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Cinema

Vladimir Paskaljević

La città del Diavolo

“Per il coraggio e la chiarezza con le quali un giovane regista descrive, attraverso un montaggio puntuale e una regia eccellente, una città da cui gli Dei sono fuggiti”.

Vladimir Paskaljević

Questa la motivazione che, secondo i giurati della ventunesima edizione del Trieste Film Festival, è valsa la vittoria nella sezione lungometraggi a Đavolja Varoš (La città del diavolo) di , al suo esordio cinematografico. Il premio sarà stato certo motivo di orgoglio per il padre del giovane regista, quel ben più noto Goran, anche lui ospite a Trieste — per la prima volta ufficialmente assieme al figlio nel corso di un festival — per inaugurare l’apertura della manifestazione col suo Honeymoon e per tenere una masterclass con studenti del cinema provenienti da tutta Europa. La città del diavolo è una commedia nera che intreccia i destini di alcune anime allo sbando, sullo sfondo di una Belgrado contemporanea dove la redenzione non trova albergo. E che, ci racconta il regista, nulla ha a che fare con la cittadina serba proclamata dall’Unesco Patrimonio dell’umanità che porta lo stesso nome e che tanti giovani registi a caccia di sponsor hanno proposto come ambientazione dei propri lavori per accaparrarsi i fondi del ministero riservati alla promozione turistica.

Le vicende intersecate si svolgono nell’arco di una sola giornata, contrassegnata da un’importante torneo di tennis che, in un modo o nell’altro, sembra influire sulle vite di tutti i protagonisti. Due sfaccendati poco attenti ad un neonato, un tassista violento, due ragazzine che amano il tennis ma che non hanno le stesse possibilità di realizzare i propri sogni perché una è ricca mentre l’altra è povera, una neo separata che riscopre di amare il marito dopo un deludente amore nato sul web, un ginecologo in pensione, un gruppo di prostitute, un ragazzo che non riesce ad accettare la fine del suo amore… Questi e tanti altri sono i personaggi che compaiono in questo ritratto corale dai colori saturi, offuscati solo dall’ombra nera di un cinismo che lascia poche speranze. L’unica consolazione, infatti, sembra essere forse di tipo estetico, con un finale da “meraviglia” carrolliana.

Cristina Favento (CF): Ho appena visto il tuo film, e devo dire di aver avuto una brutta sensazione… Questa mattina ho potuto ascoltare, alla conferenza stampa, diverse opinioni sulla speranza mostrata in questo lavoro, riguardo a caratteristiche più positive rispetto alla sceneggiatura che hai scritto per Optimisti. Però non mi è sembrato esattamente così: ho provato un senso di perdizione, ho trovato una società allo sbando, in una brutta situazione, una società che ha perso i valori. Questa è stata la mia impressione, vorrei sapere cosa ne pensi…

Vladimir Paskaljevic (VP): Credo che il film sia un riflesso, il mio riflesso personale di come credo sia la società Serba. Sono un po’ perso al momento, perché la nazione ha iniziato una transizione, e questa transizione si sta avviando verso una direzione della società dove solo i soldi sono importanti, e sono l’unico valore. C’è una grande perdita di tutti gli altri valori morali. Quindi è la mia descrizione della Serbia, e non deve essere necessariamente oggettiva, ma è così che la sto vivendo. La storia principale riguarda una bambina povera ed una ricca, dove la povera non può fare praticamente nulla, mentre la ricca può fare quello che vuole. È il nocciolo della storia del film.

Una scena del film

CF: Cosa puoi dirmi dei conigli bianchi? Forse sono l’unico segnale positivo…

VP: La scena in cui ci sono i conigli bianchi è quella dell’uomo che perde il lavoro e allora salva questi animali. Lo fa così da andare contro al sistema, che può essere un sollievo, ma è anche una sorta di vicolo cieco. Personalmente la vedo come una commedia nera piena di humour, tiene incollate le cose per ciò che sono grazie all’umorismo, dal mio punto di vista. Ci siamo divertiti molto nel girarlo.

CF: Ci credo…

VP: Be’, è stato bello. È un buon modo per dire qualcosa che le persone solitamente non accettano

CF: Avete seguito alla lettera la sceneggiatura o durante le riprese avete cambiato qualcosa?

VP: Be’, non è così diverso dalla sceneggiatura. Voglio dire, ci sono stati degli aggiustamenti, ma semplicemente giravamo al scena, controllavamo che funzionasse e nel caso aggiustavamo qualcosa qui e li, se necessario. Abbiamo cercato di farlo il più veritiero possibile, anche perché se lo avessimo lasciato completamente com’era scritto, non sarebbe stato vero. Credo che ogni regista faccia questo tipo di piccole correzioni.

CF: Abbiamo detto che questo non è la tua prima sceneggiatura, sono curiosa di sapere le ragioni che ti hanno spinto ad iniziare da queste storie, e come solitamente scrivi una sceneggiatura.

VP: Be’, in questo film l’unica storia inventata del tutto è quella tra la bambina ricca e la povera, che è un tipo di relazione abbastanza archetipa. Le altre storie, diciamo l’80% del film, sono state semplicemente riprese dal libro e aggiustate qui e lì. Ho lavorato sulle connessioni fra i personaggi, in verità, anche la realtà mi ha fortemente ispirato per girare questo film. Avevo bisogno di fare questo film, in qualche modo, e forse è questo il motivo per cui è l’unica sceneggiatura con cui sono riuscito a trovare soldi e fondi. Non era un gran budget, era veramente piccolo, comparato con altre produzioni Europee ma anche con altre produzioni Serbe.

CF: Quando dici che ti serviva, intendi dal punto di vista della storia o per metterti alla prova come regista?

Vladimir PaskaljevicVP: Non pensavo molto alla regia: il film andava fatto, la storia andava raccontata. È l’unico motivo che mi ha spinto a fare questo film.

CF: Qual è la cosa più importante per te in una storia? Quali sono le caratteristiche che rendono una storia degna di essere raccontata?

VP: Penso che la cosa più importante di una storia sia l’essere vera. Non deve essere reale, ma vera in termini di possibilità e probabilità che possa accadere. Poi c’è il bisogno dello scrittore di scrivere, di scrivere riguardo la sua esperienza in quella storia. Significa che ci sono scrittori che scrivono una, due o cinque pagine al giorno e scrittori che hanno l’urgenza di scrivere per il gusto di scrivere, perché amano il processo di scrittura. Io trovo questo processo interessante solo quando devo raccontare qualcosa, quando ho il bisogno di esprimere i miei sentimenti ed è l’unico motivo, a meno che non mi paghino (Ride, nda). Ma non lo fanno, quindi non preoccuparti!

CF: Nel film c’è un regista che spiega come realizzerà una storia, parlando di un luogo che è divenuto famoso grazie all’Unesco. Ma quello che più mi ha impressionato sono state le parole che ha detto dopo la dichiarazione: “Quando sarò ricco, quando sarò famoso dopo l’Oscar, allora racconterò la mia vera storia, che riguarda la situazione dei Balcani, la guerra”. Cosa volevi dire? È anche il tuo scopo?

VP: In realtà è una presa in giro di alcune situazioni… Una persona in giro di come alcuni registi e alcuni attori usino l’arte per i loro scopi politici. Il che va anche bene, ma in quel caso qualcuno cerca di provare qualcosa col suo film intervistando politici serbi che fanno parte di un unico parte della politica Serba. Quindi si tratta di una persa in giro di chi ascolta solo una parte della storia. In verità l’intero personaggio del regista nel film è la presa in giro di un personaggio. Credo che ne esistano molte di persone così, e non solo in Serbia ma in tutto il mondo, che cercano di fare film politicamente corretti o scorretti, o politicamente inseriti in un contesto che va bene in quel preciso momento, e scrivono su quei film che non dicono nulla di nuovo, ma che devono essere visti, ascoltati, e vincono anche dei premi. Ne conosco molto e credo che questo succeda molto spesso, soprattutto con i film Balcani. Volevo essere critico al riguardo..

CF: È interessante il fatto che in questo festival sia presente anche tuo padre. Ha detto che è la prima volta in cui tutti e due vi trovate insieme, allo stesso momento, in un festival.

VP: Credo saremo insieme anche al festival del film di Rotterdam, con i nostri film. Lui sarà in una sezione che riguarda registi che lavorano da tempo e che sono conosciuti, mentre io sarò presente in una categoria riguardante i primi lavori. Quindi questa è la prima volta, e Rotterdam sarà la prossima dove saremo presenti insieme, ma mio padre non ci sarà a Rotterdam, quindi qui è l’unico luogo dove ci siamo incontrati come registi.

Una scena del film

CF: Come ti senti al riguardo, quali sono le tue impressioni? E com’è il tuo rapporto con lui?

VP: Be’, ho allo stesso tempo il vantaggio e lo svantaggio di averlo come padre. Lo svantaggio riguarda l’essere sempre messo in comparazione con lui per come lavoriamo, e questo porta a pregiudizi. Non è facile trovare finanziamenti quando tuo padre è famoso e tutti pensano: “Ah, suo padre gli darà i soldi”. Non ho mai avuto finanziamenti in vita mia. Qualsiasi tipo di finanziamento, tranne quando siamo entrati a Karlovy Vary e abbiamo chiesto al ministero della cultura di finanziarci la trasferta, ma quello è stato l’unico che ho mai ricevuto. Il lato buono è che sono sempre stato con lui quando lavorava a qualcosa, quindi ho potuto assistere ad una master class non della durata di due ore, ma di venti anni! Ho anche lavorato nei suoi film con una specie di esclusiva. Ero l’aiuto montatore, ma potevo anche stare privatamente insieme al regista, discutere con lui del film e lui mi ha sempre domandato cosa ne pensassi. Ho lavorato ad una sceneggiatura con lui, ed è stata un’esperienza grandiosa, non avrei mai fatto questo film in questo modo se non avessi scritto nel suo precedente film, Optimisti. Questi sono i lati positivi dell’essere figlio di qualcuno che fa il tuo stesso lavoro.

CF: Quindi, tecnicamente parlando, lui è stato il tuo maestro, la persona che ti ha dato il tuo bagaglio culturale.

VP: Ho usato la sua esperienza, in un certo senso, perché sicuramente ha una maggiore esperienza, ha girato 14-15 film. E ne ha girati molti, di diverso tipo. Mi ricordo di quando fece un film per la MGM, mi ricordo di quando fece il lavoro in Serbia, quando fece una coproduzione con italiani, francesi, irlandesi, inglesi… È coinvolto in vari tipi di produzione, ed io ero sempre con lui in qualche modo, ascoltando da vicino. Quindi è una buona esperienza poiché io, in qualche modo, l’ho adottata e se non avessi lavorato con lui, non sarei stato capace di fare questo film in tre settimane e mezzo con così pochi mezzi. Non credo proprio ce l’avrei fatta.

CF: Quindi ti sembra di usare questa esperienza che hai ricevuto per costruire la tua stessa professione, o la vedi diversamente?

VP: Esatto, sto a tutti gli effetti usando la sua esperienza, ma è anche la mia personale, poiché mi trovavo lì.

Una scena del film

CF: Cosa sai dirmi riguardo i tuoi modelli? Posso immaginare che tuo padre sia il più importante, ma ce ne sono altri? Altri punti di riferimento?

VP: Devo ammettere che non è stato mio padre a far scattare il mio interesse per i film. Ero molto preso alla fotografia e dalla letteratura, e in qualche modo film era la fortunata unione delle due cose, ma non era abbastanza, e non mi ero ancora reso conto che i film potessero essere arte, o qualcosa che sentissi vicino. Poi vidi alcuni vecchi film di Fassbinder, Bunuel e realizzai che qualcosa c’era nei film e allora mi iniziai ad interessare al fare film, in generale. Quando iniziai ad interessarmene, iniziai a lavorare ai progetti di mio padre, prima come fotografo di scena e successivamente come assistente alla regia, secondo assistente alla regia e via dicendo…

CF: Quindi hai iniziato da un punto estetico della visione, poi ti sei interessato al testo, e infine qualcosa di più complesso è saltato fuori…

VP: Giusto.

CF: Cosa puoi dirmi riguardo il tuo prossimo progetto, o progetti?

VP: Il mio prossimo progetto è ancora nell’aria, e non è ancora finito perché non ho ancora una sceneggiatura completa. Ma ci siamo quasi, l’idea c’è. C’è una commedia molto interessante in Serbia, ha debuttato tre anni fa senza molto successo, ma il testo era interessante. È stato cambiato molto, quindi ha perso in parte la sua forza teatrale, ma riguarda una famiglia povera che gioca sempre alla lotteria e a quei giochi televisivi. Ci provano e ci provano finché non sono fortunati, e vincono una cena con una grossa celebrità della televisione. Questa celebrità andrà a casa loro, cenerà con loro e gli porterà un premio, il premio sorpresa che hanno vinto. Allora questa famiglia si prepara per la cena, e sono convinti che sarà la loro salvezza, il punto di contatto fra loro e il mondo delle persone ricche e famose. Può essere una buona commedia, con molta ironia, e per adesso ho la storia, ma non ho ancora messo a punto i dettagli, sviluppato i personaggi i dialoghi… Quando avrò finito qui a Trieste e poi a Rotterdam tornerò a casa, e avrò più tempo per lavorarci.

Una scena del film


Titolo: La città del Diavolo
Titolo Originale: Đavolja varoš
Regia: Vladimir Paskaljević
Sceneggiatura: Vladimir Paskaljević
Fotografia: Milan Spasić
Montaggio: Petar Putniković, Vladimir Paskaljević, Kristina Pozenel
Suono: Velibor Hajduković
Scenografia: Kiril Spasevski
Costumi: Ivana Gutesa
Interpreti: Lazar Ristovski, Slavko Stimac, Uros Jovcić, Vlasta Velisavljevic, Jana Milić, Lena Bogdanović, Mina Colić, Marija Zeljković, Milan Tomić, Radoslav Milenković, Dragan Petrović, Aron Balazs
Produzione: MT Images Media
Co-produzione, distribuzione internazionale: Nova Film


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