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Scrittura

Absolute Poetry 2008

Locandina di Absolute Poetry 2008Cinque giorni vissuti da pendolare della poesia assieme a Beatrice Biggio. Finito il lavoro, lei da Trieste con Giulio Donini (fotografo ufficiale dell’evento), io da Udine, via di corsa all’Absolute Poetry di Monfalcone, quest’anno dedicato ai lavori nei cantieri e al lavoro della poesia stessa. Ogni santo giorno a tirar notte, rientrare a casa, per poi ripartire il giorno dopo, nel dopolavoro. Abbiamo condiviso così un festival che nella sua struttura si è rivelato attento a chi lavora, anche nell’orario degli eventi proposti sempre dopo le 16.00. Un modo per permettere a chi lo desiderava di seguire quella che è stata un parata pirotecnica del verso e delle sue contaminazioni con altre arti, per divenire poli poesia. Un’idea quella di partire il pomeriggio, senza accavallare gli appuntamenti, da ripetere, perché intelligente. La qualità delle giornate mi ha portato a ideare un ideale viaggio in cinque giorni, in modo da permettere, anche a chi non è riuscito a seguirlo nella sua totalità, di farsi un’idea di cosa sia Absolute Poetry. Devo un ringraziamento alla mia compagna di questo viaggio particolare, Beatrice Biggio, autrice della cronaca sull’ultima giornata e della chiusura del festival.

Giorno uno

Absolute Poetry propone vie alternative del vedere e assorbire poesia. Quest’anno nel centenario dei cantieri navali di Monfalcone, l’arzanà più grande d’Europa, il festival ha messo in simbiosi la visionarietà, cara ad Orfeo, all’aspetto che riguarda la quotidianità di tutti: il lavoro. Alle navi d’acciaio si affiancano simbolicamente, per una settimana, navi di carta. Così, in apertura, nel presentare il lavoro di Michele Cinque, figlio d’arte, le parole del fondatore di Absolute Poetry, Lello Voce: per una volta i poeti smettono di suonare il piffero per lasciare le parole al “lavoro liquido”, un lungometraggio d’esordio che ha in sé un duplice aspetto; sviscerare una realtà da precari che spesso gli individui, come molti artisti, anche di pregio, si ritrovano zavorrate sottopelle; abbinare il passato e il presente — emigratorio e immigratorio — di quelle file generazionali che più che lavorare, nella società e per la società, si sentono lavorate a perdere.

Un lavoro giovane, quello di Cinque, che in prospettiva ci si augura venga riproposto ad altri giovani, magari nelle scuole, per testimoniare come la poesia riesca a pre-occuparsi, con nuovi linguaggi, d’aspetti sociali importanti. Il dibattito tra Andrea Cortellessa ed Enrico Ghezzi, in precedenza, si era mosso proprio nell’ambito del linguaggio poetico, prendendo il là, dal momento in cui derapa sulle latitudini visive del video clip, in sovrimpressioni tatuate tra parole e immagini di video-poesia. Un contralto a due toni capace di rendere il confronto tra chi, come Cortellessa, intende valida l’invasione poetica nel cortometraggio, e chi, da buon satiro del contrappunto come Ghezzi, considera artificioso il tentativo, ritenendo la poetica a video soltanto un certa forma di casualità dell’inatteso.

Absolute Poetry 2008

Esempi? Una quindicina di frammenti cinematografici, altamente leopardiani di John Ford, uno che Leopardi non sapeva nemmeno chi fosse, o quando, in un recital perfetto di Zanzotto, accade un accidente inaspettato come lo squillo d’un telefono in sottofondo. Da tali considerazioni, il via alle video poesie: il Nuvolari di Antonio Poce, l’assillo della rima in Amelia Rosselli di Stella Savino e Rosaria Lo Russo. John Giorno in Basilicata di Antonello Faretta piuttosto che L’appunto importante di Sparajurij Lab. La poesia temeraria di Patrizia Vicinelli di Daniela Rossi, oppure La poesia italiana in Giappone di Giacomo Verde. Un bel dire, vedere e ascoltare davvero: spremuta di qualità dal parnaso nostrano votato di per sé alla precarietà della poesia, altro che il tentativo di appiattire la gente con i piatti tipici dei media! Absolute Poetry, scegliendo di non accavallare gli appuntamenti giornalieri, lascia al fruitore il tempo di riflettere senza saturarsi. Un punto di forza, soprattutto in ambito poetico, e un esempio per molti altri eventi culturali che spesso si avventurano in palinsesti simili a gineprai schizofrenici.

Giorno due

Interessante quando le tavole rotonde non chiudono il cerchio su un accordo unanime. È ciò che accade in quella dedicata al fuori formato di Absolute Poetry; tentativo d’indagare i complessi rapporti che la poesia ha intessuto, nel Novecento, con altri campi dell’arte. Va da sé che, se la letteratura in senso lato, pur tentando avanguardie, è sempre rimasta ancorata alla tradizione di certi canoni fissi del linguaggio, in pittura, scultura e poesia, certo non è andata allo stesso modo. La poesia prova, soprattutto ad Absolute Poetry, l’interazione con l’immagine, la musica e la sonorità, ma queste commistioni — sostiene Gianmaria Nerli — rischiano di togliere forza invece di infonderne una nuova, se si sovrappongono o contrappongono senza interagire, se provocano lo spettatore privandolo della sua naturale possibilità interpretativa, e il senso dell’opera si affidi soltanto alla ricezione dei sensi.

Il fuori formato poetico, allora, installazione o performance che sia, piuttosto che ricreazione di un oggetto simbolico della memoria, quindi rievocativo e metaforico (comunque canoni tradizionali della poetica nda), diviene efficace quando porta alla luce, facendoli riaffiorare, problemi nuovi, ancora irrisolti in una società come la nostra, protesa a continua e complessa evoluzione. Ma è quindi possibile, si chiede oggi Cristina Benussi, docente di letteratura all’Università di Trieste, la rivoluzione d’un linguaggio artistico che peschi fantasmi da punti oscuri non ancora detti, come fece in passato il futurismo? Un quesito che al giorno d’oggi è costretto a fare i conti con un’arte stretta in un sistema, se non addirittura stritolata. In Italia, la cattiva cultura giornalistica e dei media viene assorbita dalla coscienza della gente come uno scottex.

Cristina Benussi Absolute Poetry 2008

L’opera — continua Nerli — và trasformata in operazione. Ed è proprio una splendida operazione, quella studiata dalla ricercatrice Marianna Marrucci, giovane quanto il collega Nerli che si chiede: Qual è l’operazione che Fabrizio De Andrè effettuò mettendo in relazione la poesia e la canzone d’autore, tanto da venir spesso identificato, con suo stesso disappunto, come un poeta vero e proprio?” La carta assorbente del senso comune sembra aver investito i cantanti d’un ruolo che era stato dei poeti… lecita questa seconda operazione che pare reciproca alla prima?
Si scopre, così, quanto De Andrè amasse saccheggiare i classici della letteratura, e in particolar modo quelli della poesia che definiva Testi Sacri. Dalla lettura dei libri, ciò che colpiva il suo interesse veniva steso in prosa. Da lì l’ispirazione per il tema musicale, e poi, come onda di ritorno, dalla melodia l’incipit a revisionare in versi e rime quella stessa prosa prima: un lavoro di mosaicista, confidava.

Ma se il lavoro del poeta è quello di un chiaroveggente nella sua solitudine, De Andrè avvalora un mandato sociale che si trasferirà, a sua insaputa, dalla poesia alla canzone. La commercializzazione della canzone, dopo di lui, ne abbasserà anche il livello artistico, in Diluvio o nuova Genesi? L’assenza di livello di una certa neoletteratura, è avvertita soprattutto dai critici — afferma Massimo Rizzante. Oggi i neoscrittori scrivono senza complemento oggetto: non riconoscendo più i limiti delle arti o un confronto attivo con la tradizione, li sostituiscono con una tradizione della rottura che non si avvicina alla profondità di quella classica.

Come addentrarsi in astrologie letterarie sul futuro della poesia, quando al terzo anno di un qualsiasi corso universitario di lettere, i docenti sono propensi ad evitare le tesine, causa il basso livello grammaticalsintattico dei nostri giovani? — si chiede la Benussi. Chi è il mandante di questo delitto? Durante la serata al teatro comunale, le performance degli interregionali Ugo Pierri, Antonella Bukovaz e Tomaž Šalamun anticipano l’omaggio a Fabrizio De Andrè, Il Faber dei Fabbri, che ribalterà quell’operazione efficacemente analizzata nel pomeriggio.

Ugo Pierri ad Absolute Poetry 2008

I poeti presenti ad Absolute Poetry, destrutturando le canzoni dell’autore genovese, le trasformeranno in colonne vertebrali per i loro versi poli-poetici, commisti a suoni, musica e immagini, in uno spettacolo evocativo capace di proiettarsi nella sperimentazione di nuovi linguaggi, emozionando la calorosa accoglienza di un pubblico numeroso e attento. Così sfilano Elisa Biagini, Isabella Bordoni, Ennio Cavalli, Rosaria Lo Russo, Enzo Minarelli, Giulio Mozzi, Aldo Nove, Tommaso Ottonieri, Sara Ventroni.

Un unico appunto: a dar emozione, compito principe della poesia, soprattutto i poeti in grado d’emozionarsi, a loro volta, del loro lavoro. Individuare chi l’ha fatto e chi no, o dare loro un nome, come tra buoni e cattivi, non ha alcun senso. Potrebbe sembrare il peccato originale, tramutato in presunzione, del gusto personale di chi scrive.

Giorno tre

Succede che una cittadina come Monfalcone, nota per i cantieri navali, con Absolute Poetry si muti in centro e luogo d’identità per la poesia del Friuli Venezia Giulia. Nella biblioteca comunale, la tavola d’adunanza del convivio è stracolma di libri. I poeti-lettori chiamati a raccolta, nei loro profili, potrebbero somigliare ad artigiani e gente del posto, facce conosciute al caffè, ed invece sono gli araldi di quattro province e dei loro versi. Che bello! Quanti poeti su queste terre così diverse eppure così assieme! Più o meno conosciuti, loro si conoscono e si riconoscono nel mosaico di linguaggi a smeriglio: la fantasia del friulano che cambia accenti e dittonghi man mano che la Carnia scivola verso la “bassa”. Le misture del pordenonese, simile ad una malinconia di marinai rimasti a terra, finisce per diluirsi nel bisiàc oltre le acque dei fiumi, per sfociare poi nella laguna gradese e, per controcanto, in quel mar triestin caro a Saba e Giotti. Questioni d’eredità. Il serio gioco del coro in lingua e dialetto si fa corpo di suoni, dedito più alle emozioni che alle spiegazioni, quasi sciolto nel suo scorrere lungo i peripli venosi e arteriosi di una regione confinaria come la nostra.

Grazie ad Absolute Poetry è possibile riconoscersi nel paesaggio dei versi, e quando questo non accade, almeno rispecchiarcisi l’un l’altro. Un atto semplice e quotidiano quel leggersi e rileggersi in poesia. Versanti dove le numerosissime persone presenti in biblioteca si riscoprono come in una tenerezza, e lì si radicano, nuovamente.

Joumana Haddad ad Absolute Poetry 2008Nel segno del doppio si apre la sera a teatro; femminino all’inizio. La libanese Joumana Haddad, alternando il soffio sensuale dell’arabo all’italiano, porta in scena una Lilith micidiale, una divinità arcaica che si sia concessa il lusso di partorire sul palcoscenico una bambola dalle perfette curve di porcellana, caricata a carillon. Dietro la monella nomade modella, tesa ad affermare una forte personalità femminile attraverso un sensuale senso di libertà da mantide religiosa, l’altra poetessa Luisa Vermiglio è l’altra donna, la voce poetica seduta su una sedia; una eco del recitato che proprio perché meno appariscente e più schiva della Haddad, diviene, per paradosso, alter ego di un’anima più profonda e materna, scivolando sugli stessi versi di Joumana. Forse l’anima più vera e pura di una Haddad che si lascia godere solo in prestito.

D’altro tono, invece, e capace di tirare fuori più intimità, la presenza di Jolanda Insana. Qui c’è una poetessa arcaica, in grado di far bisticciare i diversi punti di vista della propria anima reduce da vita di lungo corso. Esprime così l’ironia e la stanchezza di chi ha visto la rabbia provenire dal di fuori verso il dentro; anche quella non vista a causa dell’assoluta fragilità insita nel filtro umano. Ironia che affiora al di là del ruolo poetico, quando colpita da un persistente attacco di tosse, Jolanda si rivolge al pubblico, ben al di là dei suoi stessi versi: Be’, se vado avanti così tossiremo tutti assieme. Pizzico poetico di quell’“accidente” citato da Ghezzi, che sfugge a qualsiasi tipo di prove in vista della performance.

Tocca poi ai lavori d’ensemble: Wordsong, ha il compito di traghettare il tema del doppio dal femminile al maschile. Gruppo di quattro ragazzi portoghesi, offre un energetico quanto raffinato progetto multimediale in musica, video e parole. Il doppio sta nei versi di Al Berto e Fernando Pessoa, e probabilmente proprio lì il limite del progetto nel contesto di Absolute Poetry: la musica presentata sul registro del concerto, anche a causa di un volume eccessivo, non ha permesso al pubblico di gustare appieno le metriche dei due grandi poeti lusitani, attorno alle quali, come detto, il lavoro ruota via bene, e che ha fatto di Wordsong la vera rivelazione del festival.

Non sempre ricordano, concerto per Patrizia Vicinelli è qualcosa che una volta visto, difficilmente si scorda. A chi dovesse capitare la possibilità, il consiglio è di non perderlo assolutamente; qualsiasi costo ne varrà la spesa. Se il contesto, e ciò che si produce ad Absolute Poetry, è spesso poli-poesia, questo lavoro ne rappresenta l’opera sinfonica, l’inno alla gioia. Trabocca qualità da tutti i pori: musiche di Paolo Fresu, che al richiamo di flicorno e tromba raduna voci ed elementi, con l’eleganza di un Orlando a Roncisvalle.

Paolo Fresu ad Absolute Poetry 2008

I versi della Vicinelli vengono affidati al recitativo della bravissima Ilaria Drago, non solo in parole, ma pure in una modulazione di timbri vocali, cari a Persefone, che permettono di resuscitare, quasi per magia, la drammaticità poetica dell’autrice: Diceva che la poesia andava detta in un altro modo, perché servisse ad altre schiere, e perché diventasse movimento attivo senza ritorno, ogni volta che il desiderio avesse preso una forma e il dominio. I contrappunti di Lello Voce bilanciano nell’oracolo maschile, parole che rischierebbero di sprofondare e perdersi, altrimenti, nell’anima insondabile del femminino. Antonello Salis è forza pura di natura musicale. Un fauno con l’animo di un bambino. La curiosità e la passione per il suo pianoforte, lo spingono a usarlo e trattarlo in modi del tutto impensabili per qualsiasi umano. Dhafer Youssef, voce e percussionista del suo stesso torace, virtuoso nella word music del suo oud, offre sfumature avvolgenti. Non ultimo tra loro, Giacomo Verde vitalizza vere e proprie creature visive. I suoi video fondali, opere jazzistiche dell’immagine, completano uno spettacolo unico, che rende ulteriore onore ad Absolute Poetry per averne firmato la produzione.

Giorno quattro

L’omaggio alla poetica slovena, la cui lingua è disseminata non soltanto sui lembi confinari del Friuli Venezia Giulia, dà abbrivio a un nuovo giorno dell’Absolute Poetry. Il dibattito aperto dalla vicepresidente della Casa della Letteratura di Trieste, Darja Batocchi, è retto da poeti di distinte generazioni della Carniola, da alcuni tra i più quotati traduttori, e da rappresentanti d’associazioni culturali in lingua slovena del monfalconese.

L’affluenza di pubblico al Centro di aggregazione giovanile è ridottissima, nota stonata per la comunità slovena dell’hinterland, che è tra le più dense della Venezia Giulia. Un vero peccato, vista la vivacità dell’incontro, incernierata su letture e animata dagli stessi poeti su questioni formali; la storia genetica di una poesia, relativamente recente, tende a rimanere fedele a una sorta di classicità del verso, poco propensa ad aprire alle avanguardie, sostengono le nuove generazioni. Tale il bersaglio o polemikos della disputa. Trattandosi, però, di un atteggiamento eminentemente verbale, la polemica ha assunto l’interessante risvolto d’un confronto costruttivo.

A seguire con curiosità l’incontro, i protagonisti del successivo Calabrone’s reading, che sul percorso avanguardistico, nonostante la giovane età, hanno molto da dire. Dome Bulfaro, Matteo Danieli, Adriano Padua, Furio Pillan, Silvia Salvagnini e Christian Sinicco hanno dato vita al volo del calabrone con le loro poesie performative. Oltre a essere un libro curato dal gruppo de “Gli ammutinati”, con postfazione di Gabriele Frasca, il Volo del Calabrone è contemporaneamente un progetto, al quale partecipano anche Luigi Nacci (tra gli organizzatori di Absolute Poetry), Silvia Cassioli e Luciano Pagano, spinto senza fine, proprio come il volo di un calabrone, su una linea poetica che unisca l’attenzione per la struttura e il ritmo del verso, a una performance che non travalichi nell’iper sperimentalismo, rischiando così di creare distanze con il pubblico.

E di distanza se n’è vista poca, effettivamente: i protagonisti hanno utilizzato voce e corpo, ma c’è da rimanere in attesa del prodotto finale, registrato lo scorso aprile presso la Casa della Musica di Trieste, per godercelo integralmente con la sua componente musicale.

Dal Centro di aggregazione giovanile si va al Teatro comunale, accompagnati dal corteo poetico dei ragazzi di Banda Larga e Fare Teatro, tutti dietro a Luisa Vermiglio, “flauto magico” di questa idea. Un corteo che termina in piazza della Repubblica dopo aver dato voce a poeti in erba, performance di attori, versi di semplici cittadini, continuamente allietati dalle veroniche dei musicisti. Un modo diverso d’attendere gli appuntamenti al teatro comunale, coinvolgendo la gente per le vie di Monfalcone. La serata riserba per il pubblico tre mostri sacri della performance.

Christian Uetz ad Absolute Poetry 2008

Apre il poeta svizzero Christian Uetzcon un recitativo serrato, che mescola spagnolo, tedesco, italiano e inglese, a vertiginose profondità filosofiche. È un giullare e acrobata della parola, uno che ha imparato a ballare con il linguaggio. Fisico smilzo ed eccentrico, occhi spiritati, spinge le sue mirabolanti ironie fonetiche a sfiorare l’erotismo onomatopeico. Il senso del testo è una sorta di ricerca nietzschiana sui perché della vita, affrontata ubriacando e ubriacandosi di leggerezza, aiutato dalla maestria visuale di Giacomo Verde. Insomma, un incantatore di serpenti!

Immaginate, ora, una via di mezzo tra un mangiafuoco e un samurai che indossi il dreskeleton, l’armatura cibernetica che gli permette di guidare, con l’input dei suoi movimenti, immagini proiettate sul grande schermo alle sue spalle. Siete senza dubbio di fronte al genio catalano Marcel.lì Antúnez e alla sua performance Protomembrana.

Marcel L' Antunez ad Absolute Poetry 2008

Alternando lezioni al computer dove vi spiegherà come accada quel che vedrete, posture e balletti del suo corpo, alla partecipazione di alcune persone del pubblico che presteranno le loro smorfie ai suoi personaggi grotteschi e che saranno da Antunez travestite in bizzarre figure semiumane, vi farà entrare nella dimensione da saltimbanchi di strada, da dove lui stesso proviene.

Dal circo al cartone animato coloratissimo, proseguendo con una cinematografia kitsch anni ’70, le vostre sensazioni trasleranno dall’incanto di Alice nel paese delle meraviglie, all’immancabile ironia che accompagna le vicende umane nel loro particolare rapporto con la tecnologia, per approdare al disagio di immagini care alla sperimentazione de La Fura dels Baus, che lui stesso ha fondato nel 1979. Il tutto in un vero e proprio treep boom di energia. Speciale.

Marc Kelly Smith, 58 anni, di Chicago, è l’inventore del Poetry Slam: una competizione spettacolare tra poeti che per convincere i cinque giurati estratti a sorte dal pubblico, hanno a disposizione tre minuti, la voce con il loro testo, e l’uso interpretativo del proprio corpo. Kelly Smith entusiasma il pubblico con una performance che mette in risalto verve esplosiva unita a una capacità comunicativa e di coinvolgimento non indifferenti.

Dopo di lui, e a chiudere la lunga giornata dell’Absolute, il vero e proprio The Big Boat Poetry Slam, lo slam internazionale dedicato alla nave e al cantiere, condotto dall’EmCee Lello Voce. In gara dieci giovani poeti: gli italiani Sparajurij Lab, Silvia Salvagnini e Christian Sinicco, lo spagnolo Eduard Escoffet, la tedesca Sookee, l’anglo-ganese Nii Parkes, lo svizzero Jürg Halter, le ungheresi The Monarchy Sisters, la francese Laureline Kuntz e lo statunitense Regie Gibson. Sarà quest’ultimo a mettere d’accordo giurati e pubblico con una prestazione vibrante di recitato and blues, guadagnandosi un premio in denaro, perché anche fare bene il poeta, è un lavoro che va remunerato.

The Big Boat Poetry Slam ad Absolute Poetry 2008

Giorno cinque

I cantieri di Absolute Poetry si chiudono quest’anno con una giornata che parte dal pianeta locale della poesia “bisiaca” ed arriva a tarda sera all’universo dello spoken word incisivo e potente di Lydia Lunch. Fra l’uno e l’altro evento, due spettacoli che, in progressione, ci preparano al finale col botto: Canio Loguercio e Mike Ladd si scambiano il turno sul palco, creando uno straniamento senz’altro non previsto e prevedibile, data l’attenta scelta di programmazione che vedeva il primo introdurre la serata con la sua messa laica e cadenzata, e il secondo aumentare il ritmo con il suo rhyming metropolitano per aprire alle fibrillate atmosfere della band allucinata della Lunch.

Il pomeriggio di questo gran finale si apre dunque nella sede della Biblioteca Comunale di Monfalcone, che vede il poeta Ivan Crico da Pieris, Gorizia, introdurre con brevi ma precise pennellate i molti nomi che hanno arricchito la poesia in lingua bisiaca dall’ottocento a noi. Crico è poeta conosciuto e innovativo, l’anno scorso protagonista sul palco al Festival. La sua è una presentazione ricca di dettagli e al tempo stesso mai prolissa, una panoramica che comprende assaggi dei versi di ognuno dei poeti raccontati.

Il numeroso pubblico, che include una colorata rappresentanza delle Associazioni attive sul territorio nell’ambito della cultura bisiaca, in costume tradizionale, ha potuto applaudire non soltanto le parole in poesia di notissimi pionieri come Silvio Domini, decano della coscienza poetica bisiaca e apprezzatissimo dalla critica (Zanzotto), ma anche e soprattutto una nutrita schiera di poeti viventi, a partire da Amerigo Visintin, classe 1934, e concludendo con il giovanissimo Mauro Casassola, appena diciassettenne, già autore anche di un dizionario italiano-bisiaco. Quest’ultimo, a detta di Crico, esempio di una nuova ondata di giovanissimi poeti che fanno ben sperare per la continuità della poetica in lingua bisiaca. Citiamo inoltre Marilisa Trevisan, anche lei presente, autrice di liriche che vanno ad unire la tradizione del verso dialettale con la poesia contemporanea.

In teatro, la scena si apre con il ritmo hip hop misto ad atmosfere elettroniche coniugato con cenni di drum’n bass, movimenti tipicamente jazzistici e le suggestioni più aggressive dello spoken word newyorkese di Mike Ladd, fisico da giocatore di baseball e voce da rapper, accompagnato e condotto al tempo dal pianista Vijay Iyer, scatenato interprete di uno strumento che piega alle nuove tecnologie di riproduzione del suono senza perderne l’unicità.

Canio Loguercio ad Absolute Poetry 2008

A seguire, Canio Loguercio celebra un rito all’insegna della Napoli che pensa coinvolgendo in incipit il pubblico ad intonare a gran voce una ispirata canzone d’amore co-firmata dal Principe De Curtis.
Seppure leggermente disturbata da problemi tecnici che hanno impedito la visione delle immagini a corredo dello spettacolo, l’atmosfera creata dalla voce sabbiata di Loguercio con i suoi rap partenopei, dalle note ispirate del pianista Rocco De Rosa e dalle evoluzioni vocali di una Maria Pia De Vito in stato di grazia, ha coinvolto il pubblico e regalato attimi di puro incanto.

La seconda parte della serata è all’insegna della potenza espressiva della cattivissima ragazza Lydia Lunch, che con le sue parole in musica ha tenuto gli spettatori inchiodati alle sedie, aiutata non poco dal virtuosismo dirompente del percussionista Ian White, che non a caso la Lunch presenta come “the reverend”, e dai suoni di varia natura che James Johnston emetteva dalla sua chitarra. A contrappuntare con alcune traduzioni in italiano la scura e sensuale attrice francese Melanie Gautier.

Lo show di Lydia non ha deluso, una voce che non prende e non dà respiro, un ritmo che non cerca l’applauso. Non ha deluso nemmeno chi si aspettava tutto il corollario di matrice punk, nel senso di cultura e non di mera corrente musicale, compresi gli sputi alla prima fila, la bottiglia di cognac e le birre trangugiate live.

Lidia Lunch ad Absolute Poetry 2008Il suo spoken word è trascinante ed intenso, un torrente in piena in cui religione, guerra, sesso e violenza mostrano i loro lati più luridi attraverso una forma splendente, lucida, affilata. La ragazza ha della stoffa, e ce l’ha dagli anni Settanta, immutata e deflagrante. Ha dichiarato più volte che la risposta del pubblico non le interessa, ma che cerca un contatto con la psiche di alcuni spettatori ai quali si rivolge. Ci sembra che, ad Absolute Poetry, ci sia riuscita. Assolutamente.

Un festival che si occupa di poesia, proprio quando i tempi moderni sembrano trascurarla. Un festival che tra i tanti pregi, ha avuto quello di rendere la poesia spettacolare, ammaliante. Il percorso è stato calibrato con attenzione, e il pubblico ha sicuramente apprezzato. C’è stato chi, tra le firme dei quotidiani regionali, ha definito “in sordina” la partenza del viaggio, senza comprendere che nella sua totalità, e soprattutto per la sua densità, un evento di tale portata aveva proprio bisogno di un entrata in punta di piedi, di riflessioni, proprio come è tipico e comune tra chi di poesia e con la poesia ci lavora e vive. All’Absolute Poetry c’è stato spazio per tutti. Per le varie radici poetiche endemiche del Friuli Venezia Giulia, come per una rassegna internazionale di personalità e performance. Impossibile pensare il panorama culturale italiano privato e privo di questo festival.

Absolute Poetry ha riaperto le porte dei suoi Cantieri Internazionali di Poesia. Direttore artistico e ideatore dell’iniziativa è stato ancora il poeta, scrittore e performer Lello Voce.
Da martedì 3 a sabato 7 giugno, Monfalcone ha ospitato la terza edizione del festival, e ha accolto poeti, critici, musicisti ed artisti provenienti da tutto il mondo: da Enrico Ghezzi, voce off della critica cinematografica, a Tomaž Šalamun, principale esponente della poesia slovena contemporanea; dalla poetessa libanese Joumana Haddad alle italiane Jolanda Insana e Antonella Bukovac; da Ugo Pierri, pittore e poeta “operaio”, a Christian Uetz, voce della spoken poetry svizzera; dallo statunitense Marc Kelly Smith, inventore del Poetry Slam, ad Andrea Cortellessa, fra i più originali e militanti critici letterari. Di grande impatto gli spettacoli in programma al Teatro Comunale, molti dei quali in prima assoluta: Il Faber dei fabbri. Nove poeti per Fabrizio De André, che ha affidato alla voce e all’inventiva di nove fra i più interessanti poeti del panorama italiano, tra i quali Elisa Biagini, Isabella Bordoni, Ennio Cavalli, Rosaria Lo Russo, Enzo Minarelli, Giulio Mozzi, Aldo Nove, Tommaso Ottonieri, Sara Ventroni il compito di trasformare in versi nuovi altrettante canzoni del grande cantautore genovese; Non sempre ricordano. Concerto per Patrizia Vicinelli, che ha vantato le musiche di Paolo Fresu, eseguite insieme a Dhafer Youssef e Antonello Salis, con i videofondali live di Giacomo Verde; Nuvolari, il video di Antonio Poce e Valerio Murat, con la partecipazione di Giovanni Fontana; Protomembrana, spettacolare performance multimediale di Marcel.lí Antúnez, fondatore de La Fura dels Baus; The Big Boat Poetry Slam, gara internazionale in cui dieci poeti provenienti da tutto il mondo si sfidano a colpi di versi sul tema della “nave”; il concerto di Lydia Lunch, icona punk della trasgressione al femminile.

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