// stai leggendo...

Cinema

Ferzan Ozpetek

La passione di un cuore che batte

Immagine articolo Fucine MuteInstancabile nomade dei sentimenti, Ferzan Ozpetek intraprende un altro dei vagabondaggi dell’anima a cui ci ha abituati con i suoi film. Dopo aver attraversato i continenti con Hamam e le epoche con Harem Suare, il regista turco che ha eletto l’Italia a luogo ideale per il suo cinema, costruisce una possibile trilogia in cui tre donne molto diverse fra loro, sentendo la necessità di non fissarsi in un’unica identità, iniziano un viaggio interiore nel quale non è la partenza ad essere determinante, ma l’urgenza di un tragitto da percorrere. Lasciate Antonia e Giovanna, Ferzan ci parla ora di Irene, un’imprenditrice in carriera che, cercando di capire il misterioso passato della madre morta e da lei stessa rimossa dalla memoria, viene travolta dalla tensione verso il trascendente che la spinge fin sull’esile confine esistente tra dono totale di sé, altruismo e follia. Ozpetek ci regala un film forse non completamente risolto, ma coraggioso nel tentativo di rispondere alle domande che in molti si pongono sul significato che hanno concetti come sacro e solidarietà.
Fucine Mute ha potuto scambiare qualche opinione con il regista.

Michela Cristofoli (MC): Volevo soffermare l’attenzione sull’importanza del primo piano. La distanza ravvicinata con cui è sempre inquadrata Irene Ravelli (Barbora Bobulova, ndr) ne trasfigura il volto in un paesaggio. Questo ricorda un po’ il modo in cui ha ripreso Giovanna, il personaggio femminile protagonista del suo precedente film, La finestra di fronte. Che valore ha il primo piano nell’intensificare le emozioni dei protagonisti?

Ferzan Ozpetek (FO): Quando un attore o un’attrice mi piacciono, amo stargli addosso per poter vedere che ciò che emerge dal loro sguardo. Secondo me gli occhi sono il cinema: le emozioni si vedono da lì. Mi ricordo di aver letto un’intervista in cui Ingrid Bergman diceva che la prima differenza che un’attrice trova nel recitare per il teatro oppure per cinema è data dal fatto che nel primo caso deve intonare la voce e rendere espressivo il viso, mentre nel secondo deve far trasparire i suoi sentimenti attraverso gli occhi, sono loro ad acquistare risalto quando vengono proiettati sullo schermo enorme della sala cinematografica. In realtà stando dietro la macchina da presa sento il desiderio di stare vicino agli attori, voglio commuovermi attraverso ciò che esprimono con la loro recitazione. Il cinema è emozione, se uno spettatore vive un sentimento per almeno cinque minuti, per me il film è fatto.

MC: Nella seconda parte di Cuore sacro lei fa un uso molto intenso di carrelli circolari con cui ruota attorno ai personaggi e, soprattutto, a Irene. Sembra quasi che voglia isolarla dal contesto creandole uno spazio proprio.

FO: Io cerco di usare il meno possibile il Dolly. C’è solo una scena in cui utilizzo un montacarichi per avere un movimento di macchina simile a quello che si ha con il Dolly. Il carrello, invece, lo adopero spesso. Mi piace girare intorno ai personaggi, quasi per accarezzarli.

Immagine articolo Fucine Mute

MC: Un elemento che si ritrova nei suoi film è dato dallo stare a tavola, dal piacere della condivisione che si crea mangiando assieme. Anche questa volta si nota un interesse particolare per il cibo. In Cuore sacro ne evidenzia la mancanza, sottolinea la vergogna che provano alcuni personaggi quando accettano di partecipare alla mensa dei poveri oppure ricevono le borse della spesa che Irene distribuisce.

FO: Questo caso è completamente diverso rispetto ai miei precedenti lungometraggi. Il cibo non è più legato al piacere ma alla sopravvivenza. Negli altri miei lavori era un conforto ma in Cuore sacro non è così.

MC: Un altro motivo che ritorna consiste nel fatto che certi eventi inaspettati o dei personaggi catalizzatori possano cambiare la vita al protagonista. C’è sempre un incontro. Nel caso di Le fate ignoranti c’era Michele, ne La finestra di fronte Davide mentre qui è Benny (Camille Dougay Comencini, ndr) che sconvolge l’esistenza di Irene. Quindi che ruolo ha il caso nel suo cinema?

FO: A me piace riflettere nelle storie che racconto la casualità delle relazioni che hanno costellato la mia vita. Le persone che ho conosciuto mi hanno sempre fatto vivere delle esperienze meravigliose perciò inserisco questo elemento nei miei film. Benny è un po’ diversa da Davide e Michele, è paragonabile al coniglietto di Alice nel paese delle meraviglie.

Domanda (D): In questo film c’è una grande cura per il linguaggio. Le parole hanno un forte peso, ci sono delle sequenze in cui le frasi si rincorrono, si girano intorno.

FO: È vero. Abbiamo tagliato o cambiato molte battute presenti nella sceneggiatura e penso che tra i miei lungometraggi questo sia il più spoglio, il più essenziale.

Immagine articolo Fucine MuteMC: Anche la musica mi pare particolare. C’è un unico brano strumentale che torna più volte durante il film, ma si sentono solo due pezzi di musica cantata, l’aria Ebben?Ne andrò lontano e una canzone in spagnolo che segue Irene quando decide per la prima volta di donarsi agli altri. Come mai questa scelta?

FO: La colonna sonora è importante. Per il film era stata scritta una canzone molto bella da Tiziano Ferro che s’intitola proprio Cuore sacro e che doveva accompagnare i titoli di coda. All’ultimo momento ho deciso di non usarla perché volevo che il pubblico uscisse senza sentire nessun’altra parola oltre a quelle pronunciate dai personaggi. Ho rinunciato ad includere un brano che avrebbe avuto un notevole impatto pubblicitario, vista la notorietà di Tiziano Ferro soprattutto tra i giovani. Togliendo la canzone finale volevo sottolineare come questo fosse un film “del giorno dopo”. Secondo me il fatto che gli spettatori lascino la sala accompagnati solo dalle note di Andrea Guerra fa sì che possano far lievitare ciò che hanno visto e ripensarlo a mente sgombra in un momento successivo. L’uso della musica lirica, invece, è giustificato dalla passione trasmessami da mia madre che aveva iniziato una carriera di soprano drammatico abbandonata in seguito al matrimonio con il primo marito. Mi è stato proposto di dirigere un’opera e prima o poi ci penserò.

D: Chi sono, dal suo punto di vista, i nuovi poveri?

FO: Nel lungometraggio descrivo delle persone indigenti però non vorrei che questo tema oscurasse l’altro elemento che a me sta molto a cuore. Io racconto il rapporto tra una madre e una figlia, parlo del viaggio interiore di Irene che considera la sua vita attraverso un altro sguardo. Certo, la sua nuova consapevolezza avviene con la scoperta dell’esistenza dei nuovi poveri, delle persone che pur avendo un lavoro ed uno stipendio non riescono ad arrivare alla fine del mese. Mi ha fatto molta impressione andare a Sant’Egidio pensando che vi avrei trovato dei barboni e vedendo, invece, che la maggior parte della gente era indistinguibile da noi. Per ricevere i pacchi delle donazioni stavano in fila delle persone vestite normalmente e mi chiedevo se veramente avessero bisogno di aiuto. Ho capito solo in un secondo momento che la situazione era diversa da come me la immaginavo. Tutti gli episodi rappresentati nel film sono reali. Quella signora che prima di ritirare un sacchetto per sé chiede se serve che esibisca i documenti perché non vuole dire il suo nome si ispira ad una donna che ho visto davvero. Sentiva di dover difendere la propria dignità e io ho ripreso fedelmente la scena a cui ho assistito.

Immagine articolo Fucine MuteD: In tutti i suoi lavori le figure femminili sono ritratte sempre in modo profondo. Anche i personaggi di contorno, come in questo caso le due zie, sono a tutto tondo anche se servono per certi versi a sdrammatizzare, come fa zia Maria Clara (Erica Blanc, ndr) oppure ad accelerare il cambiamento della protagonista come accade con Eleonora (Lisa Gastoni, ndr). Lei costruisce sempre le sceneggiature evidenziando il ruolo delle donne.

FO: Parlando alcuni giorni fa di libri con una giornalista, mi è venuto in mente che già a dieci anni leggevo tutti i romanzi che trovavo nella libreria di mia madre. Ho passato tutta la letteratura inglese e francese dell’ottocento, da Jane Eyre a Madame Bovary. Credo che questi testi mi abbiano influenzato notevolmente. In più sono fermamente convinto che nella vita le donne siano superiori a noi maschi, per questo hanno sempre un ruolo determinante nei miei film. Anche in Hamam è così. Nonostante possa sembrare che i protagonisti siano due uomini, in realtà sono i personaggi femminili ad essere importanti. Ho girato, poi, Harem Suare, un film composto quasi esclusivamente da donne, quindi Le fate ignoranti, che è totalmente al femminile, e infine La Finestra di fronte, dove è Giovanna (Vittoria Mezzogiorno, ndr) a rivestire una parte molto forte. In Cuore sacro avevo inizialmente pensato che anche il custode del palazzo della famiglia di Irene doveva essere una donna, poi ho cambiato la sceneggiatura e ho scritto la parte di Aurelio per Gigi Angelillo.

D: I suoi film sono verosimili; ci sono due momenti molto belli in cui lei crea una forte intimità tra Irene e i due personaggi maschili, però non banalizza il loro rapporto inserendo scene di erotismo… La storia rimane reale, non la colora troppo di rosa.

FO: Questa considerazione mi fa piacere. Inizialmente la scena in cui Giancarlo (Andrea Di Stefano, ndr) va a casa di Irene doveva concludersi con loro due che fanno l’amore. Lei si sarebbe idealmente messa al posto di Sara, la compagna che Giancarlo ha perduto. All’epoca però io ero gelosissimo di Barbora, non volevo che nessuno la toccasse, quindi ho tagliato questa sequenza. Scherzo, naturalmente. Però mi sembrava che una situazione di questo tipo fosse troppo ovvia.

D: Ad un certo punto Padre Carras (Massimo Poggio, ndr) giustifica i furti che Benny compie a fin di bene. Voleva evidenziare l’apertura di vedute del prete data dalla sua giovane età, oppure dimostrare che alcuni dei valori in cui comunemente si crede non sono poi così importanti?

Massimo PoggioFO: Molti uomini di fede ragionano attraverso l’istituzione, solo alcuni di loro giudicano in base al buon senso e lui è uno di questi. Padre Carras è un vero religioso perché nelle sue decisioni mischia la vita alla fede. Pensando ai pro e ai contro del comportamento di Benny è difficile non capire quale dei due ha più valore. Credo che in tutte le cose si dovrebbe applicare la legge con buon senso.

MC: I luoghi del film dicono molto delle persone che li abitano. Lei ha scelto delle location abbastanza interessanti, come gli stabilimenti della Pirelli per gli uffici della ditta di Irene, oppure la sua casa così razionale dove l’unico elemento vivo è l’albero attorno al quale è stata costruita. Che ruolo ha la scenografia?

FO: Gli ambienti influenzano gli attori permettendogli di capire molto più a fondo il personaggio che devono interpretare. Per notare quanto è importante la scenografia basta pensare che gli interni del palazzo di Roma in cui Irene inizia questo percorso interiore che la porterà a scoprire il proprio passato, pur essendo stati ricostruiti interamente nello Studio 5 di Cinecittà, sono inquadrati solo per il sessanta per cento. Il restante quaranta per cento esiste ma la macchina da presa lo lascia nascosto. C’erano dei punti della casa arredati con degli oggetti bellissimi però non li ho ripresi. Penso sempre che non posso diventare schiavo dell’ambiente, è lo spazio che deve essere funzionale per il film. Il set comprendeva dei soffitti magnifici, degli armadi colmi di vestiti, ma non ho voluto staccarmi dagli attori e fare dei movimenti di macchina appositamente per inquadrarli.

MC: In Cuore sacro lei ha deciso di far sì che non emergesse nessuno dei ricordi che Irene ha della madre. Nel suo precedente lungometraggio erano i flashback a raccontare il passato che ossessionava Davide, come mai qui non traspare nessuna memoria della protagonista?

FO: In La finestra di fronte i flashback rappresentano i fantasmi che solo Davide vede, in questo caso Irene non ricorda nulla della sua infanzia. In una scena Benny le chiede se la madre non possedesse specchi nella sua casa per via della sua bruttezza ed Irene risponde di no. Dal tono si capisce che non lo sa per certo. Le hanno detto che la madre era bella ma non lo ricorda.

MC: Parlando del film lei ha spesso affermato di non averlo realizzato con un intento politico. Cosa ne pensa, però, del fatto che dalla sua storia emerge uno Stato che, non essendo in grado di occuparsi dei suoi cittadini indigenti, è costretto a delegare questo compito alle associazioni di volontariato?

FO: Dico che non mi occupo di politica perché non ne parlo mai direttamente. Anche per i miei precedenti lavori è stato così. Quando si rappresenta uno spaccato della società, si descrive la realtà, è possibile che affiori una denuncia politica. Io non racconto questo. Riproducendo la vita è normale certe cose vengano fuori.

MC: Lei, comunque, pone in evidenzia il ruolo che rivestono nel volontariato proprio i privati.

FO: Volevo far vedere come non ci voglia niente a rinunciare ad una piccola cosa della nostra vita che può diventare importante per un’altra persona.

Immagine articolo Fucine Mute

MC: A proposito dei riferimenti cinematografici, in Cuore sacro sono state viste citazioni di film famosi, come Europa 51 di Rossellini, Il bacio della pantera di Friedkin. Lei quale riconosce?

FO: Io accetto solo Rossellini. Prendevo spesso in giro mia madre quando si recava nei quartieri poveri di Istanbul e aveva deciso di dedicarsi alla cura di un bambino, dicendole che sembrava l’Irene protagonista di Europa 51. Durante le riprese questo dettaglio mi è venuto in mente. Invece per la scena in cui l’Irene del mio film si spoglia, non ho pensato, come spesso si dice, a Teorema di Pasolini, ma alla figura di San Francesco, a cui lo stesso Pasolini si è ispirato.

MC: Tra gli autori che ama, invece, a chi si sente vicino?

FO: I registi che amo sono davvero tantissimi. Potrei citare De Sica, di cui vorrei possedere la capacità di dirigere gli attori e l’attenzione per la messa in scena, ma anche Douglas Sirk, Matarazzo, Kubrick. Il cinema è talmente ricco che vorrei nominare un numero infinito di autori che per me sono importanti.

Commenti

Non ci sono ancora commenti

Lascia un commento

Fucine Mute newsletter

Resta aggiornato! Inserisci la tua e-mail:


Leggi la rubrica: Viator in fabula

Articoli recenti

Pen Lettori Trieste: Punto di fuga di Mikhail Shishkin

Pen Lettori Trieste: Punto di fuga di...

Doc nelle tue mani 3: che il flashback sia con voi (fino allo sfinimento)

Doc nelle tue mani 3: che il...

Trieste Film Festival 2024

Trieste Film Festival 2024

Lascia che la carne istruisca la mente: Intervista a Anne Rice (II)

Lascia che la carne istruisca la mente:...

Lascia che la carne istruisca la mente: Intervista a Anne Rice (I)

Lascia che la carne istruisca la mente:...

Nel castello di Giorgio Pressburger al Teatro Stabile Sloveno di Trieste

Nel castello di Giorgio Pressburger al Teatro...

Lucca Comics & Games 2023: Incontro con Pera Toons

Lucca Comics & Games 2023: Incontro con...

Lucca (meno) Comics & (più) Games 2023:...

Lucca Comics & Games: Intervista a Davide Barzi

Lucca Comics & Games: Intervista a Davide...

Lucca Comics & Games 2023: Intervista a Matteo Pollone

Lucca Comics & Games 2023: Intervista a...

Il futuro (forse) del fumetto: Martin Panchaud

Il futuro (forse) del fumetto: Martin Panchaud

Femminismo all’ombra dello Shogun: Camille Monceaux

Femminismo all’ombra dello Shogun: Camille Monceaux

Lucca Comics & Games 2023: Intervista ad Andrea Plazzi

Lucca Comics & Games 2023: Intervista ad...

I quarant’anni della “scatola rossa”

I quarant’anni della “scatola rossa”

Trieste Science + Fiction Festival 2023: River

Trieste Science + Fiction Festival 2023: River

Trieste Science + Fiction Festival 2023: cortometraggi

Trieste Science + Fiction Festival 2023: cortometraggi

Il fiore del mio segreto (Almodóvar, 1995): la letteratura come seduzione

Il fiore del mio segreto (Almodóvar, 1995):...

Good Omens 2: amore e altri disastri

Good Omens 2: amore e altri disastri

The Plant: il romanzo incompiuto di Stephen King

The Plant: il romanzo incompiuto di Stephen...

The Phantom of The Opera per la prima volta in Italia

The Phantom of The Opera per la...

Pélleas e Mélisande di Claude Debussy: parodia del 1907

Pélleas e Mélisande di Claude Debussy: parodia...

Prigionieri dell’oceano (Lifeboat) di Alfred Hitchcock

Prigionieri dell’oceano (Lifeboat) di Alfred Hitchcock

Tutto il mondo è un Disco

Tutto il mondo è un Disco

Il commissario Ricciardi 2: quattro puntate di noia profonda

Il commissario Ricciardi 2: quattro puntate di...

Sanremo anche no

Sanremo anche no

Casomai un’immagine

holy_wood_23 the-afghan-whigs-34 cornell-40 Urs Fischer wendygall-06 vivi-02 tsu-gal-big-08 17 02 galleria-01 06 murphy-36 pm-28 pm-04 pm-00 sir-09 cammello1 jg_big_4 cor06 pudore rgb 39 16 12 mccarroll14 15_pm th-74 th-53 th-04 viv-40 viv-10
Privacy Policy Cookie Policy