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Musica

Antonello Salis

I mille mondi del suono

Antonello Salis e Paolo Fresu

Paolo Fresu ed Antonello Salis sono insieme sul palco di Absolute Poetry, con un progetto sulla poesia-performance di Patrizia Vicinelli: parole della poetessa bolognese, sia registrate che suonate dalla voce di Ilaria Drago, contrappunti in versi di Lello Voce e la grancassa vocale di Dhafer Youssef, insieme al suo fedelissimo oud. Avremmo idealmente voluto creare un’intervista corale, una jam session per le testimonianze di un’occasione unica.

Ma i tempi dell’entertainment non permettono simili stunt, e l’idea si è ristretta ad una two men session, anche in ragione dei tratti comuni fra i due musicisti, artefici di un jazz di caratura internazionale con commistioni e sapori della terra di Sardegna, dalla quale i due esuli continuano a trarre ispirazione. Le domande, perciò, sono state pensate per una risposta in doppio. Diciamo che è stato possibile averli invece in differita, Fresu e Salis, a poche mezz’ore di distanza l’uno dall’altro, già rilassati dopo la fine del concerto-spettacolo Non sempre ricordano, fra calici di vino e assaggi di cena.

Beatrice Biggio (BB, Fucine Mute): Fucine Mute ha il piacere di ospitare Antonello Salis, caldo, caldo dal concerto di stasera sul palco di Absolute Poetry. Uno spettacolo bellissimo, che è arrivato al pubblico con una potenza incredibile. Chiediamo ad Antonello Salis qual è stata la genesi del progetto e come la sua musica vi è rientrata. Soprattutto ci interessa sapere quali emozioni ha provato nel regalare al progetto quel tratto di follia che, come Paolo Fresu ha sottolineato, soltanto Salis avrebbe potuto fornire sì unico e inconfondibile.

Antonello Salis (AS): Premetto che io e Paolo abbiamo lavorato insieme spessissimo, che lui aveva già portato avanti dei progetti con Lello Voce e che anch’io, senza Paolo, avevo già lavorato con Lello. Questo per dire che esisteva fra noi già un legame, sia dal punto di vista affettivo che artistico. Il resto viene da sé, mentre le cose si fanno. Posso solo dire che è sempre una grande emozione, che noi viviamo per questo. C’è forse dell’altro?

BB: Ci interessa, in particolare, il rapporto fra la poesia, la musica, il jazz, la commistione fra diverse modalità di espressione artistica, qual è la forza in queste connessioni che rende l’impatto della performance sul pubblico così forte?

Antonello SalisAS: Ci sono artisti che, da musicisti, trovano espressione nel fare concerti. Altri artisti, ed io sono fra questi, amano lavorare, oltre che con la musica, con le arti visive, per esempio. Io ho lavorato con il cinema muto, anni fa anche con compagnie di danza. Per me l’emozione sta in questo, lavorare perché un concerto sia qualcosa di più che solamente un concerto. Naturalmente bisogna avere una certa predisposizione per realizzare progetti di questo tipo, bisogna avere qualcosa in mente, qualcosa di diverso che frulla in testa perché sia possibile. Solo in questo caso credo si possa fare.

BB: A proposito dell’esperienza ad Absolute Poetry, un festival che prende vita proprio dalla commistione di diversi mezzi di espressione e di generi, Lello Voce ha introdotto il festival ricordando che quest’anno si celebra il centenario del Cantiere navale e ha parlato dell’artigianato che accomuna i lavoratori dei cantieri e gli artigiani della poesia e della musica, artigiani che costruiscono qualcosa con i loro strumenti, per piegare il ferro, la parola o le note. Qual è, da artigiano della musica, il suo rapporto con i suoi vari ed eclettici strumenti? Stasera l’abbiamo vista suonare il suo sgabello, sacchetti di plastica, far gorgogliare l’acqua in gola, ma che rapporto ha con il piano e la fisarmonica, i suoi strumenti di lavoro e di espressione artistica, c’è una relazione fatta di distanza, d’armonia ma anche di disaccordo?

AS: Assolutamente. Possiamo parlare di disaccordo in particolare riguardo al mio rapporto con la fisarmonica, che è stato il primo strumento che ho imparato a suonare. La fisarmonica viene da un certo mondo, è quasi una caricatura, a mio modo di vedere. Purtroppo è stata spesso associata alla musica di serie B, ai campionati mondiali, alla musica per ubriachi, mi spiego? Ovviamente si tratta di uno strumento popolare, che ha un fascino condiviso ovunque nel mondo, la fisarmonica ha un suono che attrae. Dal punto di vista accademico ha una storia che io detesto, me ne dispiace anche perché questo mio detestarla è stato oggetto di parecchie discussioni con altri fisarmonicisti che non la pensano come me.

Detestavo la fisarmonica così tanto che ho smesso di suonarla per molto tempo, l’ho abbandonata per un periodo che è durato vent’anni. Poi l’ho ripresa in mano, ma decisamente con un’altra testa. Ho rimosso qualsiasi cosa avessi fatto in precedenza con quello strumento, ed ho ricominciato daccapo. Ho ricominciato a suonarla, se così si può dire, con il senno di poi, dopo aver suonato tanta musica, dopo tutti quegli anni in cui nemmeno per scherzo ho voluto toccare quello strumento. Quando ho ricominciato, però, è stato tutto molto naturale, il rapporto adesso è differente, anche se è sempre molto conflittuale. Ci sono dei periodi in cui non mi va proprio di suonarla.

Con il pianoforte il rapporto è totalmente diverso. Il piano è arrivato dopo, nella mia vita, e lo amo in tutte le sue sfaccettature, in tutte le sue possibilità, in tutte le sue curve. Si parlava di artigiani… Ecco, io non sono un musicista eccessivamente accademico, mi considero anche abbastanza naïf; diciamo che sono molto attratto da tutta la musica, molto curioso. Ed essendo così curioso di tutto quello che riguarda la musica vado ad intrufolarmi in tutti i mondi che la musica offre, nei mille mondi del suono, per così dire. Questa è proprio la mia idea di musica, sia che io suoni la fisarmonica che il pianoforte.

Antonello Salis

Quando si parla di musica, tutto quello che è stato fatto è in qualche modo passato, è volato via, ed ogni volta che suoni, non dico che sia proprio come fosse la prima volta, ma certamente ogni volta ricominci daccapo, sempre. Non si può dare niente per scontato, pensando che ogni volta, come per incanto, si creino delle suggestioni. Bisogna lavorare, lavorare soprattutto mentalmente. Ci sono delle situazioni particolarmente stimolanti che ti permettono di entrare dentro una storia, di creare qualcosa di nuovo e interessante.

BB: L’abbiamo vista qui ad Absolute Poetry anche in un film, Lavoro liquido, diretto da Michele Cinque. Il film presentava il dietro le quinte di un altro progetto al quale lei ha partecipato, che è stato realizzato al Link di Bologna alcuni anni fa. Un progetto interessantissimo, con molte sfaccettature, dove abbiamo apprezzato il suo racconto circa il suo rapporto con il lavoro, filo conduttore del festival di quest’anno, che ci ha fatto riflettere… Il suo lavoro da musicista l’ha in qualche modo salvata e, se sì, da cosa? Oppure si è trattato di un incontro fortuito con ciò che poi si è rivelato essere la sua vera natura?

AS: La fortuna per me è stata aver intuito che questa era la mia strada molti anni fa. Come ci fosse qualcosa a trascinarti da qualche parte, anche se non sai dove ti sta portando. Però sai di avere solo quella, di attrazione. Nel frattempo, naturalmente, devi fare altre cose, devi lavorare anche perché ancora non sai se si tratta solo di un sogno, e se sarai costretto a mettere da parte il sogno e fare qualcosa di più concreto nella vita, un lavoro chiamiamolo “normale”.

Io ho sempre avuto un’attrazione fatale per la musica, e questo sicuramente mi ha salvato, perché non riesco ad immaginare di poter fare altro nella vita. Una cosa che sono certo dica chiunque abbia seguito le proprie attitudini e si senta realizzato. Sicuramente vale per me, io sono felice così. Non ho niente da chiedere alla vita oltre a quello che ho.

BB: Nel film si evidenziava la situazione di molti lavoratori precari e di coloro che non hanno potuto, pur avendo talento, seguire questa strada e svincolarsi da una vita d’incertezze.

AS: Sicuramente è un grande privilegio, più passa il tempo e più ne sono convinto, perché facendo quello che faccio in qualche modo me la cavo sempre… Noi che facciamo musica siamo fortunati, abbiamo la possibilità di trovare sempre la situazione migliore, ovunque andiamo, la fortuna di avere un rapporto con la fetta migliore della società, con la parte più sana. Questa, almeno, è la mia impressione.

BB: Seguendo il filo ideale di Absolute Poetry quest’anno, parliamo di navi e di viaggio. Lei viene da una terra, la Sardegna, dalla quale si è allontanato per poi tornarvi, ed andarsene e tornare ancora. Si può dire che al tempo stesso lei sia un emigrante, un immigrato e un viaggiatore. Cosa risponde a chi sostiene che non si possa scrivere, e nel suo caso scrivere e fare musica, sulla Sardegna se ci si vive perché si è troppo dentro, né se la si è lasciata, perché ormai troppo fuori?

AS: Credo che si debbano conoscere le cose sia da dentro che da fuori, e penso sia molto semplice. Non bisogna essere eccessivamente estremisti. Io posso dire di conoscere sia la versione di chi sta dentro che quella di chi sta fuori, anche se la prima è per me molto lontana nel tempo, dato che ho lasciato la Sardegna molti anni fa. Il mio rapporto con la Sardegna, però, non si è mai interrotto, ci vado spesso durante l’anno. Devo dire che ho visto anche un’evoluzione, la gente è sicuramente molto diversa da com’era quando io avevo quattordici anni. Credo che andare fuori sia estremamente utile per chiunque, fuori impari cose che ti tornano utili se mai dovessi decidere di tornare nella tua terra…

BB: Dal punto di vista artistico, in particolare, crede che conoscere delle sfumature di tradizioni musicali che si possano mescolare sia un’opportunità in più per un musicista?

Antonello Salis intervistato da Beatrice Biggio

AS: Un’opportunità di fondamentale importanza. Specialmente per me che sono tendenzialmente un musicista di frontiera, e che non ho mai fatto dei calcoli sulla musica. Tutto quello che ho fatto è sempre nato in maniera assolutamente spontanea, anche mischiare i generi era qualcosa che già facevo ai tempi in cui suonavo ancora rock. Era qualcosa di cui non avrei saputo fare a meno. Io ho un grande rispetto per ogni tipo di musica. Ad esempio, ci sono persone che amano la musica rinascimentale, o meglio, esistono musicisti viventi che fanno musica rinascimentale, benissimo, del resto esistono anche i club dell’Harley Davidson.

Io, sinceramente, amo talmente tante di quelle espressioni musicali che mi sembra un peccato rinchiudersi dentro uno steccato. Certo, è importante avere un’identità, perché quello che fai non si riduca ad un semplice collage di suoni. Ma nel mio caso, dato che non c’è alcun calcolo, tutti gli elementi musicali che utilizzo sono integrati, ormai digeriti, fanno parte di me. Per esprimermi ho bisogno di tutti quanti gli elementi che ho raccolto in giro e metabolizzato.

BB: Adesso dove andrà Antonello Salis, dopo Absolute Poetry?

AS: Il mio prossimo concerto sarà a Roma con la mia nuova band elettrica, The Bookmakers. Si tratta del secondo concerto in assoluto per questo nuovo progetto.

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