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Cinema

Sergio Castellitto

Viaggio in Cina

Martina Palaskov Begov (MPB): Che cosa non sapeva della Cina prima di lavorare al film La Stella che non c’è?

Sergio Castellitto (SC): Immaginavo della Cina quello che molti occidentali credono di sapere della Cina. Molte delle cose che sapevo o meglio che credevo di sapere erano più legate a pregiudizi, che ad opinioni o ricerche precise. Il viaggio in Cina è stato una straordinaria mescolanza di illusioni e delusioni. Dai paesaggi, alla geografia del paese, abbiamo viaggiato da Shanghai fino al deserto dei Gobi, fino alla Mongolia, e alla gente che abbiamo incontrato… è stato davvero un film nel film, un’esperienza indimenticabile. E il film nel film è il patrimonio di ricordi che io conservo di questo paese.

scena del film

MPB: A che tipo di pregiudizi si riferisce?

SC: Forse al pregiudizio nel senso letterale del termine. Ognuno di noi ha un’idea più o meno stereotipata delle altre culture. Quando vado in Germania fanno “Ah, italiano”, quando vado in Francia fanno “Oh italiano…”, quando vado in Inghilterra fanno “Italiano??”. Anche noi facciamo la stessa cosa con gli altri, con le altre culture. L’opinione vera poi la si fa sul campo. Inoltre la Cina ha rappresentato, per chi ci ha creduto e per chi non ci ha creduto, il maoismo, una certa visione dal sessantotto in poi di certe idee politiche. Invece, arrivi in Cina e vedi che c’è un capitalismo forsennato applicato con delle regole molto particolari, peggiori forse delle regole applicate da noi, con una combinazione altrettanto micidiale, considerando il fatto che ad applicarla è un governo autoritario, che non consente la libertà. La parola sindacato non credo sia neanche tradotta.

MPB: Ad un certo punto del viaggio, se non sbaglio, avete girato anche vicino alla diga delle Tre Gole. Che ne pensa lei personalmente dell’area che è definita “Cina Moderna”. Il lavoro della diga risulta abbastanza imponente?

SC: La cosa che mi ha colpito, forse anche di più del fiume Azzurro e della diga, è la struttura architettonica di tutti gli stabilimenti cinesi. Si tratta di un equilibrio molto precario e pericolosissimo tra una natura bellissima, straordinaria, e il disastro ecologico imminente. Ho sempre avuto la sensazione che potesse succedere un disastro ecologico di misure catastrofiche da un momento all’altro. Quando mi sono trovato in altre città o altri luoghi meno grandi ed importanti, l’idea non mi ha mai sfiorato o se l’ha fatto, non l’ho mai vissuta come ad un problema “mondiale”, di tutti. La Cina è enorme; un pianeta nel pianeta.

scena del film

MPB: Ci parli della reazione delle persone nel vedervi girare. Che tipo di accoglienza avete avuto in Cina in quanto occidentali?

SC: Nessuna reazione in particolare. Nei piccoli villaggi la gente era decisamente più interessata e curiosa. Nelle grandi città, devo essere sincero, il brulichio umano è talmente massiccio che credo non si siano nemmeno accorti di noi. Spesso abbiamo girato con una macchina a mano, tra la gente che non ci ha nemmeno fatto caso. Meglio così, temo che avrebbero guardato tutti in macchina, se avessimo avuto un equipaggiamento più imponente…

MPB: E la troupe? Il modo di lavorare cinese?

SC: Be’, a mio avviso il cinema si assomiglia tutto. Noi in particolare avevamo una troupe italiana. Per l’ottanta per cento era una troup italiana, poi c’erano anche delle maestranze cinesi, molto brave devo sottolineare! Del resto il cinema lo sanno fare, da ancor prima di Lanterne Rosse

MPB: E che tipo di reazione pensa che avrà il pubblico cinese e la censura cinese al film?

SC: Be’, il film in Cina non è ancora uscito, ma lo abbiamo presentato alla censura. Lo hanno amato molto, anche se alcuni membri della censura non hanno amato il discorso critico sulla povertà, sull’abbandono dei figli e altri dettagli non proprio bellissimi del loro paese. Tuttavia, non hanno censurato nulla. Non credo il film uscirà nelle sale. Devo dire che la tradizione dell’usufrutto cinematografico in Cina non assomiglia troppo al nostro. Loro optano per un consumo larghissimo e preponderante del DVD, e spesso di pirateria. Non c’è film che non si possa vedere o trovare in Cina. Sono dei geniali falsificatori e anche dei venditori senza peli sulla lingua. Un’amica della troup mi raccontò che spulciando vari DVD nei mercatini, trovò uno de La Signora di Shanghai, con Rita Hayworth. A caratteri cubitali però, sotto la locandina del film, lesse con Nicole Kidman… chiaramente hanno capito che il nome di Nicole Kidman vende di più.

scena del film

MPB: Parlando con Amelio poco fa, lui disse che il gesto forse più coraggioso del personaggio di Vincenzo Bonaventura è quando si ferma, quando si ferma nella strada e si siede…

SC: Infatti! Durante tutto il film egli cammina, cammina, entra ed esce da porte senza chiedere il permesso, entra nelle acciaierie senza curarsi di nulla. Cammina, si agita e non pensa mai, agisce e basta. Quando invece si ferma, si siede, allora forse respira e pensa in modo meno impulsivo ed ecco che le cose cominciano a cambiare. Non si fa più notare ma viene notato, lui, le sue fatiche e il suo lavoro. L’esito negativo della vicenda lo conosciamo solo noi, non lui. Per lui si tratta di un nuovo inizio.

MPB: Lei ha lavorato in Francia, oltre che in Italia; è stato l’alter ego di Marco Bellocchio in molti film ed ha interpretato personaggi tra loro a volte molto diversi. Ci sono dei paesi in particolare nei quali vorrebbe lavorare, o dei registi con cui vorrebbe lavorare?

SC: Se devo nominare un regista in particolare, dei registi, in questo caso, mi ritrovo ad essere molto affascinato dal lavoro che i fratelli Dardenne fanno nel loro cinema. Ammiro soprattutto la loro semplicità e la straordinaria drammaturgia che c’è dietro ai loro racconti filmici. Se penso a L’Enfant, penso a un piccolo capolavoro non solo di cinema ma anche di letteratura.

Sergio Castellitto e Gianni Amelio

MPB: Da una tradizione molto legata alla commedia dell’arte, ad un esposizione attoriale quasi barocca, affine a molti artisti della sua generazione, lei ora sembra maggiormente attratto dalla semplicità, dalla pacatezza e dal silenzio delle immagini…

SC: Credo che tutti gli attori cerchino alla fine di arrivare alla semplicità, di capirne i meccanismi e di usarne la grazia. Sotto ogni gesto dirompente e dietro ad ogni interpretazione riuscita, si cela la semplicità. Inoltre c’è un lavoro enorme dietro ad un gesto semplice.

MPB: In questo film, infatti, il suo personaggio è più pacato e meditabondo di altri, penso ai personaggi di Bellocchio, per esempio. Che tipo di difficoltà ha avuto nel lavorare a questo personaggio?

SC: Un attore deve essere un bicchiere vuoto e qualcuno deve riempirlo, il regista e la storia stessa. Sono quelle le cose che cambiano, non il mio approccio. Un attore deve avere una grande personalità, ma la deve anche nascondere. Cerco un’ambiziosissima umiltà. Umiltà e ambizione: trovo che siano queste le due caratteristiche di un bravo attore. Docili senza essere servili.

Sergio Castellitto con Gianni Amelio e Liu Hua — Ling Tai

La stella che non c’è


Regia: Gianni Amelio
Sceneggiatura:
Umberto Contarello,Gianni Amelio
Scenografia:
Attilio Viti
Fotografia: Luca Bigazzi
Costumi:
Cristina Francioni
Musiche:
Franco Piersanti
Montaggio:
Simona Paggi
Anno: 2006
Nazione: Italia
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 104′
Data uscita in Italia: 08 settembre 2006
Genere: drammatico

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