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Omnia

Fermarsi troppo a lungo

Ai blocchi di partenza

Fermarsi troppo a lungo, soprattutto se si è tanto corso, non fa mai chissà quanto bene a chicchessia, men che meno a chi, come noi, si è sempre proposto all’interno dei paradigmi del web, che sono quelli dell’immediatezza per antonomasia.
A dir il vero Fucine Mute non ha mai voluto rappresentare, per tutti i suoi dodici anni di storia, uno di quei siti che del cosiddetto tempo reale abbiano fatto la propria ragion d’essere. Tanto che la stessa periodicità mensile, che abbiamo sempre deliberatamente voluto qualificasse le nostre uscite, ha fin da subito giocato a connotare in senso tradizionale il nostro prodotto editoriale, più allineato ai metodi di produzione della stampa cartacea e ben lontano dalla frenetica attività dei flussi informativi che soprattutto oggi irrorano la rete (quella dell’editoria elettronica di dodici anni fa era tutta un’altra storia). E tuttavia, pur tra alti e bassi, magari rincorrendo a volte il tempo tiranno e a volte poltrendo sulla gloria del tempo infine vinto, abbiamo sempre rispettato quella periodicità, garantendo ogni anno l’uscita di almeno otto numeri, con una media di venti articoli ciascuno, tra saggi, recensioni, interviste, tesi di laurea ed approfondimenti vari, anche multimediali.
Dovranno quindi essersi preoccupati non poco tutti coloro che, a partire dal marzo dello scorso anno, collegandosi al nostro usuale indirizzo, hanno letto – giorno dopo giorno, mese dopo mese – che quelle Fucine Mute che avevano sempre riconosciuto nelle vesti grafiche e tecnologiche che le avevamo dato nel lontano 2003, un abito (habitat?) nuovo e certamente altro erano in procinto di provare nel laboratorio di un qualche solerte sarto.

Noi stessi, tutti presi nel lavoro di trasporto dei contenuti e di riprogettazione ideativa di una piattaforma editoriale che desse loro nuovo volto, ad un certo punto ci siamo resi conto che la vetta della montagna che stavamo scalando era ancora ben lungi dal giungere all’orizzonte di un nostro sguardo indagatore. E tuttavia non ci siamo mai scoraggiati, né mai una sola volta abbiamo pensato che il traguardo non fosse in alcun modo raggiungibile.
E alla fine ce l’abbiamo fatta, riprova ne sia – ad evidenza di voi tutti che mi leggete – la presenza della pagina che contiene questo articolo, in bella compagnia di altri duemila circa. Ma partiamo dall’inizio, ché la storia è avvincente davvero.

Server Rack

Prima ancora che il vecchio server dedicato fosse disalimentato (pace e gloria all’anima sua: è stato acceso sei anni, ininterrottamente, ed ha tenuto botta fino alla fine), già sapevamo che la piattaforma editoriale più adatta a rappresentare i nostri paradigmi redazionali era WordPress. Complice certa nostra specializzazione professionale, e svariati anni trascorsi ad installare e personalizzare per i nostri clienti CMS tra i più disparati, sapevamo che WordPress aveva dalla sua un duplice vantaggio rispetto a quanto offerto da soluzioni similari: aggiornamenti periodici di sicurezza, regolarmente rilasciati da una comunità internazionale di sviluppo che, come poche altre nel mondo dell’open source, risulta essere non solo solerte ed attiva ma anche proattiva e sperimentale, e una struttura decentrata di pubblicazione remota particolarmente agile e flessibile; cosa, la prima, che ci poneva al riparo da intrusioni su server da parte di malintenzionati e che, in secundis, avrebbe potuto proficuamente spezzare quel vincolo che per anni interi ci aveva tenuto attanagliati ad un sistema di pubblicazione giocoforza centralizzato, che poco spazio lasciava a qualsivoglia tipo di autonomia gestionale, e che a livello di permessi di accesso e poteri di azione prevedeva la più banale delle opzioni: o si era amministratori plenipotenziari, e si poteva disporre di tutto – quindi anche tutto inavvertitamente cancellare – oppure non si era alcunché di tutto ciò, con l’unica prerogativa prevista di semplice lettura, come per qualsiasi utente generico.

Macchina da scrivereVolevamo, insomma, che ogni redattore di Fucine Mute disponesse di un suo proprio account che gli desse accesso diretto ad una qualche “plancia di controllo” in cui egli potesse inserire liberamente il suo pezzo, aggiornando magari la sua scheda biografica, impaginando da solo l’articolo con l’ausilio di un editor visuale finalmente “pulito”, tanto nell’aspetto quanto nella capacità di generare codice HTML sintatticamente corretto e semanticamente coerente con gli standard (non ultimi quelli per l’accessibilità), e caricando immagini a corredo iconografico dell’articolo stesso, potendone fare ritagli, rotazioni, o ridimensionamenti per la bisogna, il tutto senza l’ausilio di strumenti applicativi esterni (quanti possono permettersi l’acquisto di una licenza Photoshop? e quanti sanno usarlo o usare comunque prodotti analoghi, anche solo freeware ?), ma direttamente su piattaforma on-line, con pochi click. On the fly o through the web, come si direbbe in gergo.
Volevamo inoltre disporre di un sistema di revisioning che ci ponesse nelle condizioni di poter tornare sempre sui nostri passi nel caso in cui la revisione progressiva di un pezzo da parte di un responsabile di settore o dello stesso caporedattore si discostasse troppo dallo spirito originario del suo primo estensore, con la possibilità, in tal senso concessaci, di comparare sinotticamente versioni diverse, e di ripristinarne in qualsiasi istante una di quelle di cui il sistema avrebbe tenuto traccia, dalla primissima scritta dall’autore fino all’ultima rivista e corretta, quindi pronta al rilascio programmato in forma pubblica.

Avremmo inoltre voluto valorizzare le svariate centinaia di risorse multimediali prodotte nel corso di dieci anni di lavoro (Fucine Mute – se ne ricorderanno i nostri lettori più affezionati – faceva streaming audio/video già nel lontano, quasi ormai preistorico, 2001, quando YouTube e MySpace erano ancor ben lungi a venire), restituendo loro un contesto di fruizione organico e funzionale alla lettura e definendo, una volta per tutte, gli standard di riferimento entro cui uniformare sia le vecchie risorse multimediali sia quelle nuove che si sarebbero loro aggiunte (siamo partiti con RealMedia, e passati per Nullsoft-Shoutcast; abbiamo sperimentato con Java e quindi con Video Vista e solo infine, dopo percorso ardito piuttosto e anzichenò, siamo approdati a Flash video; anime inquiete davvero: mancava solo Quicktime-Darwin e Microsoft-Silverlight o SmoothStreaming che dir si voglia e poi avremmo davvero fatto il giro della ruota).
Conoscevamo l’esistenza di PodPress, un plugin di WordPress per l’appunto, ed avremmo voluto avvalercene soprattutto per popolare con i nostri podcast un canale audio su iTunes, interamente dedicato ai nostri autori, meglio: alle persone da essi intervistate. E conoscevamo, anche per aver contribuito a parte del loro sviluppo, alcuni cloni di YouTube di cui ci saremmo avvalsi per gestire, su altro server (dedicato esclusivamente alla gestione di servizi streaming a larga banda) le nostre innumerevoli testimonianze video, che avremmo poi integrato in WordPress tramite l’adozione di tecnologie capaci di garantire una piena interoperatività tra le rispettive piattaforme.

In buona sostanza, e per farla breve, senza aggiungere altri “volevamo che”, descrittivi di una qualche ulteriore funzione di WordPress: a tutte le nostre istanze editoriali e desiderata tecnologici questa piattaforma ha saputo dare opportuna e puntuale risposta. E siamo altresì consapevoli del fatto che, qualunque possa essere, ogni nostra ulteriore o eventuale esigenza potrà trovare accoglimento nella semplice installazione di un qualche apposito plugin, tra le migliaia messi a disposizione e reperibili gratuitamente dai repository ufficiali.
Solo che, giunti com’eravamo ad aver appena identificato il soggetto tecnologico suesposto, dovevamo far in modo che esso fosse non solo in grado di gestire gli ulteriori articoli  che sarebbero giunti a rilascio delle nuove Fucine Mute, ma anche e soprattutto i quasi duemila ulteriori, afferenti al nostro archivio storico; e tale gestione congiunta sarebbe dovuta avvenire in una forma che fosse coerente con la vecchia base dati e che al contempo non “dispiacesse” alla nuova.

CodingLa parte più consistente del nostro lavoro di migrazione è consistita quindi nella trasposizione isomorfica del vecchio nel nuovo. Isomorfica, per l’appunto: le regole editoriali che valevano e si applicavano nella vecchia piattaforma avrebbero dovuto continuare ad agire, opportunamente trasposte, anche nella nuova. Da qui l’esigenza di estendere la base dati standard di WordPress con ulteriori campi personalizzati (ad esempio: numero d’archivio, nome intervistato, scheda articolo), dando ai collaboratori che avessero ottenuto accesso alla piattaforma una possibilità d’intervento tanto efficace e potente quanto snella e flessibile (leggasi: pochi click per ottenere, senza possibilità di errore, lo scopo voluto, ovvero la completa qualificazione di un articolo o generica risorsa editoriale).
Dopo alcuni tentativi iniziali, che non ci vergogniamo di dichiarare siano stati improduttivi, alla fine di sette giorni matti e disperatissimi siamo riusciti ad ottenere un’importazione massiva, durata il tempo di una manciata di secondi appena, che ha dato i risultati effettivamente attesi. E poi il gioco, che già divertente era stato fin da subito, ancor più avvincente è diventato quando abbiamo dato forma definita ed aspetto compiuto ad un corpo che finalmente preesisteva anche nella sua sostanza.Tanto lavoro di grafica, molta programmazione per piegare i template PHP alle nostre volontà, e tanta creatività nella gestione dei fogli di stile, che del web, così come siamo abituati a conoscerlo da molti anni a questa parte, rappresentano il motore grafico (per certi versi anche semantico) per eccellenza.

C’è ancora molto lavoro da svolgere (ulteriore pulizia del vecchio codice HTML e maggior rigore sintattico nella scrittura di quello nuovo, usato come tessuto connettivo del layout di pagina), e non è un caso che in zona esponente del nostro (nuovo!) logo compaia un [BETA] che rappresenta possibilità, per l’appunto, in potenza e non ancora in atto. Ciò non di meno i risultati di questo nostro lavoro fin qui svolto sono sotto ai vostri stessi occhi. Passibili, come è giusto che sia – e guai se così non fosse! – di perfezionamento, integrazione e, non ultima, manutenzione evolutiva. Ci piacerebbe ad esempio lavorare nei prossimi mesi per rendere accessibile il nuovo sito anche a quanti fossero in possesso di hardware limitato o a quanti risultassero diversamente abili, implementando tecnologie assistive (versioni del sito ad alto contrasto, scaling dei caratteri) atte a non precludere a chicchessia la fruizione dei contenuti. Ci sarebbe inoltre piaciuto tornare su web con già implementate non solo le risorse audio, ma anche quelle video. Che costituiscono un archivio davvero prezioso, foss’anche solo come testimonianza di un piccolo spaccato di dieci anni di storia della cultura locale, italiana e transnazionale addirittura. Non siamo riusciti a farlo, rispettando un timing già fin troppo dilatato, ma potete star tranquilli che prima che vera giunga (?) troverete sorprese gradite ed appetitose.

Nel frattempo invitiamo i nostri lettori a commentare gli articoli, a scriverci per trasmetterci qualsivoglia tipo di suggerimento, e soprattutto a godersi queste Fucine Mute, a riscoprirne una fruizione completamente potenziata a livello di interrelazioni ipertestuali e rimandi editoriali, a godere assieme a noi di questa vita che nuovamente incarnano, e alla quale io stesso e per primo auguro dieci di questi anni, che per il web è come dire cento.

Compleanno

Solo una cosa ancora. Se tutto ciò di cui ho scritto è stato possibile, e se quello che era sogno a marzo è diventato realtà a novembre, ciò si deve precipuamente al lavoro gratuito di una grande professionista che con intelligenza e passione ha saputo infondere in questo progetto un amore già manifestato a partire dal lontano 2002 e che nel 2004 l’ha portata a scriverci una tesi di laurea. Questa persona, che come tutte ha un nome ed un cognome, si chiama Serena Smeragliuolo.
A lei la mia personale gratitudine per tutto il lavoro (grafico, sistemistico, informatico, editoriale) fin qui svolto, e per gli incredibili risultati grazie ad esso raggiunti; ai collabori tutti, storici, stabili o neoacquisiti che siano, il mio ringraziamento per aver saputo a lungo attendere o comunque scommettere assieme a noi su questa rinascita.

E a voi lettori un ringraziamento non di meno importante, con auspicio annesso in chiasmo: ci avete seguito in almeno venti milioni, lungo il corso di dodici anni. Continuate a farlo, perché noi qui per voi siamo e – contrariamente a quanto cantava un Guccini d’annata – noi sempre qui per voi saremo.

Commenti

3 commenti a “Fermarsi troppo a lungo”

  1. Evvai ragazzi, bravi!

    Di Alessandro | 4 Febbraio 2011, 12:37
  2. un rientro in grande stile!!!bravi!

    Di michela | 14 Febbraio 2011, 12:16
  3. Contentissimi!!!

    Di Leonardo | 16 Febbraio 2011, 12:48

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