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Omnia

L’essere umano come punto di partenza del progetto

Come sottolineato in precedenti interventi, la progettazione del nostro quotidiano è attraversata da spinte etiche che indicano direzionalità differenti entro cui provare a rilevare alcuni tratti caratteristici del mondo del progetto. La crisi radicalmente e profondamente sociale lascia emergere incongruenze e speculazioni che rendono più che mai necessarie alcune considerazioni che vadano alla radice delle dinamiche in atto.

Considerazioni sul design

Lì dove fino a poco tempo fa si elogiavano le magnifiche sorti e progressive del made in Italy come sistema capace di catalizzare i migliori talenti del mondo e di produrre prosperità e bellezza diffusa, ora si cercano vie d’uscita meno spettacolari e più concrete per rimettere la nave in mare aperto ed affrontare sfide nuove, in mercati sempre più agguerriti e fiaccati dalle turbolenze globali.

Di recente, Andrea Branzi, maitre a penser del design italiano, è intervenuto con una puntuale riflessione sul tema della formazione universitaria legata al design denunciando la cecità dell’opinione pubblica, dei media e anche degli addetti ai lavori di fronte ad una norma inserita nella finanziaria ’08 destinata a liberalizzare definitivamente la riconversione in fondazioni delle università italiane. Una disposizione che apre la strada al processo di privatizzazione dei nostri atenei già indeboliti nella loro autonomia dalle dissennate politiche dei precedenti governi di destra e di sinistra.

Andrea BranziNel rilevare l’inerzia della community del progetto, Branzi sottolinea come l’impegno degli studenti oggi non si inquadri più in uno scenario di ricerca e di cultura politica vasta, alla maniera del Sessantotto, ma tutto rischia di rimanere nei limiti di un conflitto settoriale, para-sindacale, legato alla sola questione dei finanziamenti. Timore confermato anche dalle rivendicazioni dell’Onda, il movimento universitario protagonista delle proteste più recenti.

Perdendo l’occasione di tornare a pensare in grande, gli studenti sembrano aver rinunciato alla possibilità di avviare una nuova strategia di innovazione culturale e sociale. In questo clima fosco occorre segnalare come il nostro paese non abbia una tradizione consolidata di università private, e le scuole private paradossalmente esistono solo se le finanzia lo Stato. Un sistema della formazione che veda una proficua relazione tra impresa privata e università non si può improvvisare facilmente in un paese dove le imprese non sono mai state partners organici dei nostri atenei. “È più probabile – rileva Branzi – che il capitalismo italiano non sia interessato a farsi carico di queste nobili istituzioni formative ma piuttosto a intercettare attraverso le fondazioni i finanziamenti dello Stato.

Più che finanziare le università, gli imprenditori sperano di fare business con la formazione”. In questo scenario, il ruolo delle facoltà del design si colloca in quell’area grigia tra formazione tecnica e quella umanistica. È improbabile che le industrie italiane che si occupano di produzione industriale ad alto contenuto progettuale e creativo siano disponibili a intervenire direttamente nel campo della formazione. Branzi, concludendo il suo intervento, cita le ragioni di questa impossibile liason tra università e imprese private: 1) non esistono nel settore imprese sufficientemente ricche da investire nella formazione; 2) nessuna delle imprese che dovrebbero essere interessate fa veramente ricerca; 3) da decenni queste aziende sono abituate a ricevere gratis progettisti e tecnici che sembrano riprodursi spontaneamente.

Droog designIn sintesi, il sistema del design italiano continua a sopravvivere ma non trova la spinta in avanti. Questa condizione stanca e poco propositiva è confermata anche da autorevoli esponenti del design internazionale come Gijs Bakker, fondatore di Droog e docente alla prestigiosa Design Academy di Eindhoven. Bakker afferma: “Esaurita la stagione dei grandi maestri – come Enzo Mari, Achille Castiglioni, Bruno Munari – che ha avuto un impatto immenso sul mondo intero, se si guarda allo sviluppo degli ultimi anni Ottanta, con Memphis ed Alchimia, c’è stato un ulteriore passo in avanti nell’evoluzione del design. L’appariscente e ricco design italiano di oggi rappresenta un genere di look globale che manca però di un impatto spirituale, individuale, etico. Ma questo non vale solo per l’Italia. Questo genere di design globale alla moda ha un impatto veramente minimo”.

Proprio la stretta connessione tra Droog e l’Accademia di Eindhoven si sta rivelando un modello capace di stimolare una riflessione su pratiche possibili di innovazione progettuale verso la scoperta di potenzialità inespresse. Il reclutamento di giovani designer da parte di Droog, ai quali viene data la possibilità di confrontarsi con i problemi della professione, costituisce un punto di partenza importante. Tutto nasce dall’idea che non sia l’industria ma l’essere umano il punto di partenza del progetto. Proprio su quest’aspetto umano del design sono concentrate tutte le ricerche e le produzioni di Droog e dell’accademia olandese. Fondata quindici anni fa, la Dae non ha partizioni particolari negli insegnamenti ma tutto parte dall’analisi del modo di vivere dell’uomo, il suo modo di lavorare, il modo in cui trascorre il tempo libero ecc.

design

L’invito che proviene da quest’esperienza è quello di abbandonare la protezione dorata degli studi e delle università per ritrovare un rapporto con il mondo, con la vita, con la quotidianità, riportando il design nella sua dimensione più naturale di progettazione del nostro vissuto. La vita non può essere governata dalla mercificazione perché questo rappresenta un pericolo che ci conduce ad acquistare oggetti, prodotti per il marchio piuttosto che per l’uso che ne facciamo. In un momento come questo, di forte contrazione dei consumi, occorre riportare l’attenzione alle cose che sembrano non essere adatte al cosiddetto mondo efficiente o a quello delle nuove tecnologie. Noi le consideriamo superate ma, come ci insegnano Jurgen Bey o Richard Hutten, nel passato ci sono cose ancora tutte da scoprire. Ci sono materiali e oggetti inutilizzati che aspettano di avere una possibilità. In questo senso si muove forse il design del mondo che sta venendo e che sarà sicuramente diverso da quello in cui abbiamo vissuto finora. Il design è morto, evviva il design.

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