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Percorsi

A croato con Pravato

Reportage dal corso di serbo-croato di Federica Moro per Bottega Errante e Trieste Film Festival (zasdnja lekcjia)

Segnaletica in cirillicoDi solito, una parte dell’ultima lezione di un corso è dedicata al riepilogo dei contenuti affrontati, per fugare eventuali dubbi dalla testa degli allievi. L’ultimo incontro con Federica Moro e il suo corso di serbo-croato pratico tenuto per Bottega Errante non ha fatto eccezione, ma lo ha fatto certamente in modo eccezionale.

Prima di verificare il nostro livello di preparazione, tuttavia, la nostra insegnante ci fornisce le dispense con tutti i riferimenti grammaticali necessari e ci illustra l’ultimo tema davvero indispensabile in previsione di un viaggio nei Balcani: l’alfabeto cirillico.

Se è vero, infatti, che – anche considerando varianti diatopiche – la lingua è una sola e la pretesa di identità di ciascuna parlata è una strumentalizzazione politica, come anche Azra Nuhefendić ha testimoniato, è altrettanto vero che gli alfabeti sono due, e ci sono alcune zone in cui non è contemplato l’uso di quello latino, perciò saper leggere il cirillico può rivelarsi indispensabile. Immaginate di essere in Serbia e di dover cercare la strada per Sarajevo: non la troverete mai, se continuerete a credere che quella indicata sia la direzione per la finora sconosciuta (pensa un po’!) città di Capajebo.

È un alfabeto indubbiamente molto decorativo e – a parte qualche clamoroso tranello – non è poi così distante dagli alfabeti latino e greco (non è una coincidenza, c’è una ragione storica), perciò, chi ha fatto il liceo classico, o almeno un po’ di trigonometria, non resta eccessivamente spiazzato. 
Diverso è il discorso per la grafia corsiva: molte lettere si assomigliano e, scritte l’una di seguito all’altra, diventano praticamente indistinguibili ad un occhio straniero, mettendo seriamente a repentaglio la comprensibilità del testo. È ovvio che non ci capiterà mai di incontrare il corsivo scritto a mano su un cartello stradale o su qualche comunicazione ufficiale, perciò è evidente che Federica ci presenta questa grafia per il gusto sadico di demoralizzarci. Sarà, comunque, importante ricordarsi di chiedere alle persone di scrivere in stampatello, nella situazione in cui debbano darci un biglietto con indicazioni vitali.

L’alfabeto, però, non è la sola peculiarità della variante serba, che – come tutti sanno! – è in dialetto ekavo.
Il serbo-croato, infatti, presenta tre principali varianti, che si distinguono in base all’esito che, nelle vari gruppi di parlanti, ha avuto la vocale /e/ del protoslavo. Talora, infatti, attraverso i secoli si è tramutata in /i/, altre volte in /e/, altre ancora nel gruppo /ije/ (la /j/ è una semiconsonante, perciò non penso sia corretto parlare di trittongo, in questo caso), dando anche luogo alla definizione dei dialetti ikavo, ekavo e ijekavo. Per completezza, dirò che il serbo-croato si distingue anche, e forse prima, in base al pronome interrogativo “cosa”, che è što nella maggio parte dei territori dell’ex-Jugoslavia, mentre in alcune parti della Croazia si usano kaj (come in sloveno) o ča. 

Dialetto ekavo

È importante sapere quale variante è diffusa in quale luogo non soltanto per esprimersi come i locali, i quali, pur essendo, magari, piuttosto sensibili sull’argomento dell’identità linguistica, non avranno problemi di comprensione e perdoneranno facilmente le imprecisioni agli stranieri, bensì – soprattutto – per comprendere a nostra volta i testi. Naturalmente, se saremo sufficientemente padroni della lingua, non avremo alcuna difficoltà a riconoscere che bela è il medesimo termine di uno a noi più noto, bijela, ma non andrà sempre così liscia.
La variante ufficiale del serbo-croato, infatti, è il dialetto ijekavo, perciò, quando saremo in Serbia, dove si parla ekavo, o – ad esempio – nella regione croata della Slavonia, dove si parla ikavo, dovremo tenerlo ben presente e operare mentalmente la trasformazione nella corrispondente alternativa  in ijekavo, se vogliamo avere qualche speranza di trovare un termine sconosciuto nel dizionario.

Un’altra caratteristica, questa volta di carattere morfo-sintattico, della variante serba è la costruzione della frase con i verbi modali come una subordinata oggettiva. Questa, unita al fatto che, invece, la variante croata costruisce la frase con il verbo modale con l’infinito del verbo retto, è una notizia meravigliosa per lo studente italiano, che scopre di poter dire praticamente qualsiasi cosa senza commettere un vero e proprio errore di grammatica.

In pratica, a seconda della zona, è corretto sia dire “Vuoi giocare a baseball, sì o no?”, oppure “Vuoi che tu giochi a baseball, sì o no?”

Kalvin i Hobs igraju bejzbol

Calvin & Hobbes in serbo – pardon, Kalvin i Hobs – sono stati un colpo basso alla mia capacità di concentrazione, e la vostra reporter ha passato il successivo quarto d’ora a rimirare la preziosa fotocopia e a sghignazzare trasognata. Trascorso questo tempo, ho iniziato a tormentare l’insegnante per farmi prestare il libro da cui essa era tratta, finché lei, estenuata, non ha lanciato il ripassone, facendo ricorso all’arma segreta finora accortamente taciuta: un gioco.

Non un gioco qualsiasi, bensì un gioco da tavolo – tipo Monopoli – interamente realizzato dalla nostra Federica Moro in persona.
Il piano di gioco è la carta dell’ ex-Jugoslavia e delle zone limitrofe. Partendo da Trieste, bisogna fare il giro dei Balcani e tornare indietro; ogni casella prevede un’azione: formulare agli avversari o rispondere a una domanda, procedere più o meno speditamente o saltare un turno, a seconda delle indicazioni trovate sulle carte (anch’esse rigorosamente by Fed). La casella Ć (che sta per ćevapi, o ćevapčići) fa stare fermi un giro, a digerire, ma se in precedenza si aveva pescato la carta della rakija, dal noto potere “disgorgante”, la si può giocare e procedere regolarmente.
La carta del bus fa tornare indietro di due caselle. “Ma scusa, con il bus non si va più veloce?” – protesta subito la squadra che l’ha pescata. “Ma voi l’avete mai preso un autobus in Bosnia?” – spiega Federica, raccontando poi le sue peripezie di viaggiatrice in quelle terre.

Rakija

La partita prosegue avvincente, con un testa a testa fra la pedina rossa e quella blu che, dopo un primo momento di svantaggio, ha recuperato terreno, e con momenti di vera tensione, quando le squadre devono decidere che cosa chiedere agli avversari, cercando, cioè, all’interno di quelli studiati, un argomento linguistico che si presume sconosciuto ai compagni di corso, cosa che, va da sé, non esiste e, se c’è, probabilmente era una cosa difficile, sconosciuta anche a chi la sta cercando.

La partita termina (vinciamo noi rossi, ma solo di misura, e il risultato è emblematico essendo questo il lunedì sera dello spoglio dei risultati delle elezioni) e con essa si conclude Viaggia con parole tue, il corso di serbo-croato più divertente che ho mai frequentato (e potete fidarvi, perché, sebbene la mia competenza della lingua sia infinitamente scarsa, non ne ho frequentati pochi).
Non è, però, tempo di struggenti addii, perché ci rivediamo tutti fra un paio di settimane per gustare insieme una cena a base di cucina serba in un ristorante della zona.
Guarda caso, proprio la sera prima del compleanno di Federica… 

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