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Cinema

Marina Spada

Milano D’agosto

Fucine Mute incontra Marina Spada, in concorso a Venezia nella sezione Giornate degli autori con la sua secondo opera Come l’ombra. La regista milanese ha realizzato già un lungometraggio intitolato Forza cani, un esperimento produttivo molto importante che le ha permesso di girare questa pellicola a caccia di distribuzione a Venezia.

Marina SpadaTommaso Caroni (TC): Come l’ombra è un’opera sorprendente, io non conoscevo il suo primo lavoro e ho trovato la pellicola molto matura. Mi sembra che l’impronta dello stile si possa riscontrare già nel titolo. Come l’ombra sembra quasi invogliare ad aggiungere una parola per completare la frase: “la solitudine come l’ombra che ti segue” per esempio. L’emarginazione della protagonista e poi l’incontro che interrompe la sua solitudine sono aspetti che mi hanno molto colpito, ha pensato a questa somiglianza del titolo con la storia raccontata nel film?

Marina Spada (MS): Come l’ombra è un titolo tratto dalla terzina finale di una poesia di Anna Acmatova. Chiaramente le protagoniste del film sono ombre, siamo tutti ombre, e quindi il tema dell’opera è quello della solitudine, poi si vedono molte immagini della città di Milano vuota che aiutano a comprendere lo stato d’animo dei personaggi. La cosa che però mi sono chiesta anch’io, vedendo il film dopo, è: “ma è lei che vede la città così o la città è così?”, nel senso che potrebbero essere tutti dietro le finestre oppure potrebbe essere una città abbandonata per la peste, ma comunque questo non cambierebbe il senso della storia, perché effettivamente la protagonista è sola, anzi sono tutti delle ombre e sono tutti invisibili.

TC: In riferimento a questo io faccio un paragone spero non improprio, a me il film è sembrato simile come stile a Maicol, un film di Mario Brenta, che utilizzava i mezzi pubblici per accompagnare il trascorrere del film. Mentre in quell’opera era molto presente la metropolitana, nel suo film, oltre alla metro, vengono spesso inquadrati i pullman e le fermate. Nello stile pensa di somigliare a Brenta o ad altri registi minimalisti italiani?

MS: Nello specifico io questo film non l’ho visto, io non sono cinephile, lo sei molto più tu di me. Innanzi tutto questo tram che si vede nel film passa fuori dalle finestre di casa mia, quindi è una presenza sentita in maniera pesante. A parte questo, nel mio immaginario la città di Milano è molto legata ai mezzi di trasporto pubblici. Mio padre lavorava all’Atm milanese e anche mio nonno e mio fratello, quindi è qualcosa a cui sono molto legata. Il mezzo milanese per quanto mi riguarda è una cosa che scandisce il tempo più che lo spazio.

TC: A proposito dello spazio ho trovato che ci fosse una linearità molto ricercata, è stata una scelta stilistica ben precisa?

MS: Be’ è assolutamente voluto il taglio dell’inquadratura, spesso e volentieri divisa in due. Questo anche perché a livello di immagine sono riuscita a usare lo spazio in modo molto efficace, facendo per esempio un primo piano nella metà destra dell’inquadratura e creando all’opposto una grande profondità di campo a sinistra. Lo spazio comunque è sempre diviso in due, forse idealmente significa la frammentazione e l’incapacità di comunicazione.

scena del film

TC: Per quanto concerne la regia del film, molto statica nella struttura, un momento interessante è quello in cui si giunge alla svolta della storia, quando il professore chiede a Carla di ospitare la cugina. Lei in quella situazione ha creato il movimento di macchina più complesso del film, è stato realizzato apposta per ricreare l’unico momento di reale tensione?

MS: Assolutamente voluto, quella è la scena madre e ho voluto usare il carrello proprio per quel motivo. Il carrello in tutto il film credo che sia usato in non più di quattro scene, solo in momenti particolarmente significativi. L’ho usato per esempio anche quando le ragazze cenano assieme, e mi è stato utile per descrivere la loro relazione. Tra l’altro questi movimenti erano già presenti in sceneggiatura.

TC: Nell’introduzione mi pare che lei abbia voluto comunicare un’idea di submondo ovattato, dove non si sentono le persone parlare e le azioni avvengono sempre dietro un vetro; ha dato quest’impronta per introdurre il suo personaggio in quella che è la sua solitudine?

MS: Forse, io però l’ho fatto per osservare il personaggio da lontano, con qualcosa di esistente tra la macchina, che è il punto di vista nostro, e ciò che avviene nell’inquadratura.

TC: Lei con la sua messa in scena sembra quasi negare il fatto che ci potrebbe essere una suspance all’interno della storia. Olga parla al telefono e non si capisce con chi, ha voluto annullare dal film l’aspetto di tensione emotiva?

MS: Molte cose che succedono in questo film succedono fuori campo e non si sentono, ma questo è stato fatto per dare la possibilità a chi vede questo film di ricrearne il senso autonomamente. Io so che fine ha fatto Olga, precisamente, però ognuno ha la possibilità di dare la sua versione.

scena del film

TC: Volevo rivolgerle una domanda sull’aspetto produttivo. Il film è stato prodotto da un’associazione culturale a Milano, è stato complesso portarlo avanti, senza finanziamenti, girando in pellicola e immagino con tempi discretamente lunghi?

MS: Mettere in piedi un film con pochi soldi è sempre complesso, ma anche metterlo insieme con tanti soldi, è un meccanismo molto difficile sempre. Probabilmente io, avendo avuto la possibilità di usarne pochi, credo di essere stata molto libera nel realizzarlo. Comunque non è stato difficile mettere insieme questi soldi, grazie a dio ho tanti amici e i soldi che mancavano li ho chiesti in banca.

TC: Volevo rivolgerle una domanda sul tempo. Ho trovato il film abbastanza indefinibile, non legato strettamente ai giorni nostri, secondo me potrebbe essere ambientato negli anni Ottanta come negli anni Settanta. Non ci sono degli input visivi che legano il film ad una temporalità. È una scelta voluta quella di non dare punti di riferimento o il film è relazionato ai giorni nostri?

MS: È una domanda che non mi ero posta, quindi non saprei. Questo è un film girato l’anno scorso. Io cerco di non dare delle connotazioni temporali precise, non faccio vedere nessun oggetto trendy precisamente inquadrato perché non mi piace farlo, a differenza di Forza cani dove avevo percorso questo tipo di linguaggio. Per me è ambientato nell’estate dell’anno scorso ed è stato girato dal 17 luglio al 14 agosto del 2005, in neanche cinque settimane.

scena del film

TC: La distribuzione come si svolgerà? Pensa di seguire il film portandolo per festival e cercando di farlo vedere a più persone possibili?

MS: Spero. Questo film non ha una distribuzione, spero la possa trovare qui a Venezia, inoltre è stato invitato in parecchi festival internazionali, il prossimo è Toronto, e spero che trovi una distribuzione ovviamente, perché i film li fai anche per gli altri, li fai per te, ma li fai anche per gli altri.

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