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Arte

Kandinskij e l’esperienza musicale

Kandinskij e l’esperienza musicale

Amazzone - KandinskijNel corso della sua carriera di artista, Kandinskij ha sempre tenuto in alta considerazione la musica come modello estetico. Fin dallo scritto Linguaggio dei colori (1910), Kandinskij tenta di definire una sorta di “trattato di armonia” analizzando le risonanze psicologiche del colore con il mondo sonoro [1]. Del colore arancione, per esempio, scrive che “ha il suono di una campana mediana che chiami all’angelus, o come un robusto contralto, come una viola che canti un largo”. A proposito del viola, “un rosso reso più freddo, tanto fisicamente quanto psichicamente”, il pittore osserva che “è simile al suono del corno inglese, della zampogna e, in profondità, somiglia ai suoni profondi degli strumenti di legno (per esempio del fagotto)”. Ma è sul bianco che Kandinskij si sofferma più a lungo, su questo “simbolo di un mondo nel quale tutti i colori, in quanto qualità e sostanze materiali, sono spariti. Questo mondo sta così alto sopra di noi che non ci riesce di udire alcun suono che ne provenga. Ne proviene anzi un grande silenzio che rappresentato materialmente ci appare come un muro freddo, invalicabile, indistruttibile, che si prolunghi all’infinito. Per questo il bianco agisce sulla nostra psiche come un grande silenzio, che per noi è assoluto. Interiormente risuona come un non suono, abbastanza simile a certe pause della musica, a quelle pause che interrompono solo temporaneamente lo svolgimento di una frase o di un contenuto e non sono la definitiva conclusione di uno svolgimento. E’ un silenzio che non è morto, ma pieno di possibilità”. D’altra parte, anche l’accostamento antitetico tra il bianco e il nero suggerisce al pittore un’analogia con il suono: “[Il nero] esteriormente è il colore che ha minore sonorità e sul quale perciò ogni altro colore, il meno sonoro, risuona con maggior forza e precisione. Non così il bianco, sul quale quasi tutti i colori hanno smorzata la loro sonorità, e sul quale alcuni perfino si sciolgono, lasciando un’eco debole e affievolita” [2]. Quelle che possono sembrare delle metafore che svolgono un semplice ruolo retorico sono, in realtà, il punto di partenza di un lungo cammino verso la musica intesa come sintesi delle arti. 

Alcuni testi dedicati a tematiche estetiche più ampie possono, forse, suggerire l’idea del tragitto che Kandinskij compie in quella terra di confine che mette in dialogo la musica con la pittura. Strutture melodiche e sinfoniche, per esempio, contenuto ne Lo spirituale nell’arte [3] testimonia dell’interesse del pittore per gli accostamenti tra forme armoniche “applicate” a contesti diversi – l’immagine da un lato, la melodia dall’altro- ma, sostanzialmente, analoghe. Mettendo a confronto alcune tele di Albrecht Dürer, Raffaello e Cézanne, Kandinskij elabora un principio generale: “Come in musica ogni costruzione ha un ritmo suo proprio, come in tutta la ripartizione assolutamente fortuita delle cose in natura esiste ogni volta un ritmo, così accade anche nella pittura. Senonché nella natura questo ritmo non ci appare sempre chiaro, perché in certi casi, e proprio in quelli importanti, non ci sono chiari i suoi scopi”. Il ritmo è un fenomeno universale, ma “la distinzione tra ritmico e aritmico è completamente relativa e convenzionale, proprio come la distinzione tra consonanza e dissonanza, che in fondo non esiste”. Non è certo un caso se “come esempio di questa costruzione melodica evidente, a ritmo aperto”, il pittore russo suggerisce Le Bagnanti di Cézanne. Non esita neppure a usare il termine “sinfonico” per indicare tutti i casi in cui lo sviluppo delle arti visive gli sembra accostabile alla musica: “Molti quadri, xilografie, miniature, ecc. di epoche artistiche passate sono esempi di composizione “ritmica” più complessa, con spiccate allusioni al principio sinfonico; basti ricordare gli antichi maestri tedeschi, persiani, giapponesi, le icone russe e specialmente i giornali popolari” [4]. Verità o provocazione? Quello che appare certo è che in questo saggio Kandinskij ha un altro obiettivo: vuole indicare una certa continuità tra la pittura figurativa e quella astratta, perciò include nel testo anche alcune sue opere (Improvvisazione n.5, Improvvisazione n. 18, entrambi del 1911), evidenziandone la natura formale in modo analogo a quanto ha fatto con i maestri del passato. Il risultato visivo è diverso perché ormai la “necessità interiore” ha preso il sopravvento sul dato mimetico che governa l’arte figurativa, ma se ciò avviene non è con minore rigore rispetto a quanto ammiriamo nell’arte antica.

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In uno scritto come Alcune considerazioni sull’arte sintetica (1927) Kandinskij trasporta le necessità estetiche sul piano della critica sociale. Lontano dalle teorie sulla forma, qui il pittore prende posizione contro il materialismo e rilancia l’idea di un’arte “sintetica” che possa restituire all’uomo la sua integrità sia morale che espressiva: “Considerato dall’esterno”, scrive Kandinskij, “il nostro tempo, in contrapposizione all’ordine del secolo scorso, può essere definito con una parola: caos. Le massime contraddizioni, le affermazioni più radicalmente opposte, la negazione del tutto a favore dell’individuo, il rovesciamento della tradizione e i tentativi di restaurarla subito dopo, lo scontro degli obiettivi più svariati formano un’atmosfera che conduce l’uomo alla disperazione e a una confusione apparentemente senza precedenti. L’uomo di oggi si trova continuamente dinanzi alla necessità di scegliere rapidamente: egli deve senza indugio accettare un fenomeno e rifiutare l’altro: aut-aut, dove i due fenomeni vengono considerati come puramente esteriori e in modo   assolutamente esteriore. In ciò risiede il carattere tragico del tempo” [5]. Questa situazione, secondo Kandinskij, appartiene in realtà al secolo passato, si tratta di un retaggio dell’Ottocento destinato – almeno sul piano estetico, se non etico- a venire sostituito da un nuovo principio: “Il XX° secolo sta sotto il segno ‘e’ “, vale a dire il contrario dell’aut-aut, la connessione tra i fenomeni, così come tra le arti, è destinata a sostituire il vecchio mondo delle opposizioni “esteriori”, delle istituzioni e delle regole imposte dall’esterno all’arte. La mano dell’artista, si potrebbe dire, scopre un terreno di caccia dove non c’è più limite alla creazione delle forme: lo si vedrà sempre meglio con l’evoluzione dall’astrattismo primo Novecento – ancora imbevuto di utopie rivoluzionarie- fino a quello, in un certo senso più fatalista, degli anni Cinquanta (Pollock, De Kooning). L’affermazione della libertà procedeva parallelamente, come Kandinskij aveva ben compreso, alla caduta degli steccati tra le forme espressive (teatro, danza, pittura, cinema). Sullo sfondo di queste affermazioni dal sapore sociologico, rimane l’acquisizione decisiva di un nuovo mondo sonoro al quale Kandinskij non ha mai smesso di fare riferimento.

Dal punto di vista storico non erano certo mancati, in ambito musicale, tentativi più o meno sistematici di abbinare i suoni ai colori. Kandinskij cita, per esempio, il Prometeo di Scrijabin per grande orchestra, piano, organo, coro e clavier à lumière. Nel progetto originario, Scrijabin prevedeva una corrispondenza tra le note e i colori (per esempio tra il rosso e il do maggiore, tra do diesis/re bemolle e il viola, etc.) [6]. Anche il compositore lituano K.Ciurlionis [7] aveva composto delle Sonate accompagnandole con i suoi quadri. Il simbolismo di Ciurlionis, tuttavia, rimane lontano dagli ideali di riscatto dell’avanguardia e, dal punto di vista musicale, resta confinato nell’ambito romantico del poema sinfonico. Il grande modello con cui confrontarsi, in realtà, era il teatro musicale di Wagner. Kandinskij giunge a considerare la riforma wagneriana prendendo in considerazione l’uso della parola e degli elementi di scena: “Il suo noto uso del leitmotiv è uno sforzo di caratterizzare l’eroe, non soltanto mediante attrezzi teatrali, truccature ed effetti di luce, ma con un determinato preciso motivo, dunque con un mezzo puramente musicale. Questo è una specie di atmosfera spirituale, musicalmente espressa, che precede l’eroe, che questi dunque proietta spiritualmente a distanza” [8]. Partendo da questo primo tentativo, Kandinskij costruisce un percorso d’ascolto attraverso la musica moderna che include Debussy e arriva fino ai primi esempi di musica dodecafonica di Arnold Schoenberg. Il filo che unisce questi musicisti è l’emancipazione del suono e la capacità di quest’ultimo di assecondare ciò che il pittore chiama “il bello interiore”, vale a dire “il bello che, mettendo in disparte il bello consueto, viene adottato per imposizione di un’interiore necessità”. E’ chiaramente Schoenberg a conquistare il primato tra i compositori più vicini alle idee di Kandinskij: “La musica di Schoenberg ci conduce in una regione nuova, dove le esperienze musicali non sono di ordine acustico, ma puramente psichico. Qui comincia la musica dell’avvenire” [9].

Note:

[1] Cfr. V.Kandinskij, Linguaggio dei colori in Scritti intorno alla musica, ed. Discanto, 1979, pp. 24-43.
[2] Cfr. V.Kandinskij, op. cit., p. 34.
[3] Cfr. V.Kandinskij, Strutture melodiche e sinfoniche in op.cit., pp. 24-43.
[4] Cfr. V.Kandinskij, op. cit., p. 48.
[5] Cfr. V.Kandinskij, Alcune considerazioni sull’arte sintetica in op. cit., pp. 72-81.
[6] Cfr. V.Kandinskij, op. cit., p. 76.
[7] Mikalojus Konstantinas Čiurlionis (1875-1911) è stato un pittore e musicista lituano. Dopo avere studiato pianoforte e composizione al Conservatorio di Varsavia, incominciò ad interessarsi alle scienze naturali, alla storia e alla letteratura, anche se la sua principale fonte d’ispirazione rimase la religione o, per meglio dire, un sentimento mistico della realtà e del mondo naturale. Sul compositore esiste un sito dedicato alla vita e all’opera: http://ciurlionis.eu/en/
[8] Cfr. V.Kandinskij, La svolta, op. cit., p. 17. Nello stesso periodo in cui Kandinskij pubblica Lo spirituale nell’arte (1912) interviene a proposito del teatro wagneriano nel testo Il contributo di Wagner (confluito poi nell’edizione italiana di Tutti gli scritti, ed. Feltrinelli).
[9] Cfr. V.Kandinskij, op. cit., p. 19.

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