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Scrittura

Benjamin critico di Baudelaire: la filologia in “chiave materialistica” (III)

Walter BenjaminAltro punto in cui Benjamin si ricollega al ricordo ed introduce un ulteriore concetto correlato all’immagazzi-namento delle esperienze vissute cristallizzate, si riscontra in Parco centrale all’altezza di questa citazione di Spleen II, di cui compare il verso incipitario:

La figura-chiave della vecchia allegoria è il cadavere. La figura-chiave della nuova allegoria è il «ricordo». Il «ricordo» è lo schema della trasformazione della merce in oggetto di collezione.
Le correspondances sono, di fatto, le infinite risonanze di ogni ricordo con tutti gli altri. «J’ai plus de souvenirs que si j’avais mille ans». (Benjamin 2014, p. 143)

Notevole è qui l’importanza dell’ “oggetto di collezione”: l’osservatore compie un avanzamento nel processo di immagazzinamento dei ricordi e diventa custode, oltre che ricevitore, degli oggetti, i quali diventano reliquie dopo essere stati, in un certo senso, “archiviati”. Disponendo di queste risorse, l’osservatore, colpito dallo choc e spinto ad accogliere in sé la sensazione da esso derivata, ha la possibilità di divenire “rimuginatore”: Benjamin nota che Baudelaire “[d]el rimuginatore ha la stereotipia dei motivi, la fermezza nel rifiuto di tutto ciò che potrebbe distrarlo, la capacità di porre continuamente l’immagine al servizio del pensiero. Il rimuginatore, come tipo storicamente determinato di pensatore, è quello che è di casa fra le allegorie” (Benjamin 2014, p. 136). In questo modo, dunque, il rimuginatore si troverebbe catapultato nel firmamento dei propri ricordi, nel magazzino in cui sono stati disposti (ed ordinati secondo memoria) gli choc di freudiana definizione; da qui egli è portato ad individuare le “infinite risonanze di ogni ricordo con tutti gli altri”, instaurando così delle correspondences, le quali sono poste alla base dell’allegoria. Condizione fondamentale perché questa si verifichi, però, è la “trasformazione della merce”, la quale deve essere de-reificata e personalizzata dall’osservatore. In altre parole, soltanto togliendo agli oggetti (di cui anche gli oggetti poetici ed artistici, s’intende) l’etichettatura che li rende merci, è possibile che questa catalogazione avvenga. Il luogo in cui questa avverrà, poi, è l’“interno”, il nuovo spazio dell’allegoria, della quale è stato osservato che “ha sgombrato, nell’Ottocento, il mondo esteriore, per stabilirsi in quello interno”. A proposito di ciò, Benjamin osserva che

[l]’intérieur è l’asilo dell’arte. Il collezionista è il vero inquilino dell’intérieur. Egli si assume il compito di trasfigurare le cose. È un lavoro di Sisifo, che consiste nel togliere alle cose, mediante il suo possesso di esse, il loro carattere di merce. Ma egli dà loro solo un valore d’amatore invece del valore d’uso. Il collezionista si trasferisce idealmente non solo in un mondo remoto nello spazio o nel tempo, ma anche in un mondo migliore, dove gli uomini, è vero sono altrettanto poco provvisti del necessario che in quello di tutti i giorni, ma dove le cose sono libere dalla schiavitù di essere utili. L’intérieur non è solo l’universo, ma anche la custodia dell’uomo privato. Abitare significa lasciare impronte, ed esse acquistano, nell’intérieur, un rilievo particolare. (Benjamin 2014, p. 154)

Walter Benjamin

Riprendendo un appunto di Parco centrale, si potrebbe così riassumere, concisamente ed efficacemente, questo pensiero: “Maestà dell’intenzione allegorica: distruzione dell’organico e del vivente – soppressione dell’apparenza” (Benjamin 2014, p. 136). Il mondo esteriore, dunque, è diametralmente opposto a quello interiore, e va trasceso in favore di questo; così l’allegoria ottocentesca cambia il proprio orizzonte, lasciando il proprio oggetto “avulso dai nessi della vita: distrutto e conservato nello stesso tempo” (Benjamin 2014, p. 135) grazie al ricordo, immagazzinato dalla coscienza dopo la fase di choc.

Portando l’attenzione allo scontro che questo fenomeno implica, si ritorna al concetto della folla. A proposito di questo preciso momento, però, Benjamin individua una lirica in particolare in cui Baudelaire lo descrive: Le Soleil, il poema iniziale delle Fleurs du Mal, in cui è fortemente presente una chiara e lucente allegoria che funge quasi da dichiarazione di metodo.

Le long du vieux faubourg, où pendent aux masures
Les persiennes, abri des secrètes luxures,
Quand le soleil cruel frappe à traits redoublés
Sur la ville et les champs, sur les toits et les blés,
Je vais m’exercer seul à ma fantasque escrime,
Flairant dans tous les coins les hasards de la rime,
Trébuchant sur les mots comme sur les pavés,
Heurtant parfois des vers depuis longtemps rêvés.

Ce père nourricier, ennemi des chloroses,
Eveille dans les champs les vers comme les roses;
Il fait s’évaporer les soucis vers le ciel,
Et remplit les cerveaux et les ruches de miel.
C’est lui qui rajeunit les porteurs de béquilles
Et les rend gais et doux comme des jeunes filles,
Et commande aux moissons de croître et de mûrir
Dans le cœur immortel qui toujours veut fleurir!

Quand, ainsi qu’un poète, il descend dans les villes,
Il ennoblit le sort des choses les plus viles,
Et s’introduit en roi, sans bruit et sans valets,
Dans tous les hôpitaux et dans tous les palais.

(Baudelaire 2011, p. 360)

Walter Benjamin

Di questa lirica Benjamin ricorda in particolare la prima strofa, la quale descrive il contatto del poeta con la folla. È qui presente l’allegoria legata alla scherma, che sembra riferirsi ad  “un duello in cui l’artista, prima di soccombere, grida di spavento. Questo duello è il processo stesso della creazione. Baudelaire ha posto quindi l’esperienza dello choc al centro stesso del suo lavoro artistico” (Benjamin 2014, p. 97), collegando ad essa il fenomeno dell’allegoria. Nelle strofe successive, infatti, domina un soggetto in particolare, il sole, il quale viene colto con un particolare sensus allegoricus e viene paragonato ad un poeta che, creando mentre esercita la propria vocazione, “ennoblit le sort des choses les plus viles” grazie alle proprie risorse retoriche ed al proprio potere divino. Ecco la personalizzazione della merce, passaggio grazie al quale ogni oggetto osservato riceve una verve che lo nobilita, appunto, inquadrandolo in un’allegoria. Come ha osservato Benjamin, però, questa azione richiede una certa destrezza ed un certo impegno al poeta, il quale combatte il proprio duello con la creazione, esperendo il “lavoro di Sisifo” che la riclassificazione della merce comporta.
Inoltre, è importante osservare che questa lirica è la seconda dei Tableaux parisiens , e con la precedente Paysage compone una sorta di confessione del poeta che descrive la sua azione di “osservatore-rimuginatore-collezionista” (per dirla con Benjamin), essendo però ad essa contrapposta. In Paysage, infatti, il poeta descrive se stesso come outsider della società, si relega in una mansarda e dichiara di voler osservare da lì la vita che formicola e brulica sotto i suoi occhi; nel Soleil, invece, si riconosce nel sole e pone se stesso e la sua azione in paragone all’azione dell’astro.
Questa abilità particolare, peraltro, è tipica del flâneur, personaggio (o meglio modus sociale) topico nelle poesie di Baudelaire, e, prima ancora di lui, importante per la produzione del Poe narratore della grande città. Una nota esplicativa in Di alcuni motivi in Baudelaire, chiosando riguardo al rapporto del flâneur con la “folla amorfa dei passanti, del pubblico delle vie”, recita infatti che “[d]are un’anima a questa folla è il vero scopo del flâneur. Gli incontri con essa sono l’esperienza che non si stanca mai di raccontare. Determinati riflessi di questa illusione rimangono nell’opera di Baudelaire” (Benjamin 2014, p. 99, n 1).
Fondamentale per la formazione del flâneur, poi, è la Parigi haussmanniana, città risorta dalla sue ceneri con la dirompente forza dei moderni materiali da costruzione. Nella ville risalente alla prima metà dell’Ottocento si avviavano nuove correnti architettoniche che facevano perno su nuove maniere di costruzione, le quali avrebbero cambiato in maniera preponderante l’aspetto della città e l’avrebbero proiettata sempre più verso il futuro, verso l’innovazione che l’avvento del capitalismo richiedeva. Come nota Benjamin, infatti, “[l]a prima condizione del loro sorgere è l’alta congiuntura del mercato tessile. Cominciano ad apparire i magasins de nouveauté, i primi établissements che tengono grossi depositi di merci. Essi sono i precursori dei grandi magazzini” (Benjamin 2014, p. 145), sancendo la nascita dei luoghi del bighellone baudelairiano: i passages, lunghe gallerie in cui spiccano, come gioielli, i negozi della città, risultati dell’accelerazione che il capitalismo comporta. Poco alla volta, dunque, l’attività edilizia sempre più spesso tende a ricorrere a due materiali: il ferro, che “si impiega nelle gallerie, nei padiglioni delle esposizioni, nelle stazioni ferroviarie – che sono tutte costruzioni a scopi di transito” (Benjamin 2014, p. 147), ed il vetro, sebbene con molte più riserve. L’evoluzione architettonica parigina comporta anche diversi aspetti, che Benjamin analizza con attenzione in Parigi. La capitale del XX secolo, quali i panorami visuali permessi dalle prime sperimentazioni dagherrotipiche,[1] le esposizioni universali,[2] anch’esse legate alla merce e al commercio di essa, il già citato intérieur[3] e, appunto, la trasformazione operata da Haussmann.[4] Questa concentrazione sull’elemento dello spazio, combinata alla capacità di osservazione del flâneur, genera quella che Benjamin definisce “fantasmagoria”, vale a dire il susseguirsi onirico di immagini appartenenti alla realtà, le quali si affastellano però, grazie all’esperienza, come se fossero tante parti di un sogno, che il flâneur deve vivere quando capita al cospetto di queste nuove forme architettoniche ed urbane.

Benjamin critico di Baudelaire: la filologia in “chiave materialistica” (I)

Benjamin critico di Baudelaire: la filologia in “chiave materialistica” (II)

Note:

[1] Cfr. Benjamin 2014, pp. 148-150.
[2] Cfr. ivi, pp. 150-152.
[3] Cfr. ivi, pp. 153-154.
[4] Cfr. ivi, pp. 157-160.

Bibliografia:

Baudelaire 2011
Charles Baudelaire, Tutte le poesie e i capolavori in prosa, a cura di Massimo Colesanti, Newton Compton, 2011, Roma.

Benjamin 2012
Walter Benjamin, Charles Baudelaire. Un poeta lirico nell’età del capitalismo avanzato, a cura di Giorgio Agamben, Barbara Chitussi e Clemens-Carl Härle, Neri Pozza, 2012, Vicenza.

Benjamin 2014
Walter Benjamin, Angelus Novus, a cura di Sergio Solmi, Einaudi, 2014, Torino.

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