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Musica

Goran Bregovic

L’eccesso dei Balcani

Goran BregovicFucine Mute incontra Goran Bregovic, insieme a un’altra decina di giornalisti, nel backstage del World Pannon, il palco “etnico e globale” del Sziget Festival, a Budapest, pochi minuti prima del suo concerto. L’unico fra tanti artisti a convocare una vera conferenza stampa, uso probabilmente più di altri alle dinamiche da tour, o forse solo più disponibile. Arriva quando siamo già tutti seduti a un lungo tavolo guarnito da bicchieri e bottiglie d’acqua, camicia dorata, faccia logora, ricci sfarfallati come suo solito.

Domanda (D): Che origine ha l’orchestra per i matrimoni e i funerali? Qual è l’importanza di questi eventi nella sua musica?

Goran Bregovic (GB): I matrimoni e i funerali sono due delle occasioni più importanti, da secoli, nella vita delle persone. Sono i momenti in cui la gente ha più bisogno di musica. Nel contesto sociale, nella mia e nelle terre da cui i miei musicisti provengono, quando due persone si uniscono o si da l’addio ad un parente, ad un amico, si ha la possibilità di consolare chi soffre o sottolineare l’allegria delle persone. È quindi più che logico che la musica suonata durante i funerali e i matrimoni sia per me una via di espressione artistica senza confronti, e un modo al tempo stesso di far conoscere le tradizioni musicali del mio Paese e delle terre vicine, è la musica che so fare, e che mi piace portare in giro per il mondo. L’accompagnamento musicale ai matrimoni e ai funerali sottolinea quelli che, non solo privatamente, ma socialmente, sono i momenti, e i luoghi, fondamentali per l’uomo, la celebrazione della vita stessa, e della morte in quanto snodo verso nuova vita.

D: Come ci si sente ad essere “cittadino del mondo”, perennemente in viaggio per suonare in tutto il mondo?

GB: Fa parte dell’essere un musicista, il sentirsi vagabondi, andare di città in città per suonare. È il mio lavoro, ma la verità è che il mio vagabondaggio è iniziato quando ho dovuto lasciare il mio Paese allo scoppiare della guerra, come tanti altri. Mi sono trasferito a Parigi in quegli anni, lasciando Sarajevo insieme ad altri artisti come me, un rifugiato più fortunato di altri, che ha potuto continuare a fare musica allontanandosi dal conflitto. Mi piace, oltre al mio lavoro di composizione, continuare a sentire la risposta del pubblico, in concerto, per questo la mia orchestra ed io andiamo in tour per far ascoltare la nostra musica. Qui a Budapest, al Sziget festival, siamo già stati l’anno scorso, il pubblico è caloroso, sempre emozionante, ma mi sento altrettanto bene a suonare davanti a 1.500 persone, in un paesino con solo 200 abitanti, in quel caso diventa una festa in casa, fra amici. È un’altra sensazione, più intima, ma altrettanto emozionante.

Goran Bregovic

Beatrice Biggio (BB): La sua esperienza nel mondo del cinema l’ha vista collaborare con Emir Kusturica, e con molti altri registi, portando le sue composizioni sullo schermo.Ma, recentemente, ha partecipato ad alcuni film come attore. Qual è il suo rapporto con il cinema? In particolare, ci può descrivere la sua esperienza sul set de I giorni dell’abbandono di Roberto Faenza?

GB: Non mi ritengo un attore, naturalmente. Nello showbusiness tutto sembra semplice, ma il mestiere di attore è una professione seria, bisogna studiare, andare a scuola, imparare ad usare la tecnica. Io ho studiato composizione, sono un autore musicale, l’attore l’ho fatto per divertirmi, e ringrazio Roberto che me ne ha dato l’occasione. Ho avuto il piacere immenso di lavorare con Margherita Buy e Luca Zingaretti, due grandissimi interpreti, ho provato l’emozione immensa di andare con tutto il cast al Festival di Venezia. Devo dire che è stata un’esperienza incredibile, ma non avevo certo l’ambizione di diventare una star dello schermo. Il ruolo, poi, era particolarmente adatto. Si trattava di un musicista, quindi qualcosa di molto familiare per me. Non ambivo certo a competere con Zingaretti sul set, nonostante nel film io diventi l’amante di sua moglie… Lui è certo più bello e bravo di me, quindi può stare tranquillo! A parte gli scherzi, non mi dispiacerebbe ripetere l’esperienza.

BB: Questa volta pensa di interpretare un personaggio diverso da lei, magari un serial killer o un detective?

GB: Il serial killer è un’idea magnifica! Mi piacerebbe, ma lo spirito con cui affronterei la cosa sarebbe sempre quello dell’amatore, lo farei sempre per divertimento, senza la pretesa d’essere considerato un vero attore. Sono occasioni che capitano a chi lavora nel mondo dello spettacolo, intermezzi divertenti, ma io rimango un musicista, il mio interesse principale è comporre e suonare, la musica è il mio modo di esprimermi, di comunicare, la forma d’arte o d’artigianato, se volete, più adatta a me.

D: C’è una canzone, nel suo repertorio, che le piace più delle altre? E se sì, perché?

GB: No. Vede, questa è una domanda fatta per chi guarda MTV, per chi fa zapping tutto il giorno con il telecomando, per chi sta dietro alle classifiche, alle vendite. Non sono abituato a pensare alla musica come a una serie di morsi frettolosi, di pezzi slegati l’uno dall’altro, ad una scelta veloce di sottofondi, a un genere di consumo. Per me, la musica è qualcosa che richiede tempo, il tempo di ascoltare un’intero album, di assistere ad un concerto, per apprezzare la musica bisogna fare il vuoto, per lasciarla entrare, interrompere le altre attività e concedersi il lusso di godere del suono. Perciò no, non ho una canzone delle mie che preferisco alle altre, la mia musica è un tutt’uno, è quello che faccio, di cui mi nutro, e di cui spero si nutra chi ascolta, e compra i miei dischi.

Goran BregovicD: Può parlarci di Karmen, la sua opera che recentemente ha portato nei teatri di tutta Europa? Com’è nata l’idea?

GB: Karmen è nata nella mia testa a partire dallo scenario dall’opera di Bizet, che nella mia mente ho sempre visualizzato come fotogrammi di un film. Bizet si ispirò a una storia vera, lui racconta una vicenda romantica e tragica. Io, invece, ho sempre pensato che le storie gitane abbiano in sé l’elemento fatalista della vita, con il dolore inscritto nell’ordine delle cose, con la vitalità sempre vincente. Ho immaginato questa ragazza, una zingara innamorata e prostituta, nel suo ambiente, dentro la danza e la musica. I gitani, poi, amano le storie a lieto fine, ed è per questo che ho modificato la vicenda in questo senso. Dal punto di vista musicale, mi interessava sperimentare il suono di una piccola orchestra, in teatro, come fosse un’orchestrina gitana da strada, volevo portare l’impatto della strada dentro lo spazio ristretto del palco, ma con lo stesso effetto di spontaneità. Mi sembra una scommessa riuscita, il pubblico finora ha risposto con entusiasmo. La mia Karmen dovrebbe approdare qui in Ungheria a dicembre.

BB: Lei proviene da un Paese ferito profondamente dal conflitto civile dei primi anni ’90, e alcune delle sue composizioni hanno portato dentro l’immaginario del pubblico gli echi di quella tragedia. è tornato di recente nella sua terra? Cosa pensa dell’attuale situazione dell’ex Jugoslavia, in particolare della sua città, Sarajevo?

GB: Vado molto spesso a Sarajevo. Vede, credo che ci siano come delle onde, dei periodi alternati di pessimismo e ottimismo nella vita sociale e politica della mia terra, picchi di estrema vitalità seguiti da momenti di disperazione. La guerra ha lasciato le sue tracce, ma credo che il momento attuale sia di spinta positiva, c’è uno sguardo di attesa e di speranza rispetto alla nuova Europa, nella quale la gente ripone aspettative, si crede in un nuovo piano che possa accoglierci e offrire possibilità, apertura. È un momento di transizione, in cui si scontano ancora tutte le conseguenze nefaste del conflitto, ma si intravvede uno spiraglio di cambiamento. Lo spirito di Sarajevo è sempre quello della grande capitale di cultura e di civiltà, ed è quello spirito che vedo rinascere, a dispetto delle devastazioni e dell’orrore, della diaspora e dell’incertezza per il futuro che ancora aleggia fra la gente.

BB: Crede che nel suo futuro di musicista ci siano esperienze diverse da quelle finora vissute? Pensa di sperimentare nuovi generi musicali, collaborazioni con altri artisti?

GB: Guardi, io sono un prodotto dei Balcani. Non solo dal punto di vista dell’appartenenza, ma soprattutto da quello artistico. Non mi sono mai visto come un Peter Gabriel, uno che colleziona vibrazioni dall’esterno. Il mio ambito è quello che mi viene da dentro, non ho mai sentito di avere una scelta in questo senso. Faccio quello che sono, e sono una creatura della mia terra, dei Balcani. Certo, magari, in un’altra vita, avrei preferito essere Stravinskij, ma gli strumenti che ho in mano, e che ho perfezionato, le cose che conosco e amo e sulle quali ho costruito le mie idee, provengono da quel mondo, dal mio mondo. Quindi, continuerò ad occuparmi della musica che conosco e amo, quella che so fare, e che spero di fare sempre meglio. Tutti i miei nuovi progetti vanno in questo senso.

L'Orchestra per Matrimoni e Funerali di Goran Bregovic

BB: Quale ritiene che sia l’elemento distintivo della musica balcanica? E quale crede che sia la ragione del grande successo che le vostre sonorità riscuotono in tutto il mondo?

GB: Ah, bella domanda… Credo che si tratti di questo, gli Slavi sono un popolo esagerato, in ogni cosa. Troppo di tutto, questo è il tratto che li distingue. Troppo amore, troppo odio, troppe emozioni, tutto elevato al massimo grado di intensità possibile. La gioia, quando è gioia, è sfrenata, e la disperazione è notte profonda. Tutto questo si traspone nella musica, ed è proprio questa intensità di emozioni che la rende così coinvolgente. E, a proposito, è arrivato il momento di esagerare qui al Sziget, indossando l’abito bianco delle cerimonie e facendo ballare il pubblico là fuori…

Le foto sono di Giulio Donini

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