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Omnia

L’ SMS e il valore delle parole “TI AMO”

Considerazioni sulla digitalizzazione dei sentimenti

SMS sul palmareL’ SMS è ormai una delle forme più frequenti di comunicazione adottate da oltre un decennio. Ormai sdoganato completamente da ogni ceto sociale, l’SMS implica la ridefinizione delle categorie che sono alla base del rapporto comunicativo tra due persone. È senza dubbio vero che lo Short Message Service si è diffuso in maniera massiccia specie tra i giovani, che nel corso degli ultimi anni si sono “succeduti” rinnovandosi di volta in volta lasciando il passo a nuove leve; questa nuova modalità di comunicazione ormai riguarda in maniera trasversale diverse generazioni, da quelli che erano giovanissimi al momento del suo avvento, ai giovanissimi di oggi che ne usufruiscono a partire fin dalla loro pre-adolescenza, negli anni decisivi per il loro sviluppo mentale e fisico.

Chi, come me, ha vissuto il momento della sua diffusione e la sua adozione può comprenderne meglio le specificità e dove esso abbia segnato una cesura e un rinnovamento radicale con il passato, ma diverso è il discorso per chi invece è stato introdotto al suo uso di recente, quando ormai l’SMS era una pratica comunicativa ben consolidata. In questo caso, infatti, il “messaggino” viene recepito e compreso come qualcosa di ovvio, di “sempre già presente” e perciò stesso di non-problematico. Sembrerebbe una constatazione innocua questa, se non fosse che i mezzi che adottiamo nel corso della nostra storia evolutiva, ma anche nell’ambito privato della nostra individuale crescita esistenziale e psicologica, influiscono nel profondo del nostro vissuto, tanto su un piano psico-fisico, quanto su quello più direttamente emotivo e spirituale.

Con l’SMS infatti le nostre facoltà cognitive e la nostra percezione del tempo e dello spazio si sono trasformate, ma anche i nostri sentimenti, i nostri stati d’animo e le nostre modalità di comportamento ne escono fortemente modificati. Col messaggio del cellulare, non si abita il mondo più come una volta: amiamo, speriamo, soffriamo in maniera nuova rispetto al passato, e una metamorfosi del genere era ovviamente già stata vissuta con l’avvento del telefono prima e della televisione poi.
Attraversare la pubertà e crescere già all’interno di tale orizzonte esclude la possibilità di mettere a confronto il “prima” col “dopo”, e questo significa che il modo in cui gli odierni adolescenti concepiscono, ad esempio, i modi di relazionalità interindividuali coi loro coetanei vengono vissuti in una totale aderenza spirituale che “non fa problema”: la loro idea di amore coincide perfettamente col modo in cui l’hanno sempre vissuto. Diverso, ripeto, è l’approccio per chi ha vissuto nella propria esperienza la transizione tra due differenti regimi mediali e perciò conosce bene come le idee stesse si trasformino a partire dalle determinazioni socio-culturali, e ancor più energicamente a partire dalle innovazioni tecniche in ambito comunicativo, nelle quale esprimiamo o intendiamo esprimere i nostri sentimenti e i nostri pensieri.
Come sosteneva Marshall McLuhan “il medium è il messaggio“, e mai tale affermazione fu più azzeccata come in questo caso. Il messaggio del “messaggio”, insomma, non è nel contenuto esplicato (o per lo meno non solo), ma soprattutto nel mezzo adottato a tal fine. Cerchiamo di applicare questo assunto con una delle “locuzioni” più diffuse e importanti di sempre, imprescindibile nella vicenda privata di ciascuno di noi: TI AMO.

Innanzitutto, l’SMS spesso si sostituisce alla telefonata: è meno invasivo, disturba meno, può essere ricevuto in un secondo tempo se il cellulare è spento o magari non ha campo. Qui ci troviamo subito di fronte a un problema: la telefonata implicava già uno “strappo” rispetto alla comunicazione verbale diretta, infatti veniva meno la prossimità fisica e la possibilità di valutare le parole dette dall’interlocutore in base alle espressioni facciali, ai gesti guidati da una certa rilassatezza muscolare o da un nervosismo evidente. Con la telefonata restava ancora centrale, però, il ruolo del tono della voce: al di là di ciò che veniva detto, la cosa maggiormente “significante” era il “come” venisse detta. Magari una voce strozzata dal pianto, oppure un lungo silenzio, o anche una sottile ironia nel pronunciare una determinata frase…

Con l’SMS anche questo residuo livello di prossimità comunicativa viene meno, ovvero scompare la “voce”, un medium anch’esso che condensa al suo interno sempre un contenuto di senso che va al di là delle parole dette, perché la manifestazione e l’espressione eccedono il semplice significato denotativo delle parole pronunciate (è evidente infatti come la stessa cosa pronunciata in due maniere diverse cambi completamente di senso, potendo addirittura arrivare a significare l’opposto).

La parola digitalizzata sullo schermo del telefonino è sempre uguale a se stessa: può essere stata scritta durante un eccesso di ira, o mentre si è in dormiveglia, o magari mentre si piange di disperazione. I caratteri che compongono le parole TI AMO sono identiche da messaggio a messaggio; questo perché le parole TI AMO stesse non hanno un significato definibile in maniera rigorosa, non sono termini che corrispondono univocamente a qualcosa di concreto. Infatti, l’importanza e il valore del TI AMO sta nell’aura che circonda la pronuncia di queste parole: la timidezza meravigliosa di colui/colei che ci sta parlando, il fatto di sussurrarle a bassa voce, o di gridarle improvvisamente… nel TI AMO, perciò, è riversata tutta questa atmosfera non strettamente descrivibile, e il significato che ci fa tremare le gambe non può che restare in tale dimensione di “vaghezza”, mistero o persino indicibilità. È evidente che l’SMS non può riprodurre l’atmosfera in questione, soprattutto perché esso non dà possibilità di replica immediata, e non posso essere testimone della reazione dell’altro.

Cellulare b/n

Per questo, il rischio è quello di svilire il significato di parole così nobili: dire TI AMO significa mettersi in gioco, rischiare in prima persona, sfidare colui/colei che si ama nonché l’ambiente che mi circonda. Digitare tali parole su un display potrebbe comportare un rischioso travisamento del loro autentico significato e importanza; il cellulare si fa schermo, muro per non mettersi in evidenza, attraverso il quale mi è lecito dire tutto a chiunque. Il TI AMO, però implica, coraggio e affermazione del sé. Un altro esempio: quanti di voi hanno scritto TI AMO sul cellulare per poi ripensarci e cancellarlo? E si può fare lo stesso nella telefonata o nel rapporto faccia a faccia?

Una similitudine può essere rintracciata con l’antica e indimenticabile “lettera d’amore”, protagonista di tanto romanticismo ormai obsoleto; ma la magia della lettera scritta a mano (perché una vera lettera d’amore non può essere scritta a macchina o al computer) è quella di riproporre in qualche modo una porzione di quell’atmosfera che il dialogo diretto e la telefonata portavano ancora con loro. La lettera d’amore, infatti, ci rimanda con l’immaginazione subito al momento nel quale è stata scritta, ed è questo ad emozionarci. L’inchiostro sulla carta testimonia uno stato d’animo o un’emozione: le cancellature, il tremolio del tratto, la firma… ma soprattutto quelle parole sono state scritte direttamente dal mio amato/a, su quella carta che lui/lei in persona ha toccato. Tale lettera emana tutto il suo spirito, e dubito che l’SMS possa ripetere tale aura che incarna l’amore in tutta la sua magia, essendo un’interfaccia digitale che traduce in pixel qualsiasi cosa io voglia, in maniera più telegrafica che emotiva.

L’SMS, ovvero l’espressione di contenuti spirituali che soffrono di claustrofobia incastrati al suo interno, riflettono una porzione del Male caratteristico della società contemporanea; tale Male riguarda la semplificazione del nostro modo di relazionarsi al prossimo, riguarda la nostra scarsa capacità di mettersi in gioco o meglio ancora la nostra ridotta capacità di assumersi delle responsabilità su ciò che diciamo, decidiamo o proviamo. La digitalizzazione dei sentimenti ci ha condotto a una semplificazione troppo pericolosa delle nostre facoltà simboliche, di ciò che ci fa veramente esseri umani e che ci distingue da macchinari programmati; anche perché dipendere completamente da strumenti elettronici dovrebbe farci riflettere che, in quanto mezzi costruiti dall’uomo, quelle stesse interfacce dominanti nella nostra vita potrebbero sempre abbandonarci da un giorno all’altro, facendoci precipitare nella più totale inadeguatezza e incapacità di muoversi nel mondo (pensiamo alle crisi isteriche dei giovanissimi davanti al mancato funzionamento del loro dispositivo).

Insomma, di questo passo potremmo arrivare al giorno in cui per dichiarare il nostro amore basterà spingere un bottone, e sarà troppo tardi per accorgerci non solo che dell’amore un tale atto ha perso completamente ogni cosa, ma persino che quel gesto comunicativo è esattamente l’opposto da ciò che pretende di significare.

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