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Palcoscenico

Una solitudine poco rumorosa

Primavera dei teatri: è questo il nome di uno dei festival italiani più attenti all’evoluzione della scena teatrale contemporanea, un punto di riferimento culturale che nonostante alcune difficoltà riesce a portare avanti le sue innovative proposte ormai da più di dieci anni. Un nome evocativo, che sa di rinascita, vitalità, dinamismo, creatività. Un desiderio di rivoluzione e cambiamento, soprattutto della realtà culturale del territorio in cui opera.

La Borto

Di quale parte d’Italia stiamo parlando? Della Calabria, naturalmente. Per la precisione di Castrovillari, in provincia di Cosenza. Una sconosciuta cittadina alle pendici del Pollino, che ha dato i natali a un festival che brilla come una gemma preziosa incastonata in una regione troppo spesso in secondo piano quando si parla di grandi eventi, cultura o teatro. E addirittura qui si tratta di teatro contemporaneo, forse una tra le pratiche più evolute di “resistenza” culturale.

Gli organizzatori? Sono gli instancabili membri della compagnia Scena Verticale, fondata quasi vent’anni fa da Saverio La Ruina e Dario De Luca, drammaturghi e attori di una serie di spettacoli pluripremiati che hanno visto numerose repliche nei teatri di tutt’Italia.
Ed è proprio di un loro spettacolo, La Borto, in programma all’interno della coraggiosa rassegna Contrazioni – da anni anima del cartellone proposto dal Teatro Comunale di Monfalcone – che andiamo a parlare.

La prima volta che abbiamo visto Saverio La Ruina indossare abiti femminili su un palcoscenico è stato nel 2007. In Dissonorata l’attore calabrese portava in scena, accompagnato dalle suggestive musiche dal vivo di Gianfranco De Franco, la tormentata vicenda di una donna protagonista di un delitto d’onore e per questo costretta a crudeli punizioni dai familiari nella Calabria arretrata e profondamente maschilista del dopoguerra.

Stavolta sulla sedia che fu della protagonista di quello spettacolo siede Vittoria, che nell’incipit di La Borto ci racconta di come ha sognato di partecipare all’ultima cena e di raccontare a Cristo la propria storia di umiliazioni e soprusi.

Ma chi è Vittoria? È una donna semplice, una figura sottomessa e devota che nella Calabria degli anni Sessanta è costretta a sposare a soli tredici anni uno sconosciuto sgradevole e sciancato che la metterà incinta per ben sette volte. A ventotto anni Vittoria decide di ribellarsi all’ennesima gravidanza subita, affidandosi ai ferri da calza di una mammana (unica risorsa possibile per abortire prima della legge 194) nella generale indifferenza maschile, sorda e insensibile a questa violenta profanazione del corpo femminile. Un dolore che Vittoria rivivrà qualche anno più tardi, quando, anche al Nord, nella stessa atmosfera di ostilità ed indifferenza, accompagnerà ad abortire la nipote.

La Borto

Un calvario, quello della protagonista, sapientemente interpretato da Saverio La Ruina, che riesce a dare corpo, soprattutto attraverso l’utilizzo di un dialetto musicale ed espressivo della zona calabro-lucana, ad un percorso di sofferenza che si fa metafora ed emblema di una femminilità offesa non solo in un distante e sconosciuto Meridione d’Italia.

Così, la vicenda di Vittoria viene narrata in prima persona attraverso un lungo e ipnotico monologo, contrappuntato dalla sommessa trama sonora dei fiati di De Franco, che ne arricchiscono il testo e lo accompagnano sia nei momenti di lirismo estremo sia in quelli dal tono più ironico, come nell’episodio della “dogana”, dove l’universo maschile viene equiparato a quello dei geometri che scrutano, osservano e “misurano” da capo a piedi le donne del paese: “[…] Stavìanu assittati nanti u circulu Unione e jucavinu a carti. I chiamavinu i gìomitri picchì ti msuravinu cu l’ùacchi u stessu i cumi s’avissiru u metru. A li posti i bloccu ci stavìanu i chiù zinni, allìavi, e a la “dogana” ci stavìanu i chiù granni, i giòmitri […]”.
(Stavano seduti davanti al circolo dell’Unione e giocavano a carte. Li chiamavano i geometri perché ti misuravano con gli occhi così come se avessero avuto un metro. Ai posti di blocco ci stavano i più giovani, allievi, e alla “dogana” ci stavano i più grandi, i geometri).

Ma è soprattutto l’incarnazione di una femminilità tutta interiore all’attore che La Ruina riesce a far emergere per affidarle il compito di identificarci nella protagonista. Grazie a una partitura scenica fatta di pochi gesti e posture significative, alcuni curiosi dettagli (le calze azzurre su un paio di ciabatte) e ad una dolcissima tonalità espressiva ricca di poetici intercalari, riesce a materializzare un’indimenticabile figura, semplice e ingenua, che con candore e leggerezza ci mette davanti agli occhi le atrocità di cui è vittima sino alle strazianti parole finali: “[…] Ca la borto miju un ha statu sulu quiddu c’agghiu fattu addù a mammana. La borto chiù grùassu, quiddu c’ha ccisu tutta a vita meja, agghiu fattu a quinnici anni, u jùarnu c’agghiu rimasta incinta. Ca a sacciu ji a vita c’agghiu fatta. Ji a sacciu. A sacciu Ji. Ji a sacciu. A sacciu ji. Sulu Ji […]”.
(“Che il mio aborto non è stato solo quello che ho fatto con la mammana. L’aborto più grande, quello che ha ucciso tutta la mia vita, l’ho fatto a quindici anni, il giorno in cui sono rimasta incinta. Che la so io la vita che ho fatto. Io la so. La so io. Io la so. La so io. Solo io”).

Si sorride amaramente e ci si commuove con sofferta partecipazione davanti agli episodi che costellano il travaglio di Vittoria. E si esce da teatro consapevoli di aver condiviso il racconto di una voce che, proprio perché non ha affermato il proprio riscatto col furore di un grido ma con la sommessa tonalità di un flebile canto, rimarrà più a lungo nel cuore di noi spettatori. Testimoni impotenti, come Gesù, del destino di una tra le tante vittime del mondo. Ma abbagliati dalla bellezza di uno spettacolo intenso e privo di retorica.

La Borto

di e con Saverio La Ruina
musiche composte ed eseguite dal vivo da Gianfranco De Franco
disegno luci Dario De Luca
organizzazione e distribuzione Settimio Pisano
produzione Scena Verticale
con il sostegno di MIBAC | Regione Calabria


Scena Verticale nasce nel 1992 a Castrovillari (CS) per opera di Saverio La Ruina e Dario De Luca. Il primo esce dalla Scuola di Teatro di Bologna, prosegue la sua formazione con Jerzy Sthur e lavora nelle compagnie di Leo De Berardinis e Remondi e Caporossi. È tra i giovani registi selezionati agli atelier di regia curati da Eimuntas Nekrosius per La Biennale di Venezia nelle edizioni 1999 e 2000. De Luca si forma ai Corsi Professionali della Regione Calabria e continua la sua formazione con Alfonso Santagata, Laura Curino e Armando Punzo. Nel 2001, con mansioni organizzative, si aggiunge alla compagnia Settimio Pisano, formatosi nel Corso di Formazione Gestionale per Operatori di Attività Teatrali e di Spettacolo, diretto da Lucio Argano e promosso dall’ETI – Ente Teatrale Italiano.
La compagnia debutta nel ’96 al II Incontro Nazionale dei Teatri Invisibili con La Stanza della memoria, testo e regia di Saverio La Ruina e Dario De Luca. Uno studio dello spettacolo giunge finalista al Premio ETI Vetrine ’96, mentre il testo ottiene nello stesso anno una segnalazione al Premio Nazionale Teatrale Città di Reggio Calabria presieduto da Ugo Ronfani.
Con de-viados (dal progetto finalista al Premio Scenario ’97), di Saverio La Ruina, regia di Saverio La Ruina e Dario De Luca, debutta al festival Teatri 90 di Milano nel 1999.
Nel 2000 Hardore di Otello (tragedia calabro-scespiriana), testo e regia di Saverio La Ruina, è proposto in forma di studio a Roma all’interno del Maggio cercando i teatri organizzato dall’ETI e debutta al festival Santarcangelo dei Teatri.
Nel 2002 debutta al Festival delle Colline Torinesi Amleto ovvero Cara mammina di Saverio La Ruina.
Kitsch Hamlet di Saverio La Ruina (testo segnalato al Premio Ugo Betti 2005), debutta nel 2004 al Teatro Vascello di Roma nella stagione di teatro contemporaneo organizzata dall’ETI. Un progetto in divenire dello stesso autore, La famiglia, giunge finalista al Premio Dante Cappelletti alle Arti Sceniche ed è presentato nel mese di ottobre 2004 al Teatro Valle di Roma.
Nell’estate 2006 Elettra. Tre variazioni sul mito, diretto da Dario De Luca con Alvia Reale nel ruolo della protagonista, è allestito per il festival Magna Graecia Teatro 2006 e viene rappresentato in alcuni siti archeologici calabresi.
Dissonorata, scritto diretto e interpretato da Saverio La Ruina, è presentato nel mese di settembre 2006 in anteprima nazionale al festival Benevento Città Spettacolo e in prima nazionale al festival Bella Ciao, diretto da Ascanio Celestini. Per l’interpretazione e la drammaturgia di questo spettacolo, Saverio La Ruina riceve due Premi UBU 2007 nelle categorie “Migliore attore” e “Nuovo testo italiano” ed è nella terna dei finalisti al Premio ETI – Gli Olimpici del Teatro 2007 nella categoria “Migliore interprete di monologo”. Il testo dello spettacolo riceve inoltre una segnalazione speciale al Premio Ugo Betti 2008 per la drammaturgia. Lo spettacolo effettua oltre duecento repliche in tutta Italia e all’estero.
Nel 2007 debutta Le tre malebestie – Luigi Sturzo, diretto da Dario De Luca, allestito per il progetto Storie Interrotte promosso dal Ministero dello Sviluppo Economico, realizzato in collaborazione con l’Ente Teatrale Italiano e con Rai Radio 3.
Nel giugno 2009 debutta al festival Teatri delle Mura di Padova U Tingiutu. Un Aiace di Calabria, scritto e diretto da Dario De Luca, il cui testo giunge finalista al Premio Riccione per il Teatro 2009.
L’ultimo lavoro della compagnia la Borto, di Saverio La Ruina, debutterà al Teatro India di Roma nel mese di novembre 2009. Nel giugno 2010, per il percorso drammaturgico di Dissonorata e la Borto, Saverio la Ruina riceve il Premio Hystrio alla Drammaturgia 2010.
Dal 1997 la compagnia è riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Nel 2001 riceve il Premio Bartolucci “per una realtà nuova”. Nel 2003 ottiene il Premio della Critica Teatrale, assegnato dall’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro.
Scena Verticale è inoltre ideatrice e organizzatrice del festival sui nuovi linguaggi scenici Primavera dei Teatri, giunto nel giugno 2010 all’undicesima edizione, realizzato negli anni col contributo dell’Ente Teatrale Italiano, della Regione Calabria e di altri enti territoriali.

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