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Scrittura

Sidaja e il cuore del lago

Archaeopteryx

Immagine articolo Fucine Mute“La documentazione paleontologica delle forme di passaggio fra rettili e uccelli è estremamente scarsa, ma in Baviera sono stati scoperti i resti fossili di un animale che si può considerare un’autentica forma di transizione tra l’una e l’altra classe. Si tratta di Archaeopteryx vissuto circa 150 milioni di anni or sono. Molte delle sue caratteristiche scheletriche somigliano a quelle degli uccelli moderni e il suo cranio è chiaramente intermedio tra quello dei rettili e quello degli uccelli. Di taglia simile ad un piccione, l’Archaeopteryx doveva avere scarso peso ed era provvisto di penne del tutto simili a quelle degli uccelli di oggigiorno. Le penne della coda erano ordinate in maniera metamerica, un paio per vertebra, e larghe porzioni della superficie del corpo dovevano essere implumi. Le due mascelle, superiore ed inferiore, erano provviste di denti e la forma generale del corpo assomigliava più a quella di un rettile che a quella di un uccello”.

San Serafino di Sarov arrivò a Trieste dalla lontana Russia alla fine degli anni ottanta, esattamente nel maggio del 1987, attirato dai racconti di alcuni monaci che avevano soggiornato nella città; si narrava di un naturalista che durante il giorno pur muovendosi come un rettile, era capace di voli incredibili e la sera se ne andava a dormire in mezzo ai cormorani, sulle boe degli allevamenti di mitili antistanti le falesie del sentiero Rilke. Questo comportamento indusse Serafino a credere che si trattasse veramente dell’archaeopteryx.
Per prima cosa dovrai appostarti al tramonto sulla falesia con un potente cannocchiale e identificare la sagoma inconfondibile, disse ad un suo allievo.
Non sarà semplice. Dovrai perderci del tempo, continuò a spiegare Serafino, perché i cormorani mancando della ghiandola dell’uropigio, la quale secerne la sostanza grassa che gli uccelli acquatici usano per rendere impermeabile il loro piumaggio spalmandosela con il becco, usano asciugarsi le ali aprendole all’aria come Cristo in croce e se ne rimangono così immobili per lunghi periodi fin oltre il tramonto. L’archaeopteryx, che ha imparato a imitare questa tecnica, si mimetizza molto bene, ma non ha la stessa resistenza di un cormorano e quindi bisogna sperare che tiri giù le braccia prima del tramonto, quando la luce permette ancora di distinguere chiaramente le sagome.

Maestro, chiese incuriosito l’allievo, come mai tanto interesse per questa persona?
E dire che non so nemmeno il suo nome.
Si chiama Sidaja, rispose Serafino.
Vedi, quando un santo viene a conoscenza dell’esistenza di un archaeopteryx è costretto a lasciare tutto per seguirlo durante le fasi del suo sviluppo. Un giorno capiterà anche a te e forse capirai. Per il momento ti basti sapere questo.
Ora però vai, si è fatto tardi e, mi raccomando, tienimi informato.
La telefonata dell’allievo arrivò come sempre alle ore più strane della notte: Maestro! è sicuramente un giovane archeopteryx. Ha ancora i segni della caduta e il braccio sinistro gli duole in continuazione.
L’ho inoltre seguito per un’intera settimana ed è andato sette giorni su sette al pronto soccorso alla stessa ora per presunti attacchi di tachicardia e cardiopalmi.
Qual’ é stato il resoconto del medico di guardia, chiese Serafino.
Niente, le solite venti gocce di valium.
Parto immediatamente.

Immagine articolo Fucine MuteLa fase che precede quella di archaeopteryx viene chiamata “fase del tanghero”, dove regna per l’appunto ignoranza, leggerezza ma anche tanta innocenza. Quella di transizione, invece, detta del tanghero-archaeopteryx è estremamente delicata perché in questo preciso momento il Tanga si manifesta apertamente, IMMAGINE INGRANDITAalla luce del giorno. Il Tanga è il T-angelo che vive nel Tanghero.
La sua caratteristica è quella di essere ossessionato dalla lettera “T”, soprattutto da una parola che lo ha reso nel tempo un degno avversario dell’uomo: il Tutto.
Nel dizionario della lingua italiana troviamo scritto che il tanga in realtà è un coprisesso femminile di terracotta di dimensioni molto ridotte rinvenuto in scavi archeologici in alcune zone dell’America meridionale. Da questa semplice informazione se ne deduce che il T-angelo è di origini americane ed è femminile. è quest’ultima caratteristica infatti a provocare nel tanghero il primo segnale d’allarme. Non sto parlando di una semplice e banale scoperta sessuale, bensì di qualcosa di molto leggero, invisibile, spesso legato alla sensibilità, al risveglio del lato oscuro della mente: la magia.
Quella dell’archaeopteryx viene chiamata magia omeopatica.

Ad un certo momento, dicevamo, il tanghero-archaeopteryx si accorge della presenza del T-angelo e questo grazie alla caduta; ma non sa ancora cosa stia succedendo veramente intorno a lui. Quello che avverte è solo una continua sensazione di pericolo, che avrà come risultato la nascita dell’istinto di sopravvivenza, senza il quale nessuna specie, incluso l’uomo, potrebbe sopravvivere in un ambiente ostile.
Il Tanga, molto furbo e organizzato comincia a ribellarsi al tanghero-archaeopteryx, che ha iniziato ad avvertire qualcosa di fastidioso senza però sapere ancora dove andare a cercarne le cause. L’unica cosa da fare è quella di portare a termine nel più breve tempo possibile la terza fase: procurarsi un cavallo e raggiungere un monastero lontano; poi, con una canoa, scendere le acque di un fiume fino alla foce, dove una nave ben mimetizzata è pronta a salpare l’ancora per un mondo de-recuperato,situato tre volte ad est,un mondo tutto “attaccato” che “s-offre” solo per chi è disposto a cambiare.
Alcuni anziani di una cittadina dell’Italia centrale de-recuperata sono convinti di vedere un falco in cima al colle che, nelle prime ore del giorno, spicca il volo e compie strani cerchi per poi tornare a posarsi sempre nello stesso punto. Lo chiamano girfalco e la cittadina porta il nome di Fermo. La banale caratteristica dei suoi abitanti è quella di passare gran parte del tempo fermi nello stesso punto, meno banale fu che un giorno uno di loro stanco di restare fermo decise di mettersi a sedere. Così Sidaja incontrò Serafino di Sarov.

Her(m)esZoster, disse il santo russo a riguardo di archaeopteryx. è una persona delicata, messa al mondo in un magico inferno soloIMMAGINE INGRANDITA per sorreggere un cuore che odora di morte e che nulla può contro le stragi silenziose che scherzano con la vita. E tutto questo perché un giorno alcuni geni comandarono ad intere popolazioni di estinguersi per lasciare il posto a quelle migliori e la civetta, pur di sopravvivere, scelse la notte.
Oggi, l’H.Z. (Hermes Zoster) è una medicina omeopatica di largo consumo ricavata dall’esame di una ciocca dei suoi capelli che il dr. Bruno Rupini fece analizzare in una sconosciuta clinica della Germania.

Sidaja e la notte del ghiro

Muoversi nei ricordi celati sotto una folta vegetazione non è cosa da tutti i giorni. Perdersi è un gioco da ragazzi, lasciarci le penne lo è da adulti.
Per Sidaja le cose cambiano perché il mondo de-recuperato è il suo habitat naturale.
Il naturalista Franco Perco usò il de-recupero come ultima soluzione per una salvaguardia efficace del territorio. Perché continuare a modificare il nostro territorio, si chiedeva. Non è forse giunto il momento di lasciare che la vegetazione torni a ricoprire la terra? Si perderanno le tracce del passato, certo, ma quel che rimarrà saranno i nostri ricordi custoditi e protetti nelle menti più attente fino al risveglio di una penna in grado di seguire un giusto equilibrio tra natura e uomo, dando così vita ad un nuovo atlante, con un paesaggio da vedere e imparare a vedere con occhi nuovi, con l’esperienza di chi sta tornando indietro.
L’atlante di Sidaja ha inizio nella splendida piana di Cerknica dove si verifica uno spettacolare fenomeno di carsismo: le acque del lago Circonio, a causa della natura calcarea del terreno, periodicamente scompaiono. Durante l’estate, nel periodo di secca, diventa visibile il singolare apparato idrico del lago alimentato sia da risorgive che da piccoli affluenti. In canali sinuosi le acque, provenienti da diverse direzioni, attraversano la piana per defluire successivamente in piccoli inghiottitoi, in ampie voragini ed in veri corsi fluviali sotterranei di grandi dimensioni, la cui morfologia è sotto molti aspetti ancora sconosciuta.

Si contano nella piana circa una sessantina di inghiottitoi, ma è solo attraverso uno di questi che Sidaja potrà conoscere i sentieri della sua vita.
Sidaja arrivò sulle sponde del Circonio attratto dall’ultima goccia del lago che si stava aggrappando con tutte le forze all’esile canna. La guardò a lungo fino all’istante in cui scomparve nell’inghiottitoio calcareo.
Sono proprio un fossile da letto, pensò, che ha corpo e mente sotto il dominio di suor lexotan con le sue gocce di clausura.
Ecco, disse, questa è l’ultima per la ninna nanna dosata e testata sul cuscino d’argilla di questo lago. Di solito prendeva cinque gocce per calmare l’ansia, ma quella sera si sentiva particolarmente agitato e di gocce decise di prenderne esattamente il doppio. Sulla ricetta del medico infatti c’era scritto: dieci gocce, sonno. Il medico di fiducia era uno di quelli devoti alla medicina omeopatica. Una volta tagliò una ciocca dei suoi capelli e li fece analizzare. Non più analisi del sangue, disse il dott. Rupini. Oggi gli stessi risultati possiamo ottenerli anche dall’analisi di un capello. Vedrai, troveremo come combattere l’insonnia e a dircelo sarà un sottile capello.
Ah si, dottor Rupini, ma lei non sa che sul lago Circonio si affacciano due montagne, lo Javornik e la Slivnica, dove vivono le streghe. Anche loro sono responsabili del mio sonno agitato, ne sono sicuro.

Eccole ancora loro, le streghe, capaci di turbare una mente lucida e severa come quella di Sidaja. Vedeva l’immagine di una donna vestita di nero, con un cappello a cono ornato da una fibbia in metallo, in atto di cavalcare una scopa, alta su di un paesaggio campagnolo. L’immagine s’ingrandiva ad ogni risposta che sollecitava nella sua mente con le sue domande, fino a diventare ossessiva. La curiosità per l’insolito, il pauroso, l’occulto, il misterioso. Sulla figura della strega lesse moltissimi libri che parlavano di incantesimi, riunioni notturne, riti intorno ad un albero di noce, filtri, magie. E non era più un bambino.
Bisogna essere liberi da ogni sorte d’incantesimo, soprattutto in quel paesaggio magico dai richiami tipicamente scandinavi, che fa da sfondo al lago Circonio situato alle pendici del monte Nevoso, con quei meravigliosi boschi che lambiscono gran parte delle sue sponde e quei prati di un verde acceso dove vivono i Re di Quaglie.
Sidaja costeggiò il lago ormai prosciugato e non appena si fu addormentato si sollevò in volo come fa l’alzavola, la più piccola anatra europea riconoscibile per uno specchio verde intorno all’occhio, cioè s’alza-e-vola e arrivò finalmente al castello del Nevoso dove quella sera, l’ultimo sabato del mese di settembre, si sarebbe svolta la festa annuale del ghiro.

Immagine articolo Fucine MuteIl ghiro, che in sloveno si scrive polh o pouh o ancora puh, è considerato un animale del Catez, dello spirito della foresta, talvolta un animale del diavolo. è un piccolo mammifero notturno dal corpo tondeggiante appartenente alla famiglia dei Roditori, con folta pelliccia grigia, una lunga coda e grandi occhi scuri. Per non rovinare la pelliccia, i cacciatori usano costruire delle apposite trappole a forma di cassetta nido con un piccolo foro, all’interno delle quali viene sistemata l’esca. Quando il ghiro vi entra fa scattare una specie di ghigliottina che spezza l’osso del collo del piccolo roditore. Nel museo del castello oltre alle trappole per ghiri e agli animali impagliati della foresta è possibile ammirare un interessante dipinto in cui è rappresentata una festa con centinaia di ghiri che accorrono da ogni parte del bosco per danzare intorno al fuoco con il loro signore che, guarda caso, è metà ghiro e metà diavolo.

Settembre, dicevamo.

Poi, all’arrivare dell’inverno il ghiro cade in letargo ed è questo il momento migliore per incontrarlo.
La festa, allestita in un grande prato adiacente al castello del Nevoso, in realtà non avrebbe niente di speciale se non fosse per alcuni riferimenti alla cultura e alle tradizioni popolari della zona: streghe, diavoli, ghiri, spiriti della foresta e così via discorrendo. Assomiglia ad una grande sagra con tanto di chioschi e orchestrina. Poi ci sono i fuochi, quello principale ben al centro del prato mentre gli altri, sparsi ovunque nella foresta. La gente quella notte l’avrebbe trascorsa nel bosco bevendo, cantando e i più fortunati si sarebbero addormentati tra le braccia di una donna.
Poi c’era il ghiro squisitamente preparato e servito in un brodo caldo. La carne del ghiro è molto tenera e richiama quella del coniglio e si mangia che è una delizia.
Sidaja ne ordinò una porzione.
Un ghiro, per favore.
Per te il migliore di tutta la Slovenia, fece l’uomo del chiosco.
Chi, chiese distrattamente.
Il ghiro.
Ah, si… e quanto costa?
Cinquecento talleri.

Sidaja pagò cinquecento talleri e si mangiò il diavolo. Cercò di socializzare con la gente del luogo buttando giù alcuni bicchierini di un’ottima grappa al miele poi si mise a ballare alla buona con le ragazzine che aspettavano ansiose sul bordo di una piccola pista da ballo di forma circolare.
Dopo un po’ si fermò. Basta così per il momento… basta così, disse.
La grappa al miele stava facendo effetto. Micidiale.
Una bomba a scoppio ritardato che esplose nel momento esatto in cui la musica cessò di colpo.
Cosa diavolo succede adesso, chiese?
C’è l’elezione di miss diavolo-ghiro, rispose un uomo più ubriaco di lui.
Giusto! Ogni sacro santo diavolo di questo mondo ha diritto alla sua Miss.
Ed è sempre la stessa o cambia ogni anno, chiese Sidaja.
No, rispose l’uomo… vince sempre la stessa. Sai, è la figlia dell’organizzatore della festa.

Giusto, ribadì ancora Sidaja. Sono pienamente d’accordo. Un padre che cerca di sistemare la propria figlia mi sembra una cosa giusta e comprensibile, umana.
Un brindisi all’amore!
Ancora una bomba nello stomaco, la musica riprese e la miss fu eletta.
Vado a sedermi accanto al fuoco, fece Sidaja all’amico. Ci si vede in giro.
Si avvicinò un po’ troppo e il calore lo respinse qualche metro più indietro rispetto alla destinazione iniziale.

Ciao, mi chiamo Elizabetta, posso sedermi qui?

Bellissima, lunghi capelli castani e si sedette accanto a Sidaja. A dire il vero più che una strega sembrava un angelo tale era la sua bellezza.
Ho sentito che parli italiano.
Si, abito a Trieste. E tu sei slovena?
No, croata. Abito a Prezid a venti chilometri da qui, appena oltre il confine.
E’ la prima volta che capiti da queste parti, vero?
Ti aiuterò a trovare quello che stai cercando, disse d’improvviso Elizabetta. Domani andremo insieme a Prezid. Ti presenterò un mio carissimo amico, lui parla molto bene l’italiano. Adesso però pensiamo a divertirci.
Sidaja quella notte si divertì parecchio anche perché Elizabetta aveva molti amici che abitavano nelle diverse vallate e adesso erano tutti lì riuniti intorno al fuoco per festeggiare la chiusura della caccia al ghiro.
Ballarono e bevvero altre grappe al miele. Poi andarono tutti a dormire nel bosco intorno.
La mattina seguente una fitta nebbia ricopriva tutto il prato. Il falò nel mezzo fumava ancora e alcune persone stavano iniziando a smontare i chioschi e a ripulire l’area dalle sporcizie e da quello che rimaneva delle bottiglie di birra.
Intere porzioni di prato ricoperte da pezzi di vetro.
Venti chilometri esatti, ancora un po’ assonnati e giunsero a Prezid.

Dopo una veloce colazione nell’unica locanda del paese Elizabetta andò a telefonare al suo amico. Aspettarono neanche mezz’ora e Velko, questo il suo nome, entrò nel bar.
Ti presento Velko ma qui in paese tutti lo chiamiamo il ghiro dalle guance rosse, disse Elizabetta a Sidaja.
Era un ragazzo di statura alta, robusto, con lunghi capelli neri fino alla spalla. Le sue guance erano per l’appunto di un rosso fuoco durante tutti i mesi dell’anno, tipico della gente di montagna.
Elizabetta mi ha detto che hai bisogno di aiuto, disse il ghiro dalle guance rosse.
Ecco, non saprei. Aiuto mi sembra un tantino esagerato. Piuttosto mi servirebbe una mano, precisò Sidaja.
La mano c’è stata e ti ha lasciato questo. Velko mise sul tavolo una borsa e tirò fuori un quadro. Niente di speciale, raffigurava un uomo che saliva sul monte Nevoso con una croce sulle spalle e sopra la croce c’era una donna bellissima.
Ce lo ha dato il signore dei ghiri un giorno di pioggia. Lo ha rubato ad una stella cadente, così ha detto e se lo ha detto il signore dei ghiri allora vuol dire che è vero.
Si è vero, disse Sidaja stupefatto. Una sera me ne stavo sdraiato sulle falesie di Duino insieme alla mia ragazza. Non andava un granché tra noi. A quel tempo volevo diventare un ornitologo ma quando mi misi insieme a lei più di una persona storse il naso. Non fa per te, mi ripetevano. Ti rovinerà. O lei o l’ornitologia, scegli.
Che brutta cosa, disse Elizabetta. Anche lei, poverina. Ci deve aver sofferto parecchio.
Chi erano quelle persone, chiese Velko.
Non ricordo esattamente, disse Sidaja, un po’ tutti. Ma quel che faceva star male, era il continuo chiedersi perché non potessi amare quella ragazza e praticare l’ornitologia, come una persona normale! Una stella cadente è passata una sera, si è vero e ho espresso un desiderio. Però le cose non sono andate come avrebbero dovuto!
Lo so, disse Velko. Qualcuno si è messo di mezzo tra te e la natura e tu, non ancora allenato, sei stato spazzato via come foglia al vento. Certo una parte di colpa ce l’hai anche tu, ma la strada era stata tracciata e qualcuno ha pensato di metterti in un binario morto.
Scegliesti l’ornitologia, vero?
Si.
E non scegliesti l’amore?
Lo sapevo, disse Sidaja, lo sapevo. Chi si è messo di mezzo?
Vedi, sapere chi è stato è importante ma non indispensabile.
Cosa vuoi fare, tornare da loro e ammazzarli tutti?
Cosa devo fare, allora, per riconoscere i nemici, chiese Sidaja.
Io ti dirò cosa fare ma in cambio il signore dei ghiri vuole una cosa da te.
Accetto Velko, disse Sidaja ansioso di conoscere la soluzione, ma solo a una condizione: io non vendo l’anima al diavolo.
Lo so, disse il ghiro dalle guance rosse e lo sa anche lui che la tua anima ormai appartiene a Dio. Quello che vuole, prima che te ne vada, è un tuo ricordo, uno speciale.
Se le cose stanno così allora non vedo alcun problema, disse Sidaja.
Innanzi tutto devi ri-conoscere te stesso, disse il ghiro dalle guance rosse. Poi rimase in silenzio alcuni secondi e infine disse: devi venire ogni anno alla festa del ghiro così i tuoi nemici, anno dopo anno si mostreranno tutti, attirati dalla tua danza macabra. Poi salirai in cima al monte Nevoso.
E adesso la cosa in cambio.
Il signore dei ghiri vuole che getti il tuo binocolo nel lago.
Devo buttare questo binocolo nel lago, chiese stupito Sidaja. Io ancora un po’ ci vado in gabinetto col binocolo. In fin dei conti sono un naturalista.
Perché proprio questo binocolo!
Un giorno rischiasti di morire cadendo in mare. Una boa si mise in mezzo e tu e Enrico foste catapultati fuori dalla barca, ricordi.

Invece di ringraziare Dio, ti sei accontentato di qualche spicciolo dall’assicurazione e di questo binocolo. Si, ammetto che è un bel binocolo zeiss 10×40, gommato, molto costoso. Quello che vuole il signore dei ghiri è il simbolo che il binocolo rappresenta per te. Vuole un tuo ricordo, ma non uno qualsiasi, ne vuole uno speciale, che abbia il sapore della morte.
Sidaja allora si avviò verso il lago, ma prima di uscire dalla locanda si girò e chiese quale significato avesse il nome Prezid.
Prezid significa “prima del muro”, rispose il ghiro dalle guance rosse. Zid in croato vuol dire muro. C’è un muro poco distante da qui costruito dai romani. Poi in epoche successive quel muro è stato usato dalla gente del luogo per difendersi dalle invasioni turche.

Era ormai trascorsa gran parte della giornata e Sidaja salutò Velko e Elizabetta.
Si fermò sulle sponde del lago, prese il binocolo e fece per gettarlo. ma il braccio gli si paralizzò. Guardò il lago davanti a se e poi girò la testa IMMAGINE INGRANDITAdall’altra parte e vide il binocolo, bellissimo, gommato.
Chiuse gli occhi.
Un gruppo di gabbiani si alzò dal centro del lago.
Gabbiani, esclamò e lanciò il binocolo.

Era solo in mezzo all’uvala del lago Circonio quando apparve il signore dei ghiri e disse: nessuno ora vedrà il tuo volo, archaeopteryx, perché oggi tu hai deciso. Guarda, questo è il cuore del lago.
Ora che lo hai trovato puoi passare. Custodiscine il segreto, mi raccomando, perché questo cuore è il tuo.

Sidaja chiuse gli occhi e l’ultima goccia del lago cadde nell’inghiottitoio e raggiunse l’idrografia sotterranea.

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