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Cinema

Vladimir Luxuria

Mater Natura Trans Vesuvian Counsellings

Jimmy Milanese (JM): Siamo con Vladimir Luxuria, a Maremetraggio, co-protagonista in questo bellissimo film Mater Natura. Di cosa parla il film?

Vladimir Luxuria (VL): Mater Natura è una storia di riscatto dalla solitudine in cui si riesce a riscattare la solitudine con la solidarietà e l’amore.

Vladimir Luxuria

Quindi racconta di un gruppo di trans, e non solo, che a un certo punto hanno delle grandi delusioni nella vita metropolitana e che potrebbero rischiare di vivere in solitudine. Invece decidono di fondare una specie di famiglia allargata Mater Natura — Trans Vesuvian Counsellings, ovvero una comune fatta di trans che vivono insieme facendo le contadine. Il film termina proprio con questa frase, che secondo me è la chiave di lettura del film: “Noi siamo nati prima della solitudine e indipendentemente dalla solitudine noi continueremo a esistere ed esisteremo sempre”.
È bella quest’idea di persone che hanno avuto delle esperienze negative nella vita e che invece di separarsi dal mondo decidono di mettersi insieme, una specie di gruppo di auto-aiuto, dove si uniscono le proprie risorse intellettive e affettive per fondare appunto una famiglia allargata.

JM: Quindi questo film dura 93 minuti. Con circa mezz’ora di pubblicità, magari quella che viene fatta tra un TGcom e un meteo (cosa che non si dovrebbe fare), potrebbe tranquillamente essere trasmesso in televisione. Perché ci sono tutti questi problemi di distribuzione per un film che è assolutamente guardabile, bello e godibile?

VL: Perché c’è ancora una pregiudiziale secondo la quale alcuni argomenti indipendentemente dal modo in cui vengono posti non devono esser visti dalle famiglie. Temono che se si fa vedere alla famiglia italiana alle nove di sera, in una televisione pubblica un argomento che riguardi la transessualità… non so, forse il coniglio al forno con le patate se ne può scappare, o non so quale altra calamità possa succedere a una famiglia. Io credo che le famiglie non dovrebbero essere spaventate nell’affrontare degli argomenti che comunque fanno parte della nostra realtà. Allora, poi mi fa rabbia pensare che si possano vedere tranquillamente programmi alle nove di sera, in prima serata dove c’è un altro tipo di volgarità che secondo me è la vera volgarità, come il trattare la donna in un certo modo, come se tutte le donne fossero delle oche incapaci di pensare e che debbano stare lì soltanto a fare vedere i glutei, o anche la volgarità di certe espressioni offensive nei confronti degli altri. Quindi vogliamo rivedere i parametri di ciò che deve essere accessibile o no alla Rai a una certa ora di sera? Io sono disposta a farlo e penso che questo governo lo debba fare.

Vladimir Luxuria

JM: Ecco, a proposito del soggetto, tu hai un passato teatrale di cui magari parleremo dopo. A un certo punto della storia, è Andrea a morire, e non il protagonista, il “diverso”. Tu sai che questo segna una frattura enorme rispetto, ad esempio, alla commedia americana che avrebbe fatto morire il protagonista “diverso”. In Mater Natura invece muore Andrea, che è “la perfezione”. Cosa dici a proposito?

VL: Sì, diciamo che per lungo tempo, ti riferisci a film come ad esempio Philadelphia, è sempre stato il diverso a morire, come fosse un elemento catartico, no? A volte si pensa: “Ok noi trattiamo questi temi, però, alla fine vi dimostriamo che i diversi devono fare sempre una brutta fine!” Quindi i diversi devono per forza diventare l’elemento catartico, e anche di accettazione. Invece qui no, il diverso non fa una brutta fine, tutt’altro, e meno male!

JM: In questo film da un certo punto di vista rappresenti te stessa: da un punto di vista artistico e da un punto di vista di quello che tutti sanno. Com’è rappresentare se stessi al cinema? Ha un effetto liberatorio o freudiano, in una società che ovviamente fa fatica ad accettarti o che perlomeno latita un pochino da questo punto di vista?

VL: Ma sì, devo dire che ci sono molti elementi autobiografici, nel senso che Massimino che interpreto in questo film è una persona impegnata politicamente, una persona che ama il teatro come lo amo io, quindi sicuramente c’è un elemento biografico. Però a volte è più difficile fare al cinema un personaggio che ti somiglia, rispetto a uno che è completamente distante da te. Perché se fai una parte che è completamente distante da te fai veramente un lavoro di estraniazione totale, mentre se devi fare una parte che comunque un po’ ti somiglia devi sempre stare attento a non fartelo somigliare troppo.

JM: Come tutti sanno tu sei deputata alla Camera. Allora, cosa potresti fare per il Cinema come impegno concreto?

VL: Intanto io sono nella Commissione Cultura, quindi mi occuperò anche di Cinema in questa commissione culturale. Credo che innanzitutto bisogni dare spazio ai giovani talenti, a quelle persone che non hanno alcun mezzo per far conoscere le proprie idee attraverso questo grande strumento che è il cinema. Credo che bisogni anche distribuire più equamente le risorse e che non bisogni pensare al cinema come la “voce del padrone”, ma come elemento di disturbo, come elemento che fa nascere delle discussioni, come elemento che mette in discussione delle nostre presunte certezze. E credo che da questo punto di vista, rispetto al passato, ci sia stato secondo me un taglio punitivo nei confronti della cultura che è sempre stata considerata come qualcosa di sinistra, mentre bisogna considerarla come un fatto che fa crescere la gente, e non come qualcosa di destra o di sinistra.

JM: Ti ricorda qualcosa la Taverna del Gufo?

VL: Ma allora hai studiato! Sai tutto di me!

JM: Dove tra l’altro ha iniziato la sua carriera un certo Enzo Arbore, no?

VL: Sì, io sono nata a Foggia il 24 giugno, lo stesso giorno in cui è nato il mio concittadino, che è appunto Renzo Arbore, e in comune abbiamo non solo la città e la data di nascita ma anche un luogo, un luogo dove entrambi abbiamo mosso i nostri primi passi: la Taverna del Gufo. Lui prima, ovviamente, io poi.

JM: In questi anni hai fatto anche tantissimo teatro. Ci puoi parlare un po’ della tua esperienza?

Vladimir LuxuriaVL: Sì ho fatto molto teatro, sia comico e d’intrattenimento che teatro “impegnato”, di riflessione. Il teatro mi sta servendo molto anche nella carriera politica, perché oltre al fatto che il parlamento comunque ha la struttura da teatro greco, un po’ come il teatro romano che c’è qui a Trieste, esso ti lascia la padronanza della voce, delle pause, e soprattutto il teatro si preoccupa di far capire quello che dici agli altri, cosa che in politica non è sempre così scontata.

JM: Rimini, Altri Libertini e Pier Vittorio Tondelli. Il tuo “alter ego” maschile, se così si può dire: un provocatore, un uomo di grandissima cultura come tu sei una donna di grandissima cultura.

VL: Ti ringrazio, Tondelli l’hai citato perché io ho fatto un omaggio a Pier Vittorio Tondelli che ho portato in giro e continuerò a portare in giro. Tondelli è un grande nostro autore contemporaneo, purtroppo scomparso, che oggi affronta temi di grandissima attualità.
Io credo che le pagine in cui si descrive l’agonia in ospedale di Leo, in Camere Separate, sia anche un modo per parlare di unioni civili. Perché voglio ricordare che, ancora oggi in Italia, se tu fai parte di una coppia formata da due persone dello stesso sesso un direttore sanitario può impedirti di assistere il tuo compagno nel momento in cui ha più bisogno di te, cioè il momento in cui sta vivendo gli ultimi giorni della sua vita in agonia in un ospedale. Questo credo che sia un esempio di cinismo e di cattiveria molto forte.

JM: E tra le tue tante partecipazioni c’è un contributo fondamentale alla radio. Tu hai fatto tantissima radio in questi anni… ci sono ovviamente differenze enormi tra il teatro, la radio, il cinema e addirittura la politica. Ecco, forse la tua natura di transgender si rispecchia anche nei tuoi molteplici interessi?

VL: Sì perché non credo che tra i generi ci siano questi steccati insormontabili, come tra il genere maschile e femminile credo anche tra i generi artistici. Ha anche parlato Walter Benjamin di questo, ad esempio il romanzo lirico è il romanzo in cui c’è prosa e c’è poesia, o in certe canzoni di De Andrè dove separare poesia e musica? Ci sono dei canali che mettono in comunicazione i vari generi, quindi credo che anche la radio, il teatro e il cinema abbiano delle aperture verso la politica. Pensa all’esperienza di Radio Alice ad esempio, pensa al teatro impegnato di Bertold Brecht, si può fare politica anche facendo arte.

JM: Parlavi delle radio chiuse dal potere, una ventina d’anni fa. Ma non ti sei fermata lì: Hai scritto una canzone in tedesco.

VL: Io comincio a preoccuparmi, perché sai veramente tutto! Sì ho scritto una canzone in tedesco (ma qui stiamo parlando della preistoria, della mia infanzia!), era uno dei primi periodi in cui stavo a Roma, e avevo un gruppo un po’ dark, e allora sì, cantai una canzone tratta da una poesia di Heinrich Heine: Der Traurige, Malinconico, eh sì… è vero!

JM: Allora ci fai una promessa? se ti dovessi stufare in parlamento, tornerai a fare cinema?

Vladimir Luxuria

VL: No, io vi faccio un’altra promessa, che se mi verrà fatta una proposta, non come quelle che mi sono state fatte recentemente, con parti che non mi interessano, ma una proposta per un film interessante che può servire a scuotere le anime e le coscienze, io lo farò anche mentre faccio politica. Perché se io decido che il lunedì, quando non ho Camera, o il sabato e la domenica, anziché andare a mangiare una pizza o a ballare con gli amici, giro un film, sarò padrona di farlo.

Le foto sono di Giulio Donini

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