampa digitale, anche se poi preferiamo la dimensione cartacea, ricca sempre di un certo fascino anche quando è essenziale come nel caso de Il Foglio Clandestino. È un piacere vedere fisicamente il progetto realizzato, numero per numero. Come per i libri, anche la fisicità è importante. Inoltre ci serve come oggetto da porgere, omaggio all’altrui intelligenza (se vuoi con qualche presunzione), banco di prova di un lavoro attento e modesto. Spesso la rivista viene portata ad incontri e lasciata sulle sedie per saggiare le reazioni, abbandonata sui treni e altri mezzi di trasporto… Cerchiamo quindi di non prenderci mai troppo sul serio — in fondo la poesia non è sempre così pesante e ardua come se la figurano in troppi, sta anche a noi dimostrarlo e impegnarci per farla uscire dalle aule, i salotti, i circoli.

Internet è uno strumento importante, molti nuovi lettori della rivista arrivano da lì. Il sito ilfoglioclandestino.it è ora abbastanza aggiornato e lo manteniamo, per ora, come vetrina, anche se abbiamo da poco inserito qualche novità. Le uniche difficoltà riguardano le forze in gioco, io faccio da solo circa il 70% della pubblicazione, e non riesco a seguire tutto quello che vorrei. Ho incontrato un ottimo collaboratore/amico in Peter Patti, webmaster del sito, traduttore e autore, con il quale sarò sempre in debito. Non parlo solo in termini economici è chiaro.

CS: Su quali progetti state lavorando?

GG: Come dicevo all’inizio, dal prossimo numero, pronto prima delle vacanze ma che, ahimé, è il numero di gennaio 2004, vogliamo ritornare ad essere meno rigidi. La rivista ridiventerà più fanzine, il sottotitolo sarà: Aperiodico Ad Apparizione Aleatoria… Tenteremo di pubblicarla ogni tre o quattro mesi comunque, ma moltiplicheremo, ci proveremo almeno, le occasioni d’incontro con Il Foglio Clandestino. Le uscite della rivista saranno accompagnate da libere letture più o meno pubbliche, nei luoghi che riusciremo ad individuare come più adatti allo scopo, ma magari anche più estemporanei. Tieni conto che praticamente sto sviluppando l’idea mentre rispondo all’intervista. Non ci limiteremo all’area milanese naturalmente, se qualcuno dei lettori del vostro sito ha in mente qualche evento

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