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Palcoscenico

Il domestico da Molière a Feydeau (II)

Evoluzione del personaggio nel teatro francese

[Nella prima parte

Nell’ambito del teatro francese, la figura del domestico si è sempre rivelata fondamentale. Molière, Lesage e Marivaux sono tra gli autori che, ricorrendo a questo tipo di personaggio, hanno maggiormente contribuito alla sua evoluzione. Grazie anche all’influenza della Commedia dell’Arte, la scena francese vede quindi la nascita di un nuovo duetto comico: quello costituito da servo e padrone. Ad un servo furbo si contrappone così un padrone sciocco, mentre un servo ingenuo fa da spalla a un padrone scaltro.

…]

Beaumarchais

Locandina originale del Barbiere di SivigliaUno dei primi autori a fare una scelta in controtendenza rispetto a quest’idea di comicità è Beaumarchais. Il suo Barbier de Séville ou La Précaution Inutile (Il Barbiere di Siviglia o La precauzione inutile, 1775), infatti, vede duettare sulla scena un servo astuto (Figaro) e un padrone intelligente (Il Conte di Almaviva), uniti da una complicità tale da far assurgere Figaro a vero deus ex machina della vicenda, lasciando al Conte il ruolo di spalla, senza tuttavia dimenticare la presenza dei due servitori combina-guai di un altro personaggio, Bartholo, L’Éveillé (Lo sveglio) e La Jeunesse (La giovinezza), che grazie alla genialità di Beaumarchais sono l’esatto contrario dei nomi che portano: L’Éveillé, infatti, si fa narcotizzare con estrema facilità da Figaro, mentre La Jeunesse è un servo anziano pieno di acciacchi. Nel corso della trilogia che lo vede protagonista (Il Barbiere di Siviglia o La precauzione inutile, 1775; La folle giornata o Le nozze di Figaro, 1785; L’altro Tartufo o La madre colpevole, 1792), il personaggio di Figaro si evolve gradualmente: all’inizio egli è l’ex valletto del Conte di Almaviva, mantiene una sua indipendenza e ricorre alla sua astuzia per aiutare quello che fu il suo padrone a conquistare la donna amata; in La folle giornata o Le nozze di Figaro, invece, egli è nuovamente al servizio di Almaviva, ma diventa la vittima del complotto ordito da questi per portagli via la futura moglie Suzanne, e nasce in lui un forte spirito di ribellione contro le prepotenze della nobiltà, che finirà per sfociare nel conosciutissimo monologo della scena terza dell’atto quinto – uno dei più lunghi della storia del teatro francese – in cui si fa portavoce delle sofferenze del popolo e in cui pronuncerà la celebre frase:

[…] Non, monsieur le Comte, vous ne l’aurez pas… vous ne l’aurez pas. Parce que vous êtes un grand seigneur, vous vous croyez un grand génie ! … Noblesse, fortune, un rang, des places, tout cela rend si fier ! Qu’avez-vous fait pour tant de biens ? Vous vous êtes donné la peine de naître, et rien de plus.[…]

[…] No, signor Conte, voi non l’avrete… voi non l’avrete. Solo perché siete un gran signore, vi credete un grande genio!… Nobiltà, fortuna, un rango, delle opportunità, tutto ciò rende tanto orgogliosi! Ma che avete fatto in fondo per meritarvi tutti questi beni? Vi siete limitato a nascere, tutto qui. […]

Foto di scena da Le nozze di Figaro

La pièce susciterà notevole scandalo e sarà inizialmente proibita dal re, per poi essere rappresentata finalmente a teatro nel 1785[1], solo quattro anni prima dello scoppio della Rivoluzione Francese. L’altro Tartufo o La madre colpevole avrà, invece, come fulcro della vicenda la Contessa di Almaviva (l’ex Rosina del Barbiere di Siviglia diventata moglie del Conte), che dopo aver concepito un figlio illegittimo con l’ex paggio del Conte, Cherubino (già presente nelle Nozze di Figaro), cerca in tutti i modi di espiare la sua colpa lasciandosi ingannare dalle false promesse dell’irlandese Bégearss, che trama per appropriarsi dei beni della famiglia e che tenta con l’astuzia di allontanare Figaro dagli Almaviva. Pur essendoci un lieto fine, l’opera presenta dei risvolti più amari rispetto alle due precedenti: il primogenito del Conte muore durante un duello, mentre Cherubino si lascerà morire sul campo di battaglia per l’amore disperato che prova nei confronti della Contessa, e anche Figaro perderà quello spirito e quella verve che lo caratterizzavano nel Barbiere di Siviglia per lasciare maggiore spazio alla malinconia. Se Il Barbiere di Siviglia e Le nozze di Figaro otterranno un successo strepitoso, L’altro Tartufo o La madre colpevole sarà una delle opere meno rappresentate dell’autore, al punto che ancora oggi  è  sconosciuta a molti.

Labiche

Un altro importante contributo alla rappresentazione della figura del domestico sul palcoscenico proviene da Eugène Labiche. Pur dedicandosi al genere del vaudeville e mettendo in scena situazioni prettamente comiche, infatti, Labiche non disdegna di esporre al pubblico la condizione di violenza sia fisica sia psicologica a cui sono sottoposti i domestici nella Francia del XIX secolo. Violenza che si manifesta attraverso il mancato riconoscimento della dignità che spetta a ogni essere umano e che comporta l’uso di maniere forti, arrivando in qualche caso persino a sopprimere la persona in questione. Un esempio è ben rappresentato nella scena ottava dell’atto primo di L’Avare en gants jaunes (L’avaro in guanti gialli, 1858), in cui i due personaggi protagonisti non solo trattano il domestico come un oggetto, ma lo definiscono tale:

Cadet (entrant, un paletot sous le bras.) Monsieur, faut-il mettre votre paletot su vestiaire ?
Octave C’est inutile… tiens-le sur ton bras et prends garde aux taches !
Potfleury C’est à toi, cet objet là ?
Octave C’est mon domestique.
Potfleury Alors il doit avoir faim!… Je te l’emprunte !
Octave Pour quoi faire ?
Potfleury Mon quatorzième. (A Cadet, lui donnant le nez de carton d’Octave) Fourre ton nez là dedans. (A Octave) Je le ferai passer pour un noble étranger qui a trouvé drôle de se déguiser en domestique !
Octave Non, je ne permettrai pas !
Potfleury Que tu es bête ! Tu y gagnes !
Octave Comment ?
Potfleury Il ne déjeunera pas demain !

Cadet (entrando, tenendo sottobraccio un paltò.) Signore, devo mettere il vostro paltò nel vestibolo?
Octave Non serve… tienilo appoggiato al braccio e stai attento che non si macchi.
Potfleury È tuo, quell’oggetto?
Octave È il mio domestico.
Potfleury Allora avrà fame!… Prestamelo!
Octave Per fare che?
Potfleury Il quattordicesimo a tavola. (A Cadet, dandogli il naso di cartone di Octave.) Caccia il tuo naso qui dentro. (A Octave.) Lo farò passare per un nobile straniero che si è divertito a travestirsi da domestico!
Octave No, non te lo permetto!
Potfleury Non essere sciocco! Hai solo da guadagnarci!
Octave E come?
Potfleury Non dovrai dargli da mangiare domani!

Come si può evincere dalle battute sopra riportate, Cadet non solo viene privato della sua condizione di essere umano, ma Potfleury lo sfrutta per risolvere i suoi problemi legati alla superstizione (è persino disposto a travestirlo da nobiluomo pur di evitare di essere in tredici a tavola), e, come se non bastasse, i due amici discutono sui numerosi vantaggi di non dover nutrire il domestico il giorno seguente. In relazione a questa scena si può affermare che il teatro di Labiche rispecchia perfettamente la mentalità dell’epoca e trova il coraggio di portare in scena anche gli aspetti più crudi di quella società. Se nel testo appena analizzato il problema è soprattutto il mancato rispetto e la perdita della propria dignità, nella scena diciottesima dell’atto unico L’affaire de la rue de Lourcine (L’affare della rue de Lourcine, 1857), Lenglumé tenta di assassinare il suo domestico Justin perché teme che questi possa testimoniare contro di lui in un caso di omicidio, ma in realtà uccide involontariamente un gatto:

Lenglumé (pâle, défait. En entrant il va à la table et bois deux verres de curaçao. Musique à l’orchestre.) C’est fait !… c’est horrible !… c’est fait !… Je lui ai dit : Justin, mille francs pour toi si tu veux te taire !… pas de réponse !… Deux mille francs !… C’était pourtant gentil… mais je ne voulais rien avoir à me reprocher, pas de réponse !… Alors, je me jette à ses genoux… il me fait : psch ! psch !… pour me narguer !… Je m’emporte ! je m’exaspère ! je lui saute au cou ! il m’égratigne !… Je serre !… j’entends un râle… miaou ! … c’était fait… c’est bien simple !… Comme l’homme est peu !… Pauvre Justin ! j’avais toujours pensé que ce garçon-là finirait mal… […]

Lenglumé (pallido, stravolto. Entra e si dirige verso il tavolo, dove beve due bicchieri di Curaçao. L’orchestra suona). È fatta!… è spaventoso!… è fatta!… Gli ho detto: Justin, ti do mille franchi se tieni la bocca chiusa!… nessuna risposta!… Duemila franchi!… Una somma non da poco… ma non volevo avere nulla da rimproverarmi, nessuna risposta!… Allora, mi getto ai suoi piedi… e lui mi fa: psch! psch!… per deridermi!… io vado su tutte le furie! perdo la pazienza! gli salto al collo! lui mi graffia!… Io stringo!… sento un rantolo… miao!… era fatta… non ci vuole poi molto!… L’uomo è davvero ben poca cosa!… Povero Justin! ho sempre pensato che quel ragazzo sarebbe finito male… […]

Scena tratta dal film L'affaire de la rue de Lourcine.

L’errore madornale in cui incappa Lenglumé dimostra innanzitutto che egli non è in grado di distinguere il suo domestico da un animale, il che significa che non ha un’alta considerazione di lui, e in secondo luogo, attraverso l’affermazione “… ho sempre pensato che quel ragazzo sarebbe finito male…”, avvalora la tesi in base alla quale all’epoca tutti i domestici erano ritenuti dei ladri o dei criminali.

Nonostante gli insulti e i soprusi che questa categoria professionale era costretta a subire, nel XIX secolo in Francia i casi di omicidio che vedevano coinvolti i domestici e i loro padroni non erano molto numerosi, benché fossero giudicati in modo radicalmente diverso: un domestico che uccideva il proprio padrone rischiava quasi sempre la condanna a morte e veniva mal giudicato anche dall’opinione pubblica; viceversa un padrone che si macchiava di un crimine del genere se la poteva cavare con i lavori forzati se non addirittura con l’assoluzione, senza contare che di solito la società lo osannava. A titolo di esempio vale la pena riportare un episodio verificatosi nel 1864 a Montpellier[2]: nella cantina di un ricco signore borghese la polizia trovò il suo domestico in fin di vita; ripresosi, l’uomo accusò il suo padrone di tentato omicidio, ma il giorno prima del processo fu vittima di una nuova aggressione che gli provocò una grave lesione cerebrale. Durante il processo il ricco borghese, già conosciuto per il suo comportamento violento nei confronti dei domestici e per la sua tendenza a comprare il silenzio delle vittime, affermò che il domestico si era massacrato da solo allo scopo di estorcergli del denaro. La giuria gli diede ragione ed egli venne assolto.

Situazioni del genere, in cui il ricco pur essendo colpevole riesce a cavarsela e il povero è invece costretto a rassegnarsi, erano abituali all’epoca. Tuttavia, alcuni domestici possedevano una forza di carattere e una furbizia tali da permettere loro di manipolare facilmente i padroni. Il teatro di Labiche ci fornisce un esempio anche di questo caso; nella scena ottava dell’atto primo di La sensitive (La sensitiva, 1890), il domestico Gaudin tenta di convincere in tutti i modi il suo padrone che il matrimonio non è un buon affare: in realtà, lo fa solo per tutelare i propri interessi poiché la presenza di una donna in casa sminuirebbe il suo ruolo di consigliere nei confronti del padrone e lo costringerebbe a lavorare il doppio[3]:

Bougnol […] Oui, monsieur Gaudin, je me marie, aujourd’hui, à midi!
Gaudin Certainement, il ne m’appartient pas de donner des conseils à monsieur… mais je ne voix pas ça d’un bon œil.
Bougnol En vérité?
Gaudin Si monsieur savait ce que c’est qu’une femme!
Bougnol Mais je te prie de croire que je ne suis pas arrivé à trente-quatre ans…
Gaudin C’est nerveux, c’est capricieux… ça commande vingt courses à la minute, ça éreinte les domestiques!…
Bougnol Ah! je vois ton affaire!…
Gaudin Voyons, monsieur, est-ce que nous ne sommes pas heureux comme ça, tous les deux?

Bougnol […] Sì, signor Gaudin, mi sposo, oggi a mezzogiorno!
Gaudin Certo non è di mia competenza dare dei consigli al signore… ma io non vedo la cosa di buon occhio.
Bougnol Davvero?
Gaudin Se il signore sapesse cos’è una donna!
Bougnol Ti prego di credere che non ho raggiunto l’età di trentaquattro anni…
Gaudin Sono nervose, capricciose… vi fanno fare venti commissioni al minuto, e sfiancano i domestici!…
Bougnol Ah! capisco il tuo problema!…
Gaudin Suvvia, signore, non siamo forse già felici così, noi due assieme?

In questo senso, come afferma François Cavaignac nel suo studio sul teatro di Labiche, Gaudin si riallaccia alla figura del domestico furbo, tipica del teatro classico, che è stata analizzata in precedenza.

Feydeau

Locandina di Sarto per signora di Feydeau.Se Labiche ironizza sulla sottomissione e sullo sfruttamento dei domestici, senza però tralasciare quell’astuzia che permette loro di rivalersi sui padroni, Georges Feydeau, partendo dalle due categorie principali descritte all’inizio del presente studio, attribuisce ai suoi domestici un carattere peculiare che ne impedisce la semplice classificazione in furbi e ingenui e che li rende molto più sfaccettati. Nel teatro di Feydeau la figura del domestico svolge molteplici funzioni: permette allo spettatore di sentirsi superiore a lui e di ridere della sua ignoranza; si rivela fondamentale ai fini dell’intrigo per il modo in cui interagisce con tutti gli altri personaggi e possiede, di volta in volta, una furbizia e una goffaggine tutte proprie, che lo rendono più umano rispetto alle altre figure borghesi che si alternano sul palcoscenico.

Tra i domestici che mancano di intelligenza vale la pena citare Étienne, di Tailleur pour dames (Sarto per signora, 1886), che nella scena ventitreesima dell’atto primo, venendo scambiato per il suo padrone, dà consigli medici quanto mai discutibili su come combattere il sangue dal naso:

Étienne Et restez une heure et demie le nez et la bouche plongés, sans les retirer, dans votre cuvette remplie d’eau.
Aubin Hein ?… eh bien ! et respirer ?…
Étienne Oh ! respirez !… pourvu que vous restiez le nez et la bouche dans l’eau ! Voilà tout ; et ça guérit… radicalement.
Aubin Eh bien ! j’aime mieux autre chose ! Tenez, regardez ma langue. Qu’en pensez-vous ?
Il s’assied à gauche (n° 2.)
Étienne (s’asseyant à côté de lui (n° 1.)) Peuh ! la mienne est plus longue. (Il tire la langue.)
Aubin Hein !
Étienne Et puis la vôtre est ronde et la mienne est pointue. (Il tire de nouveau la langue.)

Étienne E rimanete per un’ora e mezza con il naso e la bocca immersi in un catino riempito d’acqua, senza mai sollevare la testa.
Aubin Eh?… ebbene! e come faccio a respirare?…
Étienne Oh ! respirate pure!… a patto che teniate il naso e la bocca immersi nell’acqua! Ecco tutto; e il male scomparirà… radicalmente.
Aubin Ebbene! preferisco un altro tipo di cura! Su, guardatemi la lingua. Che ve ne pare?
Si siede a sinistra (al 2.)
Étienne (sedendoglisi accanto (all’1.)) Puah! la mia è più lunga. (Tira fuori la lingua.)
Aubin Eh!
Étienne E poi la vostra è rotonda e la mia è appuntita. (Tira di nuovo fuori la lingua.)

Foto di scena da Sarto per signora

Nell’atto unico Monsieur Nounou (L’uomo balia, 1890), invece, il domestico Médard, oltre a essere ingenuo e a scambiare Balivet per una donna, è anche molto geloso, e questo lo induce a rivelare ai padroni la tresca della balia con un altro uomo determinandone il licenziamento e diventando la causa di tutta la serie di fraintendimenti che ne conseguono:

Justine […] aussi c’est de votre faute à vous, si nous avons quitté Paris… Pourquoi avez-vous été raconter à Monsieur que vous aviez vu un pompier dans ma chambre?
Médard Pourquoi? Mais par jalousie! Vous savez bien que je me consume pour vous!
Justine (à part.) Vraiment!
Médard Voyons, pourquoi recevez-vous des pompiers?
Justine D’abord, il était médaillé – et puis c’est pour me rappeler mon mari qui est pompier dans son village.

Justine […] e poi è anche colpa vostra, se abbiamo lasciato Parigi… Perché siete andato a raccontare al signore di aver visto un pompiere in camera mia?
Médard Perché? Ma per gelosia! Sapete bene che sono innamorato perso di voi!
Justine (a parte.) Davvero!
Médard Sentiamo, perché ricevete i pompieri?
Justine Innanzitutto, si trattava di un pompiere decorato – e poi, mi serve per ricordare mio marito che fa il pompiere al suo paese.

Se Médard è quindi il principale responsabile dei guai che in seguito Justine e Balivet saranno costretti ad affrontare, Joseph, capocameriere di un ristorante nell’atto unico Séance de nuit (Riunione notturna, 1897) ha imparato a conoscere talmente bene i suoi clienti da riuscire, attraverso le lusinghe, a ingannarli ripetutamente senza che questi ne siano consapevoli:

Gentillac (s’asseyant.) Vous nous donnerez encore de ce vin que vous m’avez fait boire l’autre jour… du… du comment donc?
Joseph Du Pichon-Longueville?
Gentillac Non, attendez! C’était du Clos d’Estournel.
Joseph Oui, c’est la même chose… Nous avons comme cela plusieurs noms suivant le goût des clients!…
Gentillac Voyez-vous ça! Ah! bien, c’est pas à moi que vous pourriez la faire, celle-là!
Joseph (bon enfant.) Si, M. le Comte, je vous l’ai faite ce matin.
Gentillac Hein!
Joseph M. le Comte me demandait du Château-Lagrange, nous n’en avions plus en cave; j’ai dit à M. le Comte: “Que M. le Comte goûte donc notre Pontet-Canet…”
Gentillac Eh bien! j’y ai goûté, et qu’est-ce que je vous ai dit? “Remportez-moi ça… je n’aime pas le Pontet Canet, et donnez-moi du Château-Lagrange!”
Joseph Oui!
Gentillac Eh bien?
Joseph Eh! bien, j’ai rapporté à M. le Comte une autre bouteille de Pontet-Canet exactement pareille et après avoir goûté, M. le Comte m’a dit, avec son air connaisseur: “Ah! pas comparable!”

Gentillac (sedendosi.) Ci porterà di nuovo quel vino che mi ha dato da bere l’altro giorno… del… del…com’è che si chiama?
Joseph Del Pichon-Longueville?
Gentillac No, aspetti! Era del Cos d’Estournel.
Joseph Sì, è la stessa cosa… Abbiamo diversi nomi simili a seconda dei gusti dei clienti!…
Gentillac Questa poi! Se pensa di riuscire a ingannarmi, si sbaglia!
Joseph (affabilmente.) Sì, signor Conte, l’ho già ingannata stamattina.
Gentillac Cosa?
Joseph Il signor Conte mi ha chiesto del Château-Lagrange, non ne avevamo più in cantina; allora le ho detto: “Perché il signor Conte non assaggia il nostro Pontet-Canet…”
Gentillac Ebbene! l’ho assaggiato, e cosa le ho risposto? “Lo porti via… non mi piace il Pontet-Canet, e mi porti del Château-Lagrange!”
Joseph Sì!
Gentillac E allora?
Joseph E allora ho portato al signor Conte un’altra bottiglia di Pontet-Canet esattamente uguale, e dopo aver assaggiato lei mi ha detto, con la sua aria da intenditore: “Ah! non c’è paragone!”

Veduta notturna di Parigi

Lo stratagemma di Joseph consiste nell’accogliere ogni cliente chiamandolo Conte o Marchese, così una volta che questi ha abbassato la guardia egli è libero di ingannarlo come più gli aggrada. Generalmente, nei testi di Feydeau, i domestici più astuti e ingegnosi non sono quelli che vivono sotto lo stesso tetto dei ricchi borghesi, bensì i camerieri, i portieri e i fattorini che lavorano nei ristoranti e negli alberghi in cui i nuovi ricchi si recano abitualmente con amanti e cocotte per nascondere alle mogli l’adulterio. Questa categoria di domestici, infatti, conosce alla perfezione i trucchi utilizzati dai borghesi per mantenere la loro rispettabilità, e ne approfitta per ottenere vantaggi personali. Così in L’Hôtel du Libre Échange (L’Hotel del Libero Scambio, 1894), Bastien riesce sempre a convincere i ricchi clienti dell’albergo ad alloggiare nelle varie stanze spacciandole per la suite di questa o quella principessa[4]:

Bastien Quoi ! monsieur ! vous seriez le bel Ernest ? Ce qu’il y a de jolies dames ici qui m’ont parlé de vous…
Ernest Ah ! on vous… (Se rengorgeant.) Vous entendez, madame ! (Bas à Bastien.) C’est une duchesse, vous savez, c’est une duchesse !
Bastien Ah !… mes compliments… Mais alors, à plus forte raison, je vous recommande le 22… C’est dans le 22 que la princesse héritière de Pologne est venue faire son voyage de noces… avec son premier chambellan. (À la dame.) Vous serez dans votre monde, madame !

Bastien Come! Il signore sarebbe dunque il bell’Ernest? Sapeste quante dame affascinanti qui mi hanno parlato di voi…
Ernest Ah! loro vi hanno… (Pavoneggiandosi.) Avete sentito, signora! (Sottovoce a Bastien.) È una duchessa, sapete, una duchessa!
Bastien Ah!… i miei complimenti… Ma allora, a maggior ragione, vi raccomando la 22… È alla 22 che la principessa ereditaria di Polonia ha trascorso il suo viaggio di nozze… con il gran ciambellano. (Alla dama.) Vi sentirete come a casa vostra, signora!

Foto di scena da L'Hotel del Libero scambio

Se i domestici coinvolti nella vita mondana della borghesia dell’epoca primeggiano in furbizia, lo stesso non si può dire per coloro che vivono giorno e notte a contatto con i loro padroni. Infatti, nel teatro di Feydeau, i domestici che si muovono in un ambiente casalingo sono anche quelli che combinano i maggiori pasticci e che si mettono in evidenza per la totale mancanza di diplomazia e di qualsivoglia virtù: rompono bottiglie di vino pregiato, mettono alla porta le future suocere dei padroni scambiandole per vecchie cortigiane, servono insalate farcite con le lumache, sono di un’impareggiabile pigrizia e non capiscono come mai il padrone manchi loro di rispetto visto il “contributo” che danno alla sua serenità quotidiana. Questo si verifica perché i domestici casalinghi devono essere all’origine di tutta quelle serie di qui pro quo che indurranno i loro padroni a fare scelte azzardate e a mettersi ancora di più nei guai, a differenza dei domestici “esterni” che conoscono perfettamente l’altra faccia della medaglia e rappresentano la sottile linea di demarcazione tra il mondo della rispettabilità e quello della dissolutezza.

Questi elementi permettono a Feydeau di mettere in scena dei personaggi più autentici, che non si comportano semplicemente come dei burattini nelle mani del proprio creatore ma che possiedono una personalità autonoma e una loro capacità di giudizio, benché spesso quest’ultima si riveli errata.

In conclusione si può concordare con quanto affermato dalla studiosa Maria Myszkorowska quando sostenne:

“Forse può risultare difficile parlare di autentica profondità psicologica dei personaggi delle opere di Feydeau; ma è innegabile che l’autore sia riuscito a mostrare, con eccezionale abilità, la morale e il comportamento di questi personaggi, senza tuttavia cadere mai nella trappola di renderli troppo stereotipati. Nonostante la loro somiglianza, essi non possiedono né la mediocrità né la superficialità di uno stereotipo; uno si identifica con l’altro senza tuttavia smettere mai di essere un altro. […][5]

Note

[1] Cfr. AA.VV., Lo Spettacolo, Enciclopedia di Cinema, Teatro, Balletto, Circo, TV e Rivista, Garzanti Editore, Milano 1976, p. 62.
[2] Cfr. Anne Martin-Fugier, La place des bonnes, la domesticité féminine à Paris en 1900, Edition Perrin, Parigi 2004, pp. 240-241.
[3] Cfr. Francois Cavaignac, Eugène Labiche ou la gaieté critique, L’Harmattan, Parigi 2003, pp. 108-109.
[4] Cfr. Henry Gidel, Le Théatre de Georges Feydeau, Klincksieck, Parigi 1979, pp. 240-241.
[5] Maria Myszkorowska, Mari et amant, ou le dédoublement du personnage masculin dans quelques pièces de Georges Feydeau, in Doubles et dédoublement en littérature, Publications de l’Université de Saint-Etienne, 1995.

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