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Percorsi

Il via vai della filosofia

LettaraturaSe ne sentono raccontare di storie su Cuba. Vicende invisibili nate dall’incontro di comuni europei con la gente di là, che una volta a casa rendono epiche e affascinanti le narrazioni orali, anche in chi è poco avvezzo all’affabulazione; quasi che l’isola stessa potesse contagiare e stimolare, in qualche modo, la fantasia d’un moderno e archetipico Omero popolare. Forse è questo il risvolto più tenero e inconsapevole che il comunismo cubano odierno ci offre. I resoconti di coloro che fanno ritorno da Cuba mi sono spesso sembrati insuperabili e veraci, ancor più di tutta quella letteratura che, nonostante la buona fede o le furbate editoriali, se ne ciba.

Se da un lato la produzione degli scrittori cubani porta a cielo aperto le vene scoperte d’un modo di sentire e di scrivere non sempre avvicinabile — perché proveniente da una latitudine non solo incardinata su rovelli a noi alieni, ma pure ingigantita con lenti politiche fuorvianti — dall’altro è proprio la particolare esigenza del viaggiatore che, traslando la propria effimera esperienza nell’epica d’un racconto privo di velleità, si fa testa di ponte e permette di “sentire” quel mondo meno lontano: è sufficiente sedersi ad ascoltare, senza nemmeno comperare un libro scelto a caso tra gli scaffali d’una libreria ben organizzata per argomenti.

La vita raccoglie, conta e racconta più dei libri, in ogni caso e sempre. Se un libro potesse riunire assieme i racconti di queste mirabolanti esperienze invisibili, presenterebbe meno luoghi comuni di quanti ne rimangono sul setaccio dopo aver letto quelli già in circolazione. Ciò che esiste ed è esistito nella realtà dell’esperienza, quando non è ancora del tutto filtrato dalla creazione nello scibile, trattiene potenzialità perfettibili?

Giselle, della tribù della Casa Alta d’Elvira, è la persona che conosco meno. Per questo, quando in calle Obispo la scorgo camminare sull’altro lato della strada, mentre mi sorride nella sua ammaliante bellezza, sono certo che si stia rivolgendo a qualcun’altro. In casa di Elvira mi è sempre sembrata altera, scontrosa, per certi versi inarrivabile. Da quando bazzico a L’Avana ho sempre evitato relazioni amorose, sia per esimermi da casini, sia per non sollevare maldicenze in seno a un microcosmo che mi accoglie puntualmente, permettendomi di sviscerarlo con profondità dall’interno; idealista come sono, non potrei mai avvicinarmi a una donna senza scorgere un qualche barlume d’amore, e nel bordello a cielo aperto che è L’Avana mi scopro davvero incapace di coglierne uno vero. Limiti abnormi, i miei, senza dubbio, forse dovuti a una cecità latente che molti, al mio posto, apostroferebbero con classe succinta: “seghe mentali”.

Una qualsiasi mulatta che schiuda un sorriso proveniente dall’iperbole di sentimenti e macerie che sono le vie di Habana Vieja, squarcia lo spazio, divarica probabilità, e forse proprio per questo ricambio lo sguardo di Giselle con un sorriso felice. Lei mi si avvicina; sta rientrando dalla lezione mattutina in accademia scandendo un passo al metronomo, e si propone d’accompagnarmi in qualsiasi posto sia diretto. La sua voglia di schiudersi, che ci rende confidenti nel giro di un attimo, mi fa scoprire una ragazza nemmeno immaginata. Sa tutto di me: che viaggio, che ho scritto una presentazione delle poesie di Elvira, che sono il suo traduttore italiano, che amo l’Avana in modo davvero particolare. Mi crede generoso e sensibile, forse proprio per via della mia natura omosessuale.

Sul momento temo di non aver compreso. Qualcosa mi sfugge, ma poi, chiedendole di ripetere, quel qualcosa spalanca un labirinto da capogiro: nella Casa Alta è questo che si sa di te, Elvira me lo ha sempre confermato, nonostante io non ne sia proprio convinta; a volte penso che di te sia gelosissima, e dica così solo per interporre una certa distanza tra te e le donne cubane che non siano lei stessa, cosa che fa abitualmente con tutti gli stranieri ospitati nella Casa Alta. Siamo amiche, eppure sostiene di non volersi ritrovare in casa intrallazzi di puttane. Elvira sa benissimo che desidero un fidanzato straniero, e che similmente a lei, non mi interessano i cubani, nonostante gli amici della Casa Alta giurino di essere tutti innamorati di me: spergiurano.

La labirintite si fa acuta, e Giselle nota il mio intimo bisogno di saperne di più: il fatto di non aver mai avuto una storia con una donna cubana, la tua amicizia così profonda con Luis, che ha divorziato dalla moglie una volta scopertosi omosessuale, o il bacio che hai dato a Damian, sono episodi che hanno convinto più o meno tutti. Questa ragazza, che salutavo a malapena, sembra aver stravolto gli indizi del mio viaggio come se li avesse letti in chissà quale strano libro. Non so se ridere o piangere, e il dubbio deve rendermi perplesso da far spavento. Mi sembra d’essere finito dentro la “taverna dei destini incrociati”, come un Italo Calvino sbalzato a L’Avana (dove è nato), ma con le carte arcane dei tarocchi sostituite da persone, in carne ed ossa. Alle prese con la realtà e l’irrealtà dell’esistenza; sul filo del dramma o della commedia, mi chiedo.

Lettaratura

Come fece Calvino nel suo libro, anch’io inizio a rileggere le mappe delle situazioni con un punto di vista totalmente differente da quello che davo per scontato, tanto da confondere realtà e fantasia, verità e menzogna: in questo caso, però, il gioco gira sulla mia pelle con il ben servito di Habana Vieja. Scoperchiata questa lettura inimmaginata di un me stesso finito dentro la grottesca visione degli “altri”, inizio a incrociare file di tarocchi che paiono illuminare circostanze rimaste oscure nel vissuto, nel rewind degli ultimi giorni che mi appresto a sbobinare: Luis che mi invita a passare un paio di giorni nella sua casa di Habana Cientro in compagnia d’una coppia di turisti omosessuali appena giunti da Milano. Abbiamo presentato Zanahorias, la performance poetica di Elvira che ha inaugurato la feria mundial del libro alla Madriugera, con un’idea: performare i versi ognuno nella sua lingua madre, io in italiano, Michael in tedesco, Vanessa in francese, chi in inglese.

Quando è toccato a Damian, che doveva chiuderla con un imperioso castellano, si è trovato in impasse: non ricordava più la parte finale del testo! Proprio lui, che ho visto e ascoltato citare a memoria brani interi di poesie russe e italiane. Mi ha fatto una tenerezza indicibile e mi è venuto spontaneo baciarlo sulle labbra. Da quel giorno si è reso introvabile; e io che non ne capivo il motivo. L’intrattabilità di Elvira. Ultimamente sembra isterica — Michael, il suo ragazzo tedesco, sembra deciso a lasciarla dopo anni di relazione “transoceanica” — e solo la tensione che si respira a casa sua mi ha spinto a cambiar aria, da Luis. Il baleno d’un pensiero, o l’inseguimento della traccia d’un tarocco immaginario, amplifica il senso di vertigine. Decido quindi di slegarlo di colpo, di spingerlo fino in fondo, accada quel che accada, anche con metodi che non riconosco miei… ma chi sono io, a questo punto, qui a L’Avana?

Giselle, cosa sta accadendo — realmente — ad Elvira? Glielo chiedo, ben cosciente che l’amata sorella adottiva potrebbe rivelarsi un’altra persona. Una domanda che solo per assurdo è indiscreta. Giselle ne sente il peso, quasi pentita d’aver scardinato, con l’estraneo che sono, le regole di un’amicizia. Si ferma e rimane pensierosa, ma poi si decide, illudendosi che qualsiasi cosa mi rivelerà non potrà scalfire una sacrale fraternità cementata da anni. M’implora con gli occhi che sia così, poi attacca, a fondo: Michael ha sempre appoggiato Elvira, in tutto, ma ora è come se qualcosa gli si fosse spezzata dentro. Non crede più, non ama più, ed Elvira non gli ha reso certo la vita facile. Cosa ha fatto, Giselle? Non credo di potertelo dire, sono tutti e due amici tuoi, ti vogliono bene.

Insisto senza badare alla sue parole, come se leggessi e strappassi le pagine d’un libro che non mi riguardi più. Bandera è innamorato di Elvira, lo è sempre stato, ma Elvira non lo ritiene degno, anche se intrattiene con lui una relazione pressoché fissa quando Michael non è qui. Il grave è che Michael vuole lasciare Elvira, pur non sapendone nulla, e questo per lei significa veder allontanarsi le probabilità di uscire definitivamente da Cuba. Gli ha confessato d’essere incinta, ma non so nemmeno se sia vero.

L Avana a Cuba

Un mondo di sentimenti che si sgretola e crolla, poco a poco, come gli intonaci di questa città siderale. Ma allora, che cos’è che ho conosciuto io qui, mi chiedo? Che senso hanno avuto tutti i discorsi condivisi? Guevara e Castro che se la prendono con gli omosessuali senza aprire la democrazia alla gente di colore, scrittori compresi, fanno il paio con amici che ti prendono e ti spacciano per quello che non sei, si confidano a rate, o addirittura se la svignano senza il minimo confronto. Le ore dedicate alla poesia, alla filosofia, all’amicizia, al senso etico della vita; le notti passate sul Malecon, la feria Mundial del libro con il suo gotha italico pronto a stanare — quaggiù — l’ipotetico senso patrio presente in tracce di letteratura comune, la salsa… perdono importanza di fronte a questo gioco dei destini incrociati.

Null’altro che un gradevole passatempo. Tanto varrebbe farsi un solitario o una sega mentale. Va tutto a farsi fottere. Tutto è convertito in una recita priva di senso, senza capo né coda, puntata dritta dritta su fini determinati da rigurgiti primitivi di mera sopravvivenza. Non da alti valori dell’esistenza se le bugie, le omertà, le mezze verità svelate e strappate via, toccano sul vivo anche un solo individuo, indifferentemente se viva, o sia schierato, da una parte o dall’altra dell’oceano.

La salsera che nacque centometrista

Giselle che racconta? Chi è? Sarà mai vero quel che dice, o è soltanto il frutto di supposizioni giovanili, se non la lettura particolare di certe circostanze che nasconda un ambiguo doppio gioco, un secondo fine. Non l’ha forse detto lei stessa, che cerca un fidanzato straniero per andarsene da qui? Il mondo di L’Avana sbanda di nuovo, diventa un sottosopra che finisce per capottarsi con la mia anima incastrata dentro.

Lei, avvertendo il naufragio di un argonauta che ha perso il sestante, mi parla di sé come se volesse riconsegnarmi il filo delle storie intrecciate a groviglio, finite nei budelli del quartiere dove vive. Mi racconta di un padre che abusò di lei, ancora bambina, prima di abbandonare la famiglia, e del secondo marito di sua madre che le regalò una sorella, ma facendole pagare il dazio d’una seconda terribile esperienza d’infami abusi, nell’adolescenza.

Forse per questo la natura mi ha donato il dono della velocità. Fin da piccolissima nessun coetaneo correva più veloce di me, nemmeno i maschi. Sono sempre stata irraggiungibile, a tal punto che a scuola mi proposero di dedicarmi all’atletica: centometrista. L’ho fatto quel tanto che mi è bastato per fuggire dall’adolescenza. Poi ho scoperto la salsa, l’unico amore. É per questo che non vuoi saperne di un fidanzato cubano, e rifiuti le proposte dei ragazzi della Casa Alta? Anche, ma soprattutto perché in questa città non esiste la probabilità statistica di far su famiglia! L’Avana stessa è una famiglia allargata a dismisura. Ti fai un compagno che ti dà un figlio, poi un altro che te ne dà un altro, e così via, finché ti ritrovi vecchia e rincitrullita a forza di badare a quel nugolo di fratelli di una sola madre: la patria. E io non voglio fare la stessa fine che ha fatto mia madre.

Così mi descrive il suo mondo Giselle, lo stesso microcosmo che sto percorrendo da mesi con gli occhi e una pelle diversa dalla sua. Un mondo fatto di scale e portoni maleodoranti, d’edifici sgretolati, rotti di colpo dall’esplosione d’urla smodate, risate smargiasse, giro e via vai di gente strana la cui principale occupazione è quella di sbattersi da mattina a sera con gli stranieri: uomini, donne, gay, non ha più importanza ormai, è importante solo sopravvivere.

L Avana a Cuba

È proprio questo mondo che Giselle non ama più, da molto tempo, fin da quando smise d’essere centometrista. Eppure questo è il mondo dove è nata, sopravvive e passeggia. Il mondo che per la Medea mulatta di turno sembra un inferno, l’argonauta disperso, pur privo di sestante, lo traduce in poesia: questa la morale letteraria di tale particolare bodega “dei destini incrociati”? Per questo io sento la Medea che mi cammina a fianco risvegliare con il suo profumo di magnolia tutti gli orishas rintanati negli angoli. La vedo inoltrarsi con me in quella giungla di finestre che accolgono mille personaggi senza volto, sempre imbottite di salsa e rumba fuoriuscite a volumi insostenibili. Porta i suoi passi anche lì, seminando ovunque sguardi di dolcezza sugli infiniti volti della Capital, un’umanità costretta a vivere ai margini della legalità grazie ai soliti trucchetti cinici di falsificazione sigari o vendendo Habana Club sottobanco e neanche sottocosto; cocaina, marijuana ed eroina, quando il gioco diventa più pericoloso e pesante. È lo stesso mondo che calpesta provando vergogna perché sogna la fuga da lì; dove non si ha nemmeno il tempo di pensarli — i sentimenti puri — tanto ci si lascia ingurgitare da un destino d’astuzie, cinismo e furberie, pur di sopravvivere. Ecco perché mi sei piaciuto tanto; proprio per quel tuo modo di fare così particolare e diverso, tu che da un pezzo te ne vieni a L’Avana, e di far la tira alle mulatte non ci pensi neanche.

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