La scoperta del settore culturale come un potenziale settore trainante dello sviluppo economico locale può essere attribuita al “Greater London Council” che, negli anni Settanta, elaborò la prima vera e propria strategia per lo sviluppo di questo settore realizzando un insieme di interventi infrastrutturali – dalla realizzazione del South Bank Centre alla nuova sede della Tate Gallery – sviluppatisi durante tutti questi decenni. Il settore culturale viene così inteso in una accezione ampia, che comprende: i beni culturali, lo spettacolo dal vivo, la produzione d’arte contemporanea, la fotografia, il cinema, l’industria multimediale, la moda, il design, gli spazi pubblici urbani (parchi, piazze, etc.), lo sport.
Una forte integrazione tra le attività del settore culturale e quelle dei settori connessi (turismo, in primo luogo, ma non solo) costituisce il cardine della strategia. Una sua specificità, che caratterizza tutte le sue concrete applicazioni, risiede nel fatto che l’integrazione viene perseguita attraverso una “specializzazione territoriale”, ovvero: parti della città diventano luogo privilegiato per l’insediamento di musei, di spazi espositivi, di teatri, di studi di artisti di gallerie d’arte, di sale di concerto, etc. Le aree urbane che si specializzano nella più alta concentrazione di attività e luoghi per l’arte e lo spettacolo vengono definite “cultural district”.
La strategia del “Greater London Council” ha fatto scuola. Sia in Gran Bretagna sia in altre città dell’Europa e del Nord America sono state elaborate e sperimentate specifiche strategie per la nascita di distretti culturali ai fini di sviluppo, ma sopratutto, con lo scopo di rivitalizzare le aree urbane in crisi o con un patrimonio edilizio sottoutilizzato. Ciò e avvenuto, per esempio, a Glasgow, Liverpool, Sheffield, Manchester, Toronto, Boston, Baltimora, Rotterdam, Bilbao.
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