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Changing Behaviour Company

La conversione alla sostenibilità passa anche dal posto di lavoro

“Azienda che cambia il comportamento” recita così la traduzione letterale dell’espressione inglese Changing Behaviour Company. Ma che cosa significa di preciso e che cosa s’intende nel mondo anglosassone con questa “definizione”?

Carbon footprint

Potremmo cominciare dicendo innanzitutto che viene utilizzata per categorizzare delle realtà che operano nell’ambito della sostenibilità, ma che non sviluppano delle tecnologie pulite, ovvero non sono catalogabili sotto le cosiddette società “Clean-tech”, come potrebbero essere, ad esempio, le società che producono energia da fonti rinnovabili, che fabbricano dispositivi per ridurre l’erogazione di acqua dai rubinetti o che sviluppano delle tecnologie per ridurre l’emissione di inquinanti, razionalizzare l’utilizzo delle risorse esauribili o riciclare. Nello specifico, potremmo dire che quando si parla di Changing Behaviour Company ci si riferisce a quelle attività che agiscono sui comportamenti umani con il fine ultimo di ottenere atteggiamenti più consapevoli e condotte più rispettose nei confronti dell’ambiente, naturale e civile.
Per comprendere l’affermarsi di tali realtà, bisogna partire da un’importante considerazione, che potrà forse sembrare scontata ma ogni tanto è bene ripeterla: i problemi ambientali e sociali sono causati dalla risultante dei comportamenti singoli. Le sfide che stiamo vivendo oggi richiedono soluzioni sistemiche a livello globale, ma tutto parte dalle scelte che ciascuno di quegli individui che poi daranno origine al sistema. L’impatto che abbiamo sui problemi ambientali e sociali è direttamente correlata ai nostri valori personali e alle nostre prospettive, ecco perché è necessario creare consapevolezza ed istituire dei processi che siano in grado di agire su un cambiamento profondo delle abitudini individuali. Ed è esattamente questa la missione delle Changing Behaviour Company.
Nel Regno Unito, tale l’etichetta raggruppa varie forme giuridiche, con finalità e metodologie d’approccio al cambiamento diverse: associazioni e ongs che promuovono campagne d’educazione, ad esempio, per un corretto riciclo; società di consulenza aziendale che, lavorando sulla consapevolezza delle risorse umane, consentono di progredire più rapidamente nei progetti di responsabilità sociale d’impresa; software houses e digital companies che sviluppano applicazioni in grado di calcolare, ad esempio, le alternative meno energivore o con ridotta emissione di anidride carbonica. Il comune denominatore di queste realtà è quello di porre i singoli individui come cittadini e/o come dipendenti nelle condizioni di poter effettuare delle scelte coerenti rispetto all’intento di seguire propri stili di vita e/o strategie aziendali maggiormente sostenibili per il Pianeta.
Stabilita che questa è la finalità condivisa e che per perseguirla occorre stimolare un’evoluzione sia individuale che collettiva, da dove partire per ottenere un cambiamento nei comportamenti e nelle abitudini della gente? Ebbene, osservando l’operato di queste realtà si può generalizzare dicendo che le metodologie utilizzate per reingegnerizzare le abitudini individuali seguono alcuni o tutti i seguenti processi:

  • Formazione sulla sostenibilità ambientale e/o sociale;
  • Creazione e sviluppo di gruppi di sostegno al processo di trasformazione;
  • Incentivazione e ricompense all’individuo o gruppo che ha commesso azioni virtuose.

Alcune di quelle che vengono chiamate Changing Behaviour Company si fermano alla prima fase processuale, ovvero a quella disseminativa, magari con l’aggiunta di consigli pratici su come ridurre il proprio impatto ambientale, senza però verificare realmente che ci siano stati dei mutamenti negli stili di vita quotidiani. La maggior parte di queste ultime sono realtà che si rivolgono alle persone come cittadini e consumatori, mentre altre si rivolgono alle persone nel loro ruolo di impiegati o meglio – volendo utilizzare dei termini aziendali, dovremmo dire – risorse umane.

carboon footprint

Partendo dalla distinzione delle persone tra cittadini-consumatori e risorse umane e delle rispettive azioni fatte nei loro confronti per modificare in senso ‘green oriented’ il loro comportamento, si può tentare una prima categorizzazione delle Changing Behaviour Companies: quelle rivolte ai primi sono per lo più associazioni di vario tipo che svolgono campagne di sensibilizzazione a vari livelli, oppure imprese sociali a vocazione digitale che grazie soprattutto allo sviluppo dei media sociali cercano di innescare comportamenti virali di tipo sostenibile – un esempio su tutti è The DoNation.
Ma è nella categoria rivolta alle imprese che troviamo maggior dinamismo, se non altro per l’alto potenziale business: trattasi per lo più di changing behaviour company for profit che coadiuvano le aziende clienti nelle loro strategie a ridotto impatto ambientale, soprattutto quelle che hanno già implementato i progetti di responsabilità sociale al fine di renderli più efficaci.
Leggendo il recente rapporto The Annual Sustainability Executive Survey 2012 dell’americana GreenResearch, si trova riscontro sul fatto che il coinvolgimento pratico dei propri dipendenti nelle strategie aziendali rivolte alla sostenibilità è uno de i fattori principali che agevolano il conseguimento degli obiettivi ambientali e sociali posti dall’azienda stessa. Nulla di nuovo, di fatto, rispetto a un qualsiasi progetto di ‘change management’, ma questo spiega ulteriormente perché in Gran Bretagna e negli Stati Uniti stanno nascendo tantissime Changing Behaviour Company rivolte essenzialmente alle imprese.
Provando a tipizzare il gran numero di aziende nate in questi Paesi per cambiare i comportamenti sul luogo di lavoro, abbiamo quindi:

  • Società di coaching convertite alla causa della sostenibilità ambientale e sociale che operano per creare consapevolezza all’interno delle aziende.
  • Società di consulenza che hanno sviluppato sistemi di misurazione della performance del dipendente inclusivi degli aspetti legati alla sostenibilità (es. Tripos Software)
  • Società che hanno dato vita a sistemi di incentivazione e premi che non tengono unicamente conto del comportamento più sostenibile sul posto di lavoro, ma anche dei suggerimenti fatti all’azienda per ridurre il proprio impatto (ad esempio ciò che ha fatto il gruppo Weinreb per EMC)
  • Società IT che hanno sviluppato software in grado di calcolare il risparmio in termini di costi per l’azienda e di anidride carbonica per l’ambiente ogni volta un dipendente compie un’azione “più verde”. Il dipendente viene poi premiato con dei crediti esigibili in forma di buoni sconti o promozioni spendibili presso un partner commerciale (es. Greennurture)
  • Società che operano quasi come dei fund-raiser, dove i fondi raccolti derivano dai risparmi ottenuti dai comportamenti più sostenibili dei dipendenti. Inoltre per aumentare il coinvolgimento di questi ultimi le cause a cui donare i fondi sono scelte colleggialmente dagli impiegati e non dell’azienda (es. Ecoinomy).

Se l’obiettivo delle Changing Behaviour Companies è quindi dato – ovvero innescare una modifica permanente in quelle che sono le abitudini quotidiane e gli stili di vita, in modo che ogni singola persona agisca per ridurre il suo impatto ambientale e si adoperi per creare una società più equa – la loro sfida è invece sempre nuova: in ogni collettività in cui si trovano a operare è necessario identificare le motivazioni più profonde, i problemi più sentiti e l’interesse maggiormente condiviso perché questi fungano da catalizzatori dell’azione degli individui di quello specifico gruppo, sia esso una comunità o un’azienda. Può sembrare banale sottolinearlo, ma se non si tiene conto di queste leve culturali, si rischia di andare incontro ad un completo insuccesso della Changing Behaviour Company.

Carboon footprintBasta osservare una sottile ma importantissima differenza tra i modelli di compagnia sorti negli Stati Uniti rispetto a quelli che si sono sviluppati in Gran Bretagna: i primi sono frutto della cultura tipicamente statunitense tutta tesa alla competizione, dove il cambiamento viene innescato da ‘gare’ tra individui e dove il premio viene dato al singolo (es. Il sistema adottato da EMC che premia il dipendente che ha compiuta più azioni ‘green’ rispetto a tutti gli altri). I modelli inglesi, invece, si rivolgono maggiormente a creare una cooperazione tra individui ed inoltre è spesso presente l’aspetto della devoluzione ad enti che operano nel sociale.

È ora troppo presto per capire se le Changing Behaviour Companies produrranno degli effetti consistenti e permanenti: sono realtà ancora troppo giovani (poche sono le aziende di questo tipo che hanno già raggiunto il primo lustro) e forse in numero inferiore rispetto alla massa critica di cui ci sarebbe bisogno per innescare un processo evolutivo sostenibile. Di certo il loro proliferare significa che stanno coprendo un bisogno emergente e forse anche qualcosa di più, una necessità più profonda rispetto alla logica che guida le sole scelte di mercato: quella di trovare finalmente una bussola in grado di guidarci nelle scelte quotidiane e che ci permetta di uscire dal labirinto dell’insostenibile modello di vita nel quale ci troviamo.

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