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Fumetto

Jonah Hex

Tony de ZuñigaQualche giorno fa stavo cercando qualcosa di leggibile in una fumetteria tra la desolazione che ha colpito il mercato italiano. Sfogliando distrattamente il volumone Showcase presenta della Planeta DeAgostini dedicato a Jonah Hex mi sono caduti gli occhi su alcune tavole che avevano qualcosa di familiare. Controllo i credits dell’episodio e scopro che in effetti a disegnarlo fu il grande Jorge Moliterni (qui ribattezzato “George” allo stesso modo in cui Tony De Zuñiga in America diventava regolarmente “Zuniga” senza la tilde).

Non avevo assolutamente idea che Moliterni avesse disegnato qualcosa per il mercato americano, ma d’altra parte è un autore che purtroppo conosco molto poco: di lui (che spesso si scriveva anche i testi) ho letto solo Gli Avventurieri e qualche “libero in due puntate” come Sharon sui vecchi Lanciostory, oltre ovviamente alle due serie di Watami e al centellinato Leonero Brent su Sgt. Kirk. Sicuramente ho letto anche qualcos’altro che non ricordo, ma comunque troppo poco.

Con la stessa soddisfazione che si prova nell’aver scovato in un vecchio SuperEroica una storia di Solano Lopez o Hugo Pratt, ho quindi acquistato il volume ben consapevole della mole di pagine che mi attendevano e del loro probabile scarso appeal: come gli storici del fumetto sanno, Jonah Hex era in origine solo parte di una serie antologica dedicata ad un genere ritenuto minore da una casa editrice specializzata in supereroi che all’epoca stava oltretutto attraversando una profonda crisi.

E invece l’acquisto si è rivelato felice. Il “volumen” della Planeta DeAgostini raccoglie alcune storie selezionate (quelle con Jonah Hex più qualcun’altra) tratte dai numeri dal 2 al 33 (ad eccezione del 9 e del 15 che evidentemente non contenevano materiale pertinente) di All-Star Western, testata che sarebbe diventata Weird Western Tales col numero 13 per sfruttare il termine “weird” (bizzarro, disturbante) che all’epoca andava di moda, ma che in fondo ben si adatta al bounty hunter sfigurato che ne diventerà la principale attrazione e poi l’unico protagonista.

Jonah Hex numero 13Le storie: John Albano, il creatore di Jonah Hex o perlomeno il suo primo scrittore accreditato, parte imbastendo delle trame in cui gli stereotipi del western vengono trattati con competenza e con un’ampiezza di vedute che abbraccia sia la versione classica del genere che le sue derivazioni più recenti (per l’epoca) e viene quindi naturale associare Jonah agli eroi di Sergio Leone e alcuni dei temi affrontati al western revisionista. Purtroppo, trattandosi di fumetti pubblicati a partire dal 1972, è praticamente impossibile dire se lo stile adottato da Albano sia semplice mestiere o ricerca consapevole di un punto di vista postmoderno sul genere. La sua scrittura è molto scorrevole e i quintali di sarcasmo di cui ha dotato il protagonista rendono la lettura molto piacevole e divertente.

Jonah Hex, se ci fosse bisogno di specificarlo, è un cacciatore di taglie infallibile e dotato di abilità che — come da copione — sfiorano il sovrannaturale, ma che, quando la trama lo esige, si accascia al suolo per una bottarella in testa. Se ne va in giro per il Far West vestito di una logora divisa sudista (e già questo mi pare notevole!), ma la caratteristica iconografica che più lo identifica è lo sfregio che gli deturpa il lato destro del viso, contratto in una smorfia che pare un misto di dolore e divertimento. Sono proprio curioso di sapere come se l’è fatta una ferita del genere e spero che venga spiegato in futuro; dopotutto una cicatrice dovrebbe sottrarre della carne, e non aggiungerne di nuova: quello sfilaccio di pelle che congiunge il labbro superiore con quello inferiore sembra invece essere un corpo estraneo finito lì chissà come!

La deformità di Jonah Hex non è solo il suo marchio di fabbrica, ciò che deve renderlo immediatamente riconoscibile al lettore, ma è anche un meccanismo funzionale all’introduzione del personaggio nel primo episodio: infatti sin dalla copertina di All-Star Western 10 viene creata l’aspettativa per le vere fattezze del personaggio che solo a pagina 7 (delle 16 di cui è composta la prima storia) si rivelerà in tutta la sua bruttezza — Jonah ha pure l’occhio destro perennemente spalancato.

Nelle storie di Jonah Hex ho notato una certa quantità di morti ammazzati e un inusuale interesse verso il sesso femminile, oltre a una certa brutalità generalizzata (e a volte anche piuttosto creativa). Considerato il livello di quello che si pubblicava all’epoca negli Stati Uniti, un paio di volte ho dovuto sincerarmi che le copertine presentassero il marchio del Comics Code Authority, che in effetti è presente. Si vede che l’appartenenza ad un genere marginale (se addirittura i supereroi erano in crisi, quanto poteva essere diffuso un western?) avrà fatto chiudere un occhio ai censori che difatti hanno soprasseduto anche su alcuni tentativi di stupro abbastanza espliciti. Non che ci sia nulla di pornografico, chiaro, ma lo stile e l’atmosfera di Jonah Hex lo rendono più simile a quanto si vedeva in Europa in quegli anni piuttosto che a quanto si pubblicava in America.

Vignetta Jonah HexJohn Albano continua a scrivere delle storie interessanti e piacevoli (molto originale quella del numero 18, per quanto totalmente inverosimile), ma mi sembra che in corrispondenza del successo del personaggio — e quindi all’aumento delle pagine a lui dedicate — sia vittima di qualche disequilibrio narrativo pur di riempire le 20 tavole di cui dispone ora. Albano non avrà comunque la possibilità di adattarsi al nuovo formato visto che dal numero 22 passerà la mano al più famoso Michael Fleisher, dopo un episodico intervento di Arnold Drake (quello della Doom Patrol originale) sul numero 20.

Sulle prime Fleisher non ha lo stesso mordente di Albano e si limita a confezionare delle valide ma impersonali storie western con poche spruzzate del divertito cinismo di prima (simpatico ma nulla di più il siparietto con il cacciatore di autografi analfabeta proprio nel numero 22), ma, dopo l’inevitabile periodo di rodaggio, rilancerà ulteriormente il personaggio svelando un episodio fondamentale del suo passato durante la guerra civile. Da notare la presenza di tal Russell Carley come “assistente ai testi” di Fleisher: chissà quali erano le sue mansioni.

Il tono delle storie cerca di mantenere sempre un contegno eroico, ma non disdegna di sfociare nella commedia (n° 27) o nell’eroico talmente iperbolico da risultare parodistico (n° 24). Di Fleisher, che dal numero 27 si occupa interamente da solo dei testi (sempre che Carley non fosse semplicemente un consulente storico o qualcosa del genere), ho apprezzato molto il distico della guerra civile sui numeri 28 e 29, in cui ci mostra di quanto poco rispetto godessero i neri anche al Nord. Mi piace credere che lo sceneggiatore ci voglia presentare un’analisi storica che segnali come i Nordisti parteciparono entusiasti alla guerra civile non tanto per la liberazione dei neri quanto per espandere i loro territori ed impossessarsi delle ricche terre del Sud, ma probabilmente si tratta semplicemente di scrupoloso cerchiobottismo per non alienarsi le simpatie dei lettori della Bible Belt e dintorni.

Passando ai disegni (mio primo movens per l’acquisto del volume), questo Showcase Presenta offre una panoramica molto variegata di stili pur se cerca di mantenere un certo standard più realistico che supereroistico. In almeno un caso (Wildey) credo che il disegnatore sia stato scelto semplicemente come sostituto del titolare in carica al momento, anche se mi sembra veramente strano che nei quattro mesi tra l’uscita del numero 25 e quella del 27 (Weird Western Tales era bimestrale come quasi tutti i comic book dell’epoca) Noly Panaligan non fosse riuscito a buttar giù le venti tavole richieste. Viene da pensare che il divismo e i conseguenti ritardi cronici delle strapagate giovani star non sia solo un fenomeno recente del fumetto seriale americano.

Copertina Showcase PresentaI disegnatori, allora: a fare la parte del leone col maggior numero di tavole pubblicate c’è Tony De Zuñiga, che si esprime con un bel tratto spezzato, al contempo illustrativo e dinamico. Se confrontiamo le sue primissime prove contenute in appendice al volume (il primo episodio di Outlaw) con quelle di All-Star Western 10 notiamo una notevole maturazione che lo porta da un segno leggibile, ma piuttosto anonimo, ad un’esplosione di tratteggi, segni modulati ed altri effetti speciali che rendono molto espressivo il suo disegno. Molto buono l’utilizzo dei retini, e credo che alcune ombreggiature siano state ottenute lasciando il disegno a matita. Ben sapendo che razza di schifo erano le colorazioni degli albi americani, mi vengono i brividi al pensiero di quello che sarà venuto fuori delle tavole di Jonah Hex dopo il passaggio ai terribili retini tipografici.

Va decisamente gustato in bianco e nero e questo volume della Planeta gli rende pienamente giustizia: il suo stile realistico in cui abbondano le ombreggiature mal si adatta ad essere integrato con newsprint colorati, tanto più che in qualche occasione il disegnatore ricorre anche a una tecnica forse mutuata da Alberto Breccia, che consiste nel delimitare con una inchiostrazione molto marcata una figura per poi dedicarsi a definirne i dettagli interni con tutta calma. Notevolissimi anche alcuni suoi primi piani molto espressivi e dettagliati, probabilmente ispirati a fonti fotografiche.

Vignetta Jonah HexPiù che alla scena nordamericana coeva, lo stile di De Zuñiga rimanda a quanto di meglio si produceva in Europa all’epoca, soprattutto ad autori spagnoli come Fernando Fernandez, Esteban Maroto e soprattutto Victor De La Fuente con cui ho ravvisato le maggiori affinità (curiosa la specularità delle rispettive carriere: De La Fuente, che amava il fantasy, è stato quasi sempre costretto a disegnare western mentre De Zuñiga, che disegnava western, passerà al fantasy Conan).

Il creatore grafico di Jonah Hex sarà il suo disegnatore fino a metà 1974, per poi passare la mano a Noly Panaligan col numero 24. Con tutta probabilità Panaligan fu uno dei disegnatori della “Filipino Invasion” dei primi anni ’70 che portò artisti come Alfredo Alcala e Alex Niño a lavorare per il mercato USA, proprio a seguito del successo riscosso da De Zuñiga (il loro talento non fu comunque solo sprecato coi supereroi ma trovò una giusta dimensione nei fumetti della Warren).

A dire il vero, non credo che Panaligan sia veramente il disegnatore dei numeri 24 e 25, o almeno non l’unico. Qualche numero dopo si ripresenterà infatti con uno stile molto diverso, mentre quei due numeri recano ancora il marchio di De Zuñiga, quindi immagino che ci sia stato un errore di attribuzione alla base, oppure che Panaligan abbia prestato solo le sue matite come prova per poi farle inchiostrare e “aggiustare” dal titolare. Nei successivi numeri 27 e 29 Panaligan si presenterà infatti con un tratto molto pesante e uno stile che abbonda di neri (tranne in quelle aree lasciate bianche perché doveva finirci una tonalità di colore più scuro al momento della stampa). Il risultato finale non è molto accattivante e ricorda un po’ delle fotografie in bianco e nero sovraesposte.

Jonah Hex pagina 299

Nel numero 26 compare a sorpresa tal Doug Wildey, un disegnatore che si è rivelato una piacevole scoperta. Definito senza mezzi termini “ottimo” da Alex Serrano nella postfazione, è un disegnatore elegante che per alcuni aspetti mi ha ricordato Ernesto Garcia Seijas. Certo, non siamo ai livelli del maestro argentino, tuttavia mi è sembrato comunque di cogliere qualche affinità. Probabimente Wildey era uno di quei disegnatori che lavoravano nel glorioso campo delle strip (lo intuisco dal gusto delle inquadrature, dall’uso dei retini, dalla gestione delle figure in secondo piano e in generale dalla necessità di inserire più informazioni possibili in un’unica vignetta) e che dovettero riciclarsi con quei buzzurri dei comic book.

Da notare che nel dizionario La Grande Avventura del Fumetto edito dalla DeAgostini tra il 1989 e il 1991, Doug Wildey viene indicato come unico autore di Jonah Hex! Nella parte enciclopedica dedicata al western (contenuta nel secondo volume) non viene invece minimamente fatta menzione di Jonah Hex.

Col numero 28 di Weird Western Tales entra finalmente nello staff dei disegnatori il grande Jorge Luis Moliterni. Che dire? L’eleganza del suo tratto e l’efficacia del suo segno, sia nel far recitare i personaggi che nell’illustrare scene di lotta, sono quelle che già gli riconoscevo, ma in occasione della lettura di questo volume (Moliterni ha disegnato i numeri 28, 30 e 31) ho potuto apprezzare anche un’altra sua dote. In storie western che prevedono molti comprimari e alcune scene di massa è difficile caratterizzare i singoli “attori” in modo da non confondere il lettore, eppure Moliterni è stato bravissimo a rendere immediatamente riconoscibili con pochi dettagli (un cappello, un gilet, la posizione delle fondine, ecc.) le singole “comparse”. Bellissima anche la sequenza di pagina 362, in cui la scansione delle tre vignette superiori diventa elemento d’insieme dell’illustrazione complessiva che risulta quindi quasi una splash page.

È pazzesco che di questo grandissimo artista (che collaborò anche direttamente con l’Italia sulle pagine del Corriere dei Ragazzi) si sappia solo l’anno della morte (1979) e non quello della nascita.

Wired Western Tales numero 28 sequenza pagina 362Le ultime due storie di Jonah Hex sono firmate da Josè Luis Garcia Lopez, uno tra i primissimi argentini (ma di origine spagnola) a pubblicare regolarmente, e con inaspettato successo, per il mercato nordamericano. A vedere questa sua prova il successo che gli ha arriso negli Stati Uniti risulta ancora più incredibile. Siamo molto lontani dai fasti di Cinder & Ashe, il capolavoro di Gerry Conway (che comunque Garcia Lopez non considera il suo lavoro più riuscito) e ci troviamo col suo Jonah Hex più dalle parti di un qualsiasi mestierante bonelliano anonimo anni ’70-’80: le figure sono leziosamente inchiostrate in modo da chiudere ogni contorno possibile senza spezzare il segno mentre ogni tanto (seguendo più l’estro del momento che la logica) compare qualche tratteggio o campitura di nero. Forse è stata qualche inquadratura più ardita del solito a fare notare Garcia Lopez, padre grafico di Roland il Corsaro (marchetta di Oesterheld pubblicata sul finire degli anni ’80 da Lanciostory pur con tutto il ben di dio da cui potevano attingere) e a fargli imboccare la strada di una brillante carriera, seconda forse solo a quella dello stesso De Zuñiga.

Di certo a guardare gli exploit non eccelsi delle ultime pagine di Jonah Hex viene ancora più voglia di leggerne nuovi episodi, non solo per sapere come continueranno le sue vicende, ma anche per rifarsi gli occhi con disegni più accattivanti.

E a ben pensare, di storie, Jonah ne avrebbe vissute ancora molte visto che dopo la sua apparizione su All-Star Western /Weird Western Tales gli sarebbe stata dedicata una lunga serie regolare conclusasi solo a seguito della necessità di fare pulizia nella continuity DC con il maxi-evento Crisis. E nemmeno questo avrebbe messo fine alla vita editoriale del personaggio, poiché, come ho appreso con sgomento, è stato pure recuperato come protagonista di una serie fantascientifica nel 1985!

Durante l’epoca d’oro della Vertigo, quando praticamente venivano adattati in versione matura anche i personaggi meno probabili (per poco non fecero una serie dark sugli Inferior Five), Jonah Hex ebbe nuovamente il suo momento di gloria grazie a tre miniserie horror scritte nientemeno che dallo scrittore pulp Joe R. Lansdale. Ma d’altronde stiamo parlando di un character che in effetti, pur tra le inevitabili fluttuazioni di moda e mercato, non ha mai avuto vere battute d’arresto, come sempre Alex Serrano nota nella postfazione, e in tempi recenti si è visto dedicare un’altra serie scritta da Jimmy Palmiotti e Justin Gray e affidata a rotazione a diversi disegnatori: per un periodo ci ha lavorato persino il grande Jordi Bernet, a testimonianza di come il personaggio sia un intruso tra alieni di Krypton e playboy che si vestono da pipistrello, e necessiti quindi di mani diverse per disegnarne le gesta. Mentre scrivo, in America questa nuova serie è arrivata a toccare quota 47 numeri, quindi deve aver avuto un buon riscontro di pubblico.

Contestualmente allo Showcase Presenta oggetto di questo articolo, La Planeta DeAgostini ha ristampato le miniserie di Lansdale in un unico volume e sta curando l’edizione italiana della nuova serie nella collana DC Pulp, che finora ha raccolto i primi sei episodi. Al di là della qualità del materiale, è probabile che la casa editrice voglia speculare sull’interesse per il personaggio che potrà suscitare l’imminente film che Hollywood è in procinto di dedicargli. Anche se, come ha fatto notare Roberto Recchioni nel suo blog, il make up di Josh Brolin è veramente poco fedele alla bruttezza del protagonista.

In appendice al volume troviamo alcuni episodi (probabilmente tutti) della serie-ombrello Outlaw che comprende una prima miniserie eponima priva di particolare mordente e una curiosa versione al femminile di Billy the Kid. Sinceramente avrei preferito che quelle ultime 90 pagine fossero state occupate da altro materiale di Jonah Hex, ma i riempitivi destano comunque un certo interesse dal punto di vista della storia del fumetto americano.

All-Star Western numero 6 Se confrontiamo il prezzo del numero 6 di All-Star Western (giugno-luglio 1971) con quello dei successivi tocchiamo concretamente con mano la DC Implosion, quel fenomeno conseguente alla strategia per cui per far fronte alla crisi economica la DC Comics aumentò la foliazione dei propri albi portando però il prezzo da 15 a ben 25 centesimi, scelta che fece allontanare parecchi lettori tanto da farle fare marcia indietro fissando il prezzo a 20 centesimi e di conseguenza riducendo nuovamente il numero di pagine (e sacrificando pure alcune testate; chissà se la recente impennata del costo dei fumetti Marvel sortirà un effetto simile). Guardando gli strilli di copertina dei numeri dal 7 (“only 25 ¢ bigger & better”) al 10 (“52 BIG pages don’t take less!”) e dal 13 (“now only 20 ¢”) fino ai 23-24-25 (“still only 20 ¢”) assistiamo passo dopo passo a questo processo.

È anche interessante, poi, constatare come il celebrato Gil Kane sia tutto sommato poca cosa quando si inchiostra da solo e non disegna supereroi.

Qualche considerazione sulla Planeta DeAgostini

copertina Jonah HexJonah Hex è solo uno dei tantissimi prodotti pubblicati dalla Planeta DeAgostini, che perfino in questo momento di calma (immagino dopo aver sondato il mercato e fatti due conti) sta facendo uscire pagine e pagine di fumetti, anche di scuole e nazionalità molto distanti tra di loro.
L’entrata in campo del colosso spagnolo forse non ha rivoluzionato il panorama italiano, ma di certo l’ha arricchito, spingendo anche altri editori a tentare strade nuove. Non penso sia un caso che la Panini abbia dato alle stampe pingui volumi cronologici dei supereroi Marvel proprio dopo che la Planeta aveva lanciato iniziative analoghe.

Inoltre, mi risulta che la Planeta sia stata l’unica altra casa editrice, eccezion fatta per interviste e occasioni celebrative, a pubblicare Robin Wood in Italia oltre all’Eura, escludendo ovviamente il suo lavoro su Dylan Dog che però non è ovviamente un personaggio suo. Inoltre sta facendo un ottimo lavoro di recupero di classici (ma anche moderni) francesi, spagnoli e argentini, ad un prezzo molto contenuto e con una qualità di stampa che mi sembra ormai l’unica a garantire. Avete visto che spettacolo i due volumi dell’integrale di Comanche? Solo 25€ l’uno oltretutto.
Ma al di là della semplice attività di editore, la Planeta riveste un altro ruolo molto importante per la scena fumettistica italiana: è la valvola di sfogo di chi si occupa di fumetti dal punto di vista della critica.

In Italia, purtroppo, bisogna sempre soppesare bene le parole con cui si parla di una rivista o di un editore: non si deve mai andare oltre un certo limite o si rischia di alienarsi la possibilità di ricevere materiale gratuito da recensire (per quanto credo che questo non lo faccia praticamente più nessuno), o di intervistare un autore della scuderia “sputtanata”, o di vedere stroncata sul nascere la propria carriera di sceneggiatore o disegnatore perché si è detta una parola in più del dovuto, o ancora di subire ritorsioni sotto forma di boicottaggi alle manifestazioni o di contrattacchi a mezzo stampa. Credo siano ancora vivi nella memoria di alcuni lettori gli strascichi polemici tra Fumo di China e Cyborg, che valsero alla prima il soprannome “Processo del Lunedì del fumetto italiano” (definizione che, tra l’altro, è indicativa degli orizzonti culturali di chi la coniò).

Con la Planeta, invece, ci si può spingere in considerazioni (magari anche giustificate) che per altre realtà sarebbero impensabili, o che andrebbero comunque fatte dopo una buona decina di righe di salamelecchi e incensamenti. Tanto il direttore editoriale e il presidente sono in Spagna e chissà se importa loro qualcosa dei commenti che vengono fatti in Italia. Anzi, chissà se poi importa loro qualcosa dei fumetti, o se addirittura sanno di pubblicare fumetti. In gruppi di queste dimensioni potrebbe anche non essere un’ipotesi così balzana. Anzi, proprio perché si tratta di una multinazionale è anche così liberatorio dirne peste e corna.

disegno di Noly Panaligan

Fino a pochi anni fa il capro espiatorio di tutti i mali del fumetto in Italia era Milo Manara, che veniva regolarmente criticato qualsiasi cosa facesse. Non credo sia un caso che di interviste italiane a Manara praticamente non se ne siano più viste, tranne che nel libro celebrativo Vita e Donnine di Milo Manara e sul numero 19 di Fumetti d’Italia (1996), diretto dal preparatissimo Graziano Origa. D’altra parte, anche durante un’intervista alla francese Bodöi, per la precisione sul numero 47, Manara dà un po’ in escandescenze davanti ad alcune provocazioni, complice il suo stato febbrile.

Ma il massimo che può fare un autore indispettito è rifiutare di rilasciare un’intervista o di prestare la propria opera a chi lo ha offeso (e difatti vi ricorderete forse l’embargo che lo stesso Manara impose delle proprie opere alla Comic Art sul finire degli anni ’80, a seguito delle polemiche con Luigi Bernardi) e non ha lo stesso ventaglio di possibilità di ritorsione che ho elencato sopra per le case editrici.

E così la Planeta è diventata il Moloch contro cui scagliarsi per dare sfogo alle frustrazioni nate in anni di bavaglio autoimposto. Se è vero che la gestione iniziale di Superman e Batman si prestava a molte considerazioni negative (che poi hanno determinato un incredibile ritorno d’immagine per la stessa Planeta quando ha ristampato i fascicoli incriminati allegandoli gratuitamente ai numeri successivi), l’accanimento con cui si parla della Planeta è veramente degno di miglior causa.

Anch’io trovo irritante leggere errori d’ortografia e di sintassi nelle nuvolette e non approvo la faciloneria di chi dice che l’importante è capirsi, ma la Planeta non è certo l’unica casa editrice a prendere dei solenni granchi.

Del resto, in Italia siamo cresciuti con gli ineccepibili esempi di Bonelli, della Mondadori, dell’Universo e dell’Eura che, per cercare di contenere le periodiche accuse di alimentare l’ignoranza nei giovani lettori, dovevano almeno garantire una qualità esemplare dal punto di vista della correttezza grammaticale. È quindi naturale che alcuni errori saltino subito agli occhi dei lettori italiani, ma la Planeta è piuttosto vittima di programmi di spelling impostati su standard inesatti (cosa che ormai riguarda massicciamente anche i periodici e i libri) e dei fisiologici problemi di stampa e revisione che hanno sempre accompagnato il settore. Altrove assistiamo invece a massacri compiuti in piena coscienza, come la messe di congiuntivi fuori luogo buttati lì tanto per dare a intendere che il traduttore conosce l’italiano in Ultimates 41.

Problemi di stampa, dicevamo… ma in fondo cos’è peggio? Vedere qualche consonante andare a capo in maniera avventurosa in un volume altrimenti ineccepibile come stampa e confezione e ad un prezzo ragionevole, oppure scoprire che il fumetto che abbiamo comprato presenta dei fuori registro? O, ancora, rendersi conto che alcune parti sono state censurate, o modificate, o conformate al gusto o agli scarsi mezzi dell’editore italiano?

Jonan Hex

Qualche giorno fa stavo cercando qualcosa di leggibile in una fumetteria tra la desolazione che ha colpito il mercato italiano. Sfogliando distrattamente il volumone Showcase presenta della Planeta DeAgostini dedicato a Jonah Hex mi sono caduti gli occhi su alcune tavole che avevano qualcosa di familiare. Controllo i credits dell’episodio e scopro che in effetti a disegnarlo fu il grande Jorge Moliterni (qui ribattezzato “George” allo stesso modo in cui Tony De Zuñiga in America diventava regolarmente “Zuniga” senza la tilde).

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