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Palcoscenico

Una festa per Horovitz

Il drammaturgo Israel HorovitzCon la Trilogia Horovitz Spoleto è tornata a tingersi dei colori dell’umanità 40 anni dopo le prime pennellate. L’ideazione di uno speciale progetto dedicato al grande drammaturgo americano prevedeva l’allestimento di tre spettacoli dell’autore con la stessa troupe artistica ma con tre regie diverse. L’evento, curato da Offucina Eclectic Arts e La MaMa Umbria International, con la collaborazione del Comune di Spoleto, è stato pensato come un’occasione per celebrare i 70 anni del prolifico Israel Horovitz, inserendosi quindi nell’evento internazionale 70/70 Horovitz Project promosso dalla Barefoot Theatre Company di New York.
A un osservatore distratto, questo evento potrebbe sembrare l’eccentrico festeggiamento di un compleanno; in realtà, chi ha preso posto nella platea del Teatrino delle 6 ha avuto modo di cogliere le intenzioni sottostanti. Se il progetto risuona in modo speciale, è proprio perché sono molteplici le note che appaiono sul suo pentagramma. Andrea Paciotto, regista che ha curato uno degli allestimenti, ne evidenzia una in particolare: l’esser destinato al pubblico italiano.

“Dopo aver ricevuto l’invito della Barefoot Theatre Company per celebrare i 70 anni di Horovitz — racconta Paciotto — ne ho parlato con Ellen Stewart de La MaMa di New York e ci è stato subito chiaro che avremmo voluto accettare. Se però, negli anni passati, abbiamo allestito spettacoli prevalentemente per portarli all’estero, in quest’occasione abbiamo sentito vivo il desiderio di lavorare a un progetto speciale per l’Italia. Tale desiderio è emerso nitidamente per diversi motivi: innanzitutto per il rapporto tra Horovitz e La MaMa Umbria, che ha avuto inizio con Line, il testo più famoso dell’autore; in secondo luogo, per la connessione che il drammaturgo aveva instaurato con Spoleto partecipando al Festival dei Due Mondi nel 1968. Non è tutto: per l’Italia, infatti, affrontare le tematiche del pregiudizio razziale in questo momento è determinante; basti pensare che quanto raccontato da Horovitz in L’indiano vuole il Bronx nel 1968 è realmente successo di recente a Roma, dove un indiano è stato aggredito mentre stava seduto su una panchina fuori dalla stazione e bruciato vivo, dimostrandoci che la nostra realtà può essere molto più brutale”.

L’Italia ha dunque percepito gli effetti negativi della globalizzazione e proprio in un mondo nel quale tutto è a portata di mano, nel quale l’esotico diventa nostro compaesano, la relazione — tanto osservata da Horovitz — tra multiculturalità e conflitto ci coinvolge con un ritmo incalzante. I numerosi elementi di pregiudizio razziale — da episodi sporadici a fatti di cronaca quotidiana –  evidenziano un’escalation sociale di intolleranza.

Effetto Muro, regia di Andrea Paciotto

La seconda nota portante nella melodia del progetto è l’emozione. “Abbiamo deciso — prosegue Andrea Paciotto — di affidare la regia di ciascun testo ad un regista diverso, ognuno proveniente da un paese culturalmente e geograficamente distante dagli altri, quali America, Corea, Italia. I tre testi stessi hanno ambientazioni geografiche diverse: il primo L’indiano vuole il Bronx è ambientato a New York, il secondo, Beirut Rocks, nella capitale libanese e il terzo, Effetto muro, al confine tra Israele e Palestina. I tre registi hanno lavorato con lo stesso gruppo di attori, sullo stesso autore e in una lingua che non conoscevano. Ciò ha contribuito ad accrescere la forza del progetto, in parte perché ci ha permesso di imparare l’uno dall’altro, ma soprattutto perché ci ha obbligati ad andare oltre l’aspetto della parola e a concentrarci sulle emozioni”.

Ed effettivamente il pubblico in sala è stato travolto dalle emozioni come da un’onda che destabilizza, che fa perdere l’equilibrio e l’orientamento, per poi ritirarsi lasciando i vestiti zuppi.
La tensione dell’impatto è stata mantenuta viva grazie ad un attento lavoro sul corpo degli attori, che hanno fatto vibrare ogni più piccolo muscolo, reggendo costantemente la nota. Fasci nervosi delle braccia, rughe attorno agli occhi, vene percettibili: ogni singolo elemento trasudava energia. A fare da collante a questi eroi pasoliniani, come sono stati definiti dallo stesso Paciotto, le musiche taglienti di Rolando Macrini fendevano l’aria e colpivano la sala esaltando il pathos testuale.
La densità dell’atmosfera ha inglobato il pubblico nelle performance, accompagnandolo nella dimensione di un eterno presente dove i conflitti si ripresentano in un’ottica di sospensione. L’allestimento è stato, dunque, coerente con i testi del drammaturgo, il quale, spesso, taglia una fetta di vita e la rimette sul palco senza condanne e senza soluzioni, offrendola come una bolla spazio-temporale all’interno della quale si sviluppa l’emozione.

“La sospensione Horovitziana si è ricreata anche nella vita reale durante la fase di allestimento — prosegue il regista — Abbiamo, infatti, trascorso un mese nella sede de La MaMa Umbria dormendo e mangiando insieme, per addentrarci totalmente nel testo e scollegarci dal resto del mondo. È così emersa un’armonia molto bella, proficua e creativa, che si è dimostrata indispensabile per lavorare su tematiche tanto impegnative. I testi di Horovitz, infatti, vanno a fondo nelle pieghe della psicologia e dei rapporti; l’autore è molto abile nel ribaltare una situazione, unisce la crudeltà ad un’ironia divertente e piccante e ne esce un risultato attento, vivace, che non annoia mai, ritmato, strutturato. Ci sono tanti aspetti che vanno coordinati ma siamo stati molto fortunati perché il gruppo di attori ha dimostrato sempre dedizione al lavoro e disponibilità.”

Israel Horovitz e Andrea Paciotto

La trilogia di Horovitz curata da Offucina Eclectic Arts e La MaMa Umbria International riesce, dunque, ad affrontare tematiche di interesse sociale e politico con un taglio molto umano ed intenso, guadagnandosi indubbiamente le attribuzioni di unicità e specialità del progetto.
Consigli per l’uso? Portarsi dei fazzoletti.


Israel Horovitz


Regista, attore, drammaturgo estremamente prolifico, Horovitz è presente sui palcoscenici di tutto il mondo fin dal suo esordio, avvenuto a New York nel 1968, dove nel giro di sei mesi hanno debuttato quattro sue opere. Tre di queste furono presentate lo stesso anno anche al Festival di Spoleto, con un cast di attori che comprendeva i giovanissimi Al Pacino e John Cazale. Nelle tre decadi successive, Horovitz ha sempre mantenuto la sua posizione di prima linea nella drammaturgia statunitense. Trilogia Horovitz presenta al pubblico italiano uno dei tra testi del 1968, The Indian wants the Bronx, mai tradotto e messo in scena in italiano, insieme a due testi che fanno parte della più recente produzione (Beirut Rocks, What Strong Fences Make).


Andrea Paciotto


Andrea Paciotto è un regista che si occupa di progetti teatrali e culturali in ambito internazionale. Ha iniziato a studiare teatro come attore, presso la Scuola del Centro Universitario Teatrale di Perugia e presso la Fondazione Pontedera Teatro. Dopo aver lavorato come attore e performer sia in Italia che all’estero, con registi quali Ellen Sterwart, Andrei Seban, Jerzy Sthur, Luca Ronconi, Giorgio Pressburger ed altri, nel 1994 ha scelto di concentrarsi sulla regia. Ha continuato gli studi negli Stati Uniti, dove ha ricevuto una laurea in Teatro (B.A.) ed un Master in regia (M.F.A.) dal Brooklyn College-City University of New York. In seguito, è stato selezionato per un progetto biennale di ricerca presso il centro DasArts, Advance Reasearch Center in Theatre and Dance dell’Università di Amsterdam, sull’applicazione delle nuove tecnologie nel campo della performance dal vivo. In Europa Andrea ha collaborato con diversi teatri ed organizzazioni, producendo e presentando i suoi lavori in Italia, Olanda, Germania, Austria, Turchia, Serbia, Svizzera, Polonia, Bosnia Herzegovina e Macedonia. In Italia le sue regie sono state presentate, tra gli altri, al festival Internazionale di teatro de La Biennale di Venezia, al Mittelfest di Cividale del Friuli, all’Auditorium Parco della Musica di Roma. E’ membro del Comitato per la formazione e l’educazione dell’Istituto Internazionale del Teatro (ITI-UNESCO). Come docente, ha tenuto corsi di vari livelli e specializzazione, su diversi aspetti dell’arte teatrale e multimediale sia in Italia che all’estero.
Dopo circa dieci anni di lavoro all’estero, dal 2004 Andrea è tornato a vivere in Italia ed ha fondato a Spoleto OFFUCINA ECLECTIC ARTS, una organizzazione che si dedica all’ideazione, produzione e presentazione di creazioni artistiche nel campo delle arti dello spettacolo, della produzione audiovisiva e del design di eventi multidisciplinare.

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