// stai leggendo...

Cinema

Black Swan

La regia di Aronofsky trova l'equilibrio sulle punte

Black SwanNon abbiamo fatto in tempo a distogliere lo sguardo dal corpo di The Wrestler, che gli occhi già inseguono quello di Black Swan: è così – nell’impietosa analisi di una psico-fisicità individuale che si afferma la potenza espressiva degli ultimi lavori di Aronofsky. Va detto, il regista newyorkese, depurati i manierismi e le psichedelie iniziali (Pi greco – il teorema del delirio e Requiem for a dream), sembra aver trovato ultimamente una personalità più centrata, focalizzata e originale. Le tematiche messe in campo agli esordi (il tema del corpo, in prima battuta), si sono fatte più autentiche ed essenziali, a tal punto che non si fatica adesso a riconoscere una vera e propria firma autoriale. In Black Swan, però, Aronofsky si fa ancora più ambizioso e colloca la sua nuova “deviazione” entro i perimetri di un intrigante manicheismo, nel quale il tema del doppio e del continuo rovesciamento (già annunciato nella storia del campione decaduto) sono trattati con elegante sofisticazione: bianco e nero, grazia aerea e sessualità, disciplina e interpretazione, salto e caduta, autocontrollo e crisi, candore e volgarità. Ma non è solo questo. Qui la costruzione delle antitesi (allestita su ossimori visivi che coinvolgono anche scenografia e costumi) è sorretta da due intuizioni che fanno da cornice all’intero testo: la dimensione della carnalità contrapposta alla a-sessualità della danza (la grazia lunare del cigno bianco da una parte, l’autodistruzione dell’interprete dall’altro) e la classicità delle note di “Swan Lake” spalmate su una trattazione cinematografica fortemente contemporanea.

L’idea è quella di comporre l’intreccio facendo scontrare frontalmente la proiezione incontaminata e rarefatta del balletto classico (la struggente delicatezza di Čajkovskij), con un brutale dietro le quinte che si propone di scandagliare l’oscura psico(pato)logia della giovanissima étoile. Le ambivalenze, che si disvelano a poco a poco, sono decisamente conturbanti, a tal punto pregne di rinvii psicoanalitici che lo spettatore sembra scivolare dentro la pellicola in una sorta di condivisione erotico-vouyeristica. Nello stile ritroviamo molte delle trattazioni del thriller psicologico: l’antagonismo di fondo (l’ambigua competizione tra Nina e Lilly) fa affiorare alla mente alcune scene di All about Eve, mentre le sequenze che ritraggono il rapporto con la madre richiamano a tratti le gelide atmosfere de La pianista di Haneke (la maternità come simbiosi e possesso). Si intravede anche quel clima di morbosità sfumata e allucinatoria che ha fatto la fortuna di Polanski: nella scena della metropolitana – dove un anziano signore simula una masturbazione davanti agli occhi inquieti di Nina – riconosciamo la malsana cupezza de L’inquilino del terzo piano, mentre la sessualità repressa della protagonista rinvia alla frigidità emotiva di Catherine Deneuve in Repulsion.

Una scena di Black Swan

Un film, si diceva, che mette al centro il corpo, le sue decadenze e le sue metamorfosi. Inevitabili sono quindi gli ammiccamenti a Cronenberg, che ha fatto della violazione e del disfacimento del “soma” la sua poetica principale (qui la ferita che non si rimargina, le dita dei piedi incollate, gli elementi inorganici estratti dalla carne). La deriva horror, invece (esplicita nell’autopunizione di Beth), insegue un freddo realismo mantenendo tuttavia lo sfondo della trasfigurazione onirica. Negli sdoppiamenti tra sogno allucinato e verità, Black Swan si avvicina anche al doppio binario sul quale correva Il labirinto del fauno, riprendendo l’atmosfera di certe favole nere alla Guillermo del Toro.

L’originalità della trattazione di Aronofsky si sostanzia quindi in questa interpolazione di registri che finisce per trovare un baricentro stabile e convincente. Sapiente anche l’utilizzo del montaggio, che nei suoi ritmi variati concorre alla costruzione di questa danza spettrale nella quale la macchina da presa esplora e trapassa epidermicamente il corpo di una Nathalie Portman da Oscar. A ben guardare, non serve molto altro: la sceneggiatura americana è strettamente funzionale (a volte forse ridondante) e relega i personaggi minori (Vincent Cassel, Winona Ryder) in psicologie di contorno: la meschinità e la violenza del direttore artistico Leroy, l’ineleganza dell’ex principessina alla fine della sua carriera e la sensualità esplosiva della ballerina antagonista non sono altro che icone funzionali.

Così, in questo gioco di specchi infranti – dove l’Io cerca disperatamente una ricomposizione – il labirinto dei camerini del New York City Ballet diventa la metafora ambientale di una tortuosità psicologica che è costretta a spogliarsi nello spazio nudo e irrimediabilmente esposto del palcoscenico. Il luogo fisico e mentale che dovrebbe accogliere la performance più alta (viene in mente il ring di Randy Robinson) libera invece le mostruosità sopite e nascostamente espanse: a quel punto l’equilibrio instabile e cangiante del doppio cigno, e la tensione a una sintesi perfetta (puntualmente frustrata), si risolve nell’immobilità rassegnata di un corpo ferito e sanguinante (il tulle macchiato di rosso) che si abbandona alla risoluzione del contrasto interno, nell’ultima, definitiva, pacificazione.

Natalie Portman in Black Swan

In Black Swan, insomma, Aronofsky offre una “attitude” cinematografica di tutto rispetto, che fonde felicemente tecnica ed espressione. Non resta che aspettare il prossimo passo.

Black Swan

Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura: Darren Aronofsky, Mark Heyman, John McLaughlin
Cast: Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Winona Ryder
Fotografia: Matthew Libatique
Montaggio: Andrew Weisblum
Musiche: Clint Mansell
Produzione: Cross Creek Pictures, Phoenix Pictures, Protozoa Pictures
Distribuzione: 20th Century Fox
Paese: USA 2010

Commenti

Non ci sono ancora commenti

Lascia un commento

Fucine Mute newsletter

Resta aggiornato! Inserisci la tua e-mail:


Leggi la rubrica: Viator in fabula

Articoli recenti

Doc nelle tue mani 3: che il flashback sia con voi (fino allo sfinimento)

Doc nelle tue mani 3: che il...

Trieste Film Festival 2024

Trieste Film Festival 2024

Lascia che la carne istruisca la mente: Intervista a Anne Rice (II)

Lascia che la carne istruisca la mente:...

Lascia che la carne istruisca la mente: Intervista a Anne Rice (I)

Lascia che la carne istruisca la mente:...

Nel castello di Giorgio Pressburger al Teatro Stabile Sloveno di Trieste

Nel castello di Giorgio Pressburger al Teatro...

Lucca Comics & Games 2023: Incontro con Pera Toons

Lucca Comics & Games 2023: Incontro con...

Lucca (meno) Comics & (più) Games 2023:...

Lucca Comics & Games: Intervista a Davide Barzi

Lucca Comics & Games: Intervista a Davide...

Lucca Comics & Games 2023: Intervista a Matteo Pollone

Lucca Comics & Games 2023: Intervista a...

Il futuro (forse) del fumetto: Martin Panchaud

Il futuro (forse) del fumetto: Martin Panchaud

Femminismo all’ombra dello Shogun: Camille Monceaux

Femminismo all’ombra dello Shogun: Camille Monceaux

Lucca Comics & Games 2023: Intervista ad Andrea Plazzi

Lucca Comics & Games 2023: Intervista ad...

I quarant’anni della “scatola rossa”

I quarant’anni della “scatola rossa”

Trieste Science + Fiction Festival 2023: River

Trieste Science + Fiction Festival 2023: River

Trieste Science + Fiction Festival 2023: cortometraggi

Trieste Science + Fiction Festival 2023: cortometraggi

Il fiore del mio segreto (Almodóvar, 1995): la letteratura come seduzione

Il fiore del mio segreto (Almodóvar, 1995):...

Good Omens 2: amore e altri disastri

Good Omens 2: amore e altri disastri

The Plant: il romanzo incompiuto di Stephen King

The Plant: il romanzo incompiuto di Stephen...

The Phantom of The Opera per la prima volta in Italia

The Phantom of The Opera per la...

Pélleas e Mélisande di Claude Debussy: parodia del 1907

Pélleas e Mélisande di Claude Debussy: parodia...

Prigionieri dell’oceano (Lifeboat) di Alfred Hitchcock

Prigionieri dell’oceano (Lifeboat) di Alfred Hitchcock

Tutto il mondo è un Disco

Tutto il mondo è un Disco

Il commissario Ricciardi 2: quattro puntate di noia profonda

Il commissario Ricciardi 2: quattro puntate di...

Sanremo anche no

Sanremo anche no

Trieste Film Festival 2023: cortometraggi

Trieste Film Festival 2023: cortometraggi

Casomai un’immagine

piccini_08 Christian Boltanski: Chance / Padiglione Francia 01 vivi-07 galleria20 pm-30 pm-26 mis3big-1 sac_01 kay p2 cor07 cip-03 oktana1 antal mar-06 piccini_07 bon_12 petkovsek_19 ruz-01 thole-08 05 th-37 th-23 pck_17_cervi_big pck_15_cervi_big pck_13_cervi_big pck_07_cervi_big pck_01_cervi_big mar-07
Privacy Policy Cookie Policy