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Fumetto

“Puck Comic Party” fumetto-centipede (II)

[Segue da “Puck Comic Party” fumetto-centipede (I)]

Oltre alla sua principale realizzazione sul supporto cartaceo, Puck Comic Party vive anche nella sua estensione online e multimediale, l’omonimo blog: un contenitore ricchissimo di informazioni, in cui vengono passati in rassegna gli artisti che hanno preso parte alla jam, con anche immagini rappresentative della loro carriera, e dove vengono raccolti vari link e contenuti relativi all’opera, come recensioni, video promozionali e interviste.

Copertina anteprima

Nei mesi che hanno preceduto l’appuntamento di Lucca, Hurricane aveva cominciato ad annunciare sul web l’uscita di Puck Comic Party, seminando sapientemente teaser ed anticipazioni che hanno suscitato un clima di attesa e curiosità intorno a questa operazione.

L’uscita di questo fumetto completamente autoprodotto è stata preceduta da una lunga e complessa fase di gestazione. Non essendoci una casa editrice alle spalle di questo progetto, né una vera e propria redazione con uno staff di figure professionali dedicate a specifiche mansioni, tra l’idea e la pubblicazione sono passati alcuni anni. La lunga attesa, sicuramente ben ricompensata, è quindi giustificata dall’enorme mole di lavoro, svolta in gran parte individualmente da Ivan Mannuppelli, e dai ritmi fisiologici per la realizzazione di un progetto di tali dimensioni e complessità, anche per via dei tempi di risposta da parte un numero così cospicuo di partners. A ciò bisogna aggiungere la traduzione in italiano dei testi in inglese (attività di cui mi sono occupato in gran parte io, concedetemi questi secondi di “notorietà” e vanità!), la riscrittura a mano dei diversi lettering, con i medesimi caratteri del testo originale, ed anche l’editing finale: una revisione conclusiva d’insieme per rendere la lettura il più chiara e scorrevole possibile e curare i tempi comici delle battute e il ritmo dei dialoghi, cercando di salvaguardare il più possibile i significati e le sfumature di senso della scrittura degli autori stranieri, senza pregiudicare la comprensione e l’appeal per il pubblico italiano. Va detto, inoltre, che il coraggioso e solerte Ivan Mannuppelli ha infine dato alle stampe il frutto del suo sforzo e del comune lavoro interamente a proprie spese.

Tutti gli autori coinvolti hanno collaborato a titolo gratuito, soltanto per il gusto di dare vita a questo Golem fumettistico, e consapevoli del fatto che non era prevista una retribuzione per la loro prestazione, poiché dalla vendita delle copie di un prodotto del genere, destinato a raggiungere un pubblico piuttosto ristretto, non può derivare un grande un rientro in termini monetari e il ricavato basterà probabilmente a coprire le spese sostenute per la pubblicazione. Se, con un po’ di fortuna, l’incasso arrivasse a superare il punto di pareggio, secondo me si tratterebbe di un guadagno assolutamente meritato per l’editore e curatore di questa singolare composizione di fumetti.

Le nano-particelle di uno squisito cadavere decomposto

Per usare la calzante descrizione usata da Mannuppelli come sottotitolo dell’opera, Puck Comic Party è «un puro delirio surrealista masticato, sputato e ricucito da oltre centosettanta autori». L’aggettivo “surrealista” non è solo un richiamo semantico allo sgorgare dell’inconscio e alla sfera dell’irrazionale, del sogno e degli stati mentali alterati, ma è anche un preciso riferimento al movimento avanguardista novecentesco e al cadavre exquis, antesignano delle successive opere grafiche a più mani. Quella del “cadavere squisito” è una tecnica creativa sperimentale concepita ed utilizzata da André Breton e dagli altri esponenti del movimento surrealista, in base alla quale più artisti compongono insieme una medesima immagine, realizzandone a turno una parte ciascuno: un modello espressivo basato sul gioco e sul caso, usato come strumento per staccarsi dal piano della realtà e penetrare nel mondo del surreale, dell’incoerenza e dell’istintività.

The Narrative Corpse Venendo ad anni più recenti e al campo del fumetto, un precedente illustre di Puck Comic Party, da cui Ivan Mannuppelli ha ripreso l’utilizzo condiviso di un unico personaggio, è The Narrative Corpse (“Il Cadavere Narrativo”), opera che già nel titolo dichiara esplicitamente il recupero dell’esperienza surrealista, e la particolare applicazione di questa tecnica alla sfera del racconto per immagini. Progettato e gestito dal celeberrimo Art Spiegelman e uscito nel 1995, dopo cinque anni di lavorazione, questo fumetto collettivo è nato dalla collaborazione di sessantotto autori del calibro di Will Eisner, Matt Groening, Joe Sacco, Gilbert Shelton, José Muñoz, Marc Caro, Charles Burns, David Mazzucchelli, Thomas Ott, ed anche di tre autori che hanno partecipato all’avventura di Puck: Bill Griffith, Jay Lynch e Robert Sykoriak.

Il “Corpse” di Spiegelman e il suo successore di origini italiane proseguono entrambi, inoltre, il percorso di ricerca espressiva cominciato con le comic jam degli “underground cartoonist” americani nei decenni Sessanta e Settanta. Questa generazione di fumettisti innovatori e libertari, come Robert Crumb, S.Clay Wilson, Jay Lynch, Skip Williamson, “Spain” Rodriguez e l’autore di poster psichedelici Rick Griffin, ha relizzato i primi esempi di jam nella storia del medium fumetto, pubblicandoli su riviste come Zap Comics, Motorcity Comics, o Bijou Funnies. Sul modello surrealista, e trasferendo in ambito grafico l’idea alla base delle jam sessions dei jazzisti, dei bluesman o dei musicisti di rock psichedelico, questi artisti creavano, anche senza stabilire la benché minima regola comune, questi fumetti a otto o dieci mani: dei quadretti espressionisti montati in successione senza un filo logico, in una specie di “cut up” poetico e lisergico di immagini disegnate, parole e onomatopee.

Denis Kitchen, autore di fumetti legato a quell’ambiente ed ex agente di Crumb, ha raccontato alla presentazione milanese di Puck Comic Party come le jam in quel periodo nascessero intorno allo stesso tavolo, su di uno stesso foglio che passava di mano in mano, spesso insieme alla stessa sigaretta farcita di cannabis. Oggi il web ha reso possibile fare girare una storia da un capo all’altro del globo, annullando le reciproche distanze geografiche tra le persone che vi partecipano, così come è avvenuto pochi anni fa anche nel caso di un altro notevole esempio di questo filone, uscito anche in Italia, cioè Jamming with Alekasandar Zograf, in cui i disegni dell’artista balcanico, appassionato di questo genere, si combinano con quelli di autori europei e americani, come Crumb, Jim Woodring e Pat Moriarty.

Lo stesso Hurricane Ivan e la comunità di autori che si raccoglie intorno alla sua rivista non sono nuovi a questo tipo di operazioni, come nel caso della jam session sul tema della fantasia e della comicità uscita su The Artist e dedicata, in occasione della sua recente scomparsa, al celebre Osvaldo Cavandoli, padre della fortunata serie d’animazione La Linea, che aveva onorato i numeri precedenti della rivista con alcuni suoi contributi.

Jam session per Osvaldo Cavandoli

Puck Comic Party si inserisce nel solco di questa tradizione, raccogliendo l’eredità di queste esperienze artistiche innovative e sperimentali, e grazie alla miscellanea estremamente variegata dei suoi creatori ne valorizza particolarmente la natura polimorfa e l’aspetto della partecipatizione cooperativa.

 Un grande, sfrenato rito orgiastico a fumetti

In questo party di matite e inchiostro il “festeggiato” è Puck. Prodotto della vulcanica fantasia di Hurricane Ivan, personaggio ricorrente nel mondo immaginifico dell’autore milanese, questo nano alato è il fulcro di questa stramba storia e l’unico elemento narrativo comune tra tutti gli artisti intervenuti.

La parola “puck” in inglese significa “spiritello” e deriva dal nome di un personaggio immaginario della mitologia d’Inghilterra, un folletto dispettoso e ingannatore che beffa i viandanti con false indicazioni, portandoli a perdersi nei boschi. Il nostro Puck è una creatura affine al trickster, figura mitica presente nelle tradizioni folkloristiche di tutto il pianeta, il cui ruolo è seminare il caos nel creato, oltre che soddisfare i suoi desideri con fantasiosi espedienti e furbi stratagemmi; è un essere archetipico dalla natura ambivalente che racchiude in sé vitalità, irriverenza, sberleffo, curiosità, insofferenza alle regole, sete di conoscenza, fame ancestrale, anima vagabonda e selvaggia, ma è anche inaffidabile, ingannatore, approfittatore, talora ridicolo.

Puck Comic Party

Puck è un individuo deforme, con due demoniache ali di pipistrello, a cavallo tra il bestiario medievale e i fenomeni da circo; una sorta di satiro schifoso, sporco, arruffato, butterato, sessualmente vorace, sempre guidato da smodati appetiti e bisogni corporei. La sua statura fisica a volte è metafora della sua statura morale: sempre scorretto, insolente verso tutto e tutti, arriva talvolta anche alla meschinità. È certamente il protagonista ideale per questa storia incasinata e sopra le righe, in cui ne viene sovente impiegato il tipico carattere macchiettistico: come pure negli episodi originari firmati da Hurricane Ivan, sia lui sia gli eventi in cui si ritrova vengono spesso mostrati attraverso una lente caricaturale, esagerata, totalmente irrealistica. Comunque, sebbene venga calato spesso in situazioni fescennine ed iperboliche, emergerà in alcuni punti anche un suo coté più umano, sentimentale e riflessivo. Per parecchie scene Puck Comic Party è un rutilante carnevale di sesso, scurrilità, escrementi, peti, umori e istinti primordiali, che sfocia anche in fasi sordide, “sporche e cattive”, magari ripugnanti e ridicole allo stesso tempo, con stupri, perversioni, mutilazioni, violenza fisica e psicologica, sprofondando addirittura in abissi di angoscia e dubbio; da un momento all’altro possono, però, presentarsi momenti molto differenti, di carattere introspettivo, intimista e romantico, anche in chiave ironica, non privi di una certa tenerezza. Nel mucchio di gag comiche che vediamo avvicendarsi, si passa dall’estrema volgarità del linguaggio e delle situazioni, con punte talvolta infantili, all’umorismo più raffinato, dalle risate più grasse alla comicità più sottile o leggera, dai giochi di parole allo humour nero, e al nonsense.

Ad uno sguardo a volo d’uccello questa festa di comix appare anche come un calderone in cui si mischiano, accennati, molti generi narrativi e letterari: horror ed erotismo, satira e avventura, western e parodia, monologo e metatesto, fantascienza e soprattutto comicità, specialmente di stampo grottesco, che rimane comunque il registro predominante lungo tutto il racconto. Spicchi distorti di cultura popolare, televisiva e discografica, vengono frullati insieme al sublime e alla cultura alta, con omaggi scherzosi e citazioni, ad esempio, di De Sade, Hitchcock, Nietzsche, o di numi tutelari del fumetto e delle musica, come Jack Kirby, Frank Zappa e Vaughn Bodè. Non mancano neppure scorci di attualità che traggono spunto da notizie che durante la lavorazione del fumetto erano le news del giorno e al momento della pubblicazione erano già finiti nel dimenticatoio dall’eterno presente massmediatico, come l’aggressione a Silvio Berlusconi a Milano, o il disastro ecologico della petroliera della British Petroleum, evento di portata micidiale ormai accantonato dalla fabbrica dell’informazione.

Il lettore e il protagonista, come fossero spinti da travolgenti ondate di sballo lisergico, scivolando talvolta nel gorgo del bad trip (la mia scelta di tale similitudine non è casuale, dal momento che i personaggi assumono una gran quantità e varietà di droghe, come LSD, funghi allucinogeni, spinelli ed eroina), rimbalzano continuamente da una situazione, da un’ambientazione, da un’atmosfera all’altra, in un’entropia che cresce anche grazie ad alcuni flashback che riprendono story line interrottesi diverse pagine prima.

Ghermandi, Palumbo, BunkAddentrandoci nel suo mondo, o meglio nei suoi mondi, seguiamo il sardonico nano nel suo paradossale spostarsi a zig zag in un viaggio dentro l’altro e da un universo all’altro, attraverso varchi dimensionali di ogni sorta, tra cui dei WC. Durante il suo peregrino vagare nel tempo e nello spazio, Puck affronta incubi domestici, lavori degradanti e sottopagati, cimiteri, fognature, insidiosi deserti, città in fiamme, isole misteriose e pozioni magiche; finisce in svariate matrix, come internet o un reality show televisivo; sale a bordo dei veicoli più strani che lo conducono per terra e mare ed anche nello spazio profondo; nel frattempo, incontra sulla sua strada una carovana di diversi personaggi, che irrompono di volta in volta sulla scena inattesi e non previsti: divinità pagane, demoni, punk necrofili, sette religiose, cadaveri hippie animati dal voodoo, uccelli nazisti parlanti, cowboy, squali parlanti, spacciatori zombie, supereroine, gente armata e pericolosa, donne lascive e violente e un’infinità di creature immaginarie e mostruose.

Questa creatura a centosettantadue teste è dunque una sgangherata epica di Puck il nano, un percorso iniziatico tra lo psichedelico, l’assurdo e il beffardo, un’avventura beatnik on the road mista ad un romanzo picaresco e ad un viaggio in un mondo incantato, come Alice nel Paese delle Meraviglie o Il mago di Oz. La bizzarra, eclettica e divertente odissea di Puck è una sorta di caricatura di un polifonico romanzo di formazione per immagini, abbozzato perché collettivo e improvvisato, dove la moltiplicazione dei punti di vista autoriali restituisce un guazzabuglio dalle mille sfaccettature, vasto e intricato come il mondo, sfuggente come la vita, senza limiti, né regole, come la fantasia.

Puck diventa qui un burattino che, passando di mano in mano, vive gli eventi di una trama costruita in progress e subisce, insieme come lo spazio in cui si muove, continue mutazioni grafiche, a seconda di chi lo animi. Il lettore, affascinato e divertito, gode così del particolare piacere che solo un’opera di questo tipo può offrire, assistendo alla costante trasformazione della “marionetta Puck”, dei personaggi che lo circondano e degli sfondi, e contemporaneamente soddisfacendo la propria curiosità sugli imprevedibili sviluppi che la storia rivela man mano, in una suspence senza tregua. Come ho già accennato, in un fumetto di questa lunghezza tutto ciò può provocare l’effetto collaterale di disorientare il lettore stressandone eccessivamente gli occhi e i neuroni, e di conseguenza la lettura può incespicare per i continui e repentini cambi, diventando macchinosa, specie al primo contatto. Ovviamente, il pubblico sa già a cosa va incontro accostandosi ad una jam, e, forse, un racconto per immagini schizofrenico potrebbe proprio essere ciò che in molti, non solo si aspettano, ma ricercano. Del resto Hurricane ci mette in guardia nelle pagine introduttive: «è una storia che metterà a dura prova le vostre sinapsi!»; insomma, non dite che non eravate stati avvisati!

Puck Comic Party è un’opera che frantuma la narrazione classica, un fumetto decostruito e delirante che con il suo incedere saltellante e frammentario, per microepisodi, fa a pezzi le norme eterne e universali della diegesi. Questo grande puzzle è improntato ad una non-logica che ha molte più affinità con l’esperienza del sogno o dell’allucinazione che con la percezione della coscienza in stato di veglia e con i meccanismi dell’emisfero sinistro del cervello; in tale esperimento la straordinaria potenzialità offerta dal medium fumetto di generare facilmente mondi immaginari ed effettuare grandi spostamenti nel tempo e nello spazio è dunque sfruttata al massimo, portata al parossismo, in una plurale esaltazione di quella che Daniel Clowes ebbe a definire, per bocca di un suo personaggio, «la natura mercuriale della vita da questa parte del proscenio (nei comics, n.d.r. e t.)»

Nei suoi video-commenti a Puck Comic Party, Zograf ha usato, a proposito delle jam di fumetti in generale, una definizione affascinante ed appropriata: visual poetry.

Leone Cimpellin - Nik GuerraMi sono imbattuto, nel flusso dei commenti di Facebook, in un breve scambio di battute tra Jay Lynch ed altri amici scaturite da queste video-note del fumettista serbo, in cui sono emerse interessanti prospettive di riflessione, che ripropongo. Un storia del genere non è pertinente al pensiero razionale e non è sostenuta da un saldo scheletro costruito con le precise tecniche del mestiere di raccontare; non poggia su una struttura ragionata, ma sulla giustapposizione di “poesie visuali”, di brevi lampi sinestetici eruttati dalle viscere, singoli tasselli incastrati in un unico flusso, come beat pulsanti che compongono una sinfonia ottica improvvisata e coinvolgente. Molti dei piccoli scompartimenti di questo treno di vignette sono opere molto aperte e simboliche, dal valore fortemente connotativo ed evocativo, e lo sguardo soggettivo dello spettatore, di fronte ai singoli riquadri così come a tutto l’unicum, gioca un ruolo molto importante nell’interpretazione del senso e nel rintracciare possibili livelli di lettura e corrispondenze, anche intra e intertestuali.

In un arco temporale che potremmo simbolicamente fare partire dalla pubblicazione dell’intero Maus di Spiegelman e che arriva ai nostri giorni, narrazioni di ampio respiro come i graphic novels hanno preso sempre più piede e hanno riscosso sempre maggiori successo e attenzione. È dunque evidente come, anche sotto questo aspetto, Puck Comic Party sia un’operazione editoriale controcorrente, che si pone in controtendenza rispetto al suo tempo e si distacca dai trend contingenti, evitando le strade più battute della sua contemporaneità e recuperando, a sua modo, la narrazione breve delle strips, seppure in questa particolare declinazione di schegge osmotiche di visual poetry. Le sue ottantasette stravaganti pagine, sotto una certa luce, possano essere viste, quindi, come una sorta di parodistico scimmiottamento del genere romanzo grafico.

[Continua: “Puck Comic Party” fumetto-centipede (III)]

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