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Musica

Vanessa Van Basten, La stanza di Swedenborg

Immagine articolo Fucine MuteQualcuno deve conservarci Vanessa Van Basten: che questo sia chiaro fin dall’inizio.
Nel 2006, dopo un EP autoprodotto che ha raccolto di fatto solo consensi, Morgan Bellini e Stefano Parodi pubblicano il proprio disco d’esordio grazie allo sforzo congiunto di quattro etichette: Eibon Records (Canaan, Colloquio, Amon, Esoteric…), Cold Current (Mollouw, Macelleria Mobile di Mezzanotte, Maurizio Bianchi coi Telepherique), Radio Tarab (Circadian, Asianova) e Noisecult (Full Effect, Kaiyanwang). Ci sono dunque quattro soggetti distinti che hanno concordato nel ritenere La stanza di Swedenborg un disco da pubblicare: forse, a giudicare dai rispettivi cataloghi, tutti hanno apprezzato lo spirito di confine del progetto e vi hanno percepito echi di loro band preferite, senza che per questo si potesse usare la parola “derivativo”. Vanessa si definisce heavy post-rock perché, di fatto, sceglie di essere quasi interamente strumentale, tanto che verrebbe da trovarci una vocazione ambient se non fosse che — a ragione — non vuole smettere di amare i Godflesh.

Dai Godflesh si passa a Justin Broadrick e al suo tentativo di pensare i My Bloody Valentine con le sue categorie, infatti dischi come Silver e Conqueror sono di sicuro accostabili a La stanza di Swedenborg. Esiste poi una componente industrial tout court, rintracciabile in un determinato uso dei campionamenti, tra i quali quello da Lars Von Trier che dà il titolo all’album (e che di solito è la perfetta introduzione per le recensioni). Lars Von Trier a sua volta è un primo collegamento col cinema ma, se si dovesse scegliere un film col quale Vanessa possa identificarsi, questo non sarebbe realizzato secondo il “dogma”. C’è di sicuro una fortissima componente icastica nel gruppo, che però sollecita la parte pre-razionale del nostro cervello, similmente all’ultimo Lynch. Di fatto, viste tutte le premesse, questa musica serve soprattutto per viaggiare. Si percepiscono una tristezza profonda, una malinconia che non se ne va via mai, persino anche una forma tutta particolare di solarità nelle melodie, sempre che non si venga distratti da squarci di rabbia e pesantezza, soprattutto, però, rimane la sensazione di uno spazio aperto e indefinito nel quale fluttuare: la scelta della copertina parla chiaro.

Ora, La stanza di Swedenborg, per quanto sufficientemente unitario da appartenere con chiarezza a uno stesso gruppo, risulta essere comunque un agognato esordio, composto magari dai famosi pezzi nel cassetto, non necessariamente legati insieme fin dall’inizio. Chiunque sia là fuori, chiunque magari si sia accorto che a Genova c’è grandissimo fermento (Cut Of Mica, la Green Fog, Ianva, Marsiglia Records…), consenta ai ragazzi di sedersi e pensare e pianificare un secondo album.

Vanessa Van Basten
La Stanza Di Swedenborg
2006
Eibon Records
Noisecult
Cold Current
Radiotarab Records
Audioglobe (distribuzione)


01. La Stanza Di Swedenborg
02. Love
03. Dole
04. Giornada De Oro
05. Il Faro
06. Floaters
07. Vanja
08. Good Morning, Vanessa Van Basten!

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