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Omnia

Il quinto assioma

« Non so come il mondo potrà giudicarmi ma a me sembra soltanto di essere un bambino che gioca sulla spiaggia, e di essermi divertito a trovare ogni tanto un sasso o una conchiglia più bella del solito, mentre l’oceano della verità giaceva insondato davanti a me. »
 
Isaac Newton

Giuseppe PeanoSi dice che la matematica non sia un’opinione, e che su tutto si possa dubitare, discettare, argomentare, meno che sulle certezze su cui si fondano i sistemi assiomatici, che a loro volta sono alla base dell’incedere scientifico.
La ricerca di conoscenza, in tutta la storia dell’umanità, è stata strettamente connessa ad una scoperta della verità che fosse fin da subito risultata progressiva ed incrementale rispetto ad un chiamiamolo punto-zero, quello in cui si desse come assolutamente accettabile, di per sé evidente, e non ulteriormente opinabile la prima rispondenza al vero di alcuni principi elementari (postulati). Ad esempio tutta la matematica pura, fin’anche quella raffinata e complessa degli spazi topologici o del calcolo delle variazioni, si fonda su alcuni semplici assiomi che Giuseppe Peano formulò nei primi del Novecento e dai quali (precisamente dal quinto) derivò il principio di induzione, a sua volta assioma dei numeri naturali.
Esiste tuttavia un’altra aritmetica che si ottiene considerando validi tutti gli assiomi classici di Peano formalizzati con la sola eccezione del principio d’induzione. Che tale teoria sia chiamata Aritmetica di Robinson è dettaglio di poco conto. Ciò cui mi interessa giungere è che tale aritmetica possiede un interesse logico per il fatto che essa sia la teoria più debole in cui è possibile rappresentare tutte le funzioni ricorsive primitive e quindi quella teoria del primo ordine a cui sia applicabile il primo dei teorema di incompletezza di Godel.
Di fatto sostituendo un assioma (principio di induzione) con un altro (“ogni numero naturale diverso da zero è successore di qualche altro numero”) che gli si opponga per negazione ciò che otteniamo è sempre una formalizzazione coerente della matematica che sia sufficientemente potente da poter assiomatizzare la teoria elementare dei numeri naturali – vale a dire, sufficientemente potente da definire la struttura dei numeri naturali dotati delle operazioni di somma e prodotto.

EuclideUna situazione alquanto simile accade anche in geometria. Nel terzo secolo a.C. Euclide formalizzò tutta la sua geometria attraverso cinque soli assiomi. Di questi, il quinto (notate il parallelismo con il corrispondente di Peano), è quello che nel corso di secoli fior fiore di matematici greci, arabi e rinascimentali, hanno cercato di dimostrare a partire dagli altri quattro. Ci provarono Posidonio nel I secolo a.C., Tolomeo nel II secolo d.C., Proclo (412-485), Nasir-Eddin (1201-1274), Clavio (1537-1612), Cataldi (1548-1626), Borelli (1608-1679), Wallis (1616-1703), Vitale Giordano (1633-1711), Legendre (1752-1833), Bolyai (1775-1856).
Nel Settecento il matematico gesuita Giovanni Girolamo Saccheri cerca di ottenerne una dimostrazione per assurdo nell’opera “Euclides ab omni naevo vindicatus” (“Euclide emendato da ogni neo”), che pubblicò poco prima di morire, nel 1733. L’antiestetico neo che a parere di Saccheri turbava l’armonia degli Elementi era dato, naturalmente, dall’avere assunto come postulato una proposizione che avrebbe invece dovuto dimostrare. Ed in questi suoi tentativi di dimostrazione di fatto sviluppa, a sua stessa insaputa (sic!), un primo embrione delle due geometrie non euclidee che si ottengono, per l’appunto, assumendo come postulato tali ipotesi: la geometria ellittica, che sarà sviluppata da Riemann (1826-1866), e la geometria iperbolica, formalizzata da Bolyai (1802-1860) e Lobačevskij (1792-1856). Oggetti del pensiero logico matematico senza i quali tal Albert Einstein, giusto per produrre un quanto mai illustre esempio, avrebbe potuto progredire ben poco nella sua formulazione della Teoria della Relatività.
Anche in questo caso la negazione di un postulato, ovvero la sua sostituzione con altro assioma, determina il prolificare di modelli sintattici della geometria euclidea, che hanno come conseguenza la non contraddittorietà della geometria ellittica piana, supposta la non contraddittorietà della geometria euclidea piana.

Parimenti in fisica assistiamo, già a partire dalla fine dell’Ottocento, a radicali trasformazioni dei concetti di causa-effetto da cui traeva origine tutta la struttura teoretica della meccanica classica fondata da Newton nel diciottesimo secolo (osservazione, teorizzazione, riproducibilità). Di fatto, lungo tutto il corso della prima metà del Novecento si sviluppa una teoria fisica alternativa che rende quantistica quella meccanica prima solo classica, prediligendo per la prima volta un approccio probabilistico per la descrizione del mondo, l’unico che poteva supplire all’inadeguatezza della meccanica classica nello spiegare fenomeni e proprietà subatomiche quali la radiazione di corpo nero, l’effetto fotoelettrico, il calore specifico dei solidi, gli spettri atomici, la stabilità degli atomi, l’effetto Compton.
Questa condizione di indeterminismo non è dovuta a una conoscenza incompleta, da parte dello sperimentatore, dello stato in cui si trova il sistema fisico osservato, ma è da considerarsi una caratteristica intrinseca del sistema. La teoria, dunque, descrive i sistemi come una sovrapposizione di stati diversi e prevede che il risultato di una misurazione non sia completamente arbitrario, ma sia incluso in un insieme di possibili valori, ciascuno dei quali è abbinato a uno di tali stati, oltre che associato a una certa probabilità di presentarsi come risultato della misurazione.

IncertezzaEinaudi ha recentemente pubblicato, nella collana Saggi, “Incertezza” di David Lindley (“Uncertainty. Einstein, Heisenberg, Bohr, and the Struggle for the Soul of Science”), un libro che in 229 pagine (ciascuna costa meno di dieci centesimi di euro, e tutte insieme si possono acquistare qui) ricostruisce, in modo tanto esemplare quanto coinvolgente, la storia veramente memorabile di una delle più grandi sfide intellettuali di cui l’umanità abbia saputo dar prova nel corso della sua storia millenaria. Ringraziamo, pertanto, Einaudi per averci inviato il libro (che con questo editoriale recensisco in modo tanto en passant quanto tardivo), David Lindley per averlo scritto e tutti coloro che hanno “combattuto per l’anima della scienza”, consumando disperatamente (in ben più di sette anni di “studio matto e disperatissimo“) i momenti migliori della loro vita per disvelare, al mondo tutto, il senso più profondo ed intimo della conoscenza sul mondo stesso e sui suoi principi di funzionamento più reconditi.
Anche in questo caso, giusto a far chiasmo con gli altri due già analizzati in aritmetica e geometria, un cambio di prospettiva (Newton: “Se ho visto più lontano, è perché stavo sulle spalle dei giganti”), la negazione di una teoria preesistente al fine di crearne una nuova più potente in quanto maggiormente esaustiva, comporta la nascita di nuovi modelli, in grado di complementare – pur per negazione / contraddizione / demolizione – la conoscenza precedentemente acquisita.
Negazione come processo euristico (“cogito ergo sum”) e contraddizione quale strada privilegiata per la verità (“reductio ad absurdum”).

Mica male, se ci pensate solo un attimo: affermare negando (rispetto a tutte le ipotesi possibili), quindi ottenere la parte come sottrazione di ciò che non è, dal tutto cui essa appartiene.
Se le persone ragionassero in questo modo allora le loro certezze non sarebbero a senso unico, salvo buon fine (come un assegno non ancora autorizzato da banca emittente), bensì risulterebbero a prova di smentita proprio perché tutte le possibilità di loro negazione sarebbero state passate al vaglio preliminare di una prova euristica già compiuta ab origine. Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso: non dire agli altri ciò che non vorresti gli altri ti rigirassero in risposta come negazione, parimenti efficace, di ciò che hai detto.
Del resto dei dieci comandamenti ben otto impartiscono i praecepta della dottrina cattolica per litote o doppia negazione. E tutti gli assiomi-comandamenti comunque partono da un unico dogma: “Io sono il Signore Dio tuo”, dalla cui negazione deriverebbe la costruzione di modelli religiosi certamente altri da quello cristiano cattolico apostolico (interessante notare tuttavia, come i postulati cattolici siano sostanzialmente accolti anche in questi nuovi sistemi).

Dieci Comandamenti

Sono giorni d’incertezza quelli che viviamo tra crisi economiche ormai più globali della globalizzazione stessa; quella in cui certo capitalismo malato, già di per sé agonizzante, ci aveva portato a credere che, tuttavia, ben lontana ancora sarebbe stata la morte definitiva della finanza cosiddetta creativa (quella dei mutui subprime americani, delle speculazioni in Borsa, dei derivati dall’assai dubbio Profumo) con la quale pochi ricchi (UniCredit) continuano a pascersi all’ombra di tanti poveri (MultiDebit).
Riscrittura del quinto assioma di Peano:

“Ogni insieme di conti correnti che contenga tanti zeri (o l’Uni) e il debito di ogni proprio elemento coincide con l’intero insieme dei servizi interbancari (assioma dell’induzione inflattiva a delinquere)”.

Sono giorni d’incertezza quelli in cui un presidente del Consiglio dei Ministri, tra un galante “cucù” ed un “oplà” di smarco dall’ennesima sentenza ad egli sfavorevole, progetta di riscrivere (Cicero pro domo sua) la nostra Costituzione Repubblicana, quella redatta, subito dopo la Grande Guerra, dai nostri Padri costituenti, maturati nelle lotte antifasciste.
Riscrittura del quinto assioma di Euclide:

“Data una retta via ed un punto ad essa esterno esiste almeno un parallelo in cui un unico Governo sulla Terra passi per detto punto”.

Sono giorni d’incertezza quelli in cui assistiamo impotenti al massacro del popolo palestinese nella Striscia di Gaza. Più di cento bambini hanno perso la vita, e centinaia di civili a loro volta, sotto l’incessante martellare di bombe che produrranno, per il sessantenne Stato d’Israele, sempre e comunque più nemici di quanti esse siano riuscite, nel loro dissennato intento, ad eliminare.
Riscrittura del quinto assioma di Dio:

“Non uccidere. A meno che non si tratti del vicino di cui occupi la terra”.

Gaza

Per tutto il resto che potrei / vorrei / dovrei scrivere, mi avvalgo del quinto assioma-emendamento del “Bill of Rights” (parte integrante della Costituzione degli Stati Uniti, redatta nel 1789, composta da un preambolo – “Noi, popolo degli Stati Uniti”, altro che “Io, Signore Dio tuo” – e da sette articoli).

E quindi: “No Comment”.

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