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Omnia

Sulle Giornate del Cinema Muto 2008

Quest’anno le Giornate del Cinema Muto, giunte alla ventisettesima edizione, hanno visto mancare all’appello uno dei maggiori studiosi del settore, che con la sua costante ed infaticabile presenza è stato un punto di riferimento ed un prezioso amico fin dalla fondazione della manifestazione.

Giornate cinema muto

Vittorio Martinelli è scomparso all’età di 81 anni a Bologna dove stava riordinando il suo cospicuo archivio cinematografico, da poco donato alla cineteca emiliana. Chi ha avuto l’onore e la fortuna di conoscerlo e frequentarlo non potrà non ricordare la sua squisita bonomia napoletana e la costante disponibilità, sorretta da un’enorme competenza, con cui rispondeva alle domande più difficili ed insidiose sul cinema muto italiano. Del resto lo stesso Martinelli, assieme ad Aldo Bernardini, aveva sistematicamente censito tutto il nostro cinema pre-sonoro in una serie di indispensabili monografie edite dalla rivista “Bianco & Nero”. Tanta competenza gli derivava dall’aver setacciato le cineteche di mezzo mondo, da Praga a Montevideo, da Città del Messico a Madrid, spinto da un’instancabile passione. Passione che riusciva a trasmettere alle generazioni più giovani che si abbeveravano, per così dire, alla fonte del suo sapere.

Tributato il giusto e doveroso ricordo a Martinelli, passiamo a delineare le tante proposte che Pordenone ha offerto nella seconda settimana di ottobre. L’apertura delle Giornate è stata dedicata ad una delle regine del cinema, quella Mary Pickford che all’epoca del suo maggior splendore, veniva identificata come la fidanzatina d’America. Ma prima di raggiungere un così ambito riconoscimento, Mary aveva dovuto lottare duramente. Nata a Toronto nel Canada nel 1893 da famiglia poverissima, a soli 5 anni perse il padre e per consentire alla madre di recitare in compagnie ambulanti si offrì di accudire il fratellino e la sorellina più piccoli. Dopo aver percorso in lungo e in largo l’America, a tredici anni incontra David Velasco che le offre la parte di protagonista in un lavoro teatrale. Passano solo due anni e Mary debutta nel cinema, scelta dal grande D.W. Griffith, che riesce a valorizzare quella ragazzina di poco più di un metro e mezzo, ma con un volto intensissimo, incorniciato da una lunga chioma dorata. Insieme girano una trentina di film, molti dei quali scritti da lei stessa. A soli 17 anni la sua fama è planetaria.

Giornate cinema mutoMary è anche un’ottima amministratrice di se stessa e cambia varie società di produzione per incrementare i suoi guadagni. Così nel 1919, assieme a Charlie Chaplin, Dauglas Fairbanks e lo stesso Griffith, fonda la United Artists Corporation e diviene la moglie di Fairbanks. L’omaggio alla Pickford è proseguito con la proiezione di tre documentari realizzati rispettivamente nel 1953, 1996 e 1997, il primo dei quali Cavalcade è commentato dalla stessa attrice. Infine, come ciliegina sulla torta, le Giornate hanno ospitato l’anteprima internazionale di Mary Pickford: the muse of the movies, accuratissima ricostituzione della vita dell’attrice dentro e fuori la scena che ha richiesto al suo autore, Nicholas Eliopoulos, tredici anni di ricerche.

Restando in ambito americano, con la proiezione dei film prodotti dal 1925 al 1931, si è concluso il grande progetto dedicato a Griffith, iniziato dodici anni fa. Com’è noto, l’ultima parte della carriera del regista non produsse opere all’altezza dei suoi capolavori Nascita di una nazione (1915) e Intolerance (1916) ed anche la sua immagine più accreditata era, all’epoca, quella di un dinosauro dell’industria. Eppure, tra gli otto film realizzati in quegli anni, c’è almeno un’opera di un certo valore, ed è Abramo Lincoln (1930). Curiosamente, qualche anno prima, il regista aveva incrociato sul suo camino il comico W.C.Fields, col quale aveva realizzato Sally of the Sawdust (1925), una simpatica commedia. Dal momento che l’opera rientrava nel progetto Griffith, gli organizzatori hanno colto l’occasione per proporre anche qualche film di Fields, un clown di talento formatosi alla scuola teatrale del vaudeville ed attivo anche nel successivo periodo sonoro. Tra i sette film muti proposti, da ricordare The gold specialist (1930), che il critico Richard Koszarski considera “la miglior testimonianza conservatasi di un numero di scena dell’artista”.

Anche quest’anno a Pordenone si è celebrato un autore di prestigio, sebbene conosciuto solo dagli appassionati di balletto. Si tratta di Alexander Shiriyaev (1877-1914). Appartenente ad una famiglia di artisti, Aleksander è stato l’erede di una tradizione leggendaria della danza ed autore, tra il 1906 e il 1909, di alcune opere realizzate a scopo personale e fortunatamente salvate dalla distruzione negli anni ’60 da Daniil Saveliev.

A nove anni, Shirijaev era iscritto alla scuola del balletto imperiale dove compì i suoi studi e divenne un ballerino di qualche valore nei ruoli di caratterista, capace anche di virtuosistici numeri di solista. La sua particolarità era l’enorme interesse per il movimento del corpo e la notevole ricerca di mezzi per documentarlo. Per questa ragione egli può essere giustamente considerato tra i precursori del cinema d’animazione. Ma anche le sue riprese con una macchina da presa da 17,5 mm sono un documento rarissimo dei balletti di San Pietroburgo sotto la direaiozone di Marius Petita.
Avvenimento di grade rilievo alla manifestazione pordenonese è stata l’esibizione del famoso musicista Michael Nyman. Nato a Londra nel 1944, inventore del minimalismo musicale, è noto soprattutto per la sua lunga collaborazione con Peter Greenaway e per aver musicato Lezioni di piano di Jane Champion. Il celebre musicista ha accompagnato, con una propria partitura originale, due classici dell’avanguardia cinematografica.

Il primo, A propos de Nice (1930) di Jean Vigo, fu presentato il 14 giugno 1930 al Vieux Colombiers di Parigi per un pubblico di intellettuali e gente di spettacolo. Avvalendosi della collaborazione di Boris Kaufmann, fratello di Ziga Vertov, Vigo racconta le contraddizioni della cittadina francese con i suoi lussuosi hotel e la ricca borghesia che si mette in mostra nei caffè alla moda, mentre altre strade e sordidi bistrot pullulano di vagabondi, ladruncoli e donne di vita. Le riprese del film durarono tre anni e furono effettuate in maniera quasi nascosta, per cogliere la realtà più pulsante. Di grande efficacia il montaggio che giustappone, ad esempio, la Promenade des Anglais al cimitero di Nizza. L’altro classico in questione è stato Lenin kino-pravda 21 (1925): un numero speciale del cinegiornale realizzato nel primo anniversario della morte di Lenin. Il documentario è diviso in tre parti. Nella prima viene rievocato il ferimento di Lenin da parte di un sicario e la reazione bolscevica con la celebrazione delle conquiste dell’Urss. Nella seconda si esamina la situazione del Paese e il peggioramento dello stato di salute del suo leader. Nell’ultima si piange la sua morte, con una didascalia che ammonisce: “Lenin se n’è andato, ma la sua forza è con noi”. E sullo sfondo appare una lunga fila di persone che si reca ad iscriversi al Partito Comunista. Infine, una stretta di mano sancisce l’alleanza tra un operaio e un contadino.

Giornate cinema muto

Nella serata conclusiva delle Giornate, la scelta degli organizzatori è caduta su una pellicola francese Le nouveux messieurs (1929) di Jacques Feyder con Gaby Morlay, Albert Prejean e Henri Roussell. Il copione era stato, un paio d’anni prima, un grande successo teatrale con oltre 400 repliche a Parigi. Vi si racconta il duello tra due uomini — un nobile e un elettricista — per conquistare l’amore di una giovane attrice. L’aristocratico, per raggiungere il suo scopo, si serve delle sue ricchezze. L’operaio usa il suo fascino e il suo ottimismo. Quando si insedia un nuovo governo di sinistra, l’elettricista viene eletto ministro del lavoro. Ma poi, quando la situazione politica si ribalta, finisce per perdere l’incarico e anche l’amante. Dal momento che sia la destra che la sinistra non gradirono l’intento satirico, il film rimase bloccato ed ottenne il visto di censura solo nell’aprile del 1929, quando il sonoro era alle porte, e l’opera non ottenne il successo sperato. Dal canto suo, Feyder era già partito per l’America, in cerca di una nuova carriera cinematorgafica che però non decollò mai.

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