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Scrittura

La borghese e la prostituta nella Francia del XIX secolo

Le funzioni della donna sono insite nella sua costituzione: una vagina per ricevere, un ventre per portare, due seni per allattare. Questi tre elementi segnano il suo destino: è fatta per l’uomo e per i figli

Michelle Perrot (Cfr. Michel Winock 2002, p. 156)

Disegno della Belle EpoqueSe alla fine del 1800, in Francia, le prostitute erano considerate uno scarto della società, leggendo l’affermazione di cui sopra non si può certo dire che le mogli e madri se la passassero meglio. Rinchiuse tra quattro mura, educate secondo il principio della sottomissione al marito, le donne di casa finivano per sviluppare dei comportamenti che rasentavano l’isteria e il bigottismo.
Quella stessa società che, con la scusa di una costituzione fisica inadatta a svolgere funzioni non legate alla maternità, le imprigionava in vezzosi corpetti, finiva quindi per rovinarle. E forse, le rovinava più di quanto avrebbe potuto fare battere il marciapiede.

Un donna – sposata, vedova o anziana – non entra mai da sola in un luogo pubblico, sia esso un caffè, un ristorante, un teatro… figuriamoci una ragazza. In compenso, una donna, da sola, è autorizzata ad andare in chiesa, nei negozi o a rendere visita a qualcuno. La ragazza non è quasi mai autorizzata ad uscire da sola. Nemmeno per fare opere di bene.

(Cfr. Anne Martin-Fugier 1983, p. 28)

Le madri che non vedevano di buon occhio l’istinto caritatevole delle figlie giustificavano il loro atteggiamento sollevando la questione dell’igiene: recarsi in una sartoria a tenere compagnia alle lavoranti leggendo loro un libro poteva favorire l’insorgere di gravi malattie. In realtà, le madri temevano che il contatto con donne del popolo, già sessualmente esperte, conducesse le figlie sulla strada della perdizione. Anche il telefono era considerato una sorta di “strumento del diavolo”, e fino al compimento dei vent’anni una ragazza perbene era pregata di starne alla larga (Cfr. Anne Martin-Fugier 1983, p. 28).

Una mancanza quasi totale di autonomia, però, non si traduceva in un’altrettanto assoluta mancanza di istruzione. Le giovani destinate a diventare le nuove frequentatrici dei salotti parigini ricevevano un’educazione molto rigida che non ammetteva “vie di fuga”. Dovevano imparare a governare la casa, a comandare i domestici, a cucire e rammendare per i futuri mariti, a cucinare mantenendo quell’eleganza e quel distacco richiesti dalla loro classe sociale (guai a sporcarsi le mani o macchiarsi i vestiti come una volgare domestica), e a rendersi silenziose e invisibili durante le conversazioni tra uomini. A questo già difficile carico psicologico andavano ad aggiungersi le regole imposte dalla chiesa e dalla religione.

Quadro di BoldiniNon è un caso che una delle figure portanti dell’immaginario maschile fosse la Madonna, vista come simbolo di materna purezza lontana da qualsiasi rapporto con la sessualità. A essa si contrapponeva la seduttrice, il cui unico scopo era dare piacere all’uomo senza generare con lui dei figli. Esisteva, tuttavia, anche una terza figura femminile, quella che l’uomo venerava e idealizzava pur considerandola irraggiungibile: la musa. Il risultato di questa netta distinzione erano mogli e madri a cui veniva negato qualsiasi rapporto sessuale non destinato alla procreazione, amanti che fungevano da semplice “oggetto di piacere” e donne che esistevano solo nella mente di chi le sognava (Cfr. Michel Winock 2002, pp. 153-154)

Il già “roseo” panorama assumeva una tinta ancora più cupa per quanto riguarda il trattamento riservato alle artiste, alle intellettuali e alle donne lavoratrici. Esibirsi in pubblico, tenere delle conferenze o scrivere articoli per un quotidiano equivaleva a essere delle donne di malaffare, poiché si entrava in contatto con un mondo estraneo alla propria famiglia e all’ambiente coniugale. L’obiettivo primario di una donna doveva essere trovare un uomo disposto a sposarla, non era concepibile mostrare una predilezione per l’arte o per la musica, né tantomeno optare per il duro lavoro piuttosto che fare la mantenuta a vita. La donna lavoratrice era malvista dalla società, era autonoma, indipendente e non aveva più quella purezza intellettuale che si richiedeva a una buona moglie; la verginità, infatti, non era solo un concetto fisico ma anche mentale, una donna che leggeva, che aveva determinati contatti umani ed era abituata a cavarsela da sola non era più malleabile e influenzabile e di conseguenza riduceva il piacere del marito.

In un simile contesto è più che logico che alcune giovani spose iniziassero a manifestare segni di nevrosi. Alla fine del 1800, però, l’isteria aveva assunto una connotazione diversa rispetto al passato. Ora non veniva più considerata una malattia motivata dalla costituzione fisica della donna e da uno spostamento dell’utero (Platone nel capitolo XLIV del Timeo afferma: “Nelle donne la cosiddetta matrice e la vulva somigliano a un animale desideroso di far figli che, quando non produce frutto per molto tempo dopo la stagione, si affligge e si duole, ed errando qua e là per tutto il corpo e chiudendo i passaggi dell’aria e impedendo il respiro getta il corpo nelle più grandi angosce e genera altre malattie di ogni specie”), ma era vista come un disturbo mentale giustificato da quel carattere eccessivamente sensibile che faceva di una moglie un’ottima moglie e di una madre un’ottima madre (Cfr. Michel Winock 2002, p. 162). Essere isterica rientrava dunque nella natura stessa della donna, che possedeva una tale nobiltà d’animo da restare vittima di terribili sbalzi d’umore. Il primo ad esprimere un giudizio diametralmente opposto sarà il Dottor Henry de Varigny che, nel redigere la voce donna de La Grande Encyclopédie (1892-1893 vol. 17), chiamerà in causa la società:

L’uomo civilizzato ha attribuito alla donna una precisa collocazione e un ruolo specifico assegnandoglieli in virtù del diritto del più forte. Ma questa scelta può essere definita logica e conforme alle leggi della natura? Viene spontaneo chiedersi se l’uomo, con la forza, non abbia piuttosto oppresso e traviato la donna riducendola a un essere inferiore rispetto a ciò che potrebbe diventare. E chi ha la colpa di questa inferiorità se non l’uomo?

Belle Epoque

Se le borghesi risentivano delle conseguenze della loro condizione, le prostitute, in cambio, dovevano affrontare un altro tipo di problemi. Anche il mestiere più antico del mondo, infatti, era strutturato secondo una specifica gerarchia, e la prostituta di bordello, la demi-mondaine o cocotte e la mondana rappresentavano i tre aspetti del piacere sessuale.

Le prostitute di bordello venivano reclutate attraverso ex prostitute ormai anziane che, con qualche trucchetto, si facevano ricoverare negli ospedali per la cura delle malattie veneree e, una volta individuate le giovani più belle e sventurate, le segnalavano, dietro ricompensa di cinquanta franchi, alle maîtresse, specificando accuratamente a che tipo di uomo sarebbero convenute. In altri casi, alcuni commessi viaggiatori venivano inviati in “avanscoperta” nei paesini di provincia per individuare i “soggetti” più deboli che si sarebbero fatti traviare senza troppa difficoltà (Cfr. Alexandre Parent-Duchâtelet 1836, pp. 189-191). L’esistenza dei bordelli permetteva comunque un maggiore controllo sul mondo della prostituzione, sia da parte delle forze dell’ordine che dal punto di vista sanitario. Molti medici, in quel Disegno di Muchaperiodo, si dimostravano interessati al fenomeno ed elaboravano degli studi che permettessero di capire il come e il perché della diffusione di una simile piaga sociale; tuttavia, questo tipo di ricerche si rivelavano spesso inefficaci poiché si basavano solo su studi precedenti e non prevedevano alcun confronto con la realtà. Nel 1827, però, Alexandre Parent-Duchâtelet (1790-1836), igienista ed esperto di fognature, decise di analizzare il problema da vicino recandosi di persona nei bordelli, nei commissariati e negli ospedali ad intervistare tutte le persone direttamente o indirettamente coinvolte nel giro della prostituzione. Il risultato sarà il volume De la prostitution dans la ville de Paris, considérée sous le rapport de l’hygiène publique, de la morale et de l’administration in cui verranno presi in esame tutti gli aspetti del fenomeno, dall’elenco dei Paesi che fornivano il maggior numero di prostitute al loro avere o meno un ciclo mestruale regolare. Va comunque sottolineato che alcune delle risposte date da Duchâtelet, come ad esempio i motivi che spingevano una ragazza a intraprendere quella vita, sono alquanto discutibili; egli infatti mette al primo posto la pigrizia, al secondo la miseria e al terzo la vanità e il desiderio di risplendere sotto abiti sontuosi. Ciò non toglie che il suo possa essere considerato uno dei primi trattati di sociologia empirica, proprio perché adotta un metodo di studio completamente diverso rispetto ai suoi predecessori.

Rispetto alla prostituta di bordello, la demi-mondaine o cocotte conduceva una vita migliore, ma non per questo socialmente apprezzata. Hugues Le Roux, nel suo saggio Nos filles, qu’en ferons nous? (1898), spiega molto bene la differenza tra questa “categoria sociale” e quella immediatamente successiva delle mondane: “La demi-mondaine ha dieci uomini che la mantengono e un amante che ama; la mondana, se è onesta, ha un uomo che la mantiene e dieci amanti che ama”. Essere una demi-mondaine, o esserlo stata in passato, significava essere una donna “bruciata” e quindi rifiutata da qualsiasi salotto borghese. Un ottimo esempio di questo concetto lo si trova in Á l’ombre des jeunes filles en fleurs, secondo volume di Á la recherche du temps perdu di Proust, dove Odette de Crecy, nota per le sue frequentazioni sia maschili che femminili, sposa Charles Swann senza riuscire però a far dimenticare il suo scabroso passato:

Pour en revenir aux raisons qui empêchèrent à cette époque Odette de pénétrer dans le faubourg Saint-Germain, il faut dire que le plus récent tour du kaléidoscope mondain avait été provoqué par une série de scandales. Des femmes chez qui on allait en toute confiance avait été reconnues être des filles publiques, des espionnes anglaises. […] Odette représentait exactement tout ce avec quoi on venait de rompre et d’ailleurs immédiatement de renouer (car les hommes ne changeant pas du jour au lendemain cherchent dans un nouveau régime la continuation de l’ancien, mais en le cherchant sous une forme différente qui permît d’être dupe et de croire que ce n’était plus la société d’avant la crise). Or, aux dames « brulées » de cette société, Odette rassemblait trop.

Per tornare ai motivi che all’epoca impedirono a Odette di penetrare nel faubourg Saint-Germain, va detto che il più recente giro del caleidoscopio mondano era stato generato da una serie di scandali. Alcune donne dalle quali ci si recava nella più totale fiducia erano state scoperte essere donne da marciapiede, spie inglesi. […] Odette rappresentava esattamente tutto quello con cui si erano rotti i rapporti per poi del resto riallacciarli immediatamente (poiché gli uomini non cambiando dalla mattina alla sera cercano in un nuovo regime il prosieguo del vecchio, ma cercandolo sotto un’altra forma che consentisse di lasciarsi ingannare e credere che non fosse più la società antecedente la crisi). Ora, alle signore “bruciate” di quella società, Odette assomigliava troppo.

Simbolo della Belle Epoque

Da una parte si aveva dunque una società che puntava a fare della donna un essere docile e sottomesso, anche a costo della sua salute mentale, e dall’altra un “mondo sommerso” di perversioni e piaceri sessuali dove gli uomini potevano sfogare i loro istinti trattando le donne come oggetti. In una situazione di questo tipo, le uniche in grado di sopravvivere erano quelle donne dotate di un carattere sufficientemente forte da andare contro le convenzioni sociali, e disposte a correre il rischio di non essere mai accettate.

Bibliografia:

Hugues Le Roux, Nos filles, qu’en ferons nous?, Paris 1898.
Anne Martin-Fugier, La bourgeoise, Hachette Littératures, Paris 1983.
Alexandre Parent-Duchâtelet, De la prostitution dans la ville de Paris, considérée sous le rapport de l’hygiène publique, de la morale et de l’administration, Éditions du Seuil, Paris 1836.
Marcel Proust, Á l’ombre des jeunes filles en fleurs, Folio Classique, Paris 1988.
Henry de Varigny, La Grande Encyclopédie, Paris 1892-1893.
Michel Winock, La Belle Époque, Éditions Perrin, Paris 2002.

 

Commenti

2 commenti a “La borghese e la prostituta nella Francia del XIX secolo”

  1. Interessante l’articolo e magistrale la traduzione! Brava.

    Di edda de battisti | 25 Maggio 2012, 17:25
  2. Eccellente disamina di un aspetto delle troppe infamie subite dalla donne da millenni. Iniziativa lodevole.

    Di paola | 1 Gennaio 2016, 18:10

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